La X Mas, e con essa l'ufficio investigativo ( I ) si trasferisce poi nel Veneto, ove continua a esercitare l'intensa attività contro i partigiani, in istretta collaborazione coi tedeschi. Il Bertozzi coi suoi dell'ufficio I dal comando di Conegliano, ove, nel castello venivano custoditi, interrogati e seviziati i partigiani fatti prigionieri nelle varie spedizioni nei dintorni, procedeva a operazioni nelle varie zone della regione, specialmente in quel di Maniago e di Spilimbergo. E' necessario ricordare qui molti episodi riferiti da molti testi, taluni dei quali hanno dimostrato una notevole acrimonia contro gli imputati, taluni altri sono apparsi più sereni e spassionati, ma nessuna circostanza è apparsa che possa far dubitare della veridicità dei testi. In genere, può affermarsi che il Bertozzi appare sempre il dirigente, anche nell'esecuzione delle ruberie e delle sevizie, e il Banchieri uno dei (salto di riga non fotocopiata) casi. Il 31 ottobre 1944 una quindicina di militari della X Mas, comandati dal maresciallo Banchieri, venuti a Orsago di Conegliano alla ricerca di materiale bellico, con minaccia di morte costrinsero Buttignol Mario e il fratello e la madre a indicare il nascondiglio. Il materiale (rottami) fu caricato su un autocarro. Quindi fu perquisita l'abitazione dei Buttignol e sottratti 200 metri di tessuto di lana e altri oggetti. Il teste Buttignol Mario (lettura depos. vol. 4 f. 151) fu arrestato coi due fratelli Vanes e Giuseppe e condotto nel castello di Conegliano. Quivi il tenente Bertozzi interrogò il teste e, per spaventarlo, lo mandò in una stanza contigua, dove si trovava una signorina di Ivrea, che gli raccontò di essere stata seviziata con un bastone e una verga. Il materiale, di cui 100 q.li di rottami metallici, doveva essere usato dai partigiani. Ne furono restituiti 30 q.li, come afferma la moglie di Buttignol Vanes, Angela (lettura depos. vol. 4 f. 4), la quale pure fu arrestata e condotta al castello di Conegliano. Sulla faccenda del sequestro di rottami metallici è stata prodotta dalla difesa del Banchieri la sentenza 25 ottobre 1946, del tribunale di Treviso, con la quale tal Meneghini Beniamino fu assolto dall'imputazione fattagli su denuncia dei Buttignol di ricettazione per avere acquistato dall'amministrazione della X Mas, in combutta con un ufficiale, circa 70 q.li di quei rottami. L'assoluzione, che si fonda specialmente sul fatto che il Meneghini non poteva conoscere la provenienza delittuosa della merce, perché egli aveva trattato con un ente militare apparentemente regolare, non può avere importanza nei riguardi dell'imputazione di collaborazionismo, perché è stabilito che i 100 q.li furono sottratti con la forza ai Buttignol, e delittuosamente, perché la X Mas illegittimamente usava dei poteri di polizia politica e giudiziaria. Si aggiunga che, anche nell'ipotesi, affacciata dal tribunale di Treviso, che la merce fosse stata sottratta a opera dei fratelli Buttignol dai magazzini militari di Trieste, subito dopo l' 8/9/44, i Buttignol non ne sarebbero stati illegittimamente (..................) di apprendere quel materiale, che essi Buttignol poi ritornarono ai partigiani, cioè alle forze armate italiane, cui originariamente il materiale apparteneva. Dalle deposizioni del Buttignol Mario si rileva poi - in ordine a quanto fu osservato già in precedenza - che l'ufficio I della X Mas conduceva seco, nei vari spostamenti, i materiali, per così dire, sequestrati, e anche le persone catturate, perché quella signorina di Ivrea, detenuta a Conegliano, evidentemente era al seguito dell'ufficio investigativo. Dal racconto del Buttignol emerge che il Bertozzi lo mise nella stanza accanto con quella signorina, per impressionarlo con la narrazione delle sevizie fattele dallo stesso. Era evidentemente un trucco, e si ha motivo di ritenere che la signorina piemontese debba identificarsi in tal Casali Secondina di Pasquale del '33, domiciliata a Torino, sentita come teste a difesa del Bertozzi (verb. dibatt. f. 316), la quale nella sua deposizione, tutta volta a rappresentare la correttezza del Bertozzi nel trattare coi partigiani, incorse inesattezze e contraddizioni, tali da esporla a una incriminazione per falsa testimonianza, ove non si fosse a tempo ritrattata. La Casali aveva infatti sostenuto che tal Collot (il quale era stato arrestato ed è stato fucilato, e di cui si parlerà più oltre, riguardo all'imputazione di omicidio in persona dello stesso ascritta al Bertozzi) era stato liberato dal Bertozzi, e soltanto dopo vive contestazioni dovette ammettere che il liberato non era Collot, ma certo Colussi Orbene; detta Casali ha ammesso di essere stata arrestata nell'ottobre 1944 in quel di Ivrea dalla X Mas, come staffetta partigiana, e che, interrogata dal Bertozzi, era stata trattata bene da lui, in considerazioni delle franche confessioni rese, e poi era stata liberata e trattenuta all'ufficio come ausiliaria. Niente di sorprendente che la Casali aveva coadiuvato il Bertozzi nei suoi trucchi polizieschi. L'agricoltore Capra Andrea di Mareno di Piave (verb. dibatt. f. 284) fu arrestato in casa il 9/11/44 da una squadra comandata dal tenente Bertozzi e di cui facevano parte il Banchieri e altri ai suoi ordini, e fu subito maltrattato dal Banchieri e altri per ordine del Bertozzi. Tradotto al castello di Conegliano, fu più volte interrogato e seviziato dal Banchieri e altri, con bastonature, calci e applicazione di una corda attorno alla fronte, la quale veniva stretta, torcendola a mezzo di un pezzo di legno e riportò per i maltrattamenti subiti una nefrite, che lo costrinse a letto per un anno circa, come è comprovato dalla cartella clinica dell'ospedale di Conegliano, al quale fu passato dopo un mese di detenzione al castello. In questo mese, dopo di essere stato bastonato così selvaggiamente, fu messo nella torre, all'aperto, esposto al gelo, senza cibo, perché ciò che gli mandavano i familiari veniva rapinato da quelli della X Mas. Salvador Giuseppe di Vazzola (lettura depos. vol. I f. 18) fu arrestato col figlio Walter, il primo per connivenza coi partigiani e il secondo come disertore. Furono detenuti per 8 giorni al castello di Conegliano e ferocemente battuti, e il Giuseppe ebbe rotta una costola. I più feroci erano il Bertozzi e il Banchieri, coadiuvati dal Benedetti. Monsignor Osvaldo Petris, arciprete della parrocchia di Codognè di Conegliano (lettura depos. vol. 4 f.184), mentre era a letto ammalato, la sera dell' 11/11/44 vide giungere in canonica quindici militari della X Mas, comandati dal ten. Bertozzi, che voleva senz'altro, portarlo al castello. A forza di preghiere ottenne si sospendesse per quella notte all'arresto.. Il Bertozzi eseguì una perquisizione minuziosissima durata per ben quattro ore. Gli portarono via un cannocchiale, una macchina fotografica e un anello, quest'ultimo oggetto gli fu poi restituito. Il giorno dopo il sacerdote si presentò al castello, ove il Bertozzi gli disse che era un traditore, che doveva essere impiccato. Il Bertozzi, per intervento dei confratelli, s'indusse a soprassedere alla esecuzione, ma lo bandì dalla parrocchia, onde il Monsignore dovette farsi ospitare dal parroco della cattedrale di Conegliano. Ma, per ordine del Bertozzi, fu rimosso anche di qua e bandito a S. Vendemiano. La casalinga Fagaraz Ida, di Mareno di Piave (verb. dibatt. f. 283) nel pomeriggio del 13/11/44 si vide presentare in casa sette od otto militari della X Mas, comandati dal Banchieri. Non avendo trovato il fratello, che era compromesso politicamente, essi arrestarono la donna, dopo di averla maltrattata insieme con la madre, e saccheggiato completamente la casa (asportarono salami, vestiti, un apparecchio radio e altro). La Fagaraz fu condotta al castello di Conegliano, ove il Banchieri, coi compagni Mirandola; Vazzone e Vacchieri la denudarono, la imbavagliarono, le gettarono l'acqua gelata addosso, e, quando fu semisvenuta, uno di essi, che non ne dice quale fosse dei quattro, tentò di violentarla; racconta che le toccò la vulva col membro, ma essa fece resistenza, e non crede che il bruto sia riuscito nell'intento. Le sevizie continuarono per 2 o 3 ore. Dopo 8 giorni, essendosi costituito il fratello, fu rilasciata. Le furono restituiti soltanto i vestiti. La mattina dopo fu interrogata dal Bertozzi e da altri, però senza usarle violenze. Fu più volte schiaffeggiata dal Banchieri, che portò via parecchi oggetti dalla sua abitazione.

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