Un altro redivivo Del Sarto Giovanni (il redivivo dovrebbe essere Del Sarto Franco ndr) (verb. dibatt. f. 278) catturato coi partigiani a Forno e portato in caserma, fu messo alla presenza di un tenente tedesco e del tenente Bertozzi, il quale decideva sulla sorte degli arrestati "Morte o internamento in Germania." Il teste fu messo tra i fucilandi. Con un gruppo di 8 fu condotto da militi della Xª al posto del supplizio, ove un plotone di S.S. tedesche sparò loro alla schiena. (....................) invece disse "Chi è ferito alzi la mano che c'è il pronto soccorso", ma il teste si guardò bene dal muoversi perché un momento dopo furono gettate delle bombe sul carnaio. Il teste immobile sentì una voce dire "Dottore, quello respira ancora." Il teste ritiene che la persona indicata come dottore fosse il Bertozzi, il quale, afferma pure il teste, fu precisamente lui a decidere la fucilazione. Il teste, a notte alta, poté salvarsi insieme con Sgadò e Vivoli Carlo da Aosta. Tre, in tutto, si salvarono. Come risulta dalle molteplici e concordi deposizioni, la responsabilità del Bertozzi appare a luce meridiana in tutti gli omicidi. Da qualche teste apparirebbe che il Bertozzi abbia assistito materialmente alle fucilazioni, e forse abbia dato anche il colpo di grazia, ma, anche a voler ritenere non sicuramente accertata tale circostanza, è provatissimo che il Bertozzi dirigeva, insieme coi tedeschi, oltre che le operazioni di rastrellamento, anche quelle successive che decidevano sul destino dei prigionieri - o a morte o in Germania - e che molte volte egli imponeva il suo parere anche ai tedeschi. Sono troppi i testi, troppo concordi, e nessun motivo sussiste perché essi non siano meritevoli di piena fede. Il Bertozzi quindi, anche se non ha partecipato materialmente al plotone di esecuzione, è concorso in tutti gli omicidi, perché la morte dei molti infelici soppressi fu da lui prevista e voluta, tant'è vero che qualcuno si è salvato soltanto perché a insaputa del Bertozzi qualche tedesco si era mosso a pietà. Giudicava quindi il Bertozzi: o in Germania o a morte. Quelli mandati a morte venivano consegnati ai suoi dipendenti della X Mas e da questi scortati fino al luogo del supplizio, e messi davanti ai tedeschi che sparavano. Quindi piena e completa responsabilità del Bertozzi a sensi degli art. 110, 116 I c.p. per omicidio perché ben può dirsi che egli, oltre ad aver deciso la condanna a morte, vi diede anche esecuzione, consegnando le vittime ai suoi dipendenti, i quali a sua volta, li consegnarono al plotone di esecuzione tedesco, come gli assistenti del carnefice spingono sotto la ghigliottina il condannato, nel momento che il carnefice fa scattare la lama che si abbatte sul collo del giustiziando. Le circostanze in cui avvennero gli omicidi, specialmente per quanto riguarda le vittime che erano in precedenza ferite e che rimasero bruciate nel braciere della caserma, dove erano state abbandonate, stabilisce che le uccisioni avvennero con particolare crudeltà e pertanto di tale aggravante deve il Bertozzi rispondere. Dopo il terribile eccidio di Forno di Massa, l'ufficio I della X Mas, sempre di stanza a La Spezia, continuò nelle zone vicine le solite azioni di polizia militare, con rastrellamento di patrioti, arresti, perquisizioni, sevizie, incendi e uccisioni, come nelle altre contestazioni di cui in epigrafe. la vedova del partigiano Segalini Sergio, di Carrara ha narrato la triste odissea del marito (verb. dibatt. f. 208). Il marito era stato catturato il 13 aprile 1944 dal Bertozzi, coadiuvato da altri quattro militi della X Mas, perché sospetto di sovvenzionare i partigiani, e sottoposto ai soliti interrogatori con mezzi coercitivi, sotto la direzione del Bertozzi, staffilate, pugni in testa, bruciacchiature alle orecchie,e ai piedi, tanto che quando poi fu passato dalla caserma al carcere, il medico delle carceri dott. Cantieri gli riscontrò numerose lesioni e la commozione cerebrale. Dopo due mesi fu liberato, ma fu nuovamente catturato per ordine del Bertozzi, che lo torturò nuovamente. La vedova dichiarò che il racconto di quanto aveva patito per opera del Bertozzi il marito (...................) per ordine del Bertozzi, e ciò a due soli giorni dalla scarcerazione, fu mandato in Germania in campo di concentramento, donde non è più tornato. La vedova produsse lettera del marito, ove si accenna alla sua disavventura. Alla fine del giugno 1944 l'ufficio I della X Mas, andò a presidiare la zona di Piana di Battolla, e neri relativi rastrellamenti rimasero uccisi due partigiani o patrioti. Il Bertozzi respinge però ogni partecipazione ai fatti. per l'uccisione di tal Poggi afferma che in una perlustrazione si era notato che da una casa trapelava una debole luce. Fu abbattuta la porta, e nell'interno, in una specie di dormitorio, fu trovato un solo individuo, senza documenti, che disse provenire da Genova. Il sergente Panu, sardo, lo prese e lo portò fuori e lo stese morto a terra con una raffica, senza che il Bertozzi potesse impedirlo. Il Bertozzi chiese poi provvedimenti contro il Panu, ma invano, perché questi era protetto dal segretario della Presidenza Barracu. Anche dell'uccisione di Annici Wassili, avvenuta in quella località, il Bertozzi dichiarò di essere estraneo, perché la responsabilità dell'omicidio spettava al Panu, pur ammettendo di aver fermato l'Annici e di avergli fatto una ramanzina. ma le testimonianze mettono i fatti, per quanto riguarda il Bertozzi, sotto una luce ben diversa. Il Ricci Giorgio (lettura depos. vol. A f.97), che fu arrestato il 28/6/1944 in Piana di Battolla dalla X Mas, guidata dal Bertozzi, fu da questi condotto davanti al cadavere di un giovane poco prima ucciso, e il Bertozzi gli disse che avrebbe fatto la stessa fine. Era il cadavere dell'Annici Wassili? E' fuori di questione che in quei giorni, e precisamente nella notte dal 28 al 29/6/44, elementi della X Mas penetrarono nella casa di Carbonini Ada, in Piana di Battolla, ove abitavano, sfollati, Annici Domenico e la moglie Annici Ofelia, il figlio Wassili, militare sbandato dopo l'8/9/43 e il cugino Gamba Giovanni. Poiché il Wassili non aveva documenti, fu fatto uscire col cugino, e il sergente che era entrato in casa disse ai genitori, che, se vi si fossero trovate le cose in regola, i giovani (....................) armi da fuoco, e seppero che il Wassili era stato fucilato, e che aveva comandato il fuoco il Bertozzi (lettura depos. Carbonini vol. A f. 103, depos. Annici Domenico e Ofelia verb. dibatt. f. 232 e lettura vol. 4 f. 13). La Annici Ofelia non conosceva personalmente il Bertozzi, ma i presenti le assicurarono che il Bertozzi aveva disposto la fucilazione del figlio con le parole: "Levatemi quella faccia d'attorno." Ma è decisiva la deposizione di Galasso Primo (verb. dibatt. f. 239) pure di Piana di Battolla. Costui, quella stessa notte, insieme col padre, fu prelevato da elementi della X Mas, e condotto innanzi al Bertozzi (che il teste riconobbe all'udienza, escludendo si potesse trattare di quell'ex federale della Spezia, Bertozzi Augusto, cui si è accennato sopra). Il Bertozzi esaminò i documenti, e rilasciò subito dopo gli arrestati, ingiungendo ai dipendenti di non arrestare quelli che esibivano documenti, ma, poco dopo, il Galasso fu prelevato nuovamente, e ricondotto davanti al Bertozzi: nel frattempo furono condotti avanti al Bertozzi anche l'Annici Wassili e il cugino Gamba Giuseppe, e il Bertozzi, malgrado fosse stato riscontrato che il giovane era in regolare congedo in seguito allo scioglimento del corpo, disse, rivolto all'Annici: "Questa faccia non la voglio più vedere." L'Annici fu subito fucilato a 30 metri dal posto ove si trovava il teste. Appena avvenuta l'esecuzione il teste (che, non avendo assistito alla fucilazione, avvenuta come si disse, non può dire se il Bertozzi abbia sparato anche il colpo di grazia, per quanto ciò gli sia stato assicurato dagli astanti) fu invitato dal Bertozzi a vedere l'ucciso con la frase: "Fategli vedere il morto, e, se non parla, fatelo fuori." E così il teste fu condotto sul ciglio della scarpata, dove era rotolato il cadavere dell'Annici. Poi il teste fu tradotto in caserma e il portafogli e l'orologio furono trattenuti dal Bertozzi, e non li ebbe più di ritorno. Lo sfollato Cecchini Euro (verb. dibatt. f. 229) da una finestra della sua abitazione vide l'esecuzione dell'Annici e il Bertozzi dava il colpo di grazia. Il parroco voleva dare sepoltura all'Annici e il Bertozzi gli disse: "Andate, che a pochi metri ce n'è un altro." E difatti, nei pressi di una casa in costruzione si trovava il cadavere di un giovane con ancora un boccone di pane in bocca.