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Dopo la fine della Guerra, negli anni Cinquanta, la neonata televisione tedesca dovette affrontare lo sbarco in Europa delle serie americane. Successi come «Lassie», «Dragnet», «Bonanza» e «Perry Mason», non fecero fatica ad imporsi al grande pubblico, di fatto tarpando le ali alle possibilità produttive della Germania. Il primo ad opporsi a questa invasione fu il regista Jürgen Roland che nel 1958 adattò al mercato tedesco la serie americana «Dragnet». Per catturare l’attenzione del pubblico Roland puntò su un cast di prestigiosi attori reclutati dalle più importanti compagnie tea-trali tedesche dell’epoca, da Hellmut Lange ad Eddi Arent, Rudolf Platte, Hannelore Elsner, tutti volti che campeggiavano sulle locandine cinematografiche di quegli anni. Delle sceneggiature si occupò, invece, Wolfgang Menge che scrisse ben 21 delle 22 puntate girate. Nasceva così «Stahlnetz», il primo importante giallo televisivo seriale destinato al primo canale ARD e il cui esordio porta la data del 14 marzo 1958. Come il suo omologo statunitense, anche questo telefilm prometteva, già dai titoli di testa, di raccontare vicende tratte dalla cronaca nera e di mostrare nel modo più realistico possibile il metodo di lavoro della polizia, con un taglio quasi documentaristico, da instant-movie. Il successo di «Stahlnetz» non passò inosservato agli occhi dei dirigenti della ZDF, il secondo canale pubblico tedesco, che lanciò così la sua controffensiva. Per dare battaglia alla serie di Jürgen Roland nacquero «Das Kriminalmuseum» e «Die fünfte Kolonne», la prima controprogrammata a partire dal 4 aprile 1963 e la seconda dal 6 giugno successivo. |
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Heinz Engelmann e Wolfgang Völz in un episodio di «Stahlnetz». (Foto ARD) | |||||||||||
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Le prime tre puntate della serie si intitolavano «Das Kriminalmuseum erzählt», il museo del crimine racconta. La sigla di apertura, così come accadeva nell'americana «Dragnet» e nella tedesca «Stahlnetz», aveva una voce fuori campo che annunciava la linea narrativa della serie: "Tutti gli strumenti da scasso, gli oggetti da gangster, le armi e gli strumenti per uccidere qui esposti sono stati un tempo al centro di un crimine e hanno contribuito a condannare i colpevoli. Vogliamo parlarvi di uno di questi casi. Naturalmente, abbiamo cambiato tutti i nomi di persone e luoghi in modo tale che non si possano trarre conclusioni sugli eventi reali". Ogni storia sarebbe quindi stata narrata basandosi su fatti realmente accaduti e ricostruendo la vicenda partendo da un oggetto determinante all'interno della storia gialla. Anche i titoli di coda riportavano la dicitura "Liberamente tratto dagli atti della polizia criminale".
La porta del museo. (Screenshot ZDF)
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