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Costume e Società

L'approfondimento. Il docente di sesso maschile: una specie in via d'estinzione?
(di Lucy Lo Russo)

Un’inchiesta tra disegni di legge, percezione del ruolo docente, strutturazione dell’identità maschile in adolescenza e pre-adolescenza.

Leggiamo da un articolo su "Il Messaggero" del 5 Giugno 2003 :[...]"Esplode anche ad Ascoli la protesta verso l’ordine del giorno presentato dai deputati Giovanna Bianchi Clerici, Caterina Lussana e Cesare Ercole ( tutti della  Lega Nord) ed approvato dalla Camera dei Deputati che «impegna il Governo a studiare forme di incentivi, costituzionalmente compatibili, al fine di incoraggiare il reclutamento di insegnanti maschi’ [...]” .

In effetti è  del 18 Febbraio, seduta n° 267, la singolare discussione con riferimento al disegno di legge approvato al Senato in merito a  “Istruzione e formazione professionale” (AC 3387).

L'ODG di cui si legge può far gridare allo scandalo e può apparire delirante, ma  mette in luce, forse in modo maldestro, un problema esistente. 

Non è la prima volta infatti  che si parla di "femminilizzazione" del corpo docente.

Effettivamente, se si guardano le percentuali esigue degli Insegnanti di sesso maschile nella Scuole Elementare e Media Inferiore , e il seppur sensibile aumento di numeri nella Scuola Media Superiore, non si può che dedurre un fatto preciso: l'Insegnamento è feudo femminile. Perché?

La scuola ha rappresentato , storicamente, uno dei pochi lavori nei quali le esigenze di una madre-lavoratrice potevano incontrare soluzioni: possibilità di gestione dell'orario di lavoro, periodi di ferie maggiormente lunghi rispetto ad altre professioni (che si sovrapponevano in modo assai utile a quelle dei propri figli-studenti).

Di contro e conseguentemente, si può azzardare, la contrattualità di categoria aveva trovato talvolta poco appoggio tra quelle lavoratrici che, inserite in stabili contesti familiari – allora mogli di professionisti - si accontentavano di un salario basso in cambio di una maggiore gestione delle loro esigenze familiari.

Ora sicuramente , le garanzie non sono più tali: il lavoro si è "precarizzato" in maniera sconcertante ( si arriva all’assunzione a tempo indeterminato dopo una media di dieci anni). E in rapporto all'impegno che si profonde, specialmente per la particolarità della funzione docente e della sua complessità, il salario è dichiarartamente "percepito" come non soddisfacente. E sicuramente, rispetto al costo della vita e alla preparazione richiesta,  non è certamente consono.

Recenti articoli e inchieste sulla "auto-percezione" della propria professione da parte del docente hanno sottolineato la questione della "perdita di prestigio sociale".

La società non sembra più riconoscere all'insegnante , a meno che non si tratti di docente universitario, quella aura di "rispettabilità" che gli veniva conferita un tempo.

E sull'uomo, al quale nell'opinione comune si chiede che egli si realizzi nella società prioritariamente attraverso il lavoro (nei termini di prestigio, capacità di "mantenere una famiglia"...) tale professione - allo stato attuale - non sembra più esercitare  "appeal".

Abbiamo voluto conoscere le opinioni di alcuni docenti.

Ho chiesto al Prof. Antonio Furlan, docente di Educazione Fisica all’Istituto di Istruzione Superiore Cardano di Via Natta 11 ( Onnicomprensivo MM Lampugnano) una battuta rispetto alla proposta di legge: “Premesso che mi piacerebbe conoscere il testo per esteso, e a mio avviso il problema si risolve innalzando per tutta la categoria lo stipendio, è pur vero che molti colleghi maschi sono – specie negli Istituti Tecnici – anche liberi professionisti . Se da una parte questa varietà di ruoli può essere un arricchimento per la scuola, perché lo studente indirettamente viene a contatto col mondo del lavoro e  con quello che c’è fuori, dall’altra mette in luce una debolezza del sistema: non è pensabile che un uomo possa mantenere una famiglia con la sola forza del suo stipendio di docente,  calcolando anche che gli scatti di carriera sono praticamente nulli”.

Il punto di forza della proposta volta a incentivare l’ingresso di docenti maschi sembra poggiare anche sulla riflessione che tale fenomeno , l’esiguità di personale docente maschile,  possa provocare delle “ripercussioni nei processi educativi e di maturazione degli adolescenti, soprattutto maschi, a cui vengono a mancare modelli di riferimento e di imitazione necessari alla loro crescita”.

Anche questo tema, bisogna ammettere, non è privo di fondamento. Diversi psicologi, tra i  quali Claudio Risé (anche se non in ambito di ricerche sull'ambiente scolastico) hanno messo in luce quanto i giovani uomini siano cresciuti e educati da figure di riferimento in preminenza femminili: è alle donne che vengono affidati con priorità i figli a seguito di una separazione, sono loro che in prevalenza si occupano della loro istruzione - poiché in linea di massima possono dedicarvi più tempo. Inoltre, come detto, sono sempre nella più vasta maggioranza le donne a coprire il ruolo di educatrici.E questo sbilanciamento non sembra essere ideale nella formazione dell'identità maschile.

Su questa parte della querelle – dato che contro la proposta di legge sono già in atto petizioni volte a contrastarla – ho chiesto un parere alla Prof.ssa Valeria Marfisi, docente di Lettere presso Istituto Tecnico per il Turismo A. Gentileschi (che è situato sempre all’interno dell’Onnicomprensivo). “Effettivamente mi sembra che gli studenti in generale si rapportino in modo meno aggressivo verso gli insegnanti di sesso maschile, forse perché sono più rari e attirano maggiori simpatie. Paradossalmente sono proprio i docenti uomini ad essere meno autoritari, forse perché la maggior parte non investe in modo esclusivo sull’Insegnamento. Le donne, che è più raro vedere impegnate su più fronti professionali quando svolgono già la docenza e magari sono anche madri, ‘pretendono’ di più dai loro allievi, proprio perché  mettono nel lavoro più coinvolgimento affettivo ed emotivo. Di conseguenza gli allievi hanno quasi un atteggiamento protettivo verso il docente uomo e maggiore antagonismo rispetto alle donne. A livello costituzionale e di pari opportunità ho i miei dubbi su un provvedimento simile seppure mette in luce un dato effettivo.”

I temi sono scottanti e attuali e richiederebbero approfondimenti e ricerche. Forse è in quest’ottica che va interpretato il particolare ODG proposto da alcuni parlamentari della Lega Nord.

Ammesso che un tale problema possa trovare soluzioni a partire da provvedimenti specifici, la questione non è da sottovalutare.

A patto che - paradossalmente - non venga penalizzata un'altra parte  di lavoratori, in questo caso le donne, che correrebbero il rischio di godere - ad una iniziale lettura dei fatti - di una retribuzione minore se non di una discriminazione. E su questo il mondo sindacale( Elena Cantalamessa della Cisl e Mirella Pallotta dell’Ugl)  ha già mosso i primi interventi contrari alla insolita incentivazione mentre il Consigliere della Provincia di Ascoli Paola Petrucci sta già preparando un documento di protesta da presentare ai Ministri Letizia Moratti e Stefana Prestigiacomo.

Lucy Lo Russo



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