"Nuova Sardegna" 27/02/03
Manifestazione
di protesta, davanti al provveditorato di Elmas, di chi ha
frequentato le scuole di specialiazzione Ssis
Insegnamento, per gli specializzandi è un miraggio
(inviato da Lucy)
s.a.
CAGLIARI.
Mille cattedre in meno quest'anno, mille in meno anche l'anno
prossimo. E, come se non bastasse, un punteggio che li spinge
in zona retrocessione nella graduatoria permanente del ministero.
Morale della favola: specializzati e specializzandi delle
Ssis (scuole di specializzazione per insegnanti delle scuole
secondarie) rischiano di non entrare mai in classe. Ieri,
di fronte all'ex provveditorato di Elmas, erano almeno in
trecento a protestare con slogan, striscioni e volantini.
La
goccia che ha fatto traboccare il vaso è arrivata tramite
un ordine del giorno firmato ministero della pubblica istruzione:
chi ha ottenuto l'abilitazione attraverso i corsi Ssis non
può cumulare, ai fini del punteggio, ore di formazione
con ore di lavoro in classe. Una decisione che riprende una
sentenza del Tar di due anni fa: a ricorrere, in quell'occasione,
erano stati gli altri insegnanti, quelli abilitati con il
concorso ordinario o con i corsi abilitanti.
«Stiamo
aspettando - protestano i "Ssisini" - una norma
ad hoc che faccia giustizia. Abbiamo frequentato i corsi per
due anni: oltre mille ore tra lezioni e tirocinio in classe».
La
protesta non è solo sarda: ieri una delegazione nazionale
è andata a manifestare a Roma davanti al ministero.
E, ieri pomeriggio, tutti gli studenti e gli specializzati
Ssis d'Italia si sono fatti sentire di fronte agli ex provveditorati,
oggi ribattezzati Csa. Una guerra tra poveri, quella tra ssisini
e abilitati per concorso con in palio un pugno di cattedre:
dopo i tagli di quest'anno, il ministro della pubblica istruzione
ha deciso che dalla prossima stagione ci saranno altri mille
professori a spasso.
La
protesta degli studenti Ssis era iniziata a settembre: una
manifestazione nazionale a Roma e specializzandi in sciopero
per un giorno e in assemblea permanente per diverse settimane.
«Abbiamo speso tempo, soldi e fatica. Per cosa? Rischiamo
di restare disoccupati per sempre».
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