Il disegno di legge governativo di riforma della giustizia civile coordinato con le norme attualmente in vigore
Il 19-20 gennaio, come annunciato nella pagina "appuntamenti" di questa rivista, si è tenuto a Roma un interessante convegno dell'Anm sul futuro della giustizia civile nel ricordo di Carlo Verardi.
Poiché uno dei temi più discussi al convegno è stato il disegno di legge governativo del 21.12.2001, crediamo di fare cosa utile pubblicando il testo del ddl coordinato con le norme attualmente in vigore.
Si rinvia anche sul tema della giustizia civile al contributo del Coordinamento dei giudici civili di Roma, recentemente pubblicato (Quale futuro per la giustizia civile?).
art. 1 progetto Castelli
Articolo 7.
Competenza del giudice di pace.
Il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili [c.c. 812] di valore non superiore a lire seimila euro, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice [c.p.c. 8, 16, 322].
Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi lire ventimila euro.
[Il giudice di pace è inoltre competente, con il limite di valore di cui al secondo comma, per le cause di opposizione alle ingiunzioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, salvo che con la sanzione pecuniaria sia stata anche applicata una sanzione amministrativa accessoria. Resta ferma la competenza del pretore in funzione di giudice del lavoro e per le cause di opposizione alle ingiunzioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie].
E' competente qualunque ne sia il valore:
1) per le cause relative ad opposizione di termini [c.c. 951] ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;
2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case;
3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità;
[4) per le cause di opposizione alle sanzioni amministrative irrogate in base all'art. 75 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309] (1).
(1) Articolo così sostituito, prima dall'art. 1, L. 30 luglio 1984, n. 399, poi, a far data dal 1° maggio 1995, dall'art. 17, L. 21 novembre 1991, n. 374 sull'istituzione del giudice di pace. Successivamente l'art. 1, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, nel testo modificato dalla legge di conversione 20 dicembre 1995, n. 534 (Gazz. Uff. 20 dicembre 1995, n. 296) ha abrogato il terzo comma ed il n. 4) dell'ultimo comma del presente articolo. Il secondo comma dell'art. 1 della suddetta legge n. 534 del 1995 ha disposto che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 21 aprile 1995, n. 121, del D.L. 21 giugno 1995, n. 238 e del D.L. 9 agosto 1995, n. 347, non convertiti in legge. Per l'attribuzione al giudice di pace della competenza relativa ai giudizi civile pendenti davanti al Pretore alla data del 30 aprile 1995 e ai giudizi pendenti davanti al conciliatore, vedi gli artt. 1, 2, 3 e 3, L. 16 dicembre 1999, n. 479. Il testo precedentemente in vigore, il cui secondo comma era stato abrogato, a partire dal 30 aprile 1995, dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353, così disponeva: "Competenza del conciliatore. - Il conciliatore è competente per le cause relative a beni mobili [c.c. 812] di valore non superiore [c.p.c. 10] a lire un milione quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice [c.p.c. 8, 16, 312, 322, 434, 672].
[E' altresì competente per tutte le cause relative alle modalità di uso dei servizi condominiali]".
Con la L. 25 luglio 1966, n. 571, è stato stabilito che sono in ogni caso appellabili senza limiti di valore le decisioni emesse dai conciliatori nella cause di sfratto e in quelle relative a contratti di locazione di beni immobili.
art. 2 progetto Castelli
Articolo 92.
Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle spese.
Il giudice, nel pronunciare la condanna di cui all'articolo precedente, può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue; e può, indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all'articolo 88, essa ha causato all'altra parte.
Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti [c.c. 2877; c.p.c. 216, 449].
Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione [c.p.c. 185, 199].
art. 3 progetto Castelli
Art. 133.
Pubblicazione e comunicazione della sentenza.
La sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata [c.p.c. 188, 327, 328, 330, 367, 442, 448, 479; disp. att. 1941 c.p.c. 64].
Il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il dispositivo, ne dà notizia alle parti che si sono costituite [c.p.c. 136, 627] (1).
Il cancelliere deve, nei cinque giorni successivi rilasciare copia della sentenza alla parte che ne faccia richiesta.
(1) Vedi la L. 3 aprile 1979, n. 103, che modifica l'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato ed in particolare l'art. 14.
Per quanto riguarda le tasse di registro vedi D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
art. 4 progetto Castelli
Art. 145.
Notificazione alle persone giuridiche.
La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede [c.c. 14, 16, 46], mediante consegna di copia dell'atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa ovvero al portiere dello stabile in cui è la sede. La notificazione può anche essere eseguita, a norma degli articoli 138, 139 e 141 alla persona fisica che rappresenta l'ente indicandone nell'atto la qualità.
La notificazione alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui agli articoli 36 codice civile e seguenti (2) si fa a norma del comma precedente, nella sede indicata nell'articolo 19 secondo comma.
Se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti la notificazione alla persona fisica, indicata nell'atto, che rappresenta l'ente, può essere eseguita anche a norma dell'art. 140.
Testo precedente:
145. Notificazione alle persone giuridiche.
La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede [c.c. 14, 16, 46], mediante consegna di copia dell'atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa (1).
La notificazione alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui agli articoli 36 codice civile e seguenti (2) si fa a norma del comma precedente, nella sede indicata nell'articolo 19 secondo comma.
Se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti e nell'atto è indicata la persona fisica che rappresenta l'ente, si osservano le disposizioni degli articoli 138, 139 e 141.
(1) Con D.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123 (Gazz. Uff. 17 aprile 2001, n. 89) è stato approvato il regolamento che disciplina l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti.
(2) Testo così sostituito dall'articolo unico, R.D. 20 aprile 1942, n. 504.
art. 5 progetto Castelli
Art. 165.
Costituzione dell'attore.
L'attore, entro dieci giorni dalla notificazione [c.p.c. 148] della citazione al convenuto, ovvero entro cinque giorni nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell'articolo 163-bis, deve costituirsi in giudizio [c.p.c. 168, 170, 171, 182, 290, 299, 306, 347, 645, 647] a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge [c.p.c. 82, 86], depositando in cancelleria la nota d'iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo [c.p.c. 169] contenente l'originale della citazione, la procura e i documenti offerti in comunicazione [c.p.c. 184; disp. att. 1941 c.p.c. 87]. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio [c.c. 47; c.p.c. 330] nel comune ove ha sede il tribunale. Il difensore, che faccia espressa riserva di produzione dell'originale all'udienza di comparizione, può depositare anche copia fotostatica dell'atto di citazione
Se la citazione è notificata a più persone, l'originale della citazione, ovvero la copia fotostatica in caso di riserva di cui al primo comma, deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall'ultima notificazione e da tale data decorre il termine per la costituzione.
Testo precedente
165. Costituzione dell'attore.
L'attore, entro dieci giorni dalla notificazione [c.p.c. 148] della citazione al convenuto, ovvero entro cinque giorni nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell'articolo 163-bis, deve costituirsi in giudizio [c.p.c. 168, 170, 171, 182, 290, 299, 306, 347, 645, 647] a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge [c.p.c. 82, 86], depositando in cancelleria la nota d'iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo [c.p.c. 169] contenente l'originale della citazione, la procura e i documenti offerti in comunicazione [c.p.c. 184; disp. att. 1941 c.p.c. 87]. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio [c.c. 47; c.p.c. 330] nel comune ove ha sede il tribunale.
Se la citazione è notificata a più persone, l'originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall'ultima notificazione [disp. att. 1941 c.p.c. 38, 71, 72, 73, 74, 76, 77] (1)
art. 6 progetto Castelli
Art. 170.
Notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento.
Dopo la costituzione in giudizio [c.p.c. 165, 166] tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti [c.p.c. 237, 286, 292, 306, 330].
E' sufficiente la consegna di una sola copia dell'atto anche se il procuratore è costituito per più parti, la disposizione si applica anche agli atti di impugnazione.
Le notificazioni e le comunicazioni alla parte che si è costituita personalmente si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto [c.p.c. 30, 82].
Le comparse [c.p.c. 190] e le memorie consentite dal giudice si comunicano mediante deposito in cancelleria oppure mediante notificazione o mediante scambio documentato con l'apposizione sull'originale, in calce o in margine, del visto della parte o del procuratore. Il giudice può prescrivere per singoli atti che si segua una o altra di queste forme.
art. 7 progetto Castelli
Art. 180.
Udienza di prima comparizione e forma della trattazione.
All'udienza fissata per la prima comparizione delle parti il giudice istruttore verifica d'ufficio la regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall'articolo 102, secondo comma, dall' articolo 164, dall' articolo 167, dall' articolo 182 e dell' articolo 291, primo comma (1).
La trattazione della causa davanti al giudice istruttore è orale. Se richiesto, il giudice istruttore, esperito il tentativo di conciliazione, può autorizzare comunicazioni di comparse a norma dell'ultimo comma dell'articolo 170. Su istanza di una delle parti, fissa a data successiva la prima udienza di trattazione, assegnando al convenuto un termine perentorio non superiore a venti giorni prima di tale udienza per proporre le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio; altrimenti procede a norma dell'articolo 183.
Della trattazione della causa si redige processo verbale, nel quale si inseriscono le conclusioni delle parti [c.p.c. 163, 167, 183, 189] e i provvedimenti che il giudice pronuncia in udienza.
Testo precedente
180. Udienza di prima comparizione e forma della trattazione.
(1) All'udienza fissata per la prima comparizione delle parti il giudice istruttore verifica d'ufficio la regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall'articolo 102, secondo comma, dall' articolo 164, dall' articolo 167, dall' articolo 182 e dell' articolo 291, primo comma (1).
La trattazione della causa davanti al giudice istruttore è orale. Se richiesto, il giudice istruttore può autorizzare comunicazioni di comparse a norma dell'ultimo comma dell'articolo 170. In ogni caso fissa a data successiva la prima udienza di trattazione, assegnando al convenuto un termine perentorio non inferiore a venti giorni prima di tale udienza per proporre le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio (1).
Della trattazione della causa si redige processo verbale, nel quale si inseriscono le conclusioni delle parti [c.p.c. 163, 167, 183, 189] e i provvedimenti che il giudice pronuncia in udienza _CPC 126, 130; disp. att. CPC 1941, 84_ (2).
(1) La rubrica e l'originario primo comma sono stati così sostituiti dall'art. 4, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432 nel testo modificato dalla legge di conversione 20 dicembre 1995, n. 534 (Gazz. Uff. 20 dicembre 1995, n. 296). Il secondo comma dell'art. 1 della suddetta legge n. 534 ha disposto che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 21 aprile 1995, n. 121, del D.L. 21 giugno 1995, n. 238 e del D.L. 9 agosto 1995, n. 347, non convertiti in legge. Il testo precedente della rubrica e del primo comma era il seguente: "Forma della trattazione. La trattazione della causa davanti al giudice istruttore è orale. Il giudice, tuttavia, può autorizzare comunicazioni di comparse a norma dell'ultimo comma dell'articolo 170, rinviando l'udienza di trattazione.
art. 8 progetto Castelli
184.
Deduzioni istruttorie.
Nella prima udienza di trattazione, o in quella eventualmente fissata ai sensi dell'articolo 183 ultimo comma, il giudice istruttore, salva l'applicazione dell'articolo 187, ammette i mezzi di prova proposti che ritiene ammissibili e rilevanti; ovvero, su istanza di parte, rinvia ad altra udienza, assegnando un termine entro il quale le parti possono produrre documenti e indicare mezzi di prova, nonché altro termine per l'eventuale indicazione di prova contraria.
I termini di cui al comma precedente sono perentori.
Nel caso in cui vengano disposti d'ufficio mezzi di prova, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi.
Testo precedente
184. Deduzioni istruttorie.
Salva l'applicazione dell'art. 187 il giudice istruttore, se ritiene che siano ammissibili e rilevanti, ammette i mezzi di prova proposti; ovvero, su istanza di parte, rinvia ad altra udienza, assegnando un termine entro il quale le parti possono produrre documenti e indicare nuovi mezzi di prova, nonché altro termine per l'eventuale indicazione di prova contraria.
I termini di cui al comma precedente sono perentori.
Nel caso in cui vengano disposti d'ufficio mezzi di prova, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi (1).
(1) Articolo così sostituito prima dall'art. 17, L. 14 luglio 1950, n. 581, poi, a far data dal 30 aprile 1995, dall'art. 18, L. 26 novembre 1990, n. 353. Il testo precedente a quest'ultima modifica, così disponeva: "Nuove deduzioni e produzioni davanti all'istruttore. - Durante l'ulteriore corso del giudizio davanti al giudice istruttore, e finché questi non abbia rimesso la causa al collegio, le parti, salvo applicazione, se del caso, delle disposizioni dell'articolo 92 in ordine alle spese, possono modificare le domande, eccezioni e conclusioni precedentemente formulate, produrre nuovi documenti, chiedere nuovi mezzi di prova [c.p.c. 163, n. 5, 244] e proporre nuove eccezioni che non siano precluse da specifiche disposizioni di legge [disp. att. 1941 c.p.c. 87]".
art. 9 progetto Castelli
Art. 186-ter.
Istanza di ingiunzione.
Fino al momento della precisazione delle conclusioni, quando ricorrano i presupposti di cui all'articolo 633, primo comma, numero 1), e secondo comma, e di cui all'articolo 634, la parte può chiedere al giudice istruttore, in ogni stato del processo, di pronunciare con ordinanza ingiunzione di pagamento o di consegna.
L'ordinanza deve contenere i provvedimenti previsti dall'articolo 641, ultimo comma, ed è dichiarata provvisoriamente esecutiva ove ricorrano i presupposti di cui all'articolo 642, nonché, ove la controparte non sia rimasta contumace, quelli di cui all'articolo 648, primo comma. La provvisoria esecutorietà non può essere mai disposta ove la controparte abbia disconosciuto la scrittura privata prodotta contro di lei o abbia proposto querela di falso contro l'atto pubblico.
L'ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177 e 178, primo comma.
L'ordinanza diventa esecutiva ai sensi dell'articolo 647 se contro di essa non è proposta opposizione nel termine di giorni trenta dalla sua pronuncia in udienza o dalla sua comunicazione, mediante ricorso notificato all'altra parte e depositato in cancelleria.
Se la parte contro cui è pronunciata l'ingiunzione è contumace, l'ordinanza deve essere notificata ai sensi e per gli effetti dell'articolo 644. In tal caso l'ordinanza deve altresì contenere l'espresso avvertimento che, ove la parte non si costituisca entro il termine di venti giorni dalla notifica, diverrà esecutiva ai sensi dell'articolo 647.
In mancanza dell'opposizione di cui ai precedenti due commi l'ordinanza che non ne sia già munita acquista efficacia esecutiva ai sensi dell'articolo 653, primo comma, ed il giudice, se l'ingiungente che abbia interesse alla prosecuzione non si oppone, dichiara d 'ufficio l'estinzione del processo.
Se il processo, proseguito per l'opposizione o la costituzione dell'ingiunto, ai sensi dei precedenti due commi, si estingue, l'ordinanza che non ne sia già munita acquista efficacia esecutiva ai sensi dell'alt. 653, primo comma.
L'ordinanza dichiarata esecutiva costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale.
Testo precedente
186-ter. Istanza di ingiunzione.
Fino al momento della precisazione delle conclusioni, quando ricorrano i presupposti di cui all'articolo 633, primo comma, numero 1), e secondo comma, e di cui all'articolo 634, la parte può chiedere al giudice istruttore, in ogni stato del processo, di pronunciare con ordinanza ingiunzione di pagamento o di consegna (1).
L'ordinanza deve contenere i provvedimenti previsti dall'articolo 641, ultimo comma, ed è dichiarata provvisoriamente esecutiva ove ricorrano i presupposti di cui all'articolo 642, nonché, ove la controparte non sia rimasta contumace, quelli di cui all'articolo 648, primo comma. La provvisoria esecutorietà non può essere mai disposta ove la controparte abbia disconosciuto la scrittura privata prodotta contro di lei o abbia proposto querela di falso contro l'atto pubblico.
L'ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177 e 178, primo comma.
Se il processo si estingue l'ordinanza che non ne sia già munita acquista efficacia esecutiva ai sensi dell'articolo 653, primo comma.
Se la parte contro cui è pronunciata l'ingiunzione è contumace, l'ordinanza deve essere notificata ai sensi e per gli effetti dell'articolo 644. In tal caso l'ordinanza deve altresì contenere l'espresso avvertimento che, ove la parte non si costituisca entro il termine di venti giorni dalla notifica, diverrà esecutiva ai sensi dell'articolo 647.
L'ordinanza dichiarata esecutiva costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale (2).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 26 giugno-5 luglio 1995, n. 295 (Gazz. Uff. 2 agosto 1995, n. 32 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente comma, in relazione agli artt. 3, primo comma e 24 Cost., primo e secondo comma.
(2) Articolo aggiunto dall'art. 21, L. 26 novembre 1990, n. 353, in vigore dal 1º gennaio 1993 per effetto dell'art. 92 della citata legge, come modificato dall'art. 2, L. 4 dicembre 1992, n. 477. Ai giudizi pendenti a tale data si applicano, fino al 30 aprile 1995, le disposizioni anteriormente vigenti, ai sensi del citato art. 92, come modificato, da ultimo, dall'art. 6, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni, con L. 6 dicembre 1994, n. 673.
L'art. 90, primo comma, della suddetta legge n. 353 del 1990, come sostituito dall'art. 9, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito in legge, con modificazioni, con L. 20 dicembre 1995, n. 534 (Gazz. Uff. 20 dicembre 1995, n. 296), ha così disposto: "Ai giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995 si applicano le disposizioni vigenti anteriormente a tale data, nonché l'articolo 186-quater del codice di procedura civile. Gli articoli 5, 40, commi terzo, quarto e quinto, e gli artt. 42, 181, comma primo, 186-bis, 186-ter, 295, 336, comma secondo, 360, comma primo, 361, comma primo, 367, comma primo, 371-bis, 373, comma secondo, 375, comma primo, 377, 384, comma primo, 391-bis, 398, comma quarto, 495, 525, comma terzo, del codice di procedura civile, e gli articoli 144-bis e 159 disp. trans. c.p.c., come modificati dalla presente legge, si applicano anche ai giudizi pendenti alla data del 1° gennaio 1993". In deroga al citato art. 90, per ciò che riguarda la definizione del contenzioso civile pendente alla data del 30 aprile 1995, vedi l'art. 12, L. 22 luglio 1997, n. 276, istitutiva delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari, con la disciplina transitoria ed i correttivi di cui all'art. 1, L. 2 ottobre 1997, n. 333. Il secondo comma dell'art. 1 della suddetta legge n. 534 del 1995 ha disposto che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 21 aprile 1995, n. 121, del D.L. 21 giugno 1995, n. 238 e del D.L. 9 agosto 1995, n. 347, non convertiti in legge.
art. 10 progetto Castelli
Art. 186-quater.
Ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione.
Esaurita l'istruzione, il giudice istruttore, su istanza della parte che ha proposto domanda di condanna al pagamento di somme ovvero alla consegna o al rilascio di beni, può disporre con ordinanza il pagamento ovvero la consegna o il rilascio, nei limiti per cui ritiene già raggiunta la prova. Con l'ordinanza il giudice provvede sulle spese processuali.
L'ordinanza è titolo esecutivo. Essa è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio.
Se, dopo la pronuncia dell'ordinanza, il processo si estingue, l'ordinanza acquista l'efficacia della sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza.
L'ordinanza acquista l'efficacia della sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza se la parte intimata non manifesta entro trenta giorni dalla sua pronuncia in udienza o dalla sua comunicazione, con ricorso notificato all'altra parte e depositato in cancelleria, la volontà che sia pronunciata la sentenza.
Testo precedente
186-quater. Ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione. –
Esaurita l'istruzione, il giudice istruttore, su istanza della parte che ha proposto domanda di condanna al pagamento di somme ovvero alla consegna o al rilascio di beni, può disporre con ordinanza il pagamento ovvero la consegna o il rilascio, nei limiti per cui ritiene già raggiunta la prova. Con l'ordinanza il giudice provvede sulle spese processuali.
L'ordinanza è titolo esecutivo. Essa è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio.
Se, dopo la pronuncia dell'ordinanza, il processo si estingue, l'ordinanza acquista l'efficacia della sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza.
La parte intimata può dichiarare di rinunciare alla pronuncia della sentenza, con atto notificato all'altra parte e depositato in cancelleria. Dalla data del deposito dell'atto notificato, l'ordinanza acquista l'efficacia della sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 7, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito in legge, con modificazioni, con L. 20 dicembre 1995, n. 534 (Gazz. Uff. 20 dicembre 1995, n. 296). Il secondo comma dell'art. 1 della suddetta legge n. 534 del 1995 ha disposto che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 21 aprile 1995, n. 121, del D.L. 21 giugno 1995, n. 238 e del D.L. 9 agosto 1995, n. 347, non convertiti in legge. L'art. 90, primo comma, L. 26 novembre 1990, n. 353, come sostituito dall'art. 9, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito in legge, con modificazioni, con L. 20 dicembre 1995, n. 534 (Gazz. Uff. 20 dicembre 1995, n. 296), ha così disposto: "Ai giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995 si applicano le disposizioni vigenti anteriormente a tale data, nonché l'articolo 186-quater del codice di procedura civile. Gli articoli 5, 40, commi terzo, quarto e quinto, e gli artt. 42, 181, comma primo, 186-bis, 186-ter, 295, 336, comma secondo, 360, comma primo, 361, comma primo, 367, comma primo, 371-bis, 373, comma secondo, 375, comma primo, 377, 384, comma primo, 391-bis, 398, comma quarto, 495, 525, comma terzo, del codice di procedura civile, e gli articoli 144-bis e 159 disp. trans. c.p.c., come modificati dalla presente legge, si applicano anche ai giudizi pendenti alla data del 1° gennaio 1993". In deroga al citato art. 90, per ciò che riguarda la definizione del contenzioso civile pendente alla data del 30 aprile 1995, vedi l'art. 12, L. 22 luglio 1997, n. 276, istitutiva delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari, con la disciplina transitoria ed i correttivi di cui all'art. 1, L. 2 ottobre 1997, n. 333. La Corte costituzionale, con sentenza 27 novembre-11 dicembre 1997, n. 385 (Gazz. Uff. 17 dicembre 1997, n. 51 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 Cost.
art. 11 progetto Castelli
Art. 187.
Provvedimenti del giudice istruttore.
Il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito [c.p.c. 448] senza bisogno di assunzione di mezzi di prova, rimette le parti davanti al collegio.
Può rimettere le parti al collegio affinché sia decisa separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il giudizio [c.p.c. 225].
Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza [c.p.c. 37, 38] o ad altre pregiudiziali, ma può anche disporre che siano decise unitamente al merito.
Se richiesto da tutte le parti, il giudice rimette la causa al collegio per la decisione di questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito, invitando le parti alla immediata precisazione delle conclusioni, ovvero entro un termine non superiore a venti giorni, a mezzo di atto depositato in cancelleria. (comma aggiunto).
Qualora il collegio provveda a norma dell'art. 279, secondo comma, n. 4), i termini di cui all'art. 184, non concessi prima della rimessione al collegio sono assegnati dal giudice istruttore, su istanza di parte, nella prima udienza dinnanzi a lui .
Il giudice dà ogni altra disposizione relativa al processo.
Testo precedente
187. Provvedimenti del giudice istruttore.
Il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito [c.p.c. 448] senza bisogno di assunzione di mezzi di prova, rimette le parti davanti al collegio.
Può rimettere le parti al collegio affinché sia decisa separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il giudizio [c.p.c. 225].
Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza [c.p.c. 37, 38] o ad altre pregiudiziali, ma può anche disporre che siano decise unitamente al merito.
Qualora il collegio provveda a norma dell'art. 279, secondo comma, n. 4), i termini di cui all'art. 184, non concessi prima della rimessione al collegio sono assegnati dal giudice istruttore, su istanza di parte, nella prima udienza dinnanzi a lui (1).
Il giudice dà ogni altra disposizione relativa al processo (2)
(1) Comma così sostituito, a far data dal 30 aprile 1995, dall'art. 22, L. 26 novembre 1990, n. 353. Il testo precedente così disponeva: "Se ritiene che siano ammissibili e rilevanti, ammette i mezzi di prova proposti dalle parti, ordina gli altri mezzi che può disporre d'ufficio [c.p.c. 191], tranne quelli riservati al collegio [c.p.c. 237, 240, 241, 265, 281, 421], e a meno che non ritenga opportuno rimettere le parti al collegio per la sola decisione della questione relativa all'ammissibilità o alla rilevanza dei predetti mezzi di prova. In tal caso il giudice assegna alle parti termini per la comunicazione di memorie [c.p.c. 170]. Per la decisione del collegio si osservano i commi sesto e settimo dell'articolo 178".
Articolo così sostituito dall'art. 18, L. 14 luglio 1950, n. 581.
art. 12 progetto Castelli
Art. 189.
Rimessione al collegio.
Il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, a norma dei primi tre commi dell'art. 187 o dell'art. 188, invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni che intendono sottoporre al collegio stesso, nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell'art. 183. Le conclusioni di merito debbono essere interamente formulate anche nei casi previsti dell'art. 187, secondo e terzo comma.
Tuttavia, ove vi sia istanza di una delle parti, il giudice assegna termine non superiore a venti giorni per la precisazione delle conclusioni a mezzo di atto depositato in cancelleria; in caso di mancato deposito, si intendono proposte le conclusioni, di cui ai rispettivi atti introduttivi, ovvero rassegnate a norma dell'art. 183. In tal caso, il termine per la pronuncia della sentenza di cui all'articolo 281- quinquies è elevato a sessanta giorni e quello di cui all'articolo 352 è elevato a centoventi giorni. ( secondo comma aggiunto)
La rimessione investe il collegio di tutta la causa, anche quando avviene a norma dell'articolo 187, secondo e terzo comma [c.p.c. 277; disp. att. 1941 c.p.c. 75, 111] (2).
189. Rimessione al collegio.
Il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, a norma dei primi tre commi dell'art. 187 o dell' art. 188, invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni che intendono sottoporre al collegio stesso, nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell'art. 183. Le conclusioni di merito debbono essere interamente formulate anche nei casi previsti dell'art. 187, secondo e terzo comma (1).
La rimessione investe il collegio di tutta la causa, anche quando avviene a norma dell'articolo 187, secondo e terzo comma [c.p.c. 277; disp. att. 1941 c.p.c. 75, 111] (2).
(1) Comma così sostituito, a far data dal 30 aprile 1995, dall'art. 23, L. 26 novembre 1990, n. 353. Il testo precedente così disponeva: "Il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, a norma dei primi tre commi dell'articolo 187 o dell' articolo 188, invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni che intendono sottoporre al collegio stesso, e a indicare le eventuali modificazioni che ritengono di dover apportare alle conclusioni già prese [disp. att. 1941 c.p.c. 110]. Le conclusioni di merito debbono essere interamente formulate anche nei casi dell'articolo 187, secondo e terzo comma [disp. att. 1941 c.p.c. 80-bis]". Sull'imposta di bollo vedi, anche, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642; il D.M. 20 agosto 1992 (Gazz. Uff. 21 agosto 1992, n. 196).
(2) Articolo così sostituito dall'art. 19, L. 14 luglio 1950, n. 581. Vedi, anche, l'art. 13, L. 22 luglio 1997, n. 276, sull'istituzione delle sezioni stralcio e la nomina di giudici onorari aggregati per la definizione del contenzioso civile pendente.
art. 13 progetto Castelli
Art. 190.
Comparse conclusionali e memorie.
Le comparse conclusionali debbono essere depositate entro il termine, prorogabile una sola volta su istanza di tutte le parti costituite, di sessanta giorni dalla rimessione della causa al collegio e le memorie di replica entro i venti giorni successivi. (primo comma sostituito)
Per il deposito delle comparse conclusionali il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, può fissare un termine più breve, comunque non inferiore a venti giorni.
Testo precedente
190. Comparse conclusionali e memorie.
Le comparse conclusionali debbono essere depositate entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla rimessione della causa al collegio e le memorie di replica entro i venti giorni successivi.
Per il deposito delle comparse conclusionali il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, può fissare un termine più breve, comunque non inferiore a venti giorni (1).
(1) Articolo così sostituito prima dall'art. 20, L. 14 luglio 1950, n. 581 e poi, a far data dal 30 aprile 1995, dall'art. 24, L. 26 novembre 1990, n. 353. Il testo in vigore prima di quest'ultima modifica così disponeva: "Nel rimettere le parti al collegio a norma dell'articolo precedente, il giudice istruttore fissa l'udienza per la discussione davanti a questo [c.p.c. 275; disp. att. 1941 c.p.c. 113, 114].
Le parti, dieci giorni liberi prima di tale udienza, debbono comunicarsi [c.p.c. 180] le comparse contenenti le sole conclusioni già fissate dinanzi all'istruttore [c.p.c. 189], e il compiuto svolgimento delle ragioni di fatto e di diritto su cui esse si fondano [disp. att. 1941 c.p.c. 75, 111].
Cinque giorni liberi prima dell'udienza le parti possono comunicarsi brevi memorie, aventi carattere di semplice replica alle deduzioni avversarie, e non contenenti nuove conclusioni.
Se le parti hanno dichiarato d'accordo, nell'udienza di rimessione, di rinunziare alle memorie di replica, le comparse conclusionali possono essere comunicate entro il termine di cinque giorni previsto dal comma precedente.
Queste disposizioni si applicano anche al pubblico ministero che sia intervenuto nel processo a norma dell'articolo 70".
art. 14 progetto Castelli
Art. 250.
Intimazione ai testimoni.
L'ufficiale giudiziario, su richiesta della parte interessata, intima ai testimoni [c.p.c. 255] ammessi dal giudice istruttore di comparire nel luogo, nel giorno e nell'ora fissati, indicando il giudice che assume la prova e la causa nella quale debbono essere sentiti.
L'intimazione, al teste richiesto dalle parti private, di comparire in udienza, può essere effettuata dal difensore attraverso l'invio di copia dell'atto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. (secondo comma aggiunto)
Il difensore che ha spedito l'atto da notificare con lettera raccomandata deposita nella cancelleria del giudice copia dell'atto inviato, attestandone la conformità all'originale, e l'avviso di ricevimento. (terzo comma aggiunto)
Testo precedente
250. Intimazione ai testimoni.
L'ufficiale giudiziario, su richiesta della parte interessata, intima ai testimoni [c.p.c. 255] ammessi dal giudice istruttore di comparire nel luogo, nel giorno e nell'ora fissati, indicando il giudice che assume la prova e la causa nella quale debbono essere sentiti (1).
art. 15 progetto Castelli
Art. 103.
Termine per l'intimazione al testimone.
L'intimazione di cui all'articolo 250 del Codice deve essere fatta ai testimoni almeno tre giorni prima dell'udienza in cui sono chiamati a comparire.
Con l'autorizzazione del giudice il termine può essere ridotto nei casi d'urgenza.
L'intimazione a cura del difensore contiene: a) l'indicazione della parte richiedente e della controparte, nonché gli estremi dell'ordinanza con la quale è stata ammessa la prova testimoniale; b) le generalità e il domicilio della persona da citare; c) il giorno, l'ora ed il luogo della comparizione, nonché il giudice davanti al quale la persona deve presentarsi; d) l'avvertimento che, in caso di mancata comparizione non dovuta a legittimo impedimento, la persona citata potrà, a norma dell'art. 255 C.P.C., essere accompagnata a mezzo della polizia giudiziaria e condannata al pagamento di una pena pecuniaria non inferiore a 100 Euro e non superiore a 1000 Euro, oltre che alla rifusione delle spese alle quali la mancata comparizione abbia dato causa. (terzo comma aggiunto)
Testo precedente
103. Termine per l'intimazione al testimone.
L'intimazione di cui all'articolo 250 del Codice deve essere fatta ai testimoni almeno tre giorni prima dell'udienza in cui sono chiamati a comparire.
Con l'autorizzazione del giudice il termine può essere ridotto nei casi d'urgenza.
art. 16 progetto Castelli
Art. 255.
Mancata comparizione dei testimoni.
Se il testimone regolarmente intimato non si presenta, il giudice istruttore può ordinare una nuova intimazione oppure dispone l'accompagnamento all'udienza stessa o ad altra successiva. Con la medesima ordinanza lo condanna ad una pena pecuniaria non inferiore a 100 Euro e non superiore a 1000 Euro, oltre che alla rifusione delle spese alle quali la mancata comparizione abbia dato causa. (primo comma sostituito)
Se il testimone si trova nell'impossibilità di presentarsi o ne è esentato dalla legge [c.p.c. 249] o dalle convenzioni internazionali, il giudice si reca nella sua abitazione o nel suo ufficio; e, se questi sono situati fuori della circoscrizione del tribunale, delega all'esame il giudice istruttore (2) del luogo [c.p.c. 203].
Testo precedente.
255. Mancata comparizione dei testimoni.
Se il testimone regolarmente intimato [c.p.c. 250; disp. att. 1941 c.p.c. 104] non si presenta, il giudice istruttore può ordinare una nuova intimazione oppure disporne l'accompagnamento all'udienza stessa o ad altra successiva. Con la medesima ordinanza lo condanna a una pena pecuniaria non inferiore a lire quattrocento (1) e non superiore a lire ottomila (1) oltre che alle spese causate dalla mancata presentazione [c.p.c. 179].
Se il testimone si trova nell'impossibilità di presentarsi o ne è esentato dalla legge [c.p.c. 249] o dalle convenzioni internazionali, il giudice si reca nella sua abitazione o nel suo ufficio; e, se questi sono situati fuori della circoscrizione del tribunale, delega all'esame il giudice istruttore (2) del luogo [c.p.c. 203].
(1) La pena risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 114, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.
(2) L'originario termine "pretore" è stato sostituito, con l'attuale "giudice istruttore", dall'art. 65, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188.
art. 17 progetto Castelli
Art. 283.
Provvedimenti sull'esecuzione provvisoria in appello.
II giudice d'appello su istanza di parte, proposta con l'impugnazione principale o con quella incidentale, quando può derivarne gravissimo danno o sussistono fondati motivi, sospende in tutto o in parte l'efficacia esecutiva o l'esecuzione della sentenza impugnata, con cauzione o senza. (primo e unico comma sostituito)
Testo precedente
283. Provvedimenti sull'esecuzione provvisoria in appello.
Il giudice d'appello su istanza di parte, proposta con l'impugnazione principale o con quella incidentale, quando ricorrono gravi motivi, sospende in tutto o in parte l'efficacia esecutiva o l'esecuzione della sentenza impugnata (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 34, L. 26 novembre 1990, n. 353, in vigore dal 1º gennaio 1993 per effetto dell'art. 92 della citata legge, come modificato dall'art. 2, L. 4 dicembre 1992, n. 477. Ai giudizi pendenti a tale data si applicano, fino al 30 aprile 1995, le disposizioni anteriormente vigenti, ai sensi del citato art. 92, come modificato, da ultimo, dall'art. 6, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni, con L. 6 dicembre 1994, n. 673. L'articolo 4, quarto comma, del suddetto decreto-legge ha disposto che per i giudizi iniziati successivamente al 1º gennaio 1993, alle sentenze di primo grado pubblicate anteriormente al 30 aprile 1995 si applicano gli articoli 282, 283 e 337 del codice di procedura civile nel testo anteriormente vigente. L'art. 90, secondo comma, della suddetta legge n. 353 del 1990, come sostituito dall'art. 9, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito in legge, con modificazioni, con L. 20 dicembre 1995, n. 534 (Gazz. Uff. 20 dicembre 1995, n. 296), ha così disposto: "Gli articoli 282, 283, 337, comma primo, e 431, commi quinto e sesto, del codice di procedura civile, come modificati dalla presente legge, si applicano ai giudizi iniziati dopo il 1° gennaio 1993, nonché alle sentenze pubblicate dopo il 19 aprile 1995". Il secondo comma dell'art. 1 della suddetta legge n. 534 del 1995 ha disposto che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 21 aprile 1995, n. 121, del D.L. 21 giugno 1995, n. 238 e del D.L. 9 agosto 1995, n. 347, non convertiti in legge.
Il presente articolo, nella precedente formulazione, così disponeva: "Se il giudice di primo grado ha omesso di pronunciare sull'istanza di esecuzione provvisoria o l'ha rigettata la parte interessata può riproporla al giudice d'appello con l'impugnazione principale [c.p.c. 323] o con quella incidentale [c.p.c. 333, 334].
Allo stesso giudice e con le stesse forme si può chiedere che revochi la concessione della provvisoria esecuzione e sospenda l'esecuzione iniziata [c.p.c. 351, 357, 830]".
art. 18 progetto Castelli
Art. 285.
Modo di notificazione della sentenza.
La notificazione della sentenza, al fine della decorrenza del termine per l'impugnazione si fa, su istanza di parte, a norma dell'articolo 170, primo, secondo e terzo comma. (comma sostituito)
Testo precedente
285. Modo di notificazione della sentenza.
La notificazione della sentenza, al fine della decorrenza del termine per l'impugnazione [c.p.c. 325, 326], si fa, su istanza di parte, a norma dell'articolo 170 primo e terzo comma [c.p.c. 286, 292, 719].
art. 19 progetto Castelli
Art. 319.
Costituzione delle parti.
Le parti si costituiscono depositando in cancelleria la citazione o il processo verbale di cui all'art. 316 con la relazione della notificazione e, quando occorre, la procura. (primo comma sostituito)
I termini per la costituzione delle parti sono fissati in venti giorni dalla notificazione per l'attore e in venticinque giorni dalla notificazione per il convenuto. (primo comma sostituito)
Se una delle parti si costituisce entro il termine a lei assegnato, l'altra parte può costituirsi successivamente fino alla prima udienza; la parte che non si costituisce neppure in tale udienza è dichiarata contumace, salva la disposizione dell'articolo 291. (primo comma sostituito)
Le parti, che non hanno precedentemente dichiarato la residenza o eletto domicilio nel comune in cui ha sede l'ufficio del giudice di pace, debbono farlo con dichiarazione ricevuta nel processo verbale al momento della costituzione (1).
Testo precedente
319. Costituzione delle parti.
Le parti si costituiscono depositando in cancelleria la citazione o il processo verbale di cui all'art. 316 con la relazione della notificazione e, quando occorre, la procura, oppure presentando tali documenti al giudice in udienza.
Le parti, che non hanno precedentemente dichiarato la residenza o eletto domicilio nel comune in cui ha sede l'ufficio del giudice di pace, debbono farlo con dichiarazione ricevuta nel processo verbale al momento della costituzione (1).
(1) Articolo così sostituito, a far data dal 30 aprile 1995, prima dall'art. 43, L. 26 novembre 1990, n. 353, poi, a decorrere dal 1° maggio 1995, dall'art. 28, L. 21 novembre 1991, n. 374, che ha sostituito il giudice di pace al conciliatore. Il testo precedente così disponeva: "Rappresentanza davanti al conciliatore. - Davanti al conciliatore [c.p.c. 7; disp. att. 1941 c.p.c. 66, 67, 68, 69] fuori della sede di pretura, le parti possono farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce alla citazione [c.p.c. 82, 312] o in atto separato, salvo al giudice il potere di ordinare la loro comparizione personale [c.p.c. 117].
Il mandato a rappresentare comprende sempre quello a transigere [c.c. 1965] e a consentire alla conciliazione [c.p.c. 320]".
L'art. 42 della sopracitata L. n. 353 del 1990, ha altresì abrogato, con effetto dal 30 aprile 1995, l'intitolazione "Capo II. Disposizioni speciali per il procedimento davanti al conciliatore" che precedeva il presente articolo.
art. 20 progetto Castelli
Art. 379.
Discussione.
All'udienza il relatore riferisce [c.p.c. 390] i fatti rilevanti per la decisione del ricorso, il contenuto del provvedimento impugnato e, in riassunto, se non vi è discussione delle parti, i motivi del ricorso e del controricorso.
Dopo la relazione, il presidente invita il pubblico ministero ad esporre oralmente le sue conclusioni motivate e quindi gli avvocati delle parti a svolgere le loro difese. Non sono ammesse repliche. (secondo, terzo e quarto comma sostituiti)
Testo precedente
379. Discussione.
All'udienza il relatore riferisce [c.p.c. 390] i fatti rilevanti per la decisione del ricorso, il contenuto del provvedimento impugnato e, in riassunto, se non vi è discussione delle parti, i motivi del ricorso e del controricorso.
Dopo la relazione il presidente invita gli avvocati delle parti a svolgere le loro difese [c.p.c. 370].
Quindi il pubblico ministero espone oralmente le sue conclusioni motivate [c.p.c. 70] (1).
Non sono ammesse repliche, ma gli avvocati delle parti possono nella stessa udienza presentare alla corte brevi osservazioni per iscritto sulle conclusioni del pubblico ministero.
(1) Vedi, anche, l'art. 76, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, sull'ordinamento giudiziario. La Corte costituzionale, con sentenza 25-29 ottobre 1999, n. 403 (Gazz. Uff. 3 novembre 1999, n. 44 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente comma, in riferimento all'art. 24 Cost.
art. 21 progetto Castelli
Art. 380.
Deliberazione della sentenza.
La Corte, dopo la discussione della causa, delibera nella stessa seduta, la sentenza in camera di consiglio .
Si applica alla deliberazione della corte la disposizione dell'articolo 276. II dispositivo della sentenza sottoscritto dal presidente viene pubblicato entro trenta giorni dalla deliberazione, mediante deposito in cancelleria, salvo che il presidente, con decreto motivato depositato entro lo stesso termine, ne disponga la proroga per ulteriori trenta giorni. (periodo aggiunto).
380. Deliberazione della sentenza.
La Corte, dopo la discussione della causa, delibera nella stessa seduta, la sentenza in camera di consiglio (1).
Si applica alla deliberazione della corte la disposizione dell'articolo 276.
(1) Comma così sostituito dall'art. 4, L. 8 agosto 1977, n. 532, recante provvedimenti urgenti in materia processuale e di ordinamento giudiziario.
art. 22 progetto Castelli
Art. 492.
Forma del pignoramento.
Salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in un'ingiunzione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all'espropriazione e i frutti di essi [c.c. 2912].
Il pignoramento deve altresì contenere l'invito rivolto al debitore ad effettuare la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione con l'avvertimento che, in mancanza, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice. (secondo comma aggiunto)
Quando la legge richiede che l'ufficiale giudiziario nel compiere il pignoramento sia munito del titolo esecutivo [c.p.c. 474], il presidente del tribunale competente per l'esecuzione [c.p.c. 16, 26] può concedere al creditore l'autorizzazione prevista nell'articolo 488 secondo comma
art. 23 progetto Castelli
Art. 495.
Conversione del pignoramento.
Prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569 del codice, il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all'importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese.
Unitamente all'istanza deve essere depositata in cancelleria, a pena di inammissibilità, una somma non inferiore ad un quinto dell'importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale. La somma è depositata dal cancelliere presso un istituto di credito indicato dal giudice.
La somma da sostituire al bene pignorato è determinata con ordinanza dal giudice dell'esecuzione, sentite le parti in udienza non oltre trenta giorni dal deposito dell'istanza di conversione.
Qualora le cose pignorate siano costituite da beni immobili, il giudice con la stessa ordinanza può disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di nove mesi la somma determinata a norma del terzo comma, maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito ovvero, in difetto, al tasso legale.
Qualora il debitore ometta il versamento dell'importo determinato dal giudice ai sensi del terzo comma, ovvero ometta o ritardi di oltre 15 giorni il versamento anche di una sola delle rate previste nel quarto comma, le somme versate formano parte dei beni pignorati. Il giudice dell'esecuzione, su richiesta del creditore procedente o creditore intervenuto munito di titolo esecutivo, dispone senza indugio la vendita di questi ultimi.
Con l'ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento e che la somma versata vi sia sottoposta in loro vece. I beni immobili sono liberati dal pignoramento con il versamento dell'intera somma.
L'istanza può essere avanzata una sola volta a pena di inammissibilità.
Le parole evidenziate al primo comma sostituiscono quelle del testo precedente: "In qualsiasi momento anteriore alla vendita".
art. 14 progetto Castelli
Art. 499.
Intervento.
Oltre i creditori indicati nell'articolo precedente, possono intervenire solo i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo.(primo comma sostituito)
Il ricorso [c.p.c. 125] deve contenere l'indicazione del credito e quella del titolo di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata [c.p.c. 510, 541, 596] e la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione [c.p.c. 83].
Ai creditori, intervenuti entro l'udienza fissata per l'autorizzazione della vendita o per l'aggiudicazione, il creditore pignorante ha facoltà di indicare, all'udienza o con atto notificato e, in ogni caso, non oltre i cinque giorni successivi alla comunicazione fattagli dal cancelliere, l'esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili e di invitarli ad estendere il pignoramento; se i creditori intervenuti non si giovano, senza giusto motivo, delle indicazioni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione. (terzo comma aggiunto)
Testo precedente
499. Intervento.
Oltre i creditori indicati nell'articolo precedente, possono intervenire nell'esecuzione gli altri creditori, ancorché non privilegiati [c.c. 2741, 2749, 2855; c.p.c. 528, 551, 565, 566].
Il ricorso [c.p.c. 125] deve contenere l'indicazione del credito e quella del titolo di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata [c.p.c. 510, 541, 596] e la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione [c.p.c. 83].
art. 25 progetto Castelli
Art. 512.
Risoluzione delle controversie.
Se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra i creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all'espropriazione, circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice dell'esecuzione provvede con ordinanza, impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'articolo 617, secondo comma .(primo comma sostituito)
II giudice può sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata. (secondo comma sostituito)
Testo precedente
512. Risoluzione delle controversie.
Se, in sede di distribuzione [c.p.c. 510], sorge controversia tra creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all'espropriazione, circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione [c.c. 2741], il giudice dell'esecuzione [c.p.c. 484] provvede all'istruzione della causa, se è competente; altrimenti rimette le parti davanti al giudice competente a norma dell'articolo 17, fissando un termine perentorio per la riassunzione.
Il giudice, se non sospende totalmente il procedimento, provvede alla distribuzione della parte della somma ricavata non controversa.
art. 26 progetto Castelli
Art. 525.
Condizione e tempo dell'intervento.
(Possono intervenire a norma dell'articolo 499 tutti coloro che nei confronti del debitore hanno un credito certo, liquido ed esigibile).(primo comma abrogato)
Per gli effetti di cui agli articoli seguenti l'intervento deve avere luogo non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita o per l'assegnazione. Di tale intervento il cancelliere dà notizia al creditore pignorante.
Qualora il valore dei beni pignorati, determinato a norma dell'articolo 518, non superi le lire ventimila Euro, l'intervento di cui al comma precedente deve aver luogo non oltre la data di presentazione del ricorso, prevista dall'articolo 529.
Articolo così sostituito dall'art. 48, L. 14 luglio 1950, n. 581. L'ultimo comma è stato, poi, così sostituito dall'art. 72, L. 26 novembre 1990, n. 353, in vigore dal 1º gennaio 1993 per effetto dell'art. 92 della citata legge, come modificato dall'art. 2, L. 4 dicembre 1992, n. 477. Ai giudizi pendenti a tale data si applicano, fino al 30 aprile 1995, le disposizioni anteriormente vigenti, ai sensi del citato art. 92, come modificato, da ultimo, dall'art. 6, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 convertito, con modificazioni, con L. 6 dicembre 1994, n. 673.
Nella precedente formulazione dell'ultimo comma il limite di somma era fissato in lire cinquantamila. L'art. 90, primo comma, della suddetta legge n. 353 del 1990, come sostituito dall'art. 9, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito in legge, con modificazioni, con L. 20 dicembre 1995, n. 534 (Gazz. Uff. 20 dicembre 1995, n. 296), ha così disposto:" Ai giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995 si applicano le disposizioni vigenti anteriormente a tale data, nonché l'articolo 186-quater del codice di procedura civile. Gli articoli 5, 40, commi terzo, quarto e quinto, e gli artt. 42, 181, comma primo, 186-bis, 186-ter, 295, 336, comma secondo, 360, comma primo, 361, comma primo, 367, comma primo, 371-bis, 373, comma secondo, 375, comma primo, 377, 384, comma primo, 391-bis, 398, comma quarto, 495, 525, comma terzo, del codice di procedura civile, e gli articoli 144-bis e 159 disp. trans. c.p.c., come modificati dalla presente legge, si applicano anche ai giudizi pendenti alla data del 1° gennaio 1993". In deroga al citato art. 90, per ciò che riguarda la definizione del contenzioso civile pendente alla data del 30 aprile 1995, vedi l'art. 12, L. 22 luglio 1997, n. 276, istitutiva delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari, con la disciplina transitoria ed i correttivi di cui all'art. 1, L. 2 ottobre 1997, n. 333. Il secondo comma dell'art. 1 della suddetta legge n. 534 del 1995 ha disposto che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 21 aprile 1995, n. 121, del D.L. 21 giugno 1995, n. 238 e del D.L. 9 agosto 1995, n. 347, non convertiti in legge. Da ultimo la Corte Costituzionale, con sentenza 13-31 luglio 2000, n. 407 (Gazz. Uff. 9 agosto 2000, n. 33 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento all'art. 24 Cost.
art. 27 progetto Castelli
Art. 526.
Facoltà dei creditori intervenuti.
I creditori intervenuti a norma del secondo comma e del terzo comma dell'articolo precedente partecipano all'espropriazione dei mobili pignorati e (se muniti di titolo esecutivo) possono provocarne i singoli atti.
Le parole tra parentesi sono state soppresse.
art. 28 progetto Castelli
Art. 527.
Diritto dei creditori intervenuti alla distribuzione.
Ai creditori intervenuti a norma dell'articolo 525 secondo e terzo comma il creditore pignorante ha facoltà di indicare, all'udienza o con atto notificato e, in ogni caso, non oltre i cinque giorni successivi alla comunicazione fattagli dal cancelliere, l'esistenza di altri beni del debitore, utilmente pignorabili e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l'estensione.
Se i creditori intervenuti non si giovano, senza giusto motivo, delle indicazioni loro fatte o non rispondono all'invito entro il termine di dieci giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione.
Articolo interamente abrogato
art. 29 progetto Castelli
Art. 528.
Intervento tardivo.
(I creditori chirografari che intervengono oltre l'udienza indicata nell'articolo 525 secondo comma, ovvero oltre la data di presentazione del ricorso per l'assegnazione o la vendita dei beni pignorati nell'ipotesi prevista nell'articolo 525, terzo comma, ma prima del provvedimento di distribuzione, concorrono alla distribuzione della parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di quelli intervenuti in precedenza) (primo comma abrogato)
I creditori che hanno un diritto di prelazione [c.c. 2741] sulle cose pignorate, anche se intervengono dopo l’udienza fissata per l’autorizzazione alla vandita o per l’assegnazione, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione. (parole sostituite)
Testo precedente
528. Intervento tardivo.
I creditori chirografari che intervengono oltre l'udienza indicata nell'articolo 525 secondo comma, ovvero oltre la data di presentazione del ricorso per l'assegnazione o la vendita dei beni pignorati nell'ipotesi prevista nell'articolo 525, terzo comma, ma prima del provvedimento di distribuzione [c.p.c. 541], concorrono alla distribuzione della parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di quelli intervenuti in precedenza [c.p.c. 524, 526, 527].
I creditori che hanno un diritto di prelazione [c.c. 2741] sulle cose pignorate, anche se intervengono a norma del comma precedente, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione [c.c. 2745; c.p.c. 510] (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 10, D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
art. 30 progetto Castelli
Art. 546.
Obblighi del terzo.
Dal giorno in cui gli è notificato l'atto previsto nell'articolo 543, il terzo è soggetto relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell’importo del credito precettato aumentato della metà, agli obblighi che la legge impone al custode. (parole aggiunte)
Nel caso di pignoramento eseguito presso più terzi, il debitore può chiedere la riduzione proporzionale dei singoli pignoramenti a norma dell'articolo 496 ovvero la dichiarazione di inefficacia di taluno di essi; il giudice dell'esecuzione, convocate le parti, provvede con ordinanza non oltre venti giorni dall'istanza. (secondo comma aggiunto)
Testo precedente
546. Obblighi del terzo.
Dal giorno in cui gli è notificato l'atto previsto nell'articolo 543, il terzo è soggetto relativamente alle cose e alle somme da lui dovute, agli obblighi che la legge impone al custode [c.p.c. 65, 520; c.p. 334, 335].
art. 31 progetto Castelli
Art.560.
Modo della custodia.
Il debitore e il terzo nominato custode [c.c. 2861; c.p.c. 632] debbono rendere il conto a norma dell'articolo 593.
Ad essi è fatto divieto di dare in locazione l'immobile pignorato se non sono autorizzati dal giudice dell'esecuzione.
II debitore può continuare ad abitare nell'immobile pignorato, occupando i locali strettamente necessari a lui ed alla sua famiglia, facendone istanza al giudice. (terzo comma sostituito)
Se il debitore dimostra di non avere altri mezzi di sostentamento, il giudice può anche concedergli un assegno alimentare sulle rendite, nei limiti dello stretto necessario.
I provvedimenti di nomina e di revoca del custode e l'autorizzazione di cui al precedente terzo comma o la sua revoca sono dati con ordinanza costituente titolo esecutivo per il rilascio e non impugnabile. Dopo l' aggiudicazione, è sempre sentito l'aggiudicatario ai sensi dell'art. 485. (quinto comma aggiunto)
Testo precedente
560. Modo della custodia.
Il debitore e il terzo nominato custode [c.c. 2861; c.p.c. 632] debbono rendere il conto a norma dell'articolo 593.
Ad essi è fatto divieto di dare in locazione l'immobile pignorato se non sono autorizzati dal giudice dell'esecuzione.
Con l'autorizzazione del giudice [c.p.c. 487] il debitore può continuare ad abitare nell'immobile pignorato, occupando i locali strettamente necessari a lui e alla sua famiglia.
Se il debitore dimostra di non avere altri mezzi di sostentamento, il giudice può anche concedergli un assegno alimentare sulle rendite, nei limiti dello stretto necessario.
art. 32 progetto Castelli
Art. 564.
Facoltà dei creditori intervenuti
I creditori intervenuti a norma del secondo comma dell'articolo precedente partecipano all'espropriazione dell'immobile pignorato e possono provocare i singoli atti. (articolo interamente sostituito)
Testo precedente
564. Facoltà dei creditori intervenuti.
I creditori intervenuti a norma del secondo comma dell'articolo precedente partecipano all'espropriazione dell'immobile pignorato e, se muniti di titolo esecutivo [c.p.c. 474], possono provocarne i singoli atti [c.p.c. 500, 526, 567].
art. 33 progetto Castelli
Art. 566.
Intervento dei creditori iscritti e privilegiati
I creditori iscritti e privilegiati che intervengono oltre l'udienza indicata nell'articolo 563, secondo comma, ma prima di quella prevista dall'articolo 596, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione e possono provocare atti della espropriazione. (articolo interamente sostituito)
Testo precedente
566. Intervento dei creditori iscritti e privilegiati.
I creditori iscritti [c.p.c. 498] e i privilegiati [c.c. 2751] che intervengono [c.p.c. 499] oltre l'udienza indicata nell'articolo 563 secondo comma, ma prima di quella prevista nell'articolo 596, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione, e, quando sono muniti di titolo esecutivo [c.p.c. 474], possono provocare atti dell'espropriazione.
art. 34 progetto Castelli
Art. 567.
Istanza di vendita.
Decorso il termine di cui all'articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere la vendita dell'immobile pignorato.
Il creditore che richiede la vendita deve provvedere, entro sessanta giorni dal deposito del ricorso, ad allegare allo stesso l'estratto del catasto e delle mappe censuarie, il certificato di destinazione urbanistica di cui all'articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, di data non anteriore a tre mesi dal deposito del ricorso, nonché i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all'immobile pignorato; tale documentazione può essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari.
La documentazione di cui al secondo comma può essere allegata anche a cura di un creditore intervenuto munito di titolo esecutivo.
I termini di cui al secondo comma possono essere prorogati, su istanza dei creditori o dell'esecutato per giusti motivi. Ulteriori proroghe possono essere concesse nei limiti di cui all'articolo 154. Se la proroga non è concessa o non è richiesta, il giudice dell'esecuzione dichiara l'inefficacia del pignoramento relativamente all'immobile carente della prescritta documentazione; si applica l'articolo 630 del codice. (ultimo comma sostituito)
Testo precedente
567. Istanza di vendita.
Decorso il termine di cui all'articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo [c.p.c. 474, 564] possono chiedere la vendita dell'immobile pignorato [c.p.c. 498; disp. att. 1941 c.p.c. 173] (1).
Il creditore che richiede la vendita deve provvedere, entro sessanta giorni dal deposito del ricorso, ad allegare allo stesso l'estratto del catasto e delle mappe censuarie, il certificato di destinazione urbanistica di cui all'articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, di data non anteriore a tre mesi dal deposito del ricorso, nonché i certificati delle iscrizioni [c.c. 2827] e trascrizioni [c.c. 2643] relative all'immobile pignorato; tale documentazione può essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari (2).
La documentazione di cui al secondo comma può essere allegata anche a cura di un creditore intervenuto munito di titolo esecutivo (2).
Qualora non sia depositata nei termini prescritti la documentazione di cui al secondo comma, ovvero il certificato notarile sostitutivo della stessa, il giudice dell'esecuzione pronuncia ad istanza del debitore o di ogni altra parte interessata o anche d'ufficio l'ordinanza di estinzione della procedura esecutiva di cui all'articolo 630, secondo comma, disponendo che sia cancellata la trascrizione del pignoramento. Si applica l'articolo 562, secondo comma (2).
(1) Sui servizi di cancelleria in materia di spese processuali civili, vedi l'art. 1, L. 7 febbraio 1979, n. 59, e il D.M. 26 marzo 1980 (Gazz. Uff. 19 aprile 1980, n. 108).
(2) Gli attuali commi secondo, terzo e quarto così sostituiscono l'originario comma secondo in virtù di quanto disposto dall'art. 1, L. 3 agosto 1998, n. 302 (Gazz. Uff. 24 agosto 1998, n. 196). La precedente formulazione del secondo comma era la seguente: "Al ricorso si debbono unire l'estratto del catasto e delle mappe censuarie, i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all'immobile pignorato e il certificato del tributo diretto verso lo Stato.". L'art. 13-bis della stessa legge n. 302, aggiunto dall'art. 4, D.L. 21 settembre 1998, n. 328, convertito in legge con legge 19 novembre 1998, n. 399, e sostituito, prima, dall'art. 1 D.L. 17 marzo 1999, n. 64 (Gazz. Uff. 18 marzo 1999, n. 64), convertito in legge, con modificazioni, con L. 14 maggio 1999, n. 134 (Gazz. Uff. 17 maggio 1999, n. 113), poi dall'art. 1, D.L. 17 dicembre 1999, n. 480 (Gazz. Uff. 18 dicembre 1999, n. 296), convertito in legge, con modificazioni, con L. 16 febbraio 2000, n. 25 (Gazz. Uff. 17 febbraio 2000, n. 39) ed infine dall'art. 1, D.L. 18 ottobre 2000, n. 291 (Gazz. Uff. 19 ottobre 2000, n. 245), convertito in legge, con modificazioni, con L. 14 dicembre 2000, n. 372 (Gazz. Uff. 15 dicembre 2000, n. 292), ha così disposto: "Art. 13-bis. Norma transitoria. 1. Il termine per l'allegazione della documentazione prescritta dall'articolo 567 del codice di procedura civile, come modificato dall'articolo 1 della presente legge, scade il 30 giugno 2001 per tutte le procedure esecutive nelle quali l'istanza di vendita risulta depositata entro il 30 aprile 2001.
2. Gli uffici pubblici ed i notai che non rilasciano la documentazione di cui al comma 1, sono tenuti, trascorsi trenta giorni dalla richiesta, ad attestare per iscritto mediante dichiarazione rilasciata al richiedente i motivi del mancato rilascio. Il giudice, su istanza di parte anteriore alla scadenza del termine di cui al comma 1, se accerta l'impossibilità per il creditore di osservare tale termine per fatto a lui non imputabile, proroga lo stesso termine per il tempo strettamente necessario e per una sola volta. Il giudice può impartire le necessarie disposizioni affinche siano rimosse le cause impeditive al rilascio della documentazione.".
L'art. 1-bis del suddetto D.L. n. 64 del 1999, introdotto dalla relativa legge di conversione ha così disposto: "Art. 1-bis. 1. Per i procedimenti esecutivi pendenti alla data dell'8 settembre 1998, anche se dichiarati estinti per effetto dell'articolo 1 della legge 3 agosto 1998, n. 302, in deroga a quanto previsto dal terzo comma dell'articolo 2945 del codice civile, l'effetto interruttivo della prescrizione rimane fermo fino alla dichiarazione di estinzione e il nuovo periodo di prescrizione inizia a decorrere dalla data di tale dichiarazione". Con D.M. 25 maggio 1999, n. 313 (Gazz. Uff. 10 settembre 1999, n. 213) sono stati fissati i compensi spettanti ai notai per le vendite all'incanto.
art. 35 progetto Castelli
Art. 571.
Offerte d'acquisto.
Ognuno, tranne il debitore, è ammesso a offrire per l'acquisto dell'immobile pignorato personalmente o a mezzo di procuratore legale anche a norma dell'articolo 579 ultimo comma. L'offerente deve presentare nella cancelleria dichiarazione contenente l'indicazione del prezzo, del tempo e modo del pagamento e ogni altro elemento utile alla valutazione dell'offerta. Se un termine più lungo non è fissato dall'offerente, l'offerta non può essere revocata prima di venti giorni.
L'offerta non è efficace se l'offerente non presta cauzione in misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto. (ultimo comma modificato)
Testo precedente:
Ognuno, tranne il debitore, è ammesso a offrire per l'acquisto dell'immobile pignorato [c.p.c. 573] personalmente o a mezzo di procuratore legale anche a norma dell'articolo 579 ultimo comma [c.c. 1471, n. 2]. L'offerente deve presentare nella cancelleria dichiarazione contenente l'indicazione del prezzo, del tempo e modo del pagamento e ogni altro elemento utile alla valutazione dell'offerta. Se un termine più lungo non è fissato dall'offerente, l'offerta non può essere revocata prima di venti giorni [c.p.c. 584].
L'offerta non è efficace se è inferiore al prezzo determinato a norma dell'articolo 568 e se l'offerente non presta cauzione [c.p.c. 119; disp. att. 1941 c.p.c. 86, 174] in misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto.
art. 36 progetto Castelli
Art. 572.
Deliberazione sull'offerta.
Sull'offerta il giudice dell'esecuzione sente le parti e i creditori iscritti non intervenuti.
Se l'offerta è inferiore al valore dell'immobile determinato a norma dell'articolo 568, è sufficiente il dissenso di un creditore intervenuto a farla respingere. (secondo comma sostituito)
Se l'offerta è pari o superiore al valore determinato a norma dell'articolo 568, il giudice può fare luogo alla vendita quando ritiene che non vi è seria probabilità di migliore vendita all'incanto. (terzo comma sostituito)
Si applica anche in questo caso la disposizione dell'articolo 577.
Testo precedente
572. Deliberazione sull'offerta.
Sull'offerta il giudice dell'esecuzione sente le parti [c.p.c. 485] e i creditori iscritti non intervenuti [c.p.c. 498].
Se l'offerta non supera di almeno un quarto il valore dell'immobile determinato a norma dell'articolo 568, è sufficiente il dissenso di un creditore intervenuto a farla respingere.
Se supera questo limite, il giudice può fare luogo alla vendita, quando ritiene che non vi è seria probabilità di migliore vendita all'incanto.
Si applica anche in questo caso la disposizione dell'articolo 577.
art. 37 progetto Castelli
Art. 584.
Offerte dopo l'incanto
Avvenuto l'incanto, possono ancora essere fatte offerte di acquisto entro il termine perentorio di dieci giorni, ma non sono efficaci se il prezzo offerto non supera di un quinto quello raggiunto nell'incanto. Tali offerte si fanno mediante deposito in Cancelleria, prestando cauzione per una somma pari alla metà di quella offerta, oltre l'ammontare approssimativo delle spese di vendita. Il giudice, verificata la regolarità delle offerte, indice la gara, della quale il cancelliere da pubblico avviso a norma dell'art 570 e comunicazione all'aggiudicatario, fissando il termine perentorio entro il quale possono essere fatte ulteriori offerte a norma del secondo comma. Alla gara possono partecipare, oltre gli offerenti in aumento di cui ai commi precedenti e l'aggiudicatario, anche gli offerenti al precedente incanto che, entro il termine fissato dal giudice, abbiano integrato la cauzione nella misura di cui al secondo comma. Nel caso di diserzione della gara indetta a norma del terzo comma, l'aggiudicazione diventa definitiva, ed il giudice pronuncia a carico degli offerenti di cui al primo comma la perdita della cauzione a titolo di multa. (articolo interamente sostituito)
Testo precedente
584. Offerte dopo l'incanto.
Avvenuto l'incanto possono ancora essere fatte offerte d'acquisto entro il termine di dieci giorni, ma non sono efficaci se il prezzo offerto non supera di un sesto quello raggiunto nell'incanto.
Tali offerte si fanno a norma dell'articolo 571 e, prima di procedere alla gara di cui all'articolo 573, il cancelliere dà pubblico avviso dell'offerta più alta a norma dell'art. 570 [c.p.c. 490; c.n. 662].
art. 38 progetto Castelli
Art. 608.
Modo del rilascio.
L'esecuzione inizia con la notifica dell'avviso con il quale l'ufficiale giudiziario comunica almeno tre giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui procederà. (primo comma sostituito)
Nel giorno e nell'ora stabiliti, l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell'esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall'articolo 513, immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell'immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore.
Testo precedente
608. Modo del rilascio.
L'ufficiale giudiziario comunica almeno tre giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui procederà.
Nel giorno e nell'ora stabiliti, l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo [c.p.c. 474] e del precetto [c.p.c. 480, 605], si reca sul luogo dell'esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall'articolo 513, immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell'immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore.
art. 39 progetto Castelli
Art. 617.
Forma dell'opposizione.
Le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l'esecuzione, davanti al giudice indicato nell'articolo 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto.
Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell'inizio dell'esecuzione e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione nel termine perentorio di dieci giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti.
(Nel testo precedente il termine era di cinque giorni)
art. 40 progetto Castelli
Art. 624.
Sospensione per opposizione all'esecuzione.
Se è proposta opposizione all'esecuzione a norma degli articoli 615 secondo comma e 619, il giudice dell'esecuzione, concorrendo gravi motivi sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza. II giudice provvede analogamente, anche sospendendo l'efficacia esecutiva del titolo, in caso di opposizione ai sensi dell'ari. 615, primo comma. (periodo aggiunto)
Contro l'ordinanza che provvede sull'istanza di sospensione è ammesso reclamo ai sensi dell'art. 669-terdecies. La disposizione si applica anche al provvedimento di cui all'articolo 512, secondo comma. (comma sostituito)
Testo precedente 624. Sospensione per opposizione all'esecuzione.
Se è proposta opposizione all'esecuzione a norma degli articoli 615 secondo comma e 619, il giudice dell'esecuzione [c.p.c. 484], concorrendo gravi motivi sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza [c.p.c. 119, 625; disp. att. 1941 c.p.c. 86].
Il giudice sospende totalmente o parzialmente la distribuzione della somma ricavata quando sorge una delle controversie previste nell'articolo 512.
art. 41 progetto Castelli
Art. 629.
Rinuncia
Il processo si estingue se il creditore pignorante e quelli intervenuti rinunciano agli atti. In quanto possibile, si applicano le disposizioni dell'articolo 306. (articolo sostituito)
Testo precedente
629. Rinuncia.
Il processo si estingue [c.p.c. 306] se, prima dell'aggiudicazione [c.p.c. 503, 537] o dell'assegnazione [c.p.c. 505, 530], il creditore pignorante e quelli intervenuti [c.p.c. 499] muniti di titolo esecutivo [c.p.c. 474] rinunciano agli atti.
Dopo la vendita il processo si estingue se rinunciano agli atti tutti i creditori concorrenti.
In quanto possibile, si applicano le disposizioni dell'articolo 306.
art. 42 progetto Castelli
Art. 633.
Condizioni di ammissibilità.
Su domanda di chi è creditore di una somma liquida di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili, o di chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata, il giudice competente pronuncia ingiunzione di pagamento o di consegna:
1. se del diritto fatto valere si dà prova scritta;
2. se il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati, procuratori, cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro ha prestato la sua opera in occasione di un processo;
3. se il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti ai notai a norma della loro legge professionale, oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa legalmente approvata.
L'ingiunzione può essere pronunciata anche se il diritto dipende da una controprestazione o da una condizione, purché il ricorrente offra elementi atti a far presumere l'adempimento della controprestazione o l'avveramento della condizione.
(L'ingiunzione non può essere pronunciata se la notificazione all'intimato di cui all'articolo 643 deve avvenire fuori della Repubblica (2) o dei territori soggetti alla sovranità italiana) (terzo comma abrogato)
art. 43 progetto Castelli
Art. 641.
Accoglimento della domanda.
Se esistono le condizioni previste nell'articolo 633, il giudice, con decreto motivato, ingiunge all'altra parte di pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose chieste o invece di queste la somma di cui all'articolo 639 nel termine di quaranta giorni, con l'espresso avvertimento che nello stesso termine può essere fatta opposizione a norma degli articoli seguenti e che, in mancanza di opposizione, si procederà a esecuzione forzata.
II termine di cui al precedente comma è di cento giorni se la notificazione deve essere effettuata fuori dalla Repubblica. (secondo comma aggiunto)
Quando concorrono giusti motivi, il termine può essere ridotto sino a dieci giorni oppure aumentato a sessanta. Se l'intimato risiede nelle province libiche o in territori soggetti alla sovranità italiana, il termine non può essere minore di trenta, né maggiore di centoventi giorni.
Nel decreto, eccetto per quello emesso sulla base di titoli che hanno già efficacia esecutiva secondo le vigenti disposizioni, il giudice liquida le spese e le competenze e ne ingiunge il pagamento.
art. 44 progetto Castelli
Art. 644.
Mancata notificazione del decreto.
Il decreto d'ingiunzione diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di novanta giorni dalla pronuncia, se deve avvenire nel territorio della Repubblica, escluse le province libiche, e di centoventi giorni negli altri casi; ma la domanda può essere riproposta.
(Così modificati gli originari termini di sessanta e di novanta giorni)
art. 44 progetto Castelli
Art. 649.
Sospensione dell'esecuzione provvisoria.
Il giudice istruttore, su istanza dell'opponente, quando ricorrono gravi motivi, può, con ordinanza non impugnabile sospendere o revocare l'esecuzione provvisoria del decreto concesso a norma dell'articolo 642. (parole aggiunte)
art. 46 progetto Castelli
669-octies. Provvedimento di accoglimento.
L'ordinanza [c.p.c. 134] di accoglimento, ove la domanda sia stata proposta prima dell'inizio della causa di merito, deve fissare un termine perentorio [c.p.c. 152, 153] non superiore a sessanta giorni per l'inizio del giudizio di merito, salva l'applicazione dell'ultimo comma dell'articolo 669-novies.
In mancanza di fissazione del termine da parte del giudice, la causa di merito deve essere iniziata entro il termine perentorio di sessanta giorni.
Il termine decorre dalla pronuncia dell'ordinanza se avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comunicazione.
Per le controversie individuali relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, escluse quelle devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, il termine decorre dal momento in cui la domanda giudiziale è divenuta procedibile o, in caso di mancata presentazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione, decorsi trenta giorni.
Nel caso in cui la controversia sia oggetto di compromesso o di clausola compromissoria, la parte, nei termini di cui ai commi precedenti, deve notificare all'altra un atto nel quale dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri.
Nel caso di reclamo, i termini di cui ai commi precedenti decorrono dalla comunicazione del provvedimento che ha deciso sul reclamo. (sesto comma aggiunto)
Le disposizioni dei commi precedenti e quella di cui al primo comma dell'articolo seguente non si applicano ai provvedimenti d'urgenza emessi ai sensi dell'articolo 700, ma la parte contro la quale è stato emesso il provvedimento può iniziare il giudizio di merito; si applica l'articolo 669 novies, terzo comma. (settimo comma aggiunto)
Nel caso di mancato inizio del giudizio di merito il provvedimento d'urgenza è revocabile e modificabile dal giudice che l'ha emesso solo se si verificano mutamenti delle circostanze.(ottavo comma aggiunto)
Testo precedente
669-octies. Provvedimento di accoglimento.
L'ordinanza [c.p.c. 134] di accoglimento, ove la domanda sia stata proposta prima dell'inizio della causa di merito, deve fissare un termine perentorio [c.p.c. 152, 153] non superiore a trenta giorni per l'inizio del giudizio di merito, salva l'applicazione dell'ultimo comma dell'articolo 669-novies (1).
In mancanza di fissazione del termine da parte del giudice, la causa di merito deve essere iniziata entro il termine perentorio di trenta giorni.
Il termine decorre dalla pronuncia dell'ordinanza se avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comunicazione [c.p.c. 136; disp. att. 1941 c.p.c. 45] (2).
Per le controversie individuali relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, escluse quelle devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, il termine decorre dal momento in cui la domanda giudiziale è divenuta procedibile o, in caso di mancata presentazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione, decorsi trenta giorni (3).
Nel caso in cui la controversia sia oggetto di compromesso o di clausola compromissoria, la parte, nei termini di cui ai commi precedenti, deve notificare all'altra un atto nel quale dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri (4).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 14-22 ottobre 1996, n. 358 (Gazz. Uff. 30 ottobre 1996, n. 44 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente comma, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.
(2) Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353, in vigore dal 1° gennaio 1993 per effetto dell'art. 92 della citata legge, come modificato dall'art. 2, L. 4 dicembre 1992, n. 477. Ai giudizi pendenti a tale data si applicano, fino al 30 aprile 1995, le disposizioni anteriormente vigenti, ai sensi del citato art. 92, come modificato, da ultimo, dall'art. 6, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 convertito, con modificazioni, con L. 6 dicembre 1994, n. 673. L'articolo 4, quinto comma, del suddetto decreto-legge ha disposto che le norme contenute in questo articolo si applicano, in quanto compatibili, ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto; tutti i sequestri anteriormente autorizzati perdono la loro efficacia se con sentenza, anche non passata in giudicato, è rigettata l'istanza di convalida ovvero è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale erano stati concessi.
(3) Comma aggiunto dall'art. 31, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80. Le parole da "o, in caso di mancata..." fino alla fine del comma sono state aggiunte dall'art. 19, D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387.
(4) Comma aggiunto dall'art. 1, L. 5 gennaio 1994, n. 25, in materia di arbitrato e disciplina dell'arbitrato internazionale, a decorrere dal 18 aprile 1994. La Corte costituzionale, con sentenza 16-27 maggio 1996, n. 171 (Gazz. Uff. 5 giugno 1996, n. 23 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.
art. 47 progetto Castelli
Art. 669-terdecies.
Reclamo contro i provvedimenti cautelari.
Contro l'ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare è ammesso reclamo nel termine perentorio di dieci giorni dalla sua pronuncia in udienza o dalla sua comunicazione. (primo comma sostituito)
Il reclamo contro i provvedimenti del giudice singolo del tribunale si propone al collegio, del quale non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato. Quando il provvedimento cautelare è stato emesso dalla Corte d'appello, il reclamo si propone ad altra sezione della stessa Corte o, in mancanza, alla Corte d'appello più vicina.
Il procedimento è disciplinato dagli articoli 737 e 738.
Il collegio, convocate le parti, pronuncia, non oltre venti giorni dal deposito del ricorso, ordinanza non impugnabile con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare.
Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento; tuttavia il presidente del tribunale o della Corte investiti del reclamo, quando per motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno, può disporre con ordinanza non impugnabile la sospensione dell'esecuzione o subordinarla alla prestazione di congrua cauzione.
Testo precedente
669-terdecies. Reclamo contro i provvedimenti cautelari.
Contro l'ordinanza con la quale, prima dell'inizio o nel corso della causa di merito, sia stato concesso un provvedimento cautelare è ammesso reclamo nei termini previsti dall'articolo 739, secondo comma (1).
Il reclamo [contro i provvedimenti del pretore si propone al tribunale, quello] contro i provvedimenti del giudice singolo del tribunale si propone al collegio, del quale non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato. Quando il provvedimento cautelare è stato emesso dalla Corte d'appello, il reclamo si propone ad altra sezione della stessa Corte o, in mancanza, alla Corte d'appello più vicina (2).
Il procedimento è disciplinato dagli articoli 737 e 738.
Il collegio, convocate le parti, pronuncia, non oltre venti giorni dal deposito del ricorso, ordinanza non impugnabile [c.p.c. 134, 177] con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare (1).
Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento; tuttavia il presidente del tribunale o della Corte investiti del reclamo, quando per motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno, può disporre con ordinanza non impugnabile la sospensione dell'esecuzione o subordinarla alla prestazione di congrua cauzione [c.p.c. 119; disp. att. 1941 c.p.c. 86] (3) (4).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 18-26 maggio 1995, n. 197 (Gazz. Uff. 31 maggio 1995, n. 23 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità del primo comma, in riferimento all'art. 24 Cost., primo e secondo comma, e all'art. 3, primo comma, Cost. La stessa Corte, con sentenza 12-17 marzo 1998, n. 65 (Gazz. Uff. 25 marzo 1998, n. 12 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, non fondata la questione di legittimità del primo e terzo comma, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.
(2) Le parole fra parentesi quadre sono state soppresse dall'art. 108, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188.
La Corte d'Appello più vicina deve essere determinata, ai sensi dell'art. 5, L. 22 dicembre 1980, n. 879, tenendo conto della "distanza ferroviaria, e se del caso marittima, tra i capoluoghi di distretto".
(3) Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353, in vigore dal 1º gennaio 1993 per effetto dell'art. 92 della citata legge, come modificato dall'art. 2, L. 4 dicembre 1992, n. 477. Ai giudizi pendenti a tale data si applicano, fino al 30 aprile 1995, le disposizioni anteriormente vigenti, ai sensi del citato art. 92, come modificato, da ultimo, dall'art. 6, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 convertito, con modificazioni, con L. 6 dicembre 1994, n. 673. L'articolo 4, quinto comma, del suddetto decreto-legge ha disposto che le norme contenute in questo articolo si applicano, in quanto compatibili, ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto; tutti i sequestri anteriormente autorizzati perdono la loro efficacia se con sentenza, anche non passata in giudicato, è rigettata l'istanza di convalida ovvero è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale erano stati concessi.
(4) La Corte costituzionale, con sentenza 20-23 giugno 1994, n. 253 (Gazz. Uff. 29 giugno 1994, n. 27 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non ammette il reclamo ivi previsto, anche avverso l'ordinanza con cui sia stata rigettata la domanda di provvedimento cautelare. Successivamente, la stessa Corte, con sentenza 23 novembre-11 dicembre 1995, n. 501 (Gazz. Uff. 20 dicembre 1995, n. 52, s.s.), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. e con sentenza 12-27 dicembre 1996, n. 421 (Gazz. Uff. 8 gennaio 1997, n. 2 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.
art. 48 progetto Castelli
Art. 700.
Condizioni per la concessione.
Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo, chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti di urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito.
In ogni caso, il giudice provvede sulle spese a norma degli articoli 91 e seguenti. (secondo comma aggiunto)
art. 49 progetto Castelli
Art. 703.
Domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso.
Le domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso si propongono con ricorso al giudice competente a norma dell'articolo 21.
II giudice provvede ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti, in quanto compatibili. (secondo comma modificato)
Con l'ordinanza che accoglie o respinge la domanda il giudice provvede sulle spese del procedimento. L'ordinanza è reclamabile ai sensi dell'articolo 669-terdecies. (terzo comma aggiunto)
Se richiesto da una delle parti, entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento che ha deciso sul reclamo ovvero, in difetto, del provvedimento di cui al terzo comma, il giudice fissa dinanzi a sé l'udienza per la prosecuzione del giudizio di merito, che è definito con sentenza non appellabile. Si applica l'art. 669-octies terzo comma. (quarto comma aggiunto).
Testo precedente:
703. Domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso.
Le domande di reintegrazione [c.c. 1168] e di manutenzione [c.c. 1170] nel possesso si propongono con ricorso [c.p.c. 125] al giudice competente a norma dell'articolo 21 [c.c. 374, n. 5; c.p.c. 8, 28] (1).
Il giudice provvede ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti (2)
(1) L'attuale termine "giudice" ha sostituito l'originario "pretore" ai sensi dell'art. 105, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188.
Per quanto riguarda le azioni possessorie e quelle di denuncia di nuova opera di danno temuto in materia di acqua e impianti elettrici, vedi l'art. 207, R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775.
(2) Comma così sostituito agli originari commi secondo e terzo dall'art. 77, L. 26 novembre 1990, n. 353, in vigore dal 1º gennaio 1993 per effetto dell'art. 92 della citata legge, come modificato dall'art. 2, L. 4 dicembre 1992, n. 477. Ai giudizi pendenti a tale data si applicano, fino al 30 aprile 1995, le disposizioni anteriormente vigenti, ai sensi del citato art. 92, come modificato, da ultimo, dall'art. 6, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 convertito, con modificazioni, con L. 6 dicembre 1994, n. 673.
L'articolo 4, quinto comma, del suddetto decreto-legge ha disposto che le norme contenute in questo articolo si applicano, in quanto compatibili, ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto; tutti i sequestri anteriormente autorizzati perdono la loro efficacia se con sentenza, anche non passata in giudicato, è rigettata l'istanza di convalida ovvero è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale erano stati concessi.
La precedente formulazione dei commi sostituiti era la seguente: "Il pretore provvede per la reintegrazione del possesso a norma degli articoli 689 e seguenti.
Egualmente provvede sulla domanda di manutenzione, quando vi è pericolo di danno grave e immediato; altrimenti fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé e stabilisce il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto".
art. 50 progetto Castelli
Art. 830.
Decisione sull'impugnazione per nullità.
La corte di appello, quando accoglie l'impugnazione, dichiara con sentenza la nullità del lodo; qualora il vizio incida soltanto su una parte del lodo che sia scindibile dalle altre, dichiara la nullità parziale del lodo.
Salvo volontà contraria di tutte le parti, la corte di appello pronuncia anche sul merito, se la causa è in condizione di essere decisa, ovvero rimette con ordinanza la causa all'istruttore, se per la decisione del merito è necessaria una nuova istruzione.
In pendenza del giudizio, su istanza di parte, la corte d'appello può sospendere l'esecutorietà del lodo quando può derivarne gravissimo danno o sussistono fondati motivi, con cauzione o senza. (terzo comma modificato)
Testo precedente
830. Decisione sull'impugnazione per nullità.
La corte di appello, quando accoglie l'impugnazione, dichiara con sentenza la nullità del lodo; qualora il vizio incida soltanto su una parte del lodo che sia scindibile dalle altre, dichiara la nullità parziale del lodo.
Salvo volontà contraria di tutte le parti, la corte di appello pronuncia anche sul merito, se la causa è in condizione di essere decisa, ovvero rimette con ordinanza la causa all'istruttore, se per la decisione del merito è necessaria una nuova istruzione.
In pendenza del giudizio, su istanza di parte, la corte d'appello può sospendere con ordinanza l'esecutorietà del lodo (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 22, L. 5 gennaio 1994, n. 25, in materia di arbitrato e disciplina dell'arbitrato internazionale, a decorrere dal 18 aprile 1994. Il testo precedente così disponeva: "Decisione sull'impugnazione per nullità. - Il pretore, il tribunale o la corte d'appello, quando accoglie l'impugnazione, dichiara con sentenza la nullità del giudizio arbitrale e della sentenza, e, se la causa è in condizione di essere decisa pronuncia anche sul merito. Se per la decisione del merito è necessaria una nuova istruzione il collegio rimette con ordinanza la causa all'istruttore.
In pendenza del giudizio il pretore, il tribunale o la corte d'appello può sospendere con ordinanza l'esecuzione della sentenza impugnata".
L'art. 27, quarto comma, della sopracitata L. n. 25 del 1944, così dispone:
"4. I Lodi pronunciati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge sono impugnabili a norma della legge precedente. Tuttavia, ai procedimenti di impugnazione relativi, come a quelli in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, si applica il dispoto dell'articolo 830 del codice di procedura civile, come sostituito dall'articolo 22 della presente legge".
art. 51 progetto Castelli
274. Ammissibilità dell'azione.
L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale è ammessa solo quando concorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata.
Sull'ammissibilità il tribunale decide in camera di consiglio con decreto motivato, su ricorso di chi intende promuovere l'azione, sentiti il pubblico ministero e le parti e assunte le informazioni del caso. Contro il decreto che dichiara l'inammissibilità si può proporre reclamo con ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia anch'essa in camera di consiglio. Contro il decreto d'inammissibilità della corte d'appello può essere proposto ricorso per cassazione. Il tribunale che dichiara ammissibile la domanda dispone la prosecuzione del processo. La corte d'appello o la Corte di cassazione che, in sede di impugnazione, dichiarano ammissibile la domanda, rimettono gli atti al tribunale per la prosecuzione del processo. (secondo comma modificato)
L'inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna pubblicità e deve essere mantenuta segreta. Al termine della inchiesta gli atti e i documenti della stessa sono depositati in cancelleria ed il cancelliere deve darne avviso alle parti le quali, entro quindici giorni dalla comunicazione di detto avviso, hanno facoltà di esaminarli e di depositare memorie illustrative.
Il tribunale, anche prima di ammettere l'azione, può, se trattasi di minore o di altra persona incapace, nominare un curatore speciale che la rappresenti in giudizio.
274. Ammissibilità dell'azione.
L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale è ammessa solo quando concorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata (1) (2).
Sull'ammissibilità il tribunale [disp. att. c.c. 38] decide in camera di consiglio con decreto motivato [c.p.c. 737], su ricorso di chi intende promuovere l'azione, sentiti il pubblico ministero e le parti e assunte le informazioni del caso. Contro il decreto si può proporre reclamo con ricorso alla corte d'appello, che pronuncia anche essa in camera di consiglio (2).
L'inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna pubblicità e deve essere mantenuta segreta. Al termine della inchiesta gli atti e i documenti della stessa sono depositati in cancelleria ed il cancelliere deve darne avviso alle parti le quali, entro quindici giorni dalla comunicazione di detto avviso, hanno facoltà di esaminarli e di depositare memorie illustrative.
Il tribunale, anche prima di ammettere l'azione, può, se trattasi di minore o di altra persona incapace, nominare un curatore speciale che la rappresenti in giudizio
(1) Comma così sostituito dall'art. 117, L. 19 maggio 1975, n. 151, sulla riforma del diritto di famiglia. Successivamente la Corte costituzionale, con sentenza 11-20 luglio 1990, n. 341 (Gazz. Uff. 25 luglio 1990, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato, fra l'altro, l'illegittimità dell'art. 274, primo comma, c.c., nella parte in cui, se si tratta di minore infrasedicenne, non prevede che l'azione promossa dal genitore esercente la potestà sia ammessa solo quando sia ritenuta dal giudice rispondente all'interesse del figlio.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 19 giugno-3 luglio 1997, n. 216 (Gazz. Uff. 16 luglio 1997, n. 29 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente comma, in riferimento agli artt. 3, 30 e 31 Cost.
art. 52 progetto Castelli
Art. 2721.
Ammissibilità: limiti di valore.
La prova per testimoni dei contratti non è ammessa quando il valore dell'oggetto eccede venticinquemila Euro. (limite di somma modificato: il testo precedente riportava lire cinquemila)
Tuttavia l'autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite anzidetto, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza.
art. 53 progetto Castelli
Legge 20 novembre 1982 n. 890
Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari
Articolo 8.
Se il destinatario o le persone alle quali può farsi la consegna rifiutano di firmare l'avviso di ricevimento, pur ricevendo il piego, ovvero se il destinatario rifiuta il piego stesso o di firmare il registro di consegna, il che equivale a rifiuto del piego, l'agente postale ne fa menzione sull'avviso di ricevimento indicando, se si tratti di persona diversa dal destinatario, il nome ed il cognome della persona che rifiuta di firmare nonché la sua qualità; appone, quindi, la data e la propria firma sull'avviso di ricevimento che è subito restituito al mittente in raccomandazione, unitamente al piego nel caso di rifiuto del destinatario di riceverlo. La notificazione si ha per eseguita alla data suddetta.
Se le persone abilitate a ricevere il piego, in luogo del destinatario, rifiutano di riceverlo, ovvero se l'agente postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, il piego è depositato lo stesso giorno presso l'ufficio postale preposto alla consegna o sua dipendenza. (secondo comma sostituito)
Del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l'ufficio postale è data notizia al destinatario, a cura dell'agente postale preposto alla consegna, mediante avviso in busta chiusa a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d'ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda. (terzo comma aggiunto)
L'avviso deve contenere l'indicazione del soggetto che ha richiesto la notifica e del suo eventuale difensore, dell'Ufficiale Giudiziario al quale la notifica è stata richiesta e del numero di registro cronologico corrispondente, della data di deposito e dell'indirizzo dell'ufficio postale o dipendenza presso cui il deposito è stato effettuato, nonché l'espresso invito al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello stesso entro il termine massimo di sei mesi, con l'avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data del deposito e che, decorso inutilmente anche il predetto termine di sei mesi, l'atto sarà restituito al mittente. (quarto comma aggiunto)
Trascorsi dieci giorni dalla data in cui il piego è stato depositato nell'ufficio postale senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, l'awiso di ricevimento è immediatamente restituito al mittente in raccomandazione, con annotazione in calce, sottoscritta dall'agente postale, della data dell'avvenuto deposito e dei motivi che l'hanno determinato, dell'indicazione "atto non ritirato entro il termine di dieci giorni" e della data di restituzione. (quinto comma aggiunto)
Trascorsi sei mesi dalla data in cui il piego è stato depositato nell'ufficio postale senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, il piego stesso è restituito al mittente in raccomandazione, con annotazione in calce, sottoscritta dall'agente postale, della data dell'avvenuto deposito e dei motivi che l'hanno determinato, dell'indicazione "non ritirato" e della data di restituzione. (sesto comma aggiunto)
La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del deposito ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore. I(il comma 4 è così sostituito dal comma settimo)
Nel caso, invece, che durante la permanenza del piego presso l'ufficio postale il destinatario o un suo incaricato ne curi il ritiro, l'impiegato postale lo dichiara sull'avviso di ricevimento che, datato e firmato dal destinatario o dal suo incaricato, è subito spedito al mittente, in raccomandazione.
(La notificazione si ha per eseguita alla data del ritiro del piego) (comma abrogato).
Qualora la data delle eseguite formalità manchi sull'avviso di ricevimento o sia, comunque, incerta, la notificazione si ha per eseguita alla data risultante dal bollo di spedizione dell'avviso stesso..
Testo precedente
8. Se il destinatario o le persone alle quali può farsi la consegna rifiutano di firmare l'avviso di ricevimento, pur ricevendo il piego, ovvero se il destinatario rifiuta il piego stesso o di firmare il registro di consegna, il che equivale a rifiuto del piego, l'agente postale ne fa menzione sull'avviso di ricevimento indicando, se si tratti di persona diversa dal destinatario, il nome ed il cognome della persona che rifiuta di firmare nonché la sua qualità; appone, quindi, la data e la propria firma sull'avviso di ricevimento che è subito restituito al mittente in raccomandazione, unitamente al piego nel caso di rifiuto del destinatario di riceverlo. La notificazione si ha per eseguita alla data suddetta.
Se le persone abilitate a ricevere il piego, in luogo del destinatario, rifiutano di riceverlo o di firmare il registro di consegna, ovvero se l'agente postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, il piego è depositato subito nell'ufficio postale. L'agente postale rilascia avviso al destinatario mediante affissione alla porta d'ingresso oppure mediante immissione nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda. Di tutte le formalità eseguite e del deposito nonché dei motivi che li hanno determinati è fatta menzione sull'avviso di ricevimento che, datato e sottoscritto dall'agente postale, è unito al piego (3).
Trascorsi dieci giorni dalla data in cui il piego è stato depositato nell'ufficio postale senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, il piego stesso è datato e sottoscritto dall'impiegato postale e subito restituito in raccomandazione, unitamente all'avviso di ricevimento, al mittente con l'indicazione "non ritirato" (3).
La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del deposito (2/cost).
Nel caso, invece, che durante la permanenza del piego presso l'ufficio postale il destinatario o un suo incaricato ne curi il ritiro, l'impiegato postale lo dichiara sull'avviso di ricevimento che, datato e firmato dal destinatario o dal suo incaricato, è subito spedito al mittente, in raccomandazione.
La notificazione si ha per eseguita alla data del ritiro del piego.
Qualora la data delle eseguite formalità manchi sull'avviso di ricevimento o sia, comunque, incerta, la notificazione si ha per eseguita alla data risultante dal bollo di spedizione dell'avviso stesso (3/cost).
(3) Con sentenza 22-23 settembre 1998, n. 346 (Gazz. Uff. 30 settembre 1998, n. 39, Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, secondo comma, nella parte in cui non prevede che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalità descritte e del deposito del piego sia data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento; con la stessa sentenza la Corte ha ancora dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, terzo comma, nella parte in cui prevede che il piego sia restituito al mittente, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, dopo dieci giorni dal deposito presso l'ufficio postale.
(3) Con sentenza 22-23 settembre 1998, n. 346 (Gazz. Uff. 30 settembre 1998, n. 39, Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, secondo comma, nella parte in cui non prevede che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalità descritte e del deposito del piego sia data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento; con la stessa sentenza la Corte ha ancora dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, terzo comma, nella parte in cui prevede che il piego sia restituito al mittente, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, dopo dieci giorni dal deposito presso l'ufficio postale.
(2/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 14-24 luglio 1998, n. 345 (Gazz. Uff. 2 settembre 1998, n. 35, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, quarto comma, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
(3/cost) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 febbraio-5 marzo 1999, n. 64 (Gazz. Uff. 10 marzo 1999, n. 10, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, sollevata dal pretore di Lucca. La Corte costituzionale, con successiva ordinanza 7-9 maggio 2001, n. 119 (Gazz. Uff. 16 maggio 2001, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 8, quarto, quinto e sesto comma, sollevate in riferimento all'art. 3 della Cost.
art. 54 progetto Castelli
Legge 23 dicembre 1999 n. 488
Art. 9.
Contributo unificato per le spese degli atti giudiziari.
1. Agli atti e ai provvedimenti relativi ai procedimenti civili, penali ed amministrativi e in materia tavolare, comprese le procedure concorsuali e di volontaria giurisdizione, non si applicano le imposte di bollo, la tassa di iscrizione a ruolo, i diritti di cancelleria, nonché i diritti di chiamata di causa dell'ufficiale giudiziario.
2. Nei procedimenti giurisdizionali civili e amministrativi, comprese le procedure concorsuali e di volontaria giurisdizione, indicati al comma 1, per ciascun grado di giudizio, è istituito il contributo unificato di iscrizione a ruolo, secondo gli importi e i valori indicati nella tabella 1 allegata alla presente legge. Il contributo non è dovuto nelle ipotesi di riassunzione del giudizio nel grado per il quale lo stesso è stato versato. (periodo aggiunto)
3. La parte che per prima si costituisce in giudizio, o che deposita il ricorso introduttivo, ovvero, nei procedimenti esecutivi, che fa istanza per l'assegnazione o la vendita dei beni pignorati, o che interviene nella procedura di esecuzione, a pena di irricevibilità dell'atto, è tenuta all'anticipazione del pagamento del contributo di cui al comma 2, salvo il diritto alla ripetizione nei confronti della parte soccombente, ai sensi dell'articolo 91 del codice di procedura civile.
4. L'esercizio dell'azione civile nel procedimento penale non è soggetto al pagamento del contributo di cui al comma 2 nel caso in cui sia richiesta solo la pronuncia di condanna generica del responsabile. Nel caso in cui la parte civile, oltre all'affermazione della responsabilità civile del responsabile, ne chieda la condanna al pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno, il contributo di cui al comma 2 è dovuto, in caso di accoglimento della domanda, in base al valore dell'importo liquidato nella sentenza.
5. Il valore dei procedimenti, determinato ai sensi degli articoli 10 e seguenti del codice di procedura civile, deve risultare da apposita dichiarazione resa espressamente nelle conclusioni dell'atto introduttivo ovvero nell'atto di precetto. In caso di modifica della domanda che ne aumenti il valore, la parte è tenuta a farne espressa dichiarazione e a procedere al relativo pagamento integrativo, secondo gli importi ed i valori indicati nella tabella 1 allegata alla presente legge. Ove non vi provveda, il giudice dichiara l'improcedibilità della domanda.
6. Con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle finanze ed il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono apportate le variazioni alla misura del contributo unificato di cui al comma 2 e degli scaglioni di valore indicati nella tabella 1 allegata alla presente legge, tenuto conto della necessità di adeguamento alle variazioni del numero, del valore, della tipologia dei processi registrate nei due anni precedenti. Con il predetto decreto sono altresì disciplinate le modalità di versamento del contributo unificato e le modalità per l'estensione dei collegamenti telematici alle rivendite di generi di monopolio collocate all'interno dei palazzi di giustizia (27/b).
7. I soggetti ammessi al gratuito patrocinio o a forme similari di patrocinio dei non abbienti sono esentati dal pagamento del contributo di cui al presente articolo.
8. Non sono soggetti al contributo di cui al presente articolo i procedimenti già esenti, senza limiti di competenza o di valore, dall'imposta di bollo, di registro, e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, nonché i procedimenti di rettificazione di stato civile, di cui all'articolo 454 del codice civile (27/c).
9. Sono esenti dall'imposta di registro i processi verbali di conciliazione di valore non superiore a lire 100 milioni.
10. [Con decreto del Ministro della giustizia da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro delle finanze e il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono dettate le disposizioni per la ripartizione tra le amministrazioni interessate dei proventi del contributo unificato di cui al comma 2 e per la relativa regolazione contabile] (27/d).
11. Le disposizioni del presente articolo si applicano dal 1° luglio 2000 (27/e), ai procedimenti iscritti a ruolo a decorrere dalla medesima data. Detto termine può essere prorogato, per un periodo massimo di dodici mesi, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della giustizia e del Ministro delle finanze, tenendo conto di oggettive esigenze organizzative degli uffici, o di accertate difficoltà dei soggetti interessati per gli adempimenti posti a loro carico. Per i procedimenti già iscritti a ruolo al 1° luglio 2000 ovvero all'eventuale nuovo termine fissato ai sensi del secondo periodo, la parte può valersi delle disposizioni del presente articolo versando l'importo del contributo di cui alla tabella 1 in ragione del 50 per cento. Non si fa luogo al rimborso o alla ripetizione di quanto già pagato a titolo di imposta di bollo, di tassa di iscrizione a ruolo e di diritti di cancelleria (27/f).
(27/a) Comma così modificato dall'art. 56, L. 21 novembre 2000, n. 342.
(27/b) Comma così modificato dall'art. 56, L. 21 novembre 2000, n. 342. Le modalità di versamento del contributo unificato per le spese degli atti giudiziari sono state stabilite con D.P.R. 1° marzo 2001, n. 126.
(27/c) Comma così modificato dall'art. 33, comma 7, L. 23 dicembre 2000, n. 388.
(27/d) Comma abrogato dall'art. 33, comma 8, L. 23 dicembre 2000, n. 388.
(27/e) Il presente termine è stato prorogato prima di sei mesi dal D.P.C.M. 30 giugno 2000 (Gazz. Uff. 1° luglio 2000, n. 152) e poi al 1° luglio 2001 dall'art. 1, D.P.C.M. 29 dicembre 2000 (Gazz. Uff. 2 gennaio 2001, n. 1).
(27/f) Comma così modificato dall'art. 33, comma 9, L. 23 dicembre 2000, n. 388, con la decorrenza indicata nell'art. 158 della stessa legge.
art. 55 progetto Castelli
Tabella 1
(Articolo 9, comma 2)
1. Per ogni grado di giudizio dei procedimenti giurisdizionali civili ed amministrativi, fermo quanto disposto dall'articolo 9, comma 4, per l'esercizio dell'azione civile in sede penale, il contributo unificato di iscrizione a ruolo è dovuto nei seguenti importi:
a) nulla è dovuto per i processi di valore inferiore a lire 2.000.000;
b) lire 120.000 per i processi di valore superiore a lire 2.000.000 e fino a lire 10.000.000;
c) lire 300.000 per i processi di valore superiore a lire 10.000.000 e fino a lire 50.000.000;
d) lire 600.000 per i processi di valore superiore a lire 50.000.000 e fino a lire 100.000.000;
e) lire 800.000 per i processi di valore superiore a lire 100.000.000 e fino a lire 500.000.000;
f) lire 1.300.000 per i processi di valore superiore a lire 500.000.000 e fino a lire 1.000.000.000;
g) lire 1.800.000 per i processi di valore superiore a lire 1.000.000.000.
h) nulla è dovuto per i procedimenti di correzione degli errori delle sentenze e degli altri provvedimenti del giudice. (lettera aggiunta)
2. I processi amministrativi, quando non sia determinabile il valore della domanda, si considerano ricompresi nello scaglione di cui alla lettera d) del comma 1 della presente tabella.
3. I processi di valore indeterminabile si considerano ricompresi nello scaglione di cui alla lettera d) del comma 1 della presente tabella. Nei procedimenti giudiziari contenziosi, il cui valore sia indeterminabile, di competenza esclusiva del giudice di pace, il contributo unificato è dovuto nella misura prevista per lo scaglione di cui alla lettera c) del comma 1 della presente tabella.
4. Il contributo dovuto per i procedimenti speciali previsti nel Libro quarto, titolo I e II, del codice di procedura civile, compreso il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, e nei giudizi di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, è ridotto alla metà. Il contributo non è dovuto per i procedimenti cautelari richiesti in corso di causa ai sensi dell'articolo 669-quater del codice di procedura civile.
5. Per i procedimenti di esecuzione immobiliare è dovuto esclusivamente il contributo indicato alla lettera c) del comma 1 della presente tabella. Per gli altri procedimenti esecutivi, l'importo del contributo dovuto è quello indicato nella lettera c) del comma 1 della presente tabella, ridotto alla metà.
6. Per il rilascio di copie autentiche, anche da parte degli ufficiali giudiziari, è dovuto un unico diritto fisso pari a lire 10.000 per ogni atto, anche se composto di più fogli o più pagine.
art. 56 progetto Castelli
L. 22 luglio 1997, n. 276
Disposizioni per la definizione del contenzioso civile pendente: nomina di giudici onorari aggregati e istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali
Art. 13.
Tentativo di conciliazione. Esenzione fiscale.
1. I procedimenti indicati nel comma 1 dell'articolo 1 nei quali, alla data di entrata in funzione delle sezioni stralcio, fissata con decreto del Ministro di grazia e giustizia, sia già avvenuta la rimessione al collegio ai sensi dell'articolo 189 del codice di procedura civile, ma che non siano stati ancora assunti in decisione, sono trasmessi al presidente del tribunale che ne dispone l'assegnazione alla sezione stralcio secondo i criteri tabellarmente previsti (21). Il presidente della sezione stralcio dispone la rimessione della causa davanti al giudice istruttore che nomina in persona di un giudice onorario aggregato.
1 – bis. Il giudice istruttore , in funzione di giudice unico, convoca le parti davanti a sé e provvede per la decisione della causa ai sensi degli articoli 281 quater, quinquies e sexies del Codice di procedura civile. (comma 1 bis aggiunto)
1 – ter. Nell'ipotesi di conciliazione ai sensi dell'articolo 185 del codice di procedura civile, il processo verbale di conciliazione, nelle cause pendenti anche in istruttoria alla data del 30 aprile 1995, è esente dall'imposta di registro quando il valore non supera i cento milioni. Oltre tale limite l'imposta di registro è ridotta della metà. (comma 1 ter aggiunto)
(2. Il giudice istruttore convoca le parti davanti a sé per il tentativo di conciliazione e fissa allo scopo l'udienza della quale a cura della cancelleria è dato avviso alle parti.
3. Le parti debbono comparire personalmente, ma possono farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, che deve essere a conoscenza dei fatti della causa e deve avere il potere di conciliare la controversia. La procura deve essere conferita con atto pubblico o con scrittura privata autenticata.
4. Se la conciliazione riesce, si forma processo verbale della convenzione conclusa. II processo verbale costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione e per l'esecuzione in forma specifica.
5. Se la conciliazione non riesce il giudice istruttore, in funzione di giudice unico, provvede per la decisione della causa ai sensi dell'articolo 190-bis del codice di procedura civile.
6. Il processo verbale di conciliazione, nelle cause pendenti anche in istruttoria alla data del 30 aprile 1995, è esente dall'imposta di registro quando il valore non supera i cinquanta milioni. Oltre tale limite l'imposta di registro è ridotta della metà.) (commi da due a sei abrogati).
Omissisa
cura di magistratura democratica romana
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