Quale futuro per la giustizia civile ?

Premessa

Il Coordinamento dei Giudici civili del Tribunale di Roma, si è costituito nel mese di maggio del 2001, con lo scopo di favorire il confronto e lo scambio di esperienze, prassi, conoscenze tra i giudici romani e di aprire un dibattito "pacato e costruttivo" sulla giustizia civile tra magistrati ordinari ed onorari, avvocati, docenti universitari e personale giudiziario.

In questi mesi il gruppo, a partire dalla diffusione e dall’analisi dei risultati di un questionario sulle prassi "applicative ed organizzative" del Tribunale di Roma e, poi, dalla rielaborazione e dall’esame dei dati statistici forniti dalla Presidenza del Tribunale relativi al periodo luglio 2000-giugno 2001, ha cercato, per un verso, di individuare le tendenze generali in atto e, per altro verso, di immaginare le soluzioni possibili ad alcuni dei problemi emersi.

Considerazioni generali sulla quantità di lavoro

Il dato numerico più significativo, relativo al Tribunale di Roma, riguarda la diminuzione complessiva delle pendenze.

A fronte di un numero di cause pendenti, all’inizio del periodo pari a 116.271 e ad un numero di cause sopravvenute nel periodo pari a 40.901, nelle sole sezioni ordinarie, sono state eliminate 51.205 cause con una differenza positiva di 10.304 ed una percentuale di diminuzione della pendenza dell’8,86% che sale a circa il 15% comprendendo le sezioni stralcio ( vedi allegato 1)

Il rapporto tra numero di cause sopravvenute e numero di cause eliminate consente, almeno per quanto riguarda il Tribunale (per la Corte d’Appello, dove c’è stato un aumento generalizzato delle pendenze vedi allegato 2 i problemi sono, in parte, diversi), due tipi di valutazioni, di segno opposto.

La diminuzione complessiva delle pendenze e della durata dei processi è l’effetto di una serie di interventi normativi sia di tipo strutturale che processuale e del considerevole aumento della produttività dei magistrati.

Le misure strutturali e processuali che hanno consentito di giungere a questo risultato sono stati:

  1. l’istituzione del giudice di pace (che ha comportato una rilevante diminuzione delle competenze dei giudici "togati");
  2. la costituzione delle "sezioni stralcio" (che, oltre a distribuire a giudici onorari un notevole numero di giudizi e, soprattutto, di sentenze, ha liberato i giudici "togati", dal peso delle cause di "vecchio rito" consentendo una trattazione più rapida ed efficace delle cause nuove);
  3. le modifiche alla disciplina sulla competenza, in relazione a materie specifiche (ad esempio. opposizione alle sanzioni amministrative).

Il dato complessivamente positivo si accompagna, tuttavia, alla considerazione che la diminuzione delle pendenze riguarda solo sezioni che trattano, in tutto o in parte, materie specifiche (locazioni, possessorie, opposizioni alle sanzioni amministrative) mentre le sezioni che trattano le materie tipiche del contenzioso civile (famiglia, contratti, società, scioglimento di comunioni, opposizioni a decreto ingiuntivo ed opposizioni esecutive) evidenziano un risultato negativo, talvolta, rilevante.

Inoltre il numero di cause assegnate di media a ciascun giudice è di oltre 900 (quasi doppio rispetto alla media ritenuta ottimale di 500) e non consente, quindi, allo stato, una gestione efficace del ruolo in generale né delle singole cause.

I dati relativi alla Corte d’Appello, dai quali emerge un aumento delle pendenze di oltre il 10% in tutte le Sezioni (nonostante l’aumento della produttività dei magistrati), segnalano il pericolo che l'aumento di produttività dei Tribunali (unitamente alle "nuove" competenze attribuite alla Corte d’Appello in materia di lavoro ed a seguito dell’entrata in vigore della Legge Pinto) se non accompagnato ad interventi strutturali sul giudizio di appello e sugli organici delle Corti, ne provochi la progressiva paralisi.

La considerazione conclusiva è che la distanza tra la situazione reale e quella ideale rende insufficienti interventi, settoriali, che incidano unicamente sul profilo organizzativo e sulla produttività o modifiche, come quelle contenute nel disegno di legge governativo, che riguardino unicamente il processo; occorre pensare ad una strategia complessiva che sia in grado di limitare il numero dei giudizi, di facilitarne lo svolgimento e la definizione, di migliorare qualitativamente e quantitativamente il lavoro dei giudici.

l numero delle cause

Non è questa la sede per esaminare le cause esterne che hanno prodotto la proliferazione dei giudizi civili in Italia (uno studio effettuato dal Presidente della Corte d’Appello di Venezia e pubblicato sulla rivista Questione Giustizia ha evidenziato come nel periodo 1964 – 1995 il numero di cause sopravvenute all’anno era salito da 24.000 a 90.000 ed i giudici erano aumentati solo del 20%) anche se la tendenza a prevedere unicamente "lo sbocco" giurisdizionale per regolare una serie di fenomeni sociali e l’enorme sproporzione del numero degli avvocati italiani rispetto a quelli dei paesi vicini (che adottano sistemi processuali simili) costituiscono, quantomeno, delle concause del problema.

Per altro verso non vi è mai stato un progetto complessivo per la giustizia civile e ci si è limitati ad interventi settoriali che, in genere, hanno preso le mosse non dalla reale situazione esistente (in termini di pendenze, strutture, carichi di lavoro sopportabili per giudici e cancellerie, durata delle cause) ma dalla risorse che si riteneva, in base ad una valutazione astratta, di poter destinare al settore.

Un primo obiettivo può essere, certamente, quello dello sviluppo di una cultura comune della giurisdizione ed uno strumento incisivo può essere costituito dalle scuole di formazione comuni post-laurea.

Dal punto di vista normativo la richiesta, oltre a quella di predisporre un efficace sistema di filtri conciliativi, è quella di evitare interventi legislativi, spesso episodici, che producano una moltiplicazione, talvolta artificiale, del contenzioso (un recente esempio è stata l’introduzione del differimento della data di esecuzione dei provvedimenti di rilascio che ha provocato, nel 1999, in tre mesi la proposizione di oltre 7.000 tra ricorsi ed opposizioni solo dinanzi al Tribunale di Roma).

Un efficace sistema di monitoraggio e pubblicazione della giurisprudenza di ciascun Tribunale (ed un effettivo uso dei poteri di coordinamento, attribuiti dall’art. 47 quater ai Presidenti di Sezione) può evitare la proposizione delle cause c.d. esplorative che, in qualche materia, hanno una incidenza significativa sul contenzioso.

La finalità di evitare l’instaurazione di cause non sufficientemente meditate, nonché di cause introdotte senza la precisa consapevolezza di quello che si chiede o si può chiedere, o di cause "finte", senza alcun reale contenuto e semplicemente "strumentali" ad interessi estranei alla contesa può essere perseguito attraverso una accentuazione della condanna per lite temeraria, rendendone meno rigidi i presupposti e la previsione di sanzioni per la parte che opera in modo meramente dilatorio.

Si dovrebbero poi individuare gli strumenti finalizzati a sollecitare lo spontaneo adempimento dell’obbligo contenuto in un titolo esecutivo con un effetto deflattivo sia sulle procedure esecutive sia sul contenzioso indotto dal mancato adempimento (si è prospettata l’adozione di misure sanzionatorie di tipo economico o inibitorio) e, per altro verso, si potrebbe rimeditare la categoria del titolo esecutivo prevedendo che una categoria di atti più ampia di quella attuale abbia efficacia esecutiva, salva la proposizione di una opposizione all’esecuzione che riguardi anche il merito del titolo (come attualmente avviene per le esecuzioni iniziate in forza di titoli esecutivi non giudiziali).

In generale, comunque, la soluzione non può che passare attraverso l’individuazione di un rapporto sostenibile tra numero di cause pendenti, numero di giudici e di personale di cancelleria destinato al settore civile, considerando che l’attuale modello processuale non consente una gestione efficiente di un numero medio di cause superiori alle 500-550 per giudice con 200-250 sopravvenienze annue (corrispondente ad un numero analogo di cause "eliminate").

L’adozione di efficaci misure processuali ed organizzative può spostare verso l’alto sia il numero di cause gestibili (rispetto a questo obiettivo può essere efficace l’adozione di una serie di modifiche al sistema processuale che incidano sui "tempi morti" del processo) sia il numero di cause che si possono "eliminare" (per realizzare questo obiettivo è importante intervenire non solo sugli strumenti processuali, prevedendo, in particolare, delle modalità semplificate di soluzione delle controversie ma anche sugli strumenti organizzativi, predisponendo una organizzazione e degli strumenti concreti che facilitino il lavoro del giudice).

Il disegno di legge governativo ampliando la competenza del giudice di pace ha dato una prima risposta, ancora insufficiente, al problema; pare, comunque, preferibile la soluzione di rimettere ai giudici onorari cause di minor valore economico rispetto alla sottrazione (che pure c’è stata in questi anni) di intere materie (in genere di rilevante incidenza economica e sociale) dall’ambito della giurisdizione ordinaria.

I nodi del processo

Il questionario sulle prassi nel Tribunale di Roma (allegato 3) ha evidenziato alcuni momenti "di sofferenza" del sistema:

  1. i 3/4 dei giudici dispongono sempre il differimento della prima udienza ai sensi dell’art. 168 bis, comma 5, c.p.c.: si tratta di un primo segnale che indica come il ritardo rispetto ai tempi fisiologici del processo inizia a verificarsi già nella fase introduttiva per l’alto numero di cause assegnate ai singoli giudici;
  2. salvo che nell’ipotesi in cui vengono adottati provvedimenti anticipatori e cautelari, nell’udienza di comparizione non si svolge alcuna attività significativa;
  3. i termini di cui all’art. 180 c.p.c. non vengono quasi mai utilizzati;
  4. il dato relativo alla frequenza della comparizione personale delle parti all’udienza di trattazione (valutata in meno del 30% delle controversie secondo l’89% dei giudici che hanno compilato il questionario ed in oltre il 50% delle controversie solo nel 5% delle risposte) e quello sulla fruttuosità nel tentativo di conciliazione (affermata solo dal 4% degli interpellati) sono indici significativi della difficoltà di affermare quel ruolo attivo del giudice nella direzione del processo, perseguito dalla riforma, il quale trova un importante momento di realizzazione nel contatto del giudice con le parti e nell’oralità della trattazione;
  5. il ridotto numero di casi in cui le parti procedono effettivamente alla modifica delle domande ed eccezioni nelle memorie di cui all’art. 183 ultimo comma c.p.c. (il 79% dei giudici ha risposto che il termine richiesto viene utilizzato molto raramente) costituisce un segnale circa l’abuso della richiesta di termini per il deposito di memorie scritte con negative ripercussioni sulla celerità del processo nelle cause non complesse ovvero riguardanti le materie (anche di competenza del tribunale e non solo del giudice di pace) che più si prestano alla trattazione orale;
  6. l’utilizzazione dei provvedimenti anticipatori è assai limitato: il 97% dei giudici ha risposto che quasi mai adotta provvedimenti ex art. 186 bis o 186 quater c.p.c.; il 74% quasi mai adotta provvedimenti ex art. 186 ter c.p.c.

Il disegno di legge governativo si preoccupa di consentire l’abbreviazione della fase introduttiva del giudizio ma consente alle parti di ottenere la fissazione di una nuova udienza così come rimette alle parti la scelta sulla possibilità di ottenere una decisione immediata delle questioni preliminari.

Si tratta di soluzioni che, probabilmente, non favoriscono una definizione delle controversie più rapida poiché subordinano l’accelerazione del processo alla concorde volontà delle parti. Già attualmente esistono strumenti ed interpretazioni che consentono sull’accordo delle parti una soluzione rapida del processo.

Lo spostamento all’udienza di prima comparizione del tentativo di conciliazione è un modo per collocarlo in modo più razionale ma sembra preferibile prevedere che il tentativo di conciliazione venga esperito dopo la precisazione del thema decidendum.

Nel dibattito tra i giudici romani è stata prospettata la possibilità di prevedere l’introduzione con ricorso (i cui elementi essenziali, previsti a pena di inammissibilità, devono essere individuati normativamente) di tutti i procedimenti davanti al tribunale allo scopo di semplificare le forme di procedimento attualmente previste nel processo civile, di consentire un preventivo esame dell’atto introduttivo che dovrebbe portare, in alternativa alla vocatio in ius, da parte del giudice, ad una dichiarazione di inammissibilità.

In ogni caso è stata indicata, comunque, la necessità di individuare uno strumento, certo (al di là delle divergenti interpretazioni dell’art. 80 bis disp. att), che consenta al Giudice designato, in prima udienza di definire, anche senza l’accordo delle parti, e con una motivazione succinta, le cause non bisognose di istruttoria.

Si è, inoltre, rilevato che in una prospettiva di rapida definizione delle liti e tenuto anche conto della recente costituzionalizzazione del principio di durata ragionevole del processo, potrebbe valutarsi l’opportunità di una modifica legislativa che consenta al giudice di provvedere anche d’ufficio all’emissione dei provvedimenti anticipatori.

Cartolarizzazione

La crescente complessità e l’alto grado di tecnicismo di sempre più numerose controversie civili, quale effetto e conseguenza della complessità della società e del quadro normativo, spiegano la tendenza degli operatori a privilegiare la trattazione scritta (cosiddetta cartolarizzazione del processo) rispetto a quella orale, la quale (con i suoi istituti tipici della comparizione personale delle parti, dell’interrogatorio libero e del tentativo di conciliazione) è vista con atteggiamento di indifferenza o sospetto in quanto sentita come causa di ritardo per la celere definizione delle cause ad alto contenuto tecnico o di rilevante interesse economico o sociale. Lo testimoniano le risposte alle domande del questionario sull’obbligatorietà (riconosciuta dal 75% e negata dal 25% degli interpellati ad avviso dei quali il giudice può invitare le parti a precisare le conclusioni) della concessione dei termini previsti dall’art. 183 ultimo comma c.p.c. in caso di richiesta di una (qualsiasi) delle parti; sulla frequenza (l’81% ha risposto spesso o nella metà dei casi ed il 19% di rado) con cui vengono richiesti i termini di cui all’art. 183 ultimo comma c.p.c.; sul deposito (autorizzato dal 72%) di note da allegare al verbale e, soprattutto, sulla possibilità riconosciuta dal 62% (e negata dal 38%) degli interpellati di concedere con la stessa ordinanza e nell’ottica dell’abbreviazione dei tempi del processo sia i predetti termini che quelli previsti dall’art. 184 c.p.c. per le memorie istruttorie.

Si potrebbe prevedere che il giudice, in relazione alla natura della controversia, alla sua complessità ed alle allegazioni contenute nella comparsa di risposta, possa autorizzare le parti allo scambio di memorie contenenti la precisazione delle proprie domande, ovvero nuove domande od eccezioni che siano conseguenza di quelle proposte nella comparsa di risposta, di ulteriori memorie con le domande e le eccezioni che siano conseguenza di quelle dedotte nella precedente memoria, di ulteriori memorie contenenti l’indicazione delle prove – che siano veramente "nuove" – a sostegno dei fatti costituenti il fondamento delle "nuove" domande o delle "nuove" eccezioni introdotte nel corso della precedente dialettica; fatti precisare, in tal modo, il Thema decidendum, e il Thema probandum, il giudice dovrebbe decidere se ammettere o meno le prove orali richieste. In alternativa alla ammissione delle prove orali, il giudice dovrebbe, al termine dell’attività, decidere di trattenere la causa in decisione.

Sentenza

Molti dei colleghi che hanno partecipato al dibattito romano, oltre ad evidenziare il problema dell'alto numero di cause sopravvenute, hanno manifestato perplessità su una accelerazione dei tempi processuali che si limiti a spostare il "collo di bottiglia" alla fase finale del giudizio.

Peraltro, nel progetto di riforma governativo, il nuovo meccanismo di precisazione delle conclusioni "cartolare", a richiesta di parte rende più complessa la programmazione del lavoro del giudice scaricando sullo stesso, ove si rispettino i termini previsti dalla norma, un numero di cause da decidere difficilmente prevedibile.

Si è lamentata l’inutilità di una compiuta motivazione di sentenze ripetitive o che ribadiscono principi già reiteratamente espressi dalla giurisprudenza di legittimità e si è indicata la strada di prevedere motivazioni succinte o "per relationem" quantomeno delle cause ripetitive e di quelle che decidendo il giudizio si adeguano ad indirizzi giurisprudenziali consolidati.

In generale la riduzione dei tempi processuali non può che passare anche attraverso l’individuazione di modalità semplificate di soluzione delle controversie.

Le procedure esecutive

I problemi delle procedure esecutive richiederebbero un convegno specifico poiché ripropongono (ma con molti aspetti specifici) tutti i problemi organizzativi, processuali e strutturali che sono stati prospettati per i giudizi di cognizione ordinaria.

Si ritiene, quindi, di limitare il contributo ad una valutazione generale sul disegno di risistemazione della materia contenuto nel progetto governativo che appare, complessivamente, rispondere ad una esigenza, positiva, di razionalizzazione con qualche dubbio su talune scelte che potrebbero portare ad un effetto inflattivo sul contenzioso ordinario (limitazione della possibilità di intervenire solo per i creditori muniti di titolo esecutivo, sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo da parte del giudice dell’opposizione a precetto) o sull’attività del giudice dell’esecuzione (istanza di abitazione dell’immobile pignorato, proroga del termine per il deposito dei documenti).

L’organizzazione del "lavoro" del giudice

A) Scelte organizzative generali

L’opzione della specializzazione, anche interna alle aree omogenee, facilita certamente il lavoro del giudice e, probabilmente, ha una incidenza elevata sui livelli di produttività.

La specializzazione non è attualmente adottata in tutti i grandi Tribunali: il Tribunale di Napoli non ha alcuna forma di specializzazione nelle sezioni civili, il Tribunale di Roma che ha, di fatto una specializzazione "a scacchiera" (alcune sezioni sono specializzate "per definizione" 1°, 2°, 3°, 5°, 6°, 7° 12°, 13°, altre sono specializzate solo parzialmente 8°, 9°, 10°, 11°, la 4° ha una specializzazione interna).

Una organizzazione degli uffici che privilegi la specializzazione, anche individuale (soprattutto negli uffici di medie e piccole dimensioni) è un obiettivo immediato da perseguire mentre negli uffici di maggiori dimensioni si può porre il tema di una tendenziale specializzazione interna alle sezioni.

La scelta della specializzazione comporta l’individuazione e l’applicazione di un efficace sistema di rotazione degli incarichi tra i giudici.

E’ il tema, delicato della funzione e dei limiti delle scelte uniformi in relazione alle singole materie e della funzione di coordinamento che attualmente l’ordinamento attribuisce ai Presidenti di Sezione.

Sotto questo aspetto, il compito dei Presidenti di Sezione dovrebbe essere quello di individuare gli orientamenti adottati, sia dalla giurisprudenza di legittimità che dalla sezione, sulle questioni "ripetitive" e di curare che vi sia una conoscenza diffusa tra i giudici ed un dibattito su tali scelte facendo in modo che l’eventuale dissenso sia realmente consapevole e motivato.

A ciò dovrebbe accompagnarsi una diffusione esterna degli orientamenti adottati dalla sezione per evitare le c.d. cause esplorative; gli strumenti informatici adottati da alcuni Tribunali per consentire agli avvocati di conoscere tutta la giurisprudenza può realizzare questo obiettivo.

Non è una scelta che risponde ad una logica produttivistica (rilevanza del puro dato statistico) ma è una scelta di organizzazione ragionata del lavoro individuale o di sezione che consente, peraltro, una più efficace collaborazione con il personale di cancelleria chiamato anch’esso a perseguire obiettivi organizzativi convergenti.

La proposta di un modello organizzativo per obiettivi ha destato molte perplessità tra i colleghi e richiede un approfondimento pratico.

Peraltro il modello è stato assunto dalla Presidenza del Tribunale di Roma che sta lavorando per concretizzarlo in collaborazione con i Presidenti di Sezione.

B) Il lavoro del giudice in generale

Nel questionario distribuito a giugno negli uffici era emersa una diffusa consapevolezza della opportunità di predisporre una gestione razionale del ruolo del giudice e delle udienze.

Si era rilevata, infatti, un’attenzione maggiore, rispetto al passato, per la gestione dell’udienza (il 90% dei giudici fissa le cause ad orario fisso o per fasce orarie, il 18% redige personalmente il verbale d’udienza, l’8% gestisce l’udienza con un programma informatico, predisposto dallo stesso giudice, il 64% interviene nella redazione del verbale, il 73% provvede anche ad annotare i rinvii sul ruolo d’udienza), per le modalità e la tecnica di redazione materiale dei provvedimenti, per gli strumenti di lavoro (vi è una diffusa "alfabetizzazione" informatica che riguarda il 90% dei giudici circa: l’89% utilizza il computer per la redazione dei provvedimenti e delle sentenze, l’85% per le ricerche di giurisprudenza).

Si era però ritenuto, per altro verso, che questo diverso approccio all’organizzazione del lavoro portava a risultati limitati per la persistente carenza di strutture, che consigliava alla maggioranza dei giudici civili di restare in ufficio solo per tenere udienza (peraltro un 15% dei giudici che utilizzava regolarmente il computer per il proprio lavoro non aveva una postazione in ufficio), di personale (il 73% dei giudici segnalava non solo di non avere assistenza in udienza ma di dover annotare personalmente le date di rinvio sui ruoli di udienza), di software adeguato (solo l’8% dei giudici gestiva l’udienza con il computer, avendo predisposto personalmente i necessari strumenti informatici, una sola sezione del tribunale era dotata di un archivio informatico dei provvedimenti).

Da parte di alcuni partecipanti al gruppo di lavoro è stato riproposto il tema dell’ufficio del giudice e della possibilità di utilizzare ausiliari che collaborino sia nell’espletamento di attività di tipo amministrativo (che, a Roma, sono attualmente svolte dal giudice, quali la tenuta del ruolo) sia nella verbalizzazione, sia, infine, in attività preparatorie di quelle giurisdizionali (ricerche, predisposizione di schemi ripetitivi, assistenza informatica).

Una richiesta "minima" è quella di avere per ogni giudice una stanza e un collaboratore che lo assista in udienza, una "postazione informatica"; inoltre sarebbe necessario un programmatore ogni 15-20 giudici ed una biblioteca aggiornata.

C) Gestione del ruolo e gestione dell’udienza

Proposte sulla gestione del ruolo e sulla gestione dell’udienza (in larga parte già operative):

- Distribuzione delle cause per fasce orarie (con suddivisione per fase processuale e per materia);

- Raggruppamento delle decisioni delle cause per materia ( sia in sede istruttoria che in sede decisoria);

- Migliore utilizzazione degli "strumenti" processuali esistenti (art. 281 sexies c.p.c. e "gestione" del processo fin dalla prima udienza).

D) L’informatica giudiziaria

Dalla prospettiva, normativamente attuale ma organizzativamente remota del processo informatico, si è suggerito il passaggio alla ipotesi, più limitata, ma di più agevole realizzabilità, di una "postazione" del giudice che consenta al giudice dotato di una, anche elementare, formazione informatica di essere guidato all’utilizzo di una serie di strumenti di ausilio di immediata utilizzabilità. Si tratterebbe, per banalizzare, di creare un sistema che consenta al giudice con semplici operazioni di avere immediatamente a disposizione i dati essenziali del processo (enucleandoli dagli archivi informatici di cancelleria), di utilizzarli nella redazione dei provvedimenti, sia in relazione alle parti standard che in relazione alla motivazione vera e propria, di avere a disposizione, agevolmente, oltre agli archivi di giurisprudenza già esistenti (CED, Archivio sentenze dell’ultimo decennio), ulteriori ausili (dottrina, dati ISTAT aggiornati, sistemi intelligenti di calcolo di interessi e rivalutazione).

Da parte del Ministero e della Presidenza del Tribunale di Roma, in questi ultimi mesi, sono stati predisposti una serie di strumenti che vanno in questa direzione (collegamenti in rete con le cancellerie, posta elettronica, scansione dei documenti nell’esecuzione immobiliare ecc.) ed altri sono in via di predisposizione (progetto Polis, fornitura di 1 computer da tavolo e di 1 personal computer per ogni magistrato).

ALLEGATO 1

I "flussi di lavoro" al Tribunale di Roma

PERIODO 1 LUGLIO 2000-30 GIUGNO 2001

SEZIONI CIVILI ORDINARIE – CONTENZIOSO ORDINARIO

Pendenza all’inizio del periodo: 116.271

Sezioni: 13

Giudici: = 140

Cause per giudice: 830,51

Sopravvenute nel periodo: 40.901

Sopravvenute per giudice: 292

Eliminate nel periodo: 51.205

Eliminate per giudice: 365

Pendenza a fine periodo: 108.064

Differenza: 10.304

Percentuale di diminuzione della pendenza: 8,86%

SEZIONI STRALCIO

Pendenza all’inizio del periodo: 48.280

Eliminate: 15.624

Pendenza alla fine del periodo: 32.656

Differenza: - 32,36%

TOTALE COMPLESSIVO RIFERITO ALLE CAUSE CIVILI ORDINARIE

SEZIONI ORDINARIE + SEZIONI STRALCIO

Pendenti all’inizio del periodo: 164.551

Sopravvenute: 40.901

Eliminate: 66.829

Pendenti alla fine del periodo: 140.720

Percentuale di diminuzione complessiva della pendenza: - 14,48%

N.B.

1) La Presidenza del Tribunale ha fornito, inoltre, una serie di dati aggregati comprendenti tutti gli affari civili dai quali risulta una diminuzione di pendenze del 9,75% per le sole sezioni ordinarie e del 14% per l’intero Tribunale:

SEZIONI ORDINARIE: 13

giudici: 140;

pendenze al 1 luglio 2000: 223.883;

sopravvenuti al 30 giugno 2001: 157.922

definiti al 30 giugno 2001: 179.762

pendenti al 30 giugno 2001: 202.043

saldo positivo: 21.840 pari al 9,75%

SEZIONI STRALCIO:

al 30 giugno 2001 era stato definito il 53,82% del carico, pari a 38.717 su 71.373 procedimenti assegnati

2) Dall’esame dei dati relativi alle singole sezioni è emerso che il dato del contenzioso ordinario di una parte della 4° sezione civile cosicchè i dati statistici riferiti a questa sezione non sono completi e ciò incide sulla pendenza generale e sul numero di procedimenti per giudice (sembra più corretto sottrarre dal dato complessivo il numero di cause assegnate alla 4° sezione ed i giudici della stessa; si perviene così, per tutte le altre sezioni, ad un numero di cause assegnate a ciascun giudice di circa 910).

ALLEGATO 2

I "flussi di lavoro" alla Corte d’Appello di Roma

I dati della Corte d’Appello di Roma si riferiscono, invece, all’anno 2000 ed al periodo 1 gennaio - 30 settembre 2001:

Pendenza all’inizio del periodo: 15.224

Consiglieri: = 40

Cause per giudice: 380

Sopravvenute nel periodo: 6593

Sopravvenute per giudice: 165

Eliminate nel periodo: 4620

Eliminate per giudice: 115

Pendenza a fine periodo: 17.197

Differenza: 1.973

Percentuale di aumento della pendenza: + 13%

I dati della Corte d’Appello di Roma (che, peraltro, non fanno riferimento alla situazione più delicata che è quella della sezione Lavoro) indicano un aumento della pendenza generalizzato e significativo in tutte le sezioni (al quale, peraltro, il CSM sembra aver voluto far fronte con la copertura di 10 posti in organico).

ALLEGATO 3

Le prassi interpretative ed organizzative nelle sezioni civili del Tribunale di Roma

 

 

 

 

 

 

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