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La struttura delle novelle

Pirandello scrisse novelle per tutto l’arco della sua attività creativa più intensamente nei primi quindici anni del ‘900.

Si tratta di una produzione vastissima, nata per la pubblicazione su quotidiani e riviste. Pirandello si preoccupò di raccoglierla in volumi: il primo fu "Amori senza amore"(1894), segnano due serie di "Beffe della morte e della vita"(1902-1903), "Quand’ero matto"(1903), "Berecche e la guerra"(1919). Nel 1922 progettò una raccolta unica in ventiquattro volumi col titolo complessivo "Novelle per un anno".

Le novelle di Pirandello sarebbero dovute essere 365, quanti sono i giorni dell’anno, donde il titolo di "Novelle per un anno"; ma il disegno rimase incompiuto per la sopravvenuta attività teatrale , perciò ne rimangono 246, raccolte dall’autore in 15 volumi, i cui titoli sono: "Scialle nero", "La vita nuda", "La rallegrata", "L’uomo solo", "La mosca", "In silenzio", "Tutt’e tre", "Dal naso al cielo", "Donna Mimma", "Il vecchio Dio", "La giara", "Il viaggio", "Canderola", "Berecche e la guerra", "Una giornata".

A differenza delle raccolte classiche, di Boccaccio o dei novellieri rinascimentali, nella raccolta pirendelliana non si riesce a individuare un ordine determinato. L’opera sembra riflettere la visione globale del mondo che è proprio di Pirandello, un mondo non ordinato e armonico, ma disgregato in una miriade di aspetti precari e frantumati, il cui senso complessivo sembra irraggiungibile.

Non è esatta l’opinione, assai diffusa, che i primi temi di P. novelliere siano siciliani e veristici, sulla scia dei conterranei Capuana,Verga e De Roberto. Sin dall’inizio l’ambiente siciliano si alterna con quello romano, quello della piccola borghesia siciliana con quello della piccola borghesia urbana.

Dalla lettura delle novelle, emerge che P. è estraneo al messaggio umano del Verga, perché non vuole scoprire verità, ma inseguire labili apparenze psicologiche.

I fatti non dicono nulla senza gli effetti che li determinano e nella descrizione della Sicilia contadina, si riflette l’arretratezza di una società, vincolata ai pregiudizi e alle superstizioni, al "parere più che all’essere", dilaniata dall’amore della "roba", chiusa nell’ordine sacro della famiglia. E’ nella famiglia che le forme della vita e della morte appaiono legate; è in essa che coesistono il presente, il passato e l’avvenire; i vivi e i morti; i vecchi e i giovani.

Su una linea affine si collocano anche le novelle romane. In queste si allinea una successione sterminata di figure umane che rappresentano la condizione piccolo borghese, una condizione meschina, grigia e frustrata.

Queste figure avvilite non sono altro che la metafora di una condizione esistenziale assoluta che le irrigidisce: la "trappola", costituita da una famiglia soffocante e oppressiva o da un lavoro monotono e meccanico che mortifica l’individuo.

L’analisi di Pirandello si appunta con feroce lucidità sulle convenzioni sociali che impongono all’uomo maschere fittizie e ruoli fissi, rivelando così il suo rifiuto anarchico e irrazionalistico di ogni forma di società organizzata, che spegne la spontaneità e l’immediatezza della "vita".

Da tutto questo meccanismo assurdo scaturisce forzatamente il riso, ma è un riso accompagnato da una "pietà dolente" per un’umanità avvilita, per la sua sofferenza senza riscatto. In tutto il corso del novellare è presente una galleria di rassegnati, di sconfitti della vita,scossi, però, da un disperato desiderio di esistere;sempre numerosi i felici e precisi ritratti fisici, talvolta caricaturali, portati all’estremo dell’inverosimiglianza e dell’assurdo. Pirandello, caricando espressionisticamente la maschera che ognuno porta sul volto, distrugge l’idea stessa di personalità, rivela le varie persone che si annidano nell’individuo e che possono erompere all’improvviso per motivi casuali e futili.

Si consideri, in particolar modo, l’atteggiamento di Pirandello verso lo spettacolo della morte, motivo frequente in tutte le sue pagine riguardanti cerimonie e usanze funebri.

                           

In certi momenti di silenzio interiore,

in cui la nostra anima si spoglia

di tutte le finzioni abituali,

e gli occhi nostri diventano più acuti

e più penetranti, noi vediamo

noi stessi nella vita, e in se stessa la vita,

quasi una nudità arida, inquietante;

ci si chiarisce una realtà diversa

da quella che normalmente percepiamo,

una realtà vivente oltre la vita umana,

fuori delle forme dell’umana ragione.

(Pirandello)

 

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