La Storia di Ispica

 

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Tutta la storia di Ispica

Il nome di Ispica, alcuni studiosi lo fanno derivare dal nome di un antico fiume della zona, l'Hyspa, altri al nome latino Speca, da cui deriva il nome Spaccaforno, ovvero l'antico nome della città. Il termine Spaccaforno deriverebbe da due voci:

-Spacca, derivazione fonetica di Ispica;

  e 

-forno, termine adoperato   per indicare le tombe a forma di forno.

Le origini di Spaccaforno come città sono certamente molto antiche; basti pensare alle grotte della sua stupenda cava e agli insediamenti abitativi del suo territorio, che sono da attribuire ai Siculi, uno dei popoli più antichi della nostra regione.

Il centro abitato era situato nella parte finale della cava, in una posizione facilmente difendibile e in una zona così ricca di acque, da far crescere rapidamente la sua importanza.

Moltissimi sono stati gli abitatori della Cava Ispica, dai siculi ai greci, ai romani, ai bizantini, agli arabi, ai normanni così che le abitazioni rupestri adattate di volta in volta ai nuovi usi e alle rinnovate esigenze, che ne hanno alterato spesso in modo irreparabile le tracce storiche, ma conservando in altri casi segni visibilissimi di modi di vivere, di culti ecc., sono divenute uno dei più preziosi monumenti di storia della nostra terra.

I fatti storici di lspica cominciano, come del resto per quasi tutti gli altri centri della Sicilia, con l'avvento dei Normanni. Ruggero il Normanno, in ricompensa dei servizi ricevuti, dona la città di Spaccaforno a Berengario di Monte Rubro (Monterosso), il quale alla sua morte, rinuncia ai suoi diritti, in favore della regina Eleonora. Dopo alcuni anni di signoria di Gugliemo d'Aragona, fratello del re Pietro II, Spaccaforno viene lascia ta al suo maggiordomo Manfredi Lanza.
Passò quindi a Francesco Prefolio e dopo ai Chiaramonte, fino al 1392, quando dal nuovo re di Sicilia, Martino, la città di Spaccaforno e tutta la contea di Modica fu ceduta a Bernardo Cabrera. Ma quando costui per debiti contratti con l'Erario non riuscì a pagare, fu costretto a vendere Spaccaforno ad Antonio Caruso, patrizio di Noto, Maestro Razionale del Regno, con tutti i diritti e i privilegi. Da quel momento Spaccaforno si staccò dalla Contea di Modica seguendo altre sorti.

Da Antonio Caruso, la cittá passó al figlio Vincenzo; da costui, che non ebbe eredi, pervenne al fratello Antonello e quindi a sua figlia lsabella Caruso e Moncada, che nel 1493 sposò il conte Francesco Maria Statella, Gran Siniscalco del Regno, barone di Mongiolino e signore di tantissimi altri feudi. Con questo matrimonio gli Statella entrano in possesso di Spaccaforno, che tennero fino al XIX sec., quando fu abolita la feudalità.

Dopo il terremoto del 1693 la cittá fu ricostruita nella vicina spianata, con un impianto urbanistico moderno e arioso, con vie larghe e diritte, con ampie piazze e bellissime chiese. Lentamente le abitazioni della cava furono abbandonate, ma mai in modo definitivo; molte di esse, specie lungo "la Barriera", furono utilizzate come officine, come frantoi per le olive o palmenti, e ancora oggi alcune di esse vengono adibite a depositi, garages o cantine.