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Arte terapia: RENATO  ELIA 

L'intervista a cura di: Cinzia Chialvo - 2003

Io: Come sei diventato arte terapeuta? Mi puoi parlare della tua formazione? 

 

Elia: Fin da bambino l’arte, in modo particolare la pittura, mi ha permesso di esprimere le mie emozioni e sentimenti. L’arte terapia non nasce perché la si studia sui libri ma dall’esperienza che è l’insieme di momenti sia di studio, di riflessione, di ricerca del sé e della disponibilità ad aprirsi agli altri. Ho avuto contatti con il consultorio famigliare, di Udine, dove ho rimodellato parti del mio carattere. Questo mi ha permesso, superando la conflittualità interna, di disporre di maggior energia per comunicare agli altri i miei progetti. Nella mia gioventù ho lavorato nel volontariato e il mio disegno di vita è sempre stato “BBF” Bambini e Bambine del Futuro.

Io: Sei iscritto all’albo?  

Elia: No.

Io: Come hai utilizzato l’arte terapia, quale tecnica hai utilizzato? 

 

Elia: Sono arte terapeuta, ma questo in Austria, uso molto la pittura in modo particolare quella in cui l’acqua è l’elemento fondamentale, per cui acquerelli, tempere, acrilici.

Io: Con che operatori hai utilizzato l’arte terapia con scopo formativo? 

Elia: Nel caso della Lebenshilfe di Judenburg con il personale della scuola, nel caso del Ser.t. con gli assistenti sociali ecc.

Io: Da quanto tempo usi l’arte terapia per la formazione?  

Elia: Dal ’96, dunque 6 anni.

Io: Quanti incontri ci sono solitamente in un tuo corso di formazione?  

Elia:  a Lebenshilfe di Judenburg una settimana, al Ser.t. 52 ore, nel caso in cui lavoro con i genitori in genere minimo tre incontri, nei laboratori dipende da chi li organizza in genere da uno a sette giorni.

Io: Solitamente sono incontri di gruppo oppure individuali?  

Elia: Solitamente tutti incontri di gruppo.

Io: mi può raccontare una tua esperienza, quella che ti ha colpito di più che ricordi meglio?  

Elia: Quella della Lebenshilfe di Judenburg è forse la più significativa; si trattava di una settimana di incontri con persone disabili e i loro operatori. Il progetto dal titoloDie bewegende Verbindung zur Einheit" doveva provare come l’integrazione del disabile e del diverso poteva essere attuata. In questa occasione ho operato coinvolgendo, prima di tutto, il personale della Lebenshilfe in modo tale che fossero loro insieme a me a lavorare con le persone disabili. Questo ha permesso di disporre di un gruppo di operatori oltre che motivati anche preparati. Il risultato è stato sorprendente Kirsten di 40 anni ha percepito il suo essere presente e la conferma è arrivata dalla famiglia che ha ritrovato nella persona l’incontro e la partecipazione affettiva e dialettica. 

Io: La definiresti un’esperienza positiva o negativa?  

Elia: Direi costruttiva, questo è il termine più adatto, si costruisce qualcosa sia negli altri che in noi stessi.

Io: Un’esperienza simile ti ha lasciato qualcosa?  

Elia: Certamente

Io: Quando ti hanno contattato ti avranno detto quali erano gli scopi da raggiungere… durante gli incontri, le mete sono rimaste le stesse, oppure in te sono nati nuovi scopi da raggiungere, nuove sfide?  

Elia: C’è sempre la parte artistica che sa cogliere nell’incontro cosa è necessario togliere o aggiungere… l’arte è una ricerca dinamica, una sperimentazione, ed ad ogni istante può aprirsi un nuovo e inaspettato universo.

Io: Hai raggiunto gli scopi del committente? 

Elia: Direi di si.

Io:…e i tuoi?  

Elia: Si.

Io: Alla fine del percorso di formazione, pensi che il committente possa essersi ritenuto soddisfatto?  

Elia: A volte si …

Io: Hai incontrato delle resistenze da parte delle persone a cui hai sottoposto questo tipo di formazione? Quali?  

Elia: Le resistenze maggiori si incontrano soprattutto nel “sistema” a cui le persone fanno riferimento. A volte anche gli stessi committenti creano difficoltà in quanto si possono sentire scavalcati da risultati ottenuti con saperi da loro non gestiti. Nel caso del Ser.T. per esempio gli stessi operatori e psicologi hanno creato difficoltà, oserei dire di ogni genere, pur di interrompere questi momenti di incontro con i ragazzi, per poi tentare a loro volta di ricrearli con l’arte terapia… finiti in modo deludente. L’arte terapia come ho detto più volte non esiste è l’Arte “la terapia” ma per poter essere Arte il percorso che dobbiamo affrontare è molto impegnativo. Non solo dobbiamo riconquistare il nostro essere “Bambino” ma dobbiamo divenire “Anima” per poter dialogare con il mondo nel suo insieme. L’Arte non è dipingere quadri, ovvero oggetti, è creare cibo “Sano” per la mente. Come dire:“ciò che è bello non è detto che sia sano ma ciò che è sano può anche essere bello”.

Io: Come sei riuscito ad abbattere queste resistenze?  

Elia: Quelle dell’organizzazione difficilmente si superano. Quelle del singolo si… del resto dispongo di una buona esperienza anche grazie alle ricerche che ho fatto (anche nel campo della psicologia e della sociologia e sopratutto dall'esperienza vissuta, non a caso ho frequentato ospedali, case di vecchiaia, manicomi ecc. per capire cosa sia in realtà il vivere di noi mortali).

Io: Il fatto di aver condotto questi incontri di formazione in gruppi, pensi che possa essere stato un bene o sarebbe stato meglio se fossero stati degli incontri individuali? Perché?  

Elia: Dipende dai problemi da risolvere, in alcuni casi è preferibile lavorare con singolo altre volte con il gruppo.

Io: Faresti uso dell’arte terapia per formare chi? quale tipo di operatore?… Operatori sanitari, insegnanti, manager? Chi potrebbe e chi dovrebbe essere formato con l’arte terapia?  

Elia: In primis genitori e insegnanti, poi psicologi e psichiatri, ecc. ecc. In poche parole tutti dovrebbero poter provare ad esprimere con l’arte ciò che da bambini già sapevano fare spontaneamente. Ultimamente, infatti, gli incontri avvengono coi genitori e i loro figli e questo sinceramente è molto gratificante.