Punta Zumstein - Monte Rosa
Via normale, cresta sud-est
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11-12 luglio 1998 Mirko, Andrea (Barbara, Tiziana)
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Anche questa volta non abbiamo potuto fare quello per cui siamo partiti: in mente avevamo la traversata del Lyskamm, invece vento, neve e nuvole ci hanno costretto a rinunciare. Meno male che almeno allo Zumstein
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Zumstein dai pressi del colle Gnifetti |
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siamo arrivati. Davvero deprimente questo inizio di stagione: speriamo che le cose migliorino, per quanto riguarda le mie condizioni fisiche e soprattutto per quello che riguarda il tempo. E’ vero che non abbiamo mai avuto tempo veramente brutto – ad eccezione di questa domenica mattina – ma il vento non ci ha mai dato tregua, neanche una volta, in un crescendo di intensità e insopportabilità. Ma andiamo per gradi.
Partiamo in quattro sabato dopo pranzo: al solito Galis deve lavorare e soprattutto Barbara non si può liberare, così andiamo via da casa che è già la una e un quarto. In progetto abbiamo la traversata del Lyskamm: vogliamo salire oggi da Alagna, pernottare al Balmenhorn, fare la traversata domenica mattina e scendere quindi al rifugio Quintino Sella e da lì a Gressoney, dove nel frattempo sono andate ad aspettarci Barbara e Tiziana. Arriviamo presto, dopo meno di due ore di viaggio; Barbara ci compera delle buste di tè solubile che Galis ha dimenticato, ci prepariamo e alle tre e mezza prendiamo la funivia. Le ragazze vanno via subito: andranno a dormire in un albergo di Ivrea; ci diranno poi che Ivrea è una squallida città e che non c’è niente da vedere.
Alle quattro siamo a Punta Indren, pronti per partire. Saliamo dal solito percorso, per le roccette che portano poco al di sopra del Mantova. Qui ci fermiamo per sistemarci l’attrezzatura: mettiamo ghette e ramponi, ci leghiamo, prendiamo le piccozze… Ripartiamo dopo una ventina di minuti; passiamo il Gnifetti da lontano e saliamo diretti verso il Balmenhorn. La neve è bruttina, molle data l’ora tarda, ed il sole molto caldo; per fortuna, però, il tempo passa e ci accorgiamo del calare dell’intensità del sole; poco alla volta la neve si fa più consistente ed il cielo più freddo. Inizia ad aumentare anche il vento che fin dai pressi del Mantova si era annunciato fastidioso. Fisicamente stiamo bene; Galis, sembra, meglio di me, va più veloce, lo devo frenare, ma faccio apposta a non spingere troppo: voglio tenermi ben controllato per la paura dei crampi che mi è rimasta dalla settimana passata.
Intorno alle sei e mezza siamo al Balmenhorn;
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Mirko in cima allo Zumstein; sullo sfondo la Punta Gnifetti e la capanna Regina Margherita |
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ci entriamo: abbiamo in programma di lasciare i nostri zaini nel bivacco e di proseguire leggeri fino allo Zumstein. Nel bivacco troviamo cinque o sei persone: un gruppo numeroso di ragazzi con due ragazze che dicono di avere in programma la Dufour; ci rinunceranno domani. Scambiamo poche parole, chiediamo di tenerci occupato lo spazio davanti al solito cesso del bivacco, dove alla peggio ci sistemeremo per la notte… Alle sette ripartiamo, carichi solo della mia borraccia, che tengo appesa all'imbragatura; la sistemazione della borraccia purtroppo non si rivelerà delle più felici, perchè grazie alla temperatura mite del posto molto presto il suo contenuto si trasformerà in un'imbevibile granatina di tè. Saliamo dapprima velocemente, poi, poco per volta, la quota inizia a farsi sentire e la marcia rallenta. Oltretutto, più saliamo più il vento si fa intenso e fastidioso; al colle Gnifetti le raffiche ci sbilanciano pericolosamente e la cresta finale dello Zumstein non ci appare invitante. La risaliamo senza soffermarci troppo alla splendida vista dei precipizi della parete Est del Nordend. Alle otto e venti siamo in cima. Ci rimaniamo parecchio, scattiamo molte fotografie. Il vento è veramente micidiale, a tratti una nuvola si abbassa a coprirci, ma per lo più abbiamo una vista splendida sulle cime del Rosa, sul Lyskamm, sul Cervino… Dopo una decina di minuti scendiamo di qualche metro sul versante Sud per ripararci un po’ dal vento; Galis vuole approfittarne per riscaldarsi le mani che sente intorpidite. Rimaniamo parecchio sullo Zumstein e soltanto intorno a un quarto alle nove ripartiamo verso il basso. Tutto avrei potuto pensare della mia breve carriera alpinistica giovanile fuorché di potermi trovare in cima ad una montagna di 4500 metri alle nove di sera. E’ una bella sensazione.
Scendiamo con calma: dapprima Galis va molto veloce, ma presto rallenta perché la stanchezza si fa sentire; la quota sopra a tutto. La risalita al Colle del Lys gli risulta molto faticosa. E’ proprio al colle che assistiamo ad un tramonto splendido: l’orizzonte intorno al Cervino è di un rosso acceso e vivo come non ne avevo mai visti; sopra il cielo si fa scuro e digrada nel buio; sotto nuvole nere come il carbone interrompono a tratti la poca luce del crepuscolo; e questa striscia così rossa che taglia tutto l'orizzonte dal Lyskamm alla Dufour è uno spettacolo magico.
Manca poco alle dieci quando rientriamo nel bivacco. Gli altri stanno finendo di sistemare la loro roba; finiscono mentre noi mettiamo da parte il nostro materiale alpinistico e quando entriamo per prepararci da mangiare se ne vanno a letto, sui materassini del ripiano superiore. Noi dormiremo sotto al tavolo, per terra: abbiamo tutte le coperte di cui abbiamo bisogno; Galis ha addirittura un materassino gonfiabile simpaticamente prestato da uno dei ragazzi del piano di sopra; Sul pavimento vicino a noi si sistema un altro signore, che abbiamo visto solo questa sera: è qui da solo perché il suo compagno, col quale è salito da Gressoney, ha proseguito fino al Regina Margherita; probabilmente si trattava di un tipo che abbiamo incontrato sotto alla Parrot durante la nostra discesa. Io inizio a sentirmi stanco e appesantito; beviamo del tè caldo e mangiamo minestrone e cioccolato (cioè... prima minestrone, e dopo cioccolato). Facciamo un paio di turni per salire a procurarci la neve da sciogliere, anche se non ce ne sarebbe bisogno perché nel pentolone del bivacco c’è già moltissima acqua. Fuori il vento è peggiorato e al freddo la neve che ti butta in faccia fa male.
Intorno alle undici
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Lyskamm al tramonto, dal colle Gnifetti |
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sistemiamo definitivamente le coperte e spegniamo la luce. Passo una nottata pessima; la sveglia sarebbe per le tre e mezza, ma mi sembra del tutto inutile: primo perché sono sicuro che a quell’ora sarò ancora sveglio e poi perché non spero di vedere abbassarsi il vento: con un tempo così non ci pensiamo proprio di metterci sulla cresta del Lyskamm. Fino alle due il mio malore aumenta, ho male di testa e nausea, ovviamente per l’altitudine, ma poi pian piano miglioro. Alle tre e mezza, l’ora della sveglia che però Galis ha già provveduto a spegnere, si sente sempre il vento troppo forte scuotere le pareti del bivacco; la traversata è andata, ovviamente, ma forse se il vento cala più tardi riusciamo comunque a salire sul Lyskamm Orientale. Alle sei, invece, ci alziamo e fuori dal bivacco ci aspettano due dita di neve fresca, un vento turbinoso impazzito, nevischio nell’aria, e una visibilità di una ventina di metri. Addio montagne.
Ormai è ovvio che non si farà niente di niente: non solo non possiamo fare la traversata, ma anche per il solo Lyskamm Orientale è già tardi e il tempo non sembra pensarci nemmeno a dare segni di miglioramento: con questo vento e la visibilità nulla ci va già bene se riusciamo a scendere senza perderci.
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Lyskamm al tramonto, dal colle del Lys |
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Ci alziamo definitivamente intorno alle sei e ci scaldiamo il tè che avevamo lasciato sul fornello ieri sera. Ora stiamo entrambi bene, non sentiamo più la quota, nausea e mal di testa sono finalmente spariti. Peccato per il tempo. Mezz’oretta più tardi si alzano anche gli altri, incerti sul da farsi, ma diventa subito chiaro che tutti puntano a scendere. Ovvio. Il locale si fa affollato e io e Galis ci sbrighiamo il prima possibile per andarcene. Ce la facciamo intorno alle sette; ci diamo il tempo per un’ultima fotografia in cima al Balmenhorn, di fianco alla grande statua del Cristo delle Vette, e poi per una di fianco a una splendida prigione di stalagtiti di ghiaccio spioventi dal muro gelato davanti al primo crepaccio sotto al Balmenhorn. Quindi scendiamo; andiamo spediti. Durante la discesa Galis cerca di attaccare discorso con tutti quelli che incrociamo: in molti stanno salendo, partiti dal rifugio Gnifetti diretti alla Capanna Margherita, e lui si impegna per dissuaderne quanti più possibile: gli dice del vento “almeno tre volte più forte di qui”, della visibilità “scarsissima”, dice di “non lasciarsi ingannare da qualche momentanea schiarita” e così via. Qualcuno in effetti ripiega a valle.
Ci fermiamo per un po’ al Gnifetti: il tempo di mettere via l’attrezzatura, la corda, i ramponi e di prenderci un tè caldo: pessimo, asprigno e troppo lungo. Poi ripartiamo; scendiamo sempre veloci, passiamo vicino al Mantova, prendiamo le roccette, e quindi attraversiamo il ghiacciaio fino a Punta Indren. Solo qui ci fermiamo di nuovo: abbiamo intenzione di scendere a Gressoney per la strada che da qui passa per lo Stolenberg, per il Passo dei Salati, vicino al rifugio Vigevano, e poi scende fino al Rifugio del Lys. Solo lì, forse, prenderemo la cabinovia che ci può portare fino a Staffal, l’ultimo paesino sopra Gressoney, dove Barbara e Tiziana ci aspettano per le tre del pomeriggio; in alternativa alla funivia potremmo fare un altro paio d’ore di camminata, ma dubito che una volta arrivati lì ne avremo molta voglia. Purtroppo della strada da seguire non sappiamo nulla. Ci soffermiamo per un po’ al di fuori della stazione della funivia a studiare la cartina, per cercare di capire quale sia lo Stolenberg e dove possa passare il sentiero: la montagna sembra oltre modo ripida e repulsiva, sulla sua cima sembra di scorgere un paio di ometti e dalla cartina sembra di doverci proprio passare. Mah. Per il momento vediamo solo il sentiero che da qui inizia a scendere a destra dell’edificio della stazione, fino a perdersi poche decine di metri più in bassi tra roccioni e detriti. Speriamo bene.
Seguiamo il sentiero fino a che è visibile e subito ci accorgiamo che il percorso è ben segnalato da grossi ometti e tracce di vernice rossa e gialla. Non abbiamo nessun problema con la traccia; a volte incrociamo qualcuno e chiediamo rassicurazioni. Il percorso scende fino ai pedi dello Stolenberg, quindi lo risale per due terzi e gli gira intorno verso destra; ci sono alcune inutili corde fisse ad aiutare nei tratti più esposti. Una volta aggiratolo si scende sempre per tracce di sentiero e detriti rocciosi fino al passo dei Salati, vicino ad un laghetto ed al Rifugio Gugliermina; il Vigevano è più in basso e rimane nascosto. Qui arriva una cabinovia dai pressi del Rifugio del Lys, esattamente dove dobbiamo andare noi. Non la prendiamo ma dopo pochi minuti di pausa e un panino riprendiamo la discesa a piedi; teniamo d’occhio la funivia solo come riferimento: ci indica la direzione giusta nell’ampia vallata. In una cinquantina di minuti raggiungiamo il rifugio del Lys, dopo una brutta, larga e troppo comoda stradaccia, serpeggiante nell’ambiente troppo deturpato dagli impianti sciistici: tutto il fondo valle è stato dragato e raschiato per fare posto alle piste da sci, che ora, ovviamente sono soltanto squallidi pendii ghiaiosi; non c’è un solo albero, non c’è un solo rivolo d’acqua; soltanto il sole e la funivia, una vera tristezza.
Una volta al rifugio ci concediamo un’altra lunga pausa: è solo mezzogiorno e le ragazze non si aspettano di vederci arrivare che tra tre ore. Intanto il tempo è diventato, ovviamente, splendido: a questa bassa quota fa un gran caldo, e le nuvole sono completamente sparite anche dall’alta montagna. Rimane solo il vento, in alto, che sulle creste continua a spazzare grandi quantità di neve. Più tardi si placherà anche quello. Al rifugio prendiamo un paio di lattine di coca e ce le beviamo comodamente seduti ad un tavolino all’aperto. Dopo mezz’ora andiamo a prendere la cabinovia che in pochi minuti ci porta fino a Staffal. Proprio mentre stiamo per arrivare vediamo Barbara e Tiziana parcheggiare la macchina davanti alla funivia: siamo arrivati tutti nello stesso istante. Barbara in un primo momento rimane sconcertata perché si aspettava di vederci arrivare dalla parte opposta – la funivia della Bettaforca che scende dal versante del Quintino Sella arriva infatti alla stessa stazione ma dalla parte opposta della valle. Poi ci spieghiamo e si chiarisce tutto.
E’ solo la una di pomeriggio ed abbiamo un sacco di tempo a disposizione. Dopo esserci cambiati andiamo a mangiare – un panino e una coca – ad un bar: lo stesso dove eravamo stati tre anni prima io, Galis e Silvano, di ritorno dal lungo tour sul Rosa. Poi una passeggiata e poi una simpatica visita allo splendido castello dei Savoia, nella valle di Gressoney, vecchia residenza estiva della Regina Margherita. Splendido il castello – già visitato la mattina dalle ragazze con tanto di guida – ed il piccolo giardino botanico nel suo parco, straripante di fiori alpini. Ripartiamo verso casa solo a metà pomeriggio ed arriviamo per l’ora di cena.
Storia di un piccolo fallimento, ma almeno quello Zumstein serale ce lo siamo gustato.
Mirko Sala Tesciat
1998
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