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Barre des Ecrins

Dome de Neige e Barre des Ecrins, cresta ovest

17-18 agosto 2002
Andrea (Tiziana)
 Barre des Ecrins - 18-19 luglio 2006

Dopo un inizio di Agosto all'insegna del maltempo più nero (a Courmayeur con Mirko si puntava come al solito alla traversata delle Gran Jorasses ma riusciamo a malapena a salire il monte Colmet tra un temporale e l'altro, con la neve caduta fin sotto al rif. Boccalatte) finalmente verso ferragosto la situazione meteo sembra voler migliorare.Così io e Titti partiamo dapprima per Grindelwald, dove nonostante la molta neve caduta nelle scorse settimane riusciamo a salire la Jungfrau per la via normale, quindi ci trasferiamo nel Delfinato.

Barre e Dome de Neige des Ecrins

Nel primo pomeriggio del 17 Agosto, lasciata l'Astra nell'immenso parcheggio di Prè de Madame Carle accessibile da Ailefroide per una stradina asfaltata ci incamminiamo alla volta del refuge du Glacier Blanc, posto un po' più in basso rispetto al refuge des Ecrins (dove per passare la notte occorre prenotare con l'anticipo di alcuni mesi) ma molto meno affollato di quest'ultimo.
La salita al rifugio si svolge nella prima parte su un largo sentiero che risale un erto costone nel selvaggio ambiente del Parco Nazionale degli Ecrins, dove non è raro avvistare qualche stambecco o trovarsi di fronte delle marmotte che si lasciano avvicinare e fotografare con una certa facilità, poi con un lungo traverso ci si porta nel vallone del torrente emissario del Glacier Blanc che occorre attraversare per risalire in seguito il versante opposto. Qui il sentiero si fa più ripido, anche con brevi tratti attrezzati, ma la vista è gratificata dall'imponente mole del Pelvoux che si staglia sempre più netto nel cielo grigio ingombro di nubi, ma nonostante la minaccia di pioggia incombente arriviamo al rifugio asciutti (si fa per dire, visto la solenne sudata che comunque ci siamo fatti) anche se poi di vera pioggia non ne cadrà affatto.
Dopo esserci cambiati, ci vengono assegnate le brande in uno dei soliti stanzoni rumorosi: cioè, non è la stanza ad essere rumorosa, ma i francesi che la popolano oltre a noi e che come al solito faranno casino fino a tardi dato che loro domani si dovranno alzare quelle tre o quattro ore dopo di me per camminare la metà di quello che dovrò fare io, ma tanto ormai ci abbiamo fatto l'abitudine... Titti, che non ha ancora smaltito la Jungfrau (dopotutto siamo stati in cima solo ieri) preferisce non salire in cima domani, mi verrà incontro strada facendo in tarda mattinata.A cena si segue il solito menù francese che prevede brodino, riso tipo cous-cous (che Michele definirebbe speziato), carne arrosto e macedonia che ovviamente accompagno con una birra; tutto sommato niente male, anche se io in materia non faccio testo perchè del cibo nei rifugi non mi lamento quasi mai.

La cresta ovest della Barre all'alba, dal Dome de Neige

In questo rifugio c'eravamo già stati un paio d'anni fa con Mirko, Sly, Barbara e Michele, quando il maltempo ci costrinse a fermarci al Dome de Neige des Ecrins, ma allora i gestori mi erano sembrati un tantino più disponibili di quanto non lo siano stasera. Infatti, quando vado a chiedere per la colazione dell'indomani di lasciarmi su un tavolo mezzo thermos di tè con un paio di marmellatine e fette biscottate per non "costringere" nessun altro ad alzarsi ad ore antelucane, mi viene chiesto con tono preoccupato a che ora avessi intenzione di puntare la sveglia. "Alle tre!" mi viene spontaneo rispondere, dato che per la Barre des Ecrins sulla carta ci sono sei ore buone di salita (senza contare la discesa e il tempo, che da queste parti cambia molto rapidamente), al che mi viene risposto seccamente che la colazione la si deve fare obbligatoriamente tutti alle 5 e soprattutto di non disturbare gli altri (francesi) occupanti del rifugio nell'alzarmi a certe ore quando tutti in un rifugio serio dovrebbero stare sotto le coperte a dormire. "Veramente sono gli altri che mi romperanno i coglioni stasera fino a tarda ora" mi vien da pensare, ma poi a voce alta (col mio francese che Mirko definisce impossibile ma chissà perchè in casi come questo risulta sempre chiarissimo) chiedo alla gestora se ha ben presente dove si trova la Barre des Ecrins, e di non preoccuparsi per il rumore che, come sempre, sarò più silenzioso di un fantasma. Ovviamente, tramuto seduta stante la mezza pensione in cena e pernottamento, gli euri della prima colazione mademoiselle "Gentilezza" se li può pure scordare...

Andrea in vetta al Dome de Neige; sullo sfondo la Meije

Così all'ora stabilita (da me) scivolo fuori dalla camera come uno spettro e, dopo aver fatto fuori una barretta di muesli con un paio di sorsi di tè della mia borraccia, mi avvio alla volta del refuge des Ecrins. Il cielo sembra essere stellato, la temperatura è abbastanza fredda ma senza troppo vento, anche se si intuisce qualche nube verso il Pelvoux. La traccia inizialmente ha dei tratti molto ripidi che mi costringono anche ad usare le mani, poi l'inclinazione diminuisce; salgo sempre mantenendo il ghiacciaio in basso alla mia sinistra, sino a quando arrivo in corrispondenza di una spianata mezz'oretta dopo essere partito. Qui due anni fa si proseguiva per il ghiacciaio, dapprima con un tratto un po' ripido poi in piano, sino al refuge des Ecrins, me lo ricordo bene. Ma oggi il sentiero continua sulla sponda rocciosa: alla luce della frontale lo esamino, si vede che è stato tracciato da poco e i segnavia di vernice rosso fiammante lo confermano, ma non ci si può proprio sbagliare. Infatti questo nuovo tratto serve per evitare i crepaccioni (lo vedrò meglio al ritorno con la luce del sole) del tratto di ghiacciaio ripido, che rispetto a due anni fa sono notevolmente peggiorati. Quando rimetto piede sul glacier Blanc, mi trovo ormai all'inizio del plateau che porta al rifugio; il rumore del generatore e le luci già accese mi fanno capire che anche là fervono i preparativi per la partenza. Mentre passo sotto al rifugio, che è situato su uno sperone un centinaio di metri sopra al ghiacciaio, noto quello che era prevedibile: dall'altro lato dello sperone sono già scese sul glacier Blanc parecchie cordate, e molte altre ne stanno ancora scendendo. Dato che fisicamente mi sento molto bene (l'allenamento che mi sono fatto sul Rosa con salita diretta e pernottamento in Margherita prima di partire per Grindelwald si fa valere) e pensando ai possibili incroci e al traffico sulla cresta sommitale, comincio la serie dei sorpassi e al col des Ecrins, dove inizia la risalita del versante nord, di cordate me ne restano davanti ben poche. Al colle tutti fanno una breve pausa, chi per calzare i ramponi e chi solo per prendere fiato, così ne approfitto anch'io per bere qualcosa e per abbandonare le racchette che poi recupererò in discesa, dato che da qui in avanti il terreno si fa piuttosto ripido e serve la picca. Scrutando il cielo in lontananza, vedo saettare due bei lampi da temporale: per ora sembra un fenomeno isolato e abbastanza lontano (qualcuno in questi casi parla di lampi di calore...), il cielo sopra di me non sembra coperto, speriamo rimanga tale e di non fare la fine di due anni fa. Riparto e la pendenza inizialmente si fa sentire; in questo primo tratto bisogna anche far attenzione ai seracchi sovrastanti dai quali può sempre venir giù qualcosa, poi l'inclinazione diminuisce e la traccia taglia decisamente a sinistra, facendo un po' di slalom tra i crepacci, verso la cresta est della Barre des Ecrins portandosi fuori dalla zona calda. Intanto albeggia, il freddo e il vento si fanno decisamente sentire e si inizia a veder bene la cresta ovest che dovrò percorrere per andare in vetta: è piuttosto carica di neve, speriamo almeno che sia tracciata.

Andrea a pochi metri dalla vetta, dopo aver scavalcato il Pic Lory

Raggiunta la crepaccia terminale senza attraversarla (anche perchè per farlo qui bisognerebbe essere Superman), la traccia taglia in orizzontale tutto il versante nord lungo una specie di terrazza per portarsi alla breche Lory. Visto che sono ormai solo, prima di attaccare la cresta ne approfitto per fare una capatina in vetta al Dome de Neige, giusto in tempo per godermi il sorgere del sole sulla Meije e sul resto del Delfinato. Torno alla breche Lory mentre la prima cordata sta attaccando la cresta ovest. Mi faccio un'autoassicurazione per il traversino iniziale che mi permette di aggirare il salto iniziale sulla sinistra, poi doppiato uno spigolo vedo che si puo' salire abbastanza facilmente sino in cresta (sarà massimo un secondo grado, però piuttosto infido perchè tutto è coperto da una decina di centimetri di neve fresca). Così decido di recuperare la corda, me la metto a tracolla, passo i due francesi che stanno attrezzando una sosta e che mi guardano un po' allibiti e raggiungo la cresta. Di tracce non ce ne sono, ma non si può sbagliare, basta seguirne il filo sino al punto più alto.

Andrea in vetta, con la croce eretta appositamente per la foto

Poco prima del Pic Lory, la cresta si fa più ripida ed affilata. E' il punto chiave della salita: qui la roccia, data la verticalità, è più pulita ma un po' di ghiaccio lo si può sempre trovare e c'è comunque da superare un saltino di II+ con una bella esposizione sulla parete sud della Barre des Ecrins e sul glacier Noire più di 1000 metri laggiù in basso. Mentre valuto l'opportunità di farmi un'autoassicurazione, sono raggiunto da un ragazzo che sta salendo anche lui da solo: si chiama Stefan e fa il maestro di sci a S.Moritz in Svizzera, anche se lui è un tedesco di Germania. Visto che sto già preparando la sosta, gli chiedo se vuole legarsi per farmi da secondo, e lui accetta di buon grado. Facciamo solo un paio di tiri corti per superare il tratto più ostico, poi procediamo di conserva sino al Pic Lory, superato il quale occorre perdere leggermente quota sino ad un intaglio da dove la cresta diventa meno ripida, ma sempre esposta, sino in vetta.
Il panorama è grandioso e spazia dalle vette più vicine fino al Monte Bianco, mentre il sole splende nel cielo, solo striato da poche nubi alte senza minaccia di temporali. C'è solo un alito di vento e la temperatura si è decisamente rialzata. Dopo la stretta di mano, ci facciamo a vicenda le foto di vetta. Per farne un paio con la croce, la dobbiamo tirare su da terra dov'è adagiata e piantarla in mezzo ai sassi alla meno peggio, visto che del basamento non c'è nemmeno l'ombra (la croce è alta un buon metro e mezzo): il vantaggio è che possiamo "ruotarla" a nostro piacimento per le esigenze fotografiche.
Una decina di minuti più tardi iniziamo la discesa lungo la cresta. All'inizio andiamo di conserva poi, superato il Pic Lory, ci assicuriamo un paio di volte sul tratto più esposto, che superiamo comunque senza problemi. Nell'ultimo tratto di cresta incrociamo alcune cordate poi per evitare casini nel traversino che riporta alla breche Lory, anche perchè la neve non è più delle migliori, decidiamo di effettuare una doppia dal salto di roccia sopra alla forcella. Mentre sono assicurato alla sosta in attesa che si liberi, Stefan spostandosi per far passare la gente che sale scivola sulla neve infida ma, grazie alla corda che teniamo abbastanza corta, riesco subito a bloccarlo. Risalendo, oltre a qualche "saetta" in tedesco di difficile comprensione (per me che il tedesco non lo so) mi dice che tutto sommato la corda è meglio averla con sè anche quando si viaggia da soli: può sempre venir utile, specie in discesa per le doppie che fanno evitare certi casini! Raggiunta la breche Lory, ci sleghiamo e ridiscendiamo rapidamente e senza problemi al col des Ecrins, dove recupero le mie racchette. Da qui in poi la discesa è praticamente una passeggiata, si chiacchera e mi prendo anche il tempo di scattare qualche foto. Poco dopo aver ripreso il sentiero al termine del tratto sul glacier Blanc incontriamo la Titti; facciamo ancora un tratto di strada tutti e tre insieme poi Stefan si ferma alla sua tendina (che stamattina non ho proprio visto, anche se lui dice di avermi sentito passare e di essere partito subito dopo) mentre io e Titti scendiamo al refuge du Glacier Blanc. Qui, dopo aver recuperato le nostre cose dai cestoni, ci concediamo due belle fette di torta per festeggiare. Quando vado a pagare, la gestora mi chiede dove sono stato: all'inizio non vorrei neanche risponderle, poi dopo averle detto della Barre de Ecrins non riesco a capire se l'espressione di stupore che le si dipinge in volto sia dettata dal fatto che sono stato piuttosto veloce o perchè non ci crede proprio!
Dopo lo spuntino ripartiamo e, salutate tutte le marmotte che troviamo scendendo lungo il sentiero, recuperiamo l'Astra a Prè de Madame Carle: stasera ci sistemeremo in campeggio nei pressi di Grenoble che intendiamo visitare domani, prima di trasferirci in Dolomiti verso il Catinaccio, ma questa è un'altra storia...


Andrea Galimberti
2006

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