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Nell'Alto Medioevo si assiste ad un fenomeno di
semplificazione del bagaglio culturale medico dell'antichità:
mentre la tradizione teorica medica greco-romana e alessandrina rimase come
patrimonio della cultura bizantina, nellOccidente cristiano questa
venne dimenticata, residuandone solo una piccola parte che venne conservata
nelle biblioteche dei monasteri od ancora insegnata, seppure in pochi centri,
in Francia o nelle aree di tradizione bizantina, come Ravenna. Come se il
lato più pagano della medicina, quello teoretico cioè,
fosse stato in qualche modo isolato e ridotto al minimo indispensabile, dando
invece preferenza alle raccolte di ricette, quindi alla terapia. I testi
medici che circolavano tra V e X secolo nei grandi
monasteri e nelle rare scuole erano infatti
compilazioni di materiali tra i più disparati, spesso finalizzate
all'insegnamento: brevi opere teorico-pratiche, raccolte di farmacopee o,
più spesso, manuali di tipo pratico dove le varie malattie venivano
descritte in maniera sommaria con l'indicazione della relativa. Comunque
sia, tra questo materiale è possibile ritrovare alcuni testi ippocratici,
qualche più raro testo galenico, rimaneggiamenti di opere di Mustio,
Aureliano Celio, Sereno Psammonico e di autori più tardi come Paolo
di Egina od Oribasio.
Da queste premesse si può desumere che la medicina altomedievale fu essenzialmente una medicina pratica, basata sull'insegnamento diretto e sull'uso di presidi terapeutici consacrati dall'uso e dalla tradizione. Da questo punto di vista, probabilmente, la medicina practica dell'alto medioevo non differì molto da quella dell'antichità, rimanendo un patrimonio perlopiù di laici di diversa estrazione, ma probabilmente piuttosto bassa. Un discorso a parte dovrebbe essere fatto per i medici ebrei, di cui troviamo numerose testimonianze nelle fonti altomedievali: per loro ovviamente non valevano i preconcetti cristiani sulla medicina, per cui avevano continuato ad esercitare basandosi sulla tradizione medica antica. |