|
Il rapporto tra il monachesimo e la medicina andò mutando nel
tempo: se i primi monaci possedevano tra i loro cardini spirituali
l'umiliazione della carne, i benedettini dapprima
elaborarono il concetto che il corpo non va umiliato ma dominato, e dopo
la riforma cluniacense (X-XI secolo) il corpo non venne più considerato
uno strumento d'ascesi, preferendo alle pratiche di umiliazione del corpo
il raccoglimento e la preghiera. Con il movimento cistercense, nel XII secolo,
si tenta di ritornare alla purezza delle origini benedettine: la mortificazione
del corpo si dovrà conseguire con il lavoro ed il silenzio ascetico.
Per gli ordini mendicanti (XIII secolo) invece l'ascesi non va disgiunta
con un diretto intervento nel mondo, e se la tribolazione della carne è
indispensabile per la Salvezza, il sollevare il corpo che ha saputo sottomettersi
allo spirito è considerato un atto d'amore.
Questa evoluzione nel rapporto monaco / corpo si riflette anche nell'atteggiamento verso la medicina: dagli infirmari monastici dove il frate malato viene ricoverato per il tempo che basta perché possa tornare a pregare e a lavorare, si passa gradatamente ad una apertura verso il mondo ed i malati laici: nei secolo XII e XIII si assiste all'istituzione degli Ordini Ospedalieri, modellati sulla Regola di S. Agostino. Contemporaneamente si assiste ad una diffusa fondazione in Europa di ospedali e lebbrosari con il compito dapprima dell'assistenza, ma successivamente anche della cura dei pellegrini e degli ammalati. Il lavoro di copiatura, negli scriptoria dei monasteri dei testi medici dell'antichità classica, soprattutto dei trattati di terapia, metteva a disposizione dei monaci un bagaglio terapeutico consolidato ed efficace. La dietetica antica venne adattata alle regole spirituali dei monaci, ma mantenne la sua autorità, come ci testimonia la Regola di S. Benedetto, che permetteva ai malati l'uso dei bagni e della carne e addirittura una cucina apposita per preparare i pasti agli ammalati. |