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Non è provato (se non in rari ed isolati casi) che
nell'antichità classica esistessero vere e proprie scuole di medicina
né tantomeno che queste dessero in qualche mode l'autorizzazione
all'esercizio della professione medica: l'insegnamento avveniva in genere
attraverso un rapporto diretto tra insegnante e discepolo, o tra padre medico
e figlio e la professione medica veniva esercitata da coloro che la
conoscevano senza una vera e propria autorizzazione da parte delle
autorità. Bisogna pensare che la stessa cosa sia avvenuta nell'Alto Medioevo: questo giustificherebbe tra l'altro la scarsità di letteratura di questi secoli a riguardo dell'arte in sé (ad esempio la teoria, la semeiotica, l'anatomia) in confronto di una maggior abbondanza di testi di tipo farmacologico. Certamente, in area bizantina, si continuarono a studiare e a trasmettere i testi antichi, come a Ravenna o nell'Italia Meridionale, cosa che non avvenne nell'area italiana di dominazione germanica e nel resto dell'Europa dove comunque si continuarono a copiare e a studiare i testi utili per la pratica medica che erano presenti nelle biblioteche monastiche od anche private, come ci informa la Historia inventionis ac translationis et miracula sanctae Trophimenae, testo agiografico del X secolo: attorno all'anno 870 vive a Salerno un grande archiatra di nome Gerolamo, famoso per la sua scienza, che ha a disposizione librorum immensa volumina dove sono raccolte notizie di innumerevoli sintomi di malattie con relativa terapia (valetudines passionum). Ovviamente questo non significa che a Salerno, nel IX secolo, esistesse una vera e propria scuola (che può essere documentata solo dal XII secolo), ma semplicemente che lì c'era (forse al pari di altri luoghi) disponibilità di testi medici in biblioteche private, o probabilmente, in scriptoria pubblici. |