GINO ERBACCI
L'ultimo underground della memoria e della civiltà contadina
di Davide Argnani
Gino Erbacci è nato nel 1925 a Galeata, ma da molti anni vive e lavora a Forlì. La sua prima mostra risale al 1974, presso la Galleria Baratti; poi, negli anni sono state numerose le mostre personali in varie gallerie romagnole e italiane. Ricordiamo le più importanti: Accademia dei Filopatridi (Savignano 1977), Palazzo Vecchio (Bagnacavallo 1979), Galleria II Cavalietto (Livorno 1981), Saletta Giulio Romano (Mantova 1982), Sala Laurana, Palazzo del Governo di Pesare (1982), Centro Artistico Argentano (Argenta 1983), Palazzo Gaddi (Forlì 1997), e poi, nel 1999, a Corte Dandini di Cesena. Fra i numerosi critici ed estimatori della sua arte citiamo Renato Guttuso, Alessandro Petruccelli, Gaetano Landolina.
In Italia la civiltà contadina è scomparsa da oltre cinquant'anni cancellando per sempre secoli di miseria e di umiliazioni. Chi ha trascorso la propria giovinezza durante gli ultimi anni di quella dura e cruda realtà non può dimenticarne l'asprezza. Allora è naturale che entri in funzione il gioco della memoria e, senza retorica, per un artista può diventare terreno fertile e creativo come nell'arte di Gino Erbacei, unico caso di sincera espressione 'indiretta' col proprio mondo.
Nato a Galeata da famiglia contadina, Erbacci per oltre trent'anni ha vissuto e conosciuto la fatica dei campi. Dopo lo storico esodo dai monti e dalle campagne che si compì negli anni '50-'60, Erbacei ha dovuto cambiare mestiere e vita e ambientarsi anche lui in un altro mondo, quello urbano, portandosi dietro il carico culturale e l'archivio storico delle sue radici. Oltre alla fatica dei campi Erbacci aveva imparato, fin da ragazzo, l'arte del disegno, della grafica e del fumetto. Ha poi incominciato a dipingere negli anni sessanta ispirandosi alle fatiche del mondo contadino ormai cancellato per sempre.
Questa memoria e questo sentimento Erbacei non se li è mai dimenticati e una volta arrivato dalla collina in città ne ha approfittato per approfondire e affinare le proprie conoscenze tecniche e oggi possiamo considerarlo un vero artista del pennello e della memoria storica della cultura contadina. La trebbiatura, i vignaioli, gli zappatori, i mietitori, le filatrici, le feste nell'aia, ma anche i paesaggi, i tramonti o le albe lungo il passaggio mutevole delle stagioni... Un vero e proprio album di memorie e incisive verità di un passato che gli è rimasto ancora vivo nel sangue, senza retorica o nostalgici rimpianti, lontano da
ogni autoconsolazione. Gino Erbacci è un artista concreto, nel senso che dipinge soltanto ciò che vive e che sente. Quindi l'espressione della sua mano è sempre fedele al pensiero che gli gira per la testa.
La sua "fantasia" non è la solita fantasia degli artisti in cerca di emozioni. È il "sogno" della sua giovinezza, è la memoria di una vita che non c'è più e che lui continua ad avere nel sangue perché dentro quella è nato e vissuto. Non può essere considerato un pittore bucolico perché disdegna il romanticismo e le facili edulcorazioni. I quadri di Erbacci, così netti nei contrasti di colore e nei
segni delle figure o degli oggetti che via via sono evocati nel momento vivo dell'azione e del loro essere, hanno velature cromatiche intense, senza sbavature. Le figure, gli oggetti, i paesaggi esprimono più l'aggressività insita nelle cose della natura che la semplice rappresentazione.
C'è insomma l'occhio, oltre che l'intelletto, proprio di chi è abituato a "vedere" dentro le cose. La pennellata è sempre precisa e delicata, mettendo bene in evidenza i contrasti di luce e di ombre donando essenzialità e calore all'immagine e al paesaggio.
In “Confini. Arte, letteratura, storia e cultura della Romagna contemporanea”