Dopo la digressione nel surrealismo e nella violenza un poco "pulp" de "La Presa di Macallè" ecco una nuova puntata di Andrea Camilleri nel filone "storico" (secondo me è riduttivo chiamarlo così), iniziato con l’irripetibile "Birraio di Preston". Qui viene ripreso lo stile narrativo de "La concessione del Telefono" intercalando la storia con documenti, articoli di giornale, verbali ufficiali dei Carabinieri in un mix ironico e pungente, spesso esilarante e nello stesso tempo patetico. L’intreccio è ripreso da una vicenda di cronaca reale, avvenuta durante il "ventennio". Un diciottenne fascista muore nel corso di una spedizione punitiva contro un muratore comunista che spara ed è convinto di aver ucciso uno degli assalitori. Il tutto è descritto da Camilleri col metodo letterariamente innovativo della moviola televisiva. Ovviamente l’iconografia ufficiale dell’epoca ne fa subito il primo "Martire Fascista Siciliano" e ne continua per dieci anni la celebrazione nonostante nel frattempo le indagini ed il successivo processo abbiano chiarito la verità dei fatti (il martire è stato ucciso per sbaglio da uno dei suoi complici ed è un semplice "morto ammazzato privo di titolo"). La vicenda viene intrecciata, con qualche forzatura, con la fondazione vicino a Caltagirone di Mussolinia, città idilliaca voluta dai gerarchetti del posto per celebrare degnamente la "calata del Duce", ma poi mai realizzata, finchè lo stesso Duce non se ne ricorda e chiede a che punto è l’edificazione... (e qui le risate non si contano). Nel libro i toni burleschi si mischiano a quelli tragici e grotteschi con naturalezza e l’uso dei termini dialettali diventa più deciso, senza sottostare alla preoccupazione di farne capire il significato dal contesto per chi siciliano non è. Sullo sfondo la manipolazione della realtà fatta all’epoca con tecniche forse più dirette e meno sofisticate di quelle di oggi (i riferimenti sono evidenti), ma sostanzialmente uguali.
Due barzellette alla maniera di Montalbano
Vi racconto un paio di storielline stupide. Non hanno niente a che vedere con i libri, però mi è piaciuto immaginarle alla stessa maniera in cui le avrebbe raccontate e scritte Andrea Camilleri. Ecco il risultato...
Una giornata storta in macchina
Un agente della Stratale ferma un automobilista e con un gran sorriso lo informa che, dato che sta indossando correttamente le cinture di sicurezza, ha appena vinciuto 5.000 € messi in palio dal Governo per la Campagna Guida Sicura. "Beato lei, chi ci fa ora con tutti sti soldi?" ci spia lo sbirro. L’uomo arrispunne: "Ora videmu, capace che mi scrivo a una Scuola Guida e finalmente mi pigghio la Patente". Allora la mogliera, che gli siede nel sedile incosto, grida: "Maresciallo, non ci dasse conto. Quanno è completamente ’mbriaco, solo minchiate dice" Il grido fa arrusbigghiare l’uomo seduto darrè, che, appena vede lo sbirro, esclama: "Lo sapevo io, che non potevamo ire lontano con una machina arrubbata." In quel momento si sente uno che tuppulìa da dentro il bagagliaio e dice: "Allora, ci semo arrivati a ’sto minchia di confine di Stato, o no?"
Un viaggio in treno
Tre polizziotti e tre carabbinieri devono partire in treno per una missione nel continente. Alla stazione
i tre carabbinieri comprano un biglietto a testa, ma vedono che i tre polizziotti comprano solo un biglietto.
"E come fate in tre cristiani a viaggiare con un unico biglietto?" addumanna un carabbiniere. "Statti muto e
talìa", arrispunne uno dei polizziotti. Acchianano tutti sul treno. I carabbinieri si assettano nei posti
prenotati ma i tre polizziotti si infilano tutti in un cesso e si chiudono dintra. Appena il treno parte
arriva il bigliettaio a controllare i biglietti. Tuppulìa nella porta del cesso e dice: "Biglietti, prego."
La porta si apre tanticchia e nesce un vrazzo con un biglietto nella mano. Il controllore spizzica il
biglietto e se ne va.
I carabbinieri, veduta tutta la scena, pensano: "Minchia che idea". Perciò, finita la
missione, i carabbinieri decidono di copiare i polizziotti per il viaggio di ritorno e arrisparmiare
anticchia di soldi. Arrivano alla stazione e si accattano un solo biglietto. Con grande maravigghia però
vedono che i polizziotti non si accattano manco un biglietto. "E comu fate ora a viaggiare senza biglietti?"
addumanna un carabbiniere straniato. "Statti muto e talìa", dice uno dei polizziotti. Appena acchianati sopra il
treno i tre carabbinieri si vanno a chiudere dintra un cesso e i tre polizziotti trasono in un altro cesso
vicino. Il treno parte. Dopo tanticchia un polizziotto nesce dal suo cesso e va nel cesso dove ci sono
ammucciati i tre carabbinieri. Tuppulìa alla porta e dice: "Biglietti, prego".
Parigi. Il Louvre. La Grande Galerie. Il famoso curatore del museo, Sauniére, ferito a
morte, fa scattare l’allarme,
bloccando all’esterno il suo assassino. Prima di morire disegna col sangue una stella a
cinque punte e scrive dei numeri e poche parole incomprensibili. Poi si spoglia e si
dispone per terra a raffigurare l’uomo di Vitruvio, il celeberrimo
disegno di Leonardo.
Sono questi i misteriosi enigmi che Robert Langdon, studioso
di simbologia, è chiamato a interpretare. Sullo sfondo
misteriose sette, l’Opus Dei, i Templari, l’Ultima Cena, la chiesa di
Saint-Sulpice, la Gioconda e il Santo Graal. Sin dall’inizio si capisce subito che siamo davanti a un
thriller sulla teoria della cospirazione e ad un geniale mix di lezione di storia dell’arte,
detective-story, lettura di simbologia religiosa
e thriller paranoide, avvincente ed allo stesso tempo istruttivo.
L’abilità dell’autore nel descrivere e nell’informare si
rivela in tanti piccoli dettagli, infilati nella trama mozzafiato. Come per esempio nella descrizione
della stella a cinque punte (il cosiddetto pentacolo):
Langdon decise di non dilungarsi sulla più stupefacente proprietà del pentacolo, l’origine "grafica" del suo legame con Venere. Da giovane studente di astronomia, Langdon aveva appreso con stupore che il pianeta Venere tracciava un pentacolo perfetto sull’eclittica ogni otto anni. Gli antichi che avevano osservato quel fenomeno erano rimasti talmente stupefatti che Venere e il suo pentacolo erano divenuti i simboli della perfezione, della bellezza e degli aspetti ciclici dell’amore sessuale. Come tributo alla magia di Venere, i greci avevano fatto ricorso al suo ciclo di otto anni per organizzare i giochi olimpici. Oggi poche persone sapevano che la ricorrenza, ogni quattro anni, delle moderne Olimpiadi seguiva ancora un mezzo ciclo di Venere. E un numero ancora minore di persone sapeva che la stella a cinque punte stava quasi per diventare il simbolo ufficiale delle Olimpiadi, ma era stato scartato all’ultimo momenti: le cinque punte erano state trasformate in cinque anelli che si incrociavano, per esprimere meglio lo spirito olimpionico di globalità e di armonia"
Dopo aver letto appena le prime 50 pagine la storia mi ha preso immediatamente.
Anche se non vi piacciono i thriller, questo ve lo consiglio caldamente.
Dan Brown, Il Codice Da Vinci (The Da Vinci Code), ©2003 Arnoldo Mondadori Editore, Milano
Per approfondire:
Sul mio comodino:
La verità del ghiaccio
di Dan Brown
Buick 8
di Steven King
La Luna di Carta
di Andrea Camilleri