(Che cos' è l'invecchiamento e perchè si
invecchia)
L'
invecchiamento è un processo degenerativo progressivo, un accumulo
graduale di danni, che porta al malfunziona
mento di molecole,cellule,tessuti ed organi,indebolisce l'organismo
rendendolo vulnerabile agli agenti patogeni,favorisce l'in staurarsi di
gravi patologie che conducono alla
morte.
E'
ipotizzabile che esso sia un risultato inevitabile dei fenomeni di usura,ma
che la rapidità alla quale progredisce sia influenzata dalla capacità
dell'organismo di prevenire e riparare i danni. A
prescindere dall'efficienza dei meccanismi di prevenzione e riparazione,è
molto probabile che qualche danno sfugga al loro intervento. Le lesioni non
riparate si accumulano fino ad un livello critico,superato il
quale,i loro effetti fisiologici si manifestano. La velocità con cui i
danni si accumulano e quindi quella con cui
progredisce l'invecchiamento dipende dall'efficienza dei meccanismi
di prevenzione e riparazione controllati dai
geni. Quando,ad es., la cellula cerca di
riparare un danno,può accadere che sostituisca una base
originaria con una differente,determinando,così,una mutazione
puntiforme.
Alcuni
ricercatori hanno dimostrato che durante la vita il
DNA è subisce modificazioni chimiche. Kurt ed Erika
Randerath, grazie alla cromatografia, hanno scoperto,nelle basi, insolite modificazioni,chiamate I-spot,che
aumentano progressivamente con l'età. Bruce
Ames,della California University,a Berkeley,ha riferito che un' altra base modificata,
l' 8-idrossiguanina,sembra aumentare nel corso
dell'invecchiamento.
Un'altra ipotesi è che,almeno in parte,l'invecchiamento sia programmato a
livello genetico per necessità evolutive. Nella fase di invecchiamento
di un individuo si attivano almeno 35
geni e proteine prima silenti. Nel topo
si sono scoperti geni che hanno un ruolo molto attivo nel
processo di invecchiamento. Uno di questi geni è l' SHC. Esso
produce tre proteine,una di queste è la P66 che determina,nel tempo,la morte
cellulare. I topi privati di questo gene
vivono mediamente un terzo di più di quelli del gruppo
di controllo che lo conserva. L'ipotesi
è che questa proteina controlli la risposta
cellulare allo stress ossidativo,generato al 90% dal mitocondrio,determinando la
produzione di radicali liberi.
N
ella foto,il Prof. Pier Giuseppe Pelicci,direttore del Dipartimento
di Oncologia sperimentale dell' Istituto Europeo di Oncologia di Milano che,con
la Sua equipe,ha identificato per la prima volta,nel 92,su dei mammiferi,i topi, la
proteina P66,prodotta dal gene SHC, che determina,nel
tempo,la morte cellulare . I topi privati di questo
gene non presentano effetti collaterali e vivono,mediamente,il
35% di più di quelli del gruppo di
controllo che lo conserva,sono più resistenti
allo stress ossidativo e non sono colpiti dai comuni malanni dell'età,come
l'arterisclerosi. Lo studio è stato pubblicato il 18 Novembre 99 sulla
rivista Nature. L'ipotesi è che la proteina
P66 controlli
la risposta
cellulare allo stress ossidativo, generato, al 90%, dal
mitocondrio. Questo organello genera
energia attraverso il trasferimento di elettroni.
Poichè il meccanismo non è perfetto,ogni tanto qualche
elettrone sfugge, finendo nel
citoplasma della cellula,e genera radicali liberi . Durante l'invecchiamento,
si ha un aumento
progressivo dei danni cellulari da stress ossidativo. Lo stress
ossidativo danneggia la cellula che si difende attivando i meccanismi
di autoriparazione,ma se
il danno è eccessivo,la
cellula risponde con la proteina p66shc che innesca il suicidio.
Questa proteina,normalmente,non è attiva,viene attivata da un
enzima.Il gene SHC produce 2 proteine
uguali al 90% ma con funzioni opposte: la P52,che regola la crescita cellulare e
quindi anche quella tumorale,e la P66 che controlla la morte della cellula. Nel
2002,i ricercatori hanno scoperto che ad istruire il gene a produrre i
radicali liberi è un altro gene,il p53,che ci difende dal cancro. Quando una
cellula è sottoposta a stress ambientale,il p53 si attiva e invia un segnale al
p66 istruendolo a produrre radicali liberi che danneggiano la cellula. Se i
radicali liberi sono in eccesso,inducono questa all'apoptosi. Se si elimina
il p66 non si causa tumore nei topi. Non così se si elimina il p53. Topi senza
p66 cui è stata somministrata una dieta molto ricca di grassi sono usciti idenni
dall'esperimento mentre quelli del gruppo di controllo in cui il gene era attivo
hanno sviluppato arteriosclerosi.
I ricercatori hanno osservato che la P66 danneggia in modo particolare i tessuti
polmonari, favorendo il cancro e l'enfisema. Inoltre, hanno
identificato altri tre geni,con
caratteristiche simili,che dann eggiano
tessuti diversi.
Si deve
lavorare,ora,alla costruzione di farmaci capaci di inibire
queste proteine che determinano la
produzione dei radicali liberi e l'invec
chiamento. Fortunatamente,ha affermato il Prof. Pelicci,la produzione di
inibitori enzimatici è un processo ben conosciuto,e si può immaginare
la prospettiva di modificare l'attività della proteina
con farmaci specifici,o di bloccare,con una sostanza chimica,l'attivazione
del gene P66 inibendo,per es.,la sua fosforilazione (processo che
aumenta la quantità di radicali liberi),per prevenire quelle
disfunzioni cellulari che si accumulano nel tempo e
sono responsabili di malattia,e per mantenere più a lungo possibile l'integrità
cellulare. Con il Prof. Pelicci,collabora a questa ricerca il dott.
Pier Paolo Di Fiore,Direttore Scientifico dell'IFORM,l'Istituto di
Oncologia Molecolare inaugurato nel 2003 a Milano con finanziamenti della
Fondazione Italiana per la Ricerca sul
Cancro.
Cellula al microscopio
elettronico
Ci sono prove che i geni,nei mitocondri
(evidenziati nella figura quì in alto) vengono danneggiati in modo
irreversibile. Diversi ricercatori hanno riscontrato
delezioni specifiche in segmenti del DNA mitocondriale nel
cervello di per sone anziane. L'australiano Anthony
Linnane ha dimostrato che meno del 5% del DNA mitocondriale è integro nel
tessuto muscolare di un soggetto di 90 anni.
Si è accertato che,in questi
organuli cellulari,che sono la fonte energetica della cellula e nei quali
la produzione di radicali liberi è particolarmente intensa,la
capacità di generare energia decresce con l'età. Si
ritiene che molte malattie senili,tra cui il diabete
mellito,il Parkinson e la malattia di Alzheimer, siano
riconducibili a danni mitocondriali. I mitocondri
sono coinvolti anche con la produzione della vitamina D,degli ormoni e del
colesterolo. Se il meccanismo va' in tilt,ovviamente,ne risente tutto
l'organismo. Se queste centrali non funzionano correttamente mandano in
circolo prodotti non idonei per il corpo umano.
Oggi sappiamo che una certa
forma di riparo esiste anche nel DNA mitocondriale nel quale è
stata scoperta l'attività di una DNA polimerasi.
Tuttavia,l'elevato grado di ossidazione prodotta non sempre è neutralizzata e
con l'invecchiamento ciò aumenta.
Il DNA
mitocondriale,piccolo e di forma circolare,già sequenziato dagli
scienziati,è costituito da soli 35 geni,per complessive 16569 basi, e
deriva da antichi batteri penetrati nelle cellule primordiali. Si moltiplica al
ritmo di quello nucleare,per cui,il numero dei mitocondri,in
una cellula,è pressochè costante (circa 1000). Questi organelli,per funzionare usano
anche proteine prodotte da geni nucleari. Essi
sono presenti nell'ovocita ma non nello spermatozoo,per cui sono ereditati
sempre e soltanto dalla donna. E' ragionevole ipotizzare che,se
si potessero riparare,con la terapia genica, le delezioni riscontrate
nel DNA mitocondriale di persone anziane,si potrebbero restituire
loro,almeno in parte,vigore e salute. Tuttavia, al
momento,non è possibile fare terapia genica nei mitocondri,non è facile
entrarci,gli attuali vettori non entrano in questi organelli,ci sono
metodi in studio,ma ancora preliminari.
In un esperimento in cui
a topi di laboratorio è stata somministrata una adeguata dose di coenzima
Q10 (CoQ10) prima di somministrare Doxorubicina,una sostanza tossica
che induce delezioni nel DNA mitocondriale,nessun topo ha subito
delezioni,contrariamente a quanto accaduto negli animali di controllo ai quali
era stata somministrata la sola Doxorubicina.
Il Prof. Claudio Franceschi,della
Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Bologna e direttore
scientifico dell' INRCA,ha scoperto una mutazione genetica capace di proteggere
le cellule dallo stress ossidativo e quindi di assicurare loro vitalità e
longevità. L' alterazione genetica individuata influisce sul
mitocondrio.
(Vedasi anche Bioenergetic Therapy for Aging ,Mitochondria hold the key to cellular life and death).
Delezione del DNA.
Nelle cellule somatiche
ed in quelle germinali,possono insorgere spontaneamente o possono
essere indotte da agenti chimici o da radiazioni ionizzanti,due tipi di
alterazioni: le mutazioni e le aberrazioni. Se esse si verificano
nelle cellule a funzione riproduttiva e non
sono letali per queste o per lo zigote,vengono ereditate. Le aberrazioni
visibili al microscopio ottico,comprendono la perdita
di segmenti cromosomici (delezioni),lo scambio di segmenti tra cromosomi
non omologhi (traslocazioni reciproche) o tra porzioni
diverse dello stesso cromosoma (traslocazioni semplici),le
inversioni di 180 gradi di segmenti di uno stesso cromosoma,le duplicazioni di
segmenti di cromosomi. Nel cervello di persone anziane,diversi ricercatori hanno
riscontrato delezioni specifiche in segmenti del DNA
mitocondriale.
E' probabile che i radicali liberi,generati
al 90% nei mitocondri,siano implicati anche nella genesi di malattie
quali l'arterio sclerosi,l'infarto,l'ictus,la cataratta,l'enfi
sema,l'artrite e il cancro.
Ma che cosa sono i radicali liberi?
Sono un sottoprodotto del normale metabolismo cellulare.
Sono molecole altamente instabili e reattive che avendo uno o più elettroni liberi sono
perennemente alla ricerca di altre molecole a cui attaccarsi. Quando il loro
numero è eccessivo (condizione di stress ossidativo) sono danno si per
l'organismo. Il danno da stress ossida tivo è stato
particolarmente dimostrato nel caso di riperfusione del muscolo cardiaco
dopo infarto miocardico.
I radicali liberi sono anche
utili. L' endotelio dei vasi sanguigni produce radicali liberi per
controllare la contrazione dei vasi stessi. Alcuni enzimi hanno bisogno della
loro azione per funzionare meglio,un radicale libero come l'ossido nitrico (NO)
è essenziale per mantenere dilatati al punto giusto i vasi sanguigni e quindi
permettere una corretta circolazione del sangue.
I globuli rossi li producono per spezzare l'ossigeno e
poterlo così utilizzare. I radicali liberi sono anche prodotti da alcune
cellule del nostro sistema immunitario per uccidere i batteri.. E'
l'equilibrio tra i radicali liberi prodotti e quelli eliminati che è
importante,quindi,non tanto i radicali liberi in se stessi. I problemi sorgono
quando il nostro organismo produce troppi radicali liberi ed il processo è fuori
controllo. Questo può accadere quando altri fattori contribuiscono alla
produzione di radicali liberi:
l'inquinamento atmosferico,gli insetticidi e altri
prodotti chimici contenuti nei cibi,il fumo di sigaretta,le radiazioni,comprese
quelle solari,lo stress fisico od emotivo,alcuni farmaci,tra cui,la pillola
anticoncezionale. I neutrofili ed i macrofagi,durante la lotta contro virus
e batteri,generando un eccesso di radicali liberi e di specie reattive
dell'ossigeno, possono produrre un danno diffuso alle cellule locali e
una reazione infiammatoria cronica.
Nel giugno del 2001,in un convegno della Società Europea di Ricerca sui radicali Liberi ,è stata
dimostrata la relazione tra una scorretta nutrizione e la malattie
cardiovascolari,ed è stata individuata una serie di geni espressi in modo
alterato in presenza di una perdita dell'equilibrio fra Radicali Liberi ed
antiossidanti.
L'organismo dispone di vari mezzi per prevenire e
riparare i danni molecolari causati dai radicali liberi,ma la loro
azione,nel complesso,è imperfetta e la loro efficacia declina con
l'avanzare dell'età. Questi mezzi comprendono sostanze an
tiossidanti,come la Superossidodismutasi,il Glutatione,la
Perossidasi,la Catalasi e l'acido urico;la ceruloplasmina; i sistemi
di riparazione delle proteine,come le proteinasi,le proteasi e le peptidasi; i sistemi di riparazione dei
lipidi come le fosfolipasi,le a cetiltrasferasi e la transferasi; i sistemi di riparazione del DNA
come la eso e la endonucleasi,la glicosilasi, la polimerasi e la ligasi .
Tutte queste sostanze sono di natura endogena,vengono cioè prodotte
dall'organismo. Ci sono poi sostanze antiossidanti che necessitano di apporto
esterno come le vitamine C,
E,B1,B3,B6,Paba e colina,i carotenidi quali la luteina,l'alfacarotene,il
Betacarotene,il licopene (il pigmento rosso di
pomodori,peperoni rossi e anguria),la zeaxantina e la betacriptoxantina
(contenuta nella frutta),i Bioflavonoidi,tra cui, la quercetina (contenuta nelle ciliege e nei
succhi di frutta in genere,eccetto il succo d'uva,nei vini rossi,nel succo di
pomodoro e,in grande quantità,nella cipolla) e la catechina,che hanno un potente
effetto protettivo,e la morina,la rutina e la naringina,anch'essi protettivi
ma in misura inferiore. Altri bioflavonoidi sono le proantocianidine (di cui è
particolarmente ricca la corteccia di pino "pinus
marittima",le procianidine (abbondanti nell'uva rossa),il resveratrolo (presente nella buccia
dell'uva e nel vino rosso)le antocianine (contenute
nei mirtilli),la iopletina,l'acido tannico,la fisetina. Sono antiossidanti anche
il selenio,che è un componente
del glutatione perossidasi,il rame,che è un componente di molti enzimi,incluso il SOD, lo
zinco,che è implicato nella produzione di oltre 80 enzimi e ormoni nel corpo tra cui
il SOD,il manganese che è un componente del SOD ed è contenuto
principalmente nel germe di grano,nel pane integrale,nelle nocciole e nelle
castagne fresche,nelle noci del Brasile,nel grano saraceno,il molibdeno,il
germanio, alcuni aminoacidi come l'arginina,la cisteina,la quale è un precursore del glutatione
perossidasi,e che per le sue proprietà antiossidanti è utilizzata nella
cura delle artriti; anche
l'istidina è stata utilizzata con successo nella cura
delle artriti.
Si è anche accertato che,nelle cellule umane,la quantità di proteine
ossidate aumenta esponenzialmente con l'età .
Anche le proteasi,gli enzimi capaci di degradare le proteine
ossidate si ossidano a loro volta e divengono inattive,
contemporaneamente,possono ridursi gli enzimi antiossidanti naturali come la
Superossidodismutasi e la Catalasi.
Neppure
le lunghe catene di atomi di carbonio che compongono i lipidi delle membrane
che rivestono le cellule ed i loro organuli
interni,sono risparmiate dall'ossidazione distruttiva dei radicali
liberi.
Si ritiene che anche il
glucosio,il principale combustibile del
corpo umano,sia un importante fattore di invecchiamento.
Una reazione
chimica,la glicosilazione,lega le molecole di
glucosio alle proteine rendendole non funzionali.
E' stato dimostrato che questo zucchero modifica lentamente
il collagene favorendo la formazione di legami incrociati
con la conseguente perdita di elasticità dei tessuti.
Nell'uomo,con il progredire dell'età,gli
spazi extracellulari dell'ippocampo,della corteccia e di altre regioni
cerebrali,si ri empiono di aggregati di beta-proteina amiloide
(le cosiddette placche senili),le cellule
gliali subiscono alterazioni e il citopla
sma dei neuroni,in molte aree del cervello,appare sempre più punteggiato da
granuli di lipofuscina .
Altra caratteristica
dell'invecchiamento,è che il numero dei neuroni cerebrali
diminuisce progressivamente con l'avanzare dell'età. Si è
calcolato che dopo i 50 anni c.a il 5% dei neuroni dell'ippocampo scompare ogni
10 anni. Anche quando i neuroni sopravvivono,il loro
corpo cellulare ed i loro prolungamenti possono
atrofizzarsi. Il citoplasma di alcune cellule del l'ippocampo e di altre
aree cerebrali può riempirsi di ammassi
neurofibrillari .
Nel corpo umano,soltanto le cellule germinali sono
immortali, in quanto dispongono di
grandi quantità di
enzimi per la riparazione del DNA. E' ragionevole ipotizzare
che,se si potessero isolare,sintetizzare e far pervenire,
all'interno di tutte le cellule somatiche
dell'organismo umano,quantità appropriate di tali enzimi,si otterrebbe un
effetto di ringiovanimento. Ciò è tanto più credibile,se si
pensa all'effetto che il citoplasma dell'oocita
enucleato svolge sul nucleo cellulare somatico differenziato,nel caso
di nuclear
transfer.
E' stato dimostrato che,nei pazienti affetti
dalla sindrome di
Werner,che appaiono anziani già
all'età di 20 anni,un g
ene chiamato Recq accelera l'
invecchiamento. Ciò è un'ulteriore dimostrazione che la
senilità ha una base genetica.
Nel 1995,alcuni scienziati della Rockefeller
University,annunciarono l'identificazione di due geni correlati con
la longevi tà. Si tratta di geni che appartengono alla
categoria chiamata di "manutenzione". Tutti li possediamo,ma alcuni di loro
sono meno efficienti di altri. Chi possiede la versione più efficiente ha
la probabilità di vivere più a lungo. Uno di
questi geni è quello che codifica per la
Apolipoproteina E (Apo) . Di questa proteina esistono 3 versioni,chi
possiede la E2 è particolarmente protetto dalle malattie
cardio-vascolari .
Esistono 2 condizioni
genetiche,l' ipoalfalipoproteinemia familiare e l'ipobetalipoproteinemia
familiare,che comportano rispettivamente una breve e una lunga durata della
vita. Nel primo caso sono scarse nel sangue le alfalipoproteine HDL. I soggetti
con ipoalfalipoproteinemia non producono meno HDL ma le distruggono più
rapidamente. Nel secondo caso c'è un basso tasso di betalipoproteine che che
imbrattano le arterie di colesterolo. Le alfalipoproteine HDL sono costituite da
una parte proteica,l' Apoproteina A-1 o Apo A-I,il cui gene è localizzato sul
cromosoma 11,esse prelevano il colesterolo dalle arterie e lo veicolano nel
fegato che lo elimina con la bile. Il valore normale,nel sangue,è di
45mg/100ml. In persone con livelli di colesterolo
HDL inferiori a 35mg/100ml,anche se con colesterolo totale normale,si
sono verificati casi di infarto miocardico e morte improvvisa prima dei 60
anni. I soggetti affetti da ipoalfalipoproteinemia
familiare sono portatori di una anomalia proprio sul gene dell'Apo A-I .
5mg in più o in meno di HDL diminuiscono o aumentano rispettivamente
del 20% il rischio coronarico. Il
colesterolo tende ad aumentare spontaneamente con l'età.
Infatti,in età avanzata, i
recettori delle LDL, localizzati soprattutto sulle membrane delle cellule
epatiche,sono alterati,per cui entra meno colesterolo LDL nelle cellule e,di
conseguenza,aumenta nel sangue,tanto che 3 persone su 5,fra i 65 ed i 69
anni,hanno livelli di colesterolo superiori a 240mg/100ml. Secondo qualche
Autore,livelli di colesterolo inferiori a 160mg/100ml si associano ad un
aumento della mortalità totale,perchè la cellula ha bisogno di colesterolo,ma
livelli troppo alti comportano l'infarto miocardico. In una grave forma di
ipercolesterolemia familiare,il livello di colesterolo è stato abbassato
rimuovendo dal fegato del paz. cellule che venivano poi reimpiantate dopo avervi
inserito il gene normalmente funzionante. In uno studio pubblicato sulla
rivista Jama (Journal of Medical American Association) nel mese di Novembre
2003,Daniel Rader,della Pensylvania University,ha riferito che un' équipe
medica della Cleveland Clinic Foundation di Chicago (Illinois,USA),guidata da
Steven Nissen,è riuscita a ridurre la placca dalle pareti delle
arterie di 36 pazienti affetti da gravi forme di arteriosclerosi dopo
aver studiato le caratteristiche di alcuni abitanti della
cittadina italiana di Limone del Garda,in provincia di
Brescia. In questa cittadina, 25 anni fa,venne scoperto che una
quarantina di abitanti avevano livelli eccezionalmente bassi di
HDL pur non presentando la particolare propensione alle malattie
cardiache che invece i medici si aspettavano di riscontrare in soggetti del
genere. Il cuore di questi abitanti,infatti,era protetto da una forma unica e particolarmente potente di
colesterolo buono che venne chiamato ApoA-1
Milano
. I malati cui sono state somministrate
5 infusioni settimanali della lipoproteina ApoA-1 Milano (Aim),in sole 6
settimane,hanno subito una riduzione media del 4% della
placca. Non sono stati riscontrati effetti collaterali. I ricercatori
accerteranno se in dosi maggiori la lipoproteina Aim produrrà una maggiore riduzione
della placca.
Nella donna,le
vasculopatie divengono più frequenti dopo la menopausa,per la perdita di
steroidi ovarici che incrementa il rapporto LDL/HDL. La terapia sostitutiva con
estrogeni,in tal caso,tende a ripristinare il normale rapporto
lipidico,riducendo il rischio di infarto e di ictus.
Esiste
nel sangue una lipoproteina detta Lp(a),il cui aumento in circolo comporta
un rischio maggiore di coronaropatia. Secondo alcuni Autori,per la sua
somiglianza con il plasminogeno attira su di se l'attivatore del
plasminogeno impedendo la formazione di plasmina e la fibrinolisi,favorendo in
tal modo l'occlusione delle arterie.
Secondo qualche autore,il Policosanolo,una
sostanza naturale estratta dalla canna da zucchero,abbasserebbe il
colesterolo LDL ed eleverebbe l' HDL. Barry Sears,(in La Zona
Anti-Età,Sperling&Kupfer Ed.,2000),sostiene che il guggulsterone,
una sostanza naturale estratta dall'albero della mirra,innalza l' HDL
ed abbassa i trigliceridi.
Il
Dott. Todd Ovokaitis afferma (in Scienza e Conoscenza,Gen.
2003) che l'aumento dell'omocisteina èil marcatore chimico del sangue per
il danno alla metilazione del DNA e che i meccanismi di
invecchiamento attualmente proposti,quali stress ossidativo,tossine
ambientali,carenze vitaminiche e nutrizionali e l'attivazione di geni
nocivi,sembrano accelerare la perdita di gruppi metilici dal DNA. La morte
degenerativa dell'organismo sarebbe generalmente associata ad una perdita
del 40% dei gruppi metilici. Egli sostiene che,abbassare i livelli di
omocisteina nel sangue, ha il doppio effetto ringiovanente di preservare e
persino aumentare la metilazione del DNA e mantenere la lunghezza dei telomeri.
Sempre a suo dire,rallentare,fermare ed invertire la perdita di gruppi metilici
dal DNA, è un processo di rallentamento e persino inversione dell'invecchiamento
a livello del DNA stesso. Un po' di omocisteina nel sangue è necessaria per i
cicli metabolici vitali,ma un suo livello superiore a 6,3,oltre ad
esercitare un effetto deleterio sul DNA, favorirebbe l'ossidazione del
colesterolo LDL ed aumenterebbe la possibilità di attacchi cardiaci ed ictus.
Una perdita del 20% di metilazione della citosina aumenterebbe,inoltre,il
rischio di certi tumori,specialmente del rivestimento interno del tubo digerente
e riproduttivo. Si è osservato che l'omocisteina si
accumula nelle cellule tumorali alterando la struttura delle proteine
e del DNA. In alcuni studi,abbassando
drasticamente l'omocisteina,le cellule precancerose sono tornate alla normalità
ed i vasi sanguigni occlusi dall'arteriosclerosi si sono disostruiti. Per ridurre e tenere
sotto controllo l'omocisteina si può usare un'associazione di Vit. B6 e Zinco,di Vit.
B12 e acido folico,o la Trimetilglicina (un nutriente chiamato anche betaina perchè
estratto dalle barbabietole) che è più efficace. Il Dott. Ovokaitys
raccomanda ai suoi pazienti di assumere da 1 a 2 grammi di TMG (Trimetilglicina) attivata
al giorno. Ad alcuni pazienti,subito dopo un attacco cardiaco,sono stati somministrati 9
grammi al giorno di TMG. Dopo un anno,nel gruppo trattato
non si è verificato alcun decesso mentre il tasso di mortalità era
del 25% nel gruppo con placebo. La TMG migliorerebbe
anche le prestazioni atletiche ed aumenterebbe la resistenza
fisica.
Paramecio. , M , M , macronucleo; m
, micronucleo; 1 , orifizio orale; 2, faringe; 3, formazione di un
vacuolo nutritivo.
Il Paramecio è
un organismo unicellulare che appartiene alla famiglia dei
ciliati. Si riproduce per fissione. Dopo un
certo numero di divisioni,per non morire di vecchiaia si
coniuga e scambia materiale genetico con un suo simile. In tal
modo ringiovanisce e può ripren dere a dividersi. Studiarlo può
aiutarci a comprendere il processo di invecchiamento,a svelare
il segreto della vita e della morte.
6 7
8
9 10
1. Incontro di due parameci geneticamente diversi. Ognuno di essi
ha un macronucleo ed un micronucleo. 2. I due
parameci si uni scono. I macronuclei e i
micronulei si portano alle estremità
opposte. 3 . Prima divisione meiotica
dei micronuclei. 4. I micronuclei
si dividono ulteriormente generando quattro micronuclei
aploidi. 5. Tre dei quattro micronuclei
aploidi scompaiono. 6 . Il
restante mi cronucleo si divide generando due
micronuclei. 7. Ciascun paramecio si scambia
un micronucleo. 8 . I due micronuclei
aploidi si fon dono dando luogo ad solo micronucleo diploide.
9. In ogni paramecio il micronucleo
diploide di nuova formazione genera
un nuovo macronucleo. Il vecchio macronucleo si
avvia alla disintegrazione. 10 . I due parameci si
staccano ed i loro nuclei tornano nel la posizione
iniziale. A questo punto essi sono
geneticamente identici tra loro ma geneticamente diversi da ognuna
delle cellule di origine. Sottrattisi in tal modo all'ivecchiamento
ed alla morte,ciascuno di essi potrà iniziare un nuovo
ciclo riproduttivo per
fissione.
Alcuni ciliati sono capaci di autofecondarsi,cioè di
rimescolare e riorganizzare il DNA mediante un processo noto come autogamia.
Nonostante che non vi sia introduzione di DNA nuovo,essi sono in
grado di ringiovanirsi e quindi di evitare la morte,nello
stesso modo degli organismi dotati di riproduzione
sessuale.
Se fosse possibile
rimescolare e riorganizzare il DNA del nostro organismo,come fanno i
ciliati autogami,tutte le nostre cellule,anche quelle che non si
riproducono,come i miociti e i neuroni,potrebbero
ringiovanire.
Nell'organismo adulto,il DNA nucleare può subire
alterazioni per varie ragioni. Le radiazioni ionizzanti possono
causare rotture nei nucleotidi. Alcune sostanze,tra cui i radicali liberi,possono
interagire con i nucleotidi alterandone la composizione chimica. Il
DNA così danneggiato non funziona più bene. Queste
modificazioni possono concorrere all'invecchiamento dei tessuti somatici inibendo la
produzione di proteine indispensabili. Una ricerca condotta da J.
E. Fleming e coll., del Linus Pau ling
Institute of Science and Medicine della California,ha
evidenziato che nel corso dell'ivecchiamento potrebbe verificarsi
proprio questo tipo di declino nella sintesi
proteica. Questi Autori somministrarono,con la dieta,a tre gruppi di Drosophyle di
età diverse, l'aminoacido metionina marcato con l'isotopo
35S,quindi,utilizzando la tecnica dell'elettroforesi a due vie,che sepa ra le
proteine a seconda delle dimensioni molecolari,della carica
elettrica e dell'acidità,scoprirono che le Drosophyle di 28 gior ni
sintetizzavano 7 proteine non presenti nei moscerini di 10,28 e di 44 giorni di età,
e che altre due proteine erano meno comuni di oltre il
50% nei moscerini di 28 giorni e del 10% in quelli di 44 giorni, rispetto
a quelli di 10,28 giorni di età. Alcuni ricercatori,hanno applicato il
test della timidina radiomarcata a numerosi mammiferi ed hanno
scoperto che le specie più longe ve hanno maggiori probabilità di riparare
il proprio DNA danneggiato. Da osservare che la timidina è
usata dalle cellulre per riparare i filamenti di spezzati. di
DNA.
Normalmente,i moscerini della frutta (Dhrosophyla
melanogaster),vivono 20-30 giorni. All'Istituto di Scienze Biologiche
dell'Università di Irvine (Los Angeles),il Prof. Michael Rose,rinviando il
momento della procreazione,ha ottenuto moscerini che vivono
sino a 60 - 80 giorni,c.a il doppio di quelli normali.Questi moscerini producono una versione particolar mente
attiva dell'enzima Superossidodismutasi . W.C. Orr e R.S. Sohal,della Southern
Methodist University di Dallas,hanno scoperto che moscini con copie
sovrannumerarie dei geni che codificano per la SOD e la catalasi vivono sino ad
un terzo più degli altri e subiscono minori danni ossidativi alle proteine. Se
si inseriscono nei moscerini geni della SOD e della Catalasi la durata della
loro vita aumenta del 30%. Esperimenti del genere sono teoricamente possibili
anche sull'uomo.
Il dott. Stewart Frankel, dell'Università di Yale,ha scoperto che
moscerini con mutazioni genetiche che causano un livello più basso dell'enzima
Rp3 istone deacetilase,vivono dal 33 al 50% più a lungo della
norma.
Nel 2000,Blanka Rogina e Stephen Helfand ,dell'Università del Connecticut,hanno scoperto
un gene mutante,da loro battezzato Indy (da I am not dead yet)
che raddoppiava la vita delle Dhrosophyle. Nell'Aprile del 2003,Felix
Knauf,dell'Istituto,dell'Istituto Max-Seilbrueck,di Berlino,ha scoperto perchè i
suoi portatori vivono il doppio: questo gene codifica per una proteina che
regola la quantità di carboidrati,di grassi ed altre proteine,e dunque delle
calorie usate dall'organismo per produrre energia. In un altro esperimento,in
questi insetti, è stato scoperto un gene dalla funzione
sconosciuta,chiamato deathknell,
la
cui espressione aumenta progressivamente durante l'invecchiamento.
Effetto delle radiazioni sui
cromosomi:
alcuni sono
spezzati,uno si è chiuso ad anello
.
Alti livelli di
radioattività generano radicali liberi nelle cellule
viventi. Il batterio "Dein
ococcusradiodurans ", che è capace
di sopravvivere
in ambienti altamente radioattivi, all'interno
dei reattori nucleari,e che può tollerare una quantità di radiazio ni mille volte più
elevata del livello letale per
qualunque forma di vita, deve la sua eccezionale resistenza
all'attacco particolar mente intenso delle
radiazioni,i cui effetti possiamo osservare nell'immagine qui
in alto,ad una elevata
concentrazione (u na quantità 3 volte superiore a quella contenuta
in altri microbi) ,nel suo corpo cellulare,dello stesso enzima SOD, ed alla
Ca talasi(un altro enzima antiossidante) in quantità 50
volte superiori.
Nel 1988,Thomas E. Johnson,dell'Università
del Colorado,riferì che la mutazione
di un solo gene,chiamato age-1 , faceva aumentare di c.a il 70 % la vita media del Caenorhabditis
elegans ,un piccolo verme di c.a. 1 mm di lunghezza,
-
Caenorhabditis elegans
che vive nel terreno,e che
i soggetti mutanti producevano elevati livelli di Superossidodismutasi e
Catalasi. Questi individui sono più resistenti agli stress ossidativi,termici,ed
alle radiazioni ultraviolette ma si riproducono molto meno. In
particolare,l'allele age-1(hx146 ) ne aumenta la durata media della vita da
15 a 25,5 giorni e la longevità massima da 22 a 46,2 giorni. I mutanti di un
altro gene,il daf-2,ne aumentano notevolmente la durata totale della
vita ritardando lo sviluppo larvale. I soggetti che si sviluppano da queste
larve vivono,in media,40-60 giorni. Lo C. Elegans adulto è composto di 959 cellule
(infatti,delle 1.090 originatesi dallo zigote,131 muoiono per apoptosi
durante lo sviluppo). L'apoptosi nel C. Elegans è controllata da alcuni geni di
cui uno,il ceh-9, ha un'alta omologia con l'oncogene umano Bcl-2,il cui
prodotto,la proteina mitocondriale BCL-2,impedisce la morte
cellulare programmata. Quando ceh-9 è silente,il prodotto
di geni regolatori come ceh-3 e ceh-4,suona,per la
cellula,come un assenso al suicidio. Embrioni mutanti per una alterazione
di questo gene presentano una morte cellulare
generalizzata. Recentemente,un embrione di C.
elegans,nel cui zigote era stato inserito il gene bcl-2 umano,ha presentato
una drastica riduzione di eventi apoptosici rispetto ad un embrione
normale
. Il tasso di mortalità,in C. elegans,raddoppia ogni 5 giorni,come
nella Drosofila. Negli individui adulti,come nella maggior parte
degli insetti,le cellule non si dividono. Questi vermi non presentano alcun segno di
senescenza meccanica nè di tumori.
Una forma mutata di SOD
(struttura in chiaro),ottenuta artificialmente in laboratorio; è più
attiva di quella naturale. Viene utiliz zata dalla medicina
ufficiale per ridurre le infiammazioni. Se ne stanno studiando altre
applicazioni per le malattie degenerative della
vecchiaia.
Nei soggetti affetti dalla sindrome di
Down, nel braccio lungo del cromosoma 21,è stato individuato il gene
che codifica per l'enzima Superossidodismutasi (SOD). Una ridotta produzione di
SOD,correlata ad una alterazione di questo gene, può essere responsabile
dell'invecchiamento precoce dei pazienti Down e influire negativamente
sulla longevità dei soggetti normali.
L'enzima SOD ha il solo
scopo di contrastare il radicale libero principale,il Superossido.
Somministrato insieme alla catalasi,in sede sperimentale,ha salvato animali che
respiravano ossigeno puro al 100%.[13]. La capacità dell'enzima SOD di
sopprimere la tossicità dell'ossigeno è stata dimostrata direttamente anche in
esperimenti sul tessuto polmonare.[14]. E' stato somministrato con successo,per
iniezione,direttamente nelle articolazioni infiammate. Non può essere assorbito
dall'organismo se assunto come integratore per via orale,in quanto,come gli
altri antiossidanti endogeni,è costituito da molecole gigantesche di proteine
che non passano attraverso le pareti dell'apparato digerente e non entrano in
circolo. Gli enzimi digestivi presenti nello stomaco lo scompongono in
aminoacidi.. Se somministrato per via parenterale ha vita breve nel sangue. In
meno di 5 minuti il 50% va' perduto perchè scomposto dai processi naturali
dell'organismo. Nell'arco di 1 ora rimane soltanto lo 0,1% della sua
concentrazione originaria. Nel 1995 c.a.,il ricercatore giapponese Tatsunya Oda
riuscì a legare questo enzima a molecole di polimeri artificiali,in tal modo
esso sopravvive nel sangue per almeno 5 ore. Tuttavia,non si sa
quali potrebbero essere gli effetti a lungo termine del
fatto di mantenere artificialmente livelli elevati di SOD nel sangue.
Un altro
antiossidante prodotto dall'organismo è il glutatione
perossidasi,che contrasta il perossido di idrogeno ed è
l'unico a combattere i lipoperossidi
prodotti nella membrana cellulare. Il selenio è
un suo componente essenziale. Riguardo al ruolo svolto dai radicali liberi
nella genesi del cancro,si deve osservare che, una ricerca di laboratorio,ha
dimostrato che la somministrazione di questo enzima a ratti con tumori al fegato
provoca una regressione dei tumori nell'81% dei soggetti.[29].Il 10
Giugno 2002,il noto virologo Luc Montagnier (nella foto in basso),al termine di
un breve incontro con il papa, ha
donato a Giovanni Paolo II due confezioni
di compresse,una,di origine giapponese,contenente un prodotto ottenuto
dalla fermentazione di un frutto esotico,la Papaya,che,ha detto il
virologo,rafforza il sistema immunitario e ha dato buoni risultati anche
con i malati di Aids,l'altra,contenente un prodotto a base di glutatione e vitamina C,che,sempre secondo lo scienziato,è
un ottimo antiossidante,rallenta gli effetti dell'invecchiamento ed è indicato
anche per il Parkinson,che è il risultato di un'ossidazione,per i diabetici e
per chi soffre di degenerazione della retina. Una
compagnia americana,la Thiogen,ha osservato Montagnier,è riuscita a rendere
il glutatione perfettamente e
totalmente assimilabile dal corpo umano. Anche lui assume questi
prodotti.
L a lunghezzadeiTelomeri è un altro importante indice
di invecchiamento. Essa si riduce
gradualmente con l'avan
zare dell'età, inibendo progressivamente la
proliferazione cellulare.
In molti ceppi tumorali umani,come ad es. le
cellule HeLA,in fase di divisione attiva,la lunghezza dei
telomeri permane costante e l'attività telomerasica
è elevata.
Non molto tempo fa,Jerry W.Shay
e coll.,dell'Università del Texas,con i ricercatori della Geron Corporation,a
Silicon Valley,in California,in vitro, hanno introdotto nel DNA
di cellule della pelle,della retina e dei vasi,il gene
che codifica per l'enzima telomerasi.Ciò ha evitato il progressivo
accorciamento dei Telomeri e ha consentito di
rallentare l'invecchiamento.
Cromosomi
umani. I
telo
.
meri sono
evidenziati
in
.
verde pallido.
E' ragionevole ipotizzare
che,inserendo questo stesso gene nelle cellule del corpo umano,o
somministrando l'enzima Te lomerasi dall'esterno,sotto forma di farmaco,il
limite di Hayflick potrebbe essere superato,la divisione
cellulare si manter rebbe costante,i danni molecolari da
stress ossidativo,anche se già presenti,potrebbero essere perfettamente
riparati od eli minati, le cellule, nel complesso,si
manterrebbero costantemente giovani, o ringiovanirebbero,anche in
soggetti molto anzi ani.Tuttavia,la telomerasi,almeno per
il momento,sembra attiva soltanto su cellule che hanno la
capacità di dividersi, non su quelle muscolari e nervose. Non può
essere sperimentata sull'uomo perchè si teme,particolarmente
in soggetti predispo sti,l'insorgenza di tumori.
Attualmente,i ricercatori della Geron Corporation
(www.geron.com ),
stanno tentando di manipolare i telomeri delle
cellule staminali umane in modo che restino
perennemente giovani anche quando diventano tessuti
specializzati.
Per quanto
concerne la sperimentazione di sostanze
antiinvecchiamento,si deve osservare che,n el 1991, John M. Carney e coll.,dell'University of Kentucky
Medical Center,dimostrarono che la concentrazione
di proteine ossidate,nel cervello dei zerbilli,(mammiferi
della famiglia dei criceti),aumenta con l'età, e che la
somministrazione di Fenilbutilnitrone
può ridurre lo stato di ossidazione riportandolo a
livelli giovanili. Si sta valutando se impiegare o
meno questo antiossidante in campo umano. In uno studio
condotto dal National Institute on Aging (NIA) americano, la
metformina,un farmaco usato dai diabetici, ha allungato la vita dei
topi di laboratorio del 20%.
Alcuni studi avrebbero
dimostrato che certi antiossidanti naturali di
natura vegetale eliminano il radicale Superossido con la
stessa efficacia dell'enzima SOD. A parità di peso,bloccherebbero le
reazioni a catena dei lipoperossidi centinaia e persino migliaia di volte meglio
delle vitamine antiossidanti e di un farmaco antiossidante. Si tratta delle
erbe Maharisci Amrit Kalash (MAK ). [Hari
Sharma,Ohio University,1993].
La letteratura
riporta casi in cui un'assunzione eccessiva di antiossidanti ha
causato un aumento dei radicali liberi e quindi dello stress
ossidativo nell'organismo umano.
Un elevato
livello di colesterolo nel sangue può essere,tra l'altro,indice di stress
ossidativo.
Simeone(2002),ha scoperto una correlazione tra produzione di radicali liberi
nell'organismo e quantità di proteine assunte
con l'alimentazione. Più proteine si assumono più elevata
è la produzione di radicali liberi.
Secondo
alcuni studiosi,per ridurre efficacemente lo stress ossidativo ogni singolo
individuo dovrebbe assumere l'antiossidante di
cui ha effettivamente bisogno, piuttosto che una miscela di
antiossidanti che potrebbe risultare
inefficace. L'antiossidante necessario all'organismo viene
determinato,in tal caso,empiricamente.
Afine Agosto
2001,un'équipe di ricercatori del Dipartimento di Genetica del Children Hospital
di Boston,coordinati dall'italiano Annibale Puca,(nella foto in alto a
sinistra),che lavora all'Università di Harvard,con un articolo
pubblicato sulla rivista dell'Accademia Americana delle
Scienze "Proceedings of the National Academy of Sciences",ha annunciato di
aver individuato una regione del cromosoma
4 (nella figura in basso) in cui esiste al meno un
gene che gioca un ruolo molto importante nel vivere molto a lungo e
in buona salute. -
-
-
Genoma Umano. Sul cromosoma 4 potrebbero celarsi geni in grado di
conferire a tutti noi la longevità in buona salute. E' anche
concepibile intervenire sul gene della Telomerasi
TEP1,sul cromosoma 14,per rallentare l'invecchiamento,ma c'è il rischio di
tumori. Anche intervenendo sui geni che
presiedono all'apoptosi, tra cui BCL2,sul
cromosoma 18,probabilmente,si potrebbe prolungare di
molto la vita umana,ma c'è il rischio di un
aumento delle malattie autoimmuni. Nel
braccio lungo del cromosoma 21 è stato in dividuato il gene che codifica
per l'enzima Superossidodismutasi (SOD). Una ridotta produzione
di Sod,correlata ad una alterazione di questo gene,può essere responsabile
dell'invecchiamento precoce nei pazienti Down e influire negativamente
sulla longevità dei soggetti normali.
Partendo dall'ipotesi che vi
sia una base genetica della longevità,i ricercatori hanno
analizzato il DNA di 308 ultracentenari
e ultranovantenni,in buona salute e perfettamente lucidi,appartenenti a 137
famiglie con al meno una coppia di
fratelli o sorelle anziani di almeno 91 anni (uomini) e 95 anni
(donne), ed hanno cercato di capire se queste persone
che avevano lo stesso fenotipo,cioè lo stesso tipo di
caratteristiche individuali,condivi dessero una determinata
regione cromosomica con più frequenza rispetto
alla popolazione normale. L'area cromosomica individuata contiene dai 100
ai 500 geni . Ora i ricercatori puntano ad identificare tra
essi il gene o i geni della longevità. Il dott. Puca
ha affermato che se la strada è giusta,ci vorranno un paio di mesi,
qualche anno se si deve ricominciare,perchè c'è una
possibilità su 20 che sia un falso positivo. Si tratta di
una ricerca complessa e costosa,per effettuare la quale,l'ardito
ricercatore,con Kunkel e Perls,gli altri autori dello
studio, ha fondato una società,la Centagenetics ,allo scopo di reperire i
finanziamenti necessari,cioè investimenti da svariati milioni di
dollari. Una volta individuato il gene,l'obiettivo iniziale è costruire un
genoma ideale per catturare il segreto dell'invecchiamento felice,per
poi trovare un farmaco che possa dare alla popolazione normale
lo stesso vantaggio dei centenari. Questi,infatti,non
sono persone che vivono a lungo trascinandosi tra gli acciacchi,ma
persone che invecchiano lentamente e in buona salute.
Durante la loro
lunghissima vita,sono immuni da tumori,ictus ed
infarti,demenza senile e cataratta. I loro esami
ematologici ed ematochimici sono normali,identici a quelli di
soggetti di 20 o 40 anni. Il numero dei linfociti,in particolare dei
linfociti T, nel loro sangue periferico, è molto
elevato. Questi linfociti sono eccezionalmente resistenti allo stress
ossidativo e,se opportunamente stimolati, proliferano bene e producono quantità di interleuchina 1 , 6, e fattore di
necrosi tumorale molto più elevate di quelle prodotte
dai linfociti T di soggetti giovani. Gli
stessi risultati si sono ottenuti anche con colture
primarie di fibroblasti. Inoltre, negli ultracentenari sani, sono assenti autoanticorpi
organo-specifici,il genoma non presenta segni particolarmente
evidenti di instabilità ,nel loro sangue,la
quantità di lipoproteine Ldl ossidate è
sensibilmente minore rispetto ai soggetti giovani,la
loro pressione arteriosa è relativamente bassa,il loro Hdl
elevato.Gli ultranovantenni non sviluppano resistenza all'insulina
(i fattori genetici legati al modo in cui l'organismo utilizza il
glucosio si trovano sul cromosoma 11).
I
l 13 febbraio 2002, i ricercatori della DeCode Genetics,un'azienda islandese di biotecnologia,hanno
annunciato di avere scoperto un gene che gioca un
ruolo importante nel vivere molto a lungo in buona salute e contano
di produrre presto dei far maci . La notizia è apparsa a
Londra sulla prima pagina dell' Observer.
Con
tre articoli, pubblicati, nello stesso mese di Febbraio 2002,sulla rivista
medica Proceedings,dell'Accademia Americana delle Scienze, Bruce Ames e coll.,della Facoltà di Biochimica e Biologia
molecolare della Berkeley University, in California,
hanno riferito che,mescolando opportunamente l' acetil-L-carnitina e l'acido alfa-lipoico ,hanno
osservato che,nei ratti vecchi, queste sostanze riducono il
danno ossidativo migliorando la funzionalità dei mitocondri e
restituiscono vigore e memoria agli
animali. "L'invecchiamento", ha detto Bruce,"sembra in buona parte dovuto
agli ossidanti che si generano
come sottopro dotti del normale metabolismo cellulare". Il DNA,nel
ratto,subirebbe,in media,centomila lesioni ossidative al
giorno. Gli enzi mi riparativi riparano costantemente i danni ma,con il
trascorrere del tempo,perdono il ritmo così che se un ratto giovane
pre senta circa un milione di lesioni nel suo DNA,nel ratto vecchio,il livello
sale a due milioni. La cellula umana subirebbe
dieci volte meno danni della cellula murina, per via della più alta incidenza di
tumori nei topi e della minore durata della vita. L'acido lipoico e
la carnitina sono due sostanze naturali presenti nel nostro
organismo: l'acido lipoico interviene nei casi di insu lino
resistenza,quando il nostro organismo non utilizza bene gli zuccheri,mentre
la carnitina protegge i mitocondri. I ricercatori non sanno ancora se ciò
allungherà la vita degli animali ma ritengono di avere dato loro
il modo di invecchiare meglio. L'Università
californiana ha brevettato il composto, mantenendo
segreta la concentrazione dei singoli componenti, e la soci età
Juvenon, creata per l'occasione, ha iniziato gli
esperimenti su volontari uomini e donne.
In attesa di futuri miracoli scientifici nel campo della gerontologia,q uali
sono, oggi, i mezzi a nostra disposizione per
combattere l'invecchiamento e prolungare la vita umana in
buona salute? La risposta è : la prevenzione
precoce ed efficace delle malattie,
in particolare,una corretta alimentazione e
l'esercizio fisico,l'eventuale somministrazione, per via orale o parenterale,sotto
controllo medico,di sostanze antiossidanti, la cui efficacia deve
essere monitorata con appositi esami (Dosaggio
dei gruppi carbonilici,livello dei lipoperossidi,rapporto tra vit. C e vit. C ossidata,
livello di glutatione perossidasi nei globuli rossi,Ldl-ox,iD-RomTest
. Inoltre,possono essere
individuati i prodotti di scissione delle proteine ossidate,così come gli
indicatori del danno ossidativo al DNA. Infatti, quando il DNA viene
colpito dai radicali liberi tenta immediatamente di riparare il danno con gli
enzimi exonucleasi i quali,quando si attivano,secernono l' 8-idrossideossiguanosina che
si riversa nel sangue ed è reperibile nell'uri na. Più
è elevata la quantità di questo composto nell' urina maggiore è il
danno subito dal DNA ).
(Vedasi anche la sezione Longevità estrema ,in italiano,del sito Estropico ).