Gruppo Biblico di Evangelizzazione


III Incontro:
Il mistero dell'empietà



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3.1 Il nostro duplice problema : i peccati (veniali e mortali) ed il peccato

Dunque, Dio ci ama in modo personale e incondizionato.

Ma forse non tutti, e non sempre riusciamo a sperimentare profondamente questo amore, non riusciamo ad avere la certezza che Egli ci ami in modo personale ed incondizionato.
Perché accade questo ? Le risposte possibili possono essere molte.

1. La prima riguarda la nostra cattiva abitudine a giudicare tutto partendo da noi, dai nostri sensi, dalla nostra esperienza. Dio sfugge ai nostri sensi, sfugge al nostro intelletto: non riusciamo ad inscatolarlo in un teorema, in una formula, in un insieme di regole o di leggi. Vogliamo essere noi a guidare il "gioco", vogliamo essere noi a cercare, e non sopportiamo di lasciarci cercare. Vogliamo giudicare noi sotto quale forma Dio può rivelarsi a noi, affinché noi possiamo riconoscerlo. Ma la realtà non è questa.

2. Forse pensiamo di non avere motivi sufficienti per credere che Dio si interessi di noi. Guardiamo la nostra vita e pensiamo che o Dio non esiste, o se esiste non si preoccupa certamente di noi.

3. Oppure, non riusciamo ad accettare un Dio che si inginocchia davanti all'uomo, che ci lava i piedi, che si fa’ chiamare Amore: ci appare troppo debole, troppo sdolcinato, per esseri "forti" come noi. Inginocchiarci davanti a lui, non vogliamo farlo per amore, ma per paura, per timore, perché possiamo riconoscere che è un Dio forte, potente, che vendica il sopruso, che lancia tuoni e fulmini. Forse a lui sapremmo inginocchiarci.

4. Oppure, ancora, non riusciamo a comprendere che Egli ci ama perché ci consideriamo di poca importanza: Dio con tutte le cose importanti che ha da fare, perché si dovrebbe preoccupare di me, invece di preoccuparsi di milioni di uomini, donne e bambini che muoiono di fame, ogni giorno ?

Accanto a queste possibili risposte, ce ne è una che costituisce il fondamento di tutte: è il peccato. Questa parola odiosa, insopportabile, che sa di bigottismo, di clericalismo, di medievale!! Ma il peccato è la risposta ad ogni ingiustizia: è il peccato che ci separa da Dio  Is 59,2 non tanto dal suo amore che ci raggiunge ovunque, ma da Dio stesso, con il quale non riusciamo ad avere un rapporto stabile, e sicuro. Il frutto del peccato, dal punto di vista spirituale, è il sentimento di sconfitta, di impotenza, di incertezza del nostro futuro; ci mette in balia delle emozioni, vivendo continui alti e bassi.

Leggendo i primi 8 capitoli della lettera ai Romani possiamo notare che questi possono essere suddivisi in due parti : la prima da 1,1 - 5,11, mentre la seconda va da 5,12 - 8,39. Una lettura attenta mostra che nella prima metà è preponderante l'uso della parola <<peccati>> al plurale, (o in ogni modo peccato come conseguenza di atti umani) mentre nella seconda non è più così e appare la parola <<peccato>> al singolare. (in un senso più astratto), oppure appare la parola "peccatore". Perché questa differenza ?

Perché la prima tratta i peccati che io ho commesso davanti a Dio, peccati numerosi, che possono essere contati; mentre nella seconda parte il peccato è preso in esame come principio che opera in me. Qualunque sia il numero di peccati che io commetto, quello che agisce in me è sempre lo stesso principio di peccato. Ho bisogno di essere perdonato per i miei peccati, ma ho anche bisogno di essere liberato dalla potenza del peccato. Il perdono riguarda la mia coscienza , la liberazione riguarda la mia vita. A volte intuiamo, e rifiutiamo, che per quante volte siamo perdonati per aver commesso dei peccati, c'è qualcosa in me di ingiusto, di profondamente corrotto. I peccati non sono altro che il frutto del peccato (al singolare.) Posso cercare di non peccare con tutte le mie forze, ma il peccato può continuare a dominare e ad essere la tendenza che mi allontana dal Padre. Accade come per la forza di gravità: posso evitare che un oggetto cada in terra, ma la sua tendenza rimarrà sempre quella. Dunque i peccati riguardano quello che ho fatto, il peccato riguarda quello che sono.

Certamente si dirà, ci sono peccati più gravi e altri meno gravi: i primi sono detti veniali, gli altri sono mortali. I primi  affievoliscono la comunione col Padre, i secondi uccidono la nuova vita donata in Cristo. <<E' peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave (10 comandamenti) e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso>> (Catechismo Chiesa Cattolica, n° 1857). Tuttavia, sia il peccato veniale sia quello mortale provengono entrambi dallo stesso principio, il peccato che Paolo chiama anche <<carne>> o vecchio uomo.
Cercheremo di approfondire il tema del peccato soprattutto dal punto di vista spirituale, piuttosto che morale, dal momento che questo è subordinato al primo.
 
 

Per la riflessione:

1. Riassumi la differenza tra <<peccati>> e <<peccato>>.

2. Secondo te, esiste il principio del peccato ?

E se esiste da dove potrebbe venire ? ( Confrontati poi con Rm 5,14 e Rm 5,19)

3. Che differenza c'è tra peccati veniale e peccati mortali ?


3.2 Il peccato: rifiuto di ri - conoscere Dio

L'uomo non può negare l'esistenza di un mondo spirituale, non parallelo di quello materiale, ma integrante di esso. Alcune statistiche in America hanno evidenziato come la mortalità infantile diminuisca vertiginosamente negli istituti, che pur non attrezzati, dispongono di personale che tiene molto in braccio i bambini. Quell'abbraccio, quell'amore trasmesso fisicamente, non è spiegabile scientificamente: ma i bambini non muoiono e sopravvivono. Il principio di peccato fa parte di questo mondo spirituale e come gli aspetti fisici, anch'esso viene "trasmesso" di padre in figlio. Ma in che cosa consiste esattamente questo principio peccaminoso ?

Leggendo attentamente Rm 1,18-23 si scopre che l'oggetto principale dell'ira divina è individuato, per Paolo, nell'empietà. In che cosa consiste esattamente questa empietà, lo spiega subito affermando che essa consiste nel rifiuto di glorificare e di ringraziare Dio. In altre parole, l'uomo è empio, cioè, è pieno di se stesso, non c'è spazio per lui per l'inabitazione della Luce, quindi egli rifiuta di riconosce Dio come Dio, di riconoscersi creatura illuminata e non luce stessa. Si potrebbe affermare che l'empietà consiste nella<<ignorare>> Dio, dove però ignorare non significa <<non sapere che esiste>>, quanto <<fare come se non esistesse>>. In questo modo viene abbattuto il muro di separazione tra atei e credenti (dichiarati): entrambi possono vivere come se Dio non esistesse o vivere (consciamente o inconsciamente) come se esistesse.

Il peccato, ridotto al suo nucleo germinale, è il tentativo da parte della creatura, di farsi se stessa Dio. E' quindi un peccato contro Dio. Questo è il problema fondamentale dell'uomo: non accetta di essere stato creato, pensato, non accetta regole al di fuori di quelle che egli stesso pone. Se il mondo sapesse che cos'è, in realtà, il peccato, quello stesso peccato che abita in lui, anzi  che costituisce la sua stessa natura, morirebbe di terrore all'istante.

Paolo, poi passa ad elencare alcuni peccati che sono diretta conseguenza del peccato, e la cosa e prima vista sconcertante, è che san Paolo, fa di tutto il  disordine morale della sua società una conseguenza dell'ira divina. Dio non <<vuole>> certamente queste cose, ma Egli le <<permette>> per far comprendere all'uomo dove porta il rifiuto di lui. Dio è così, <<costretto>> ad abbandonare gli uomini a se stessi per non avallare la loro ingiustizia e perché essi tornino sui propri passi. Dio non si dimentica dell'uomo, perché lo ama visceralmente, ma lo abbandona temporaneamente affinché i suoi atti, la sua sofferenza scavi dentro di lui quel vuoto che permetterà a Dio, successivamente di entrare nella sua vita.
 

Per la riflessione:

1. Leggi Dt 7,9 e Salmo 100,3 : qual è il comandamento che ci viene imposto ?
 

2. Rm 9,20-21 : chi è il vasaio e chi è il vaso ? Perché, secondo te, l'uomo non può essere vasaio ?
 

3. Elenca i peccati che, nella società di Paolo, erano conseguenza dell'empietà (Rm 1,18-23).
 

4. Leggi Sap 11,16 : qual è la  conseguenza del peccato per l'uomo ?
 


Approfondimento - Il mistero dell'iniquità è in atto (2 Ts 2,7)

Se vogliamo rendere giustizia alla Parola di Dio, dobbiamo fare come Paolo, denunciando le conseguenze dell'iniquità ai giorni nostri. Secondo Raniero Cantalamessa, "tale rifiuto (di essere creature e non creatori) ha preso, in epoca moderna una forma cosciente ed aperta che non aveva certamente al tempo dell'apostolo e che non ha avuto, forse, in nessun'altra epoca della storia." Vediamo in che cosa si concretizza l'iniquità secondo Cantalamessa:

1. Dobbiamo riconoscere subito che il "mistero dell'iniquità è in atto". Occorre insistere sul peccato contro Dio, non perché non esiste il peccato contro l'uomo, o perché esso non sia altrettanto grave, ma perché quest'ultimo è denunciato e riconosciuto da tutte le parti, mentre non si riconosce più , o si sottovaluta, il peccato contro Dio, che ne è la radice. Anzi, spesso, si contrappone il peccato contro l'uomo a quello contro Dio, per negarlo e annullarlo. Abbiamo smarrito l'idea stessa di peccato. Peccato non è più ciò che è male agli occhi di Dio (Sal 51,6), ma ciò che è male agli occhi dell'uomo. L'uomo stabilisce cos'è il peccato, decide lui, che cosa è bene e che cosa è male. Questo è un ricadere nuovamente nell'empietà, non è essere liberi di fronte al peccato, ma aver raggiunto un grado di schiavitù superiore, un modo più sottile e nascosto, spesso inconscio, di opporsi al Padre. Quando si definisce il peccato, "non è quasi mai l'uomo contro il qual io pecco, ma sempre l'uomo contro cui gli altri peccano" (Cantalamessa)

2. In secondo luogo, oggi un altro modo di abolire, di prepotenza, la differenza tra il Creatore e la creatura, tra Dio e l'<<io>>, è quello di confonderli e questa è la forma che l'empietà prende talvolta nell'ambito della psicologia del profondo. Quello che Paolo rimproverava ai "sapienti" del suo tempo non era di studiare la natura e di ammirarne la bellezza, ma di fermarsi ad essa (Rm 1), così quello che rimprovera la Parola di Dio alla psicologia del profondo, è di aver fatto della scoperta dell'inconscio, un nuovo baluardo per opporsi ad essa. Spesso viene soppressa la distinzione tra bene e male, accostandoli e sovrapponendoli: "il male non è altro che l'altra faccia della realtà. L'anima umana deve potersi esprimere in tutte le direzioni, non reprimendone alcuna: la salvezza sta nell'autorealizzazione. Essa è dentro di noi e non viene dalla storia, ma dall'inconscio".
Queste affermazioni sono suggestive e affascinanti, ma nascondono la Verità. Il peccato che abita nell'uomo ha sepolto la sua coscienza, ha creato un muro tra essa e lui; Dio parla alla coscienza dell'uomo, ma questi non può ascoltarlo, perché un muro li separa: così l'uomo ha deciso di sancire questa realtà come immanente, come normale. Gli immanenti sono le persone più pericolose per tutto il genere umano, gli immanenti come Hitler, che hanno fatto di una ideologia il pretesto per passare su milioni di corpi, per autorealizzarsi. E' arrivato il tempo di diventare trascendenti.

3. Infine, ci sono gruppi e movimenti che hanno assunto una forma aperta di odio contro Dio. Essi credono nell'esistenza di Dio e per questo lo odiano, e non potrebbero in alcun modo dargli obbedienza: si tratta di sette sataniche o esoteriche, di maghi e stregoni. La Bibbia condanna duramente la magia, perché è potere  satanico. Prendiamo 1000 maghi, 999 sono imbroglioni, ipocriti, (e per questo seguono l'esempio di Satana che ingannò i primi uomini). Quello rimasto però, è un vero mago, il cui potere è reale, non proviene da Dio, ma da Satana. La prova è che essi promettono di poter controllare la materia e lo spirito, cioè di avere potere di dominio su di essi. Chi vi ricorre vuole avere potere di dominio sulle cose e sugli altri, li vuole controllare (forse anche solo inconsciamente) per realizzare il proprio piacere, non vogliono attendere, non credono che ci possa essere per loro un piano meraviglioso di Dio, che passa anche attraverso cose spiacevoli. No,  vogliono essere loro a guidare, ad avere potere in sé. Anche Dio promette di dare potere a coloro che sono guidati dal Suo Spirito Santo (At 1,8), ed è un potere reale, che ha come scopo quello di diffondere la salvezza e l'amore.

La parola potere, di per sé, non è negativa: nel cristianesimo l'abbiamo quasi cancellata dal nostro vocabolario, considerandola sinonimo di manipolazione delle coscienze e proponendo così un modello di cristiano ripiegato su se stesso, sulle proprie pratiche religiose, e debole. <<In realtà, amore è il potere di donazione e di cessione o capacità di accoglimento dell'altro in quanto altro. Amore e potere non sono riducibili l'uno all'altro, ma mantengono tra di loro rapporti dialettici: l'amore ha bisogno del potere per essere qualcosa di più del sentimentalismo, mentre il potere ha bisogno dell'amore per non diventare manipolazione>> (Leonardo Boff).
Ma il potere che si cerca dal mago, ha fini completamente opposti.
Secondo i demonologi e gli esorcisti è molto pericoloso avere a che fare con i maghi, anche solo per curiosità, perché si diventa spiritualmente vulnerabili al potere di Satana, permettendogli, forse a propria insaputa, di entrare dalla porta principale della nostra anima.
 

Per la riflessione:

1. Riassumi brevemente le conseguenze dell'empietà individuate da Cantalamessa:

1-

2-

3-

2. Guardati intorno. Prova ad enumerare alcune conseguenze dell'empietà nelle persone e nella società che ti circonda.

3. <<Io stesso oggi mi accuso e solo io posso anche assolvermi, io l'uomo. Se Dio esiste l'uomo è nulla... Dio non esiste! Felicità, lacrime di gioia! Alleluja! Non più cielo. Non più inferno! Nient’altro che terra>> (J.P.Sartre, Il diavolo e il buon dio).
Condividi il pensiero di Sartre ? Confrontati con i seguenti passi: Sal 8Sal 91, Sal 139, Mt 5,22, Mt 5,30, Gv 1,12, Gv 3,16-18, Gv 5,24

4. Cosa ne pensi delle affermazioni di una parte della psicologia del profondo, quando si afferma che non c'è distinzione tra male e bene ? (Is 5,20   Gv 3,19)

5. Cosa ne pensi dei maghi ? (Dt 18,10-12 Is 2,6  Sal 62,12   At 1,8) Dice, forse, la Parola di Dio, di non credere loro in quanto la maggior parte di essi è ipocrita ?
 



 

3.3 Il salario del peccato è la morte (Rm 6,23)


Nel versetto Rm 6,23 ("Il salario del peccato è la morte")  troviamo una affermazione sconvolgente e per molto tempo mi è  sfuggito il senso di questo versetto; di quale morte si tratta ? Come si collega il peccato con la morte ? Significa forse che chi non sceglie Dio viene mandato all'inferno? Questo sarebbe un Dio giusto, un Padre amorevole, che gode nel vedere le sue creature soffrire ?

Cerchiamo di districare questo groviglio: nella Bibbia il peccato rappresenta sempre un bersaglio mancato, come ancora oggi diciamo <<peccato>> quando ci sfugge qualcosa di bello, di buono, di piacevole: in campo spirituale, questo qualcosa di buono di bello e di piacevole è l'amore di Dio. Sembra incredibile! Parliamo di Dio, Creatore dell'universo, di tutte le cose visibili e invisibili, onnipresente e onnipotente: eppure di fronte al peccato sembra impotente, ci lascia liberi di sbagliare, di rifiutarlo. Il peccato si rivela come una grande diga che impedisce al Suo fiume di amore di riversarsi in noi. Quindi per l'uomo è impossibile sentirsi amato fino in fondo, realizzarsi e diventare pienamente uomo, donna. Accade come per l'energia: l'uomo ricava energia da ciò che mangia, animali, e vegetali. Questi a loro volta mangiano altri animali o altri vegetali. Alla fine ogni catena alimentare finisce con i soli vegetali, i quali a loro volta ricavano l'energia dal sole. Il sole è la fonte di tutto. Così è per l'amore di Dio: esso è la fonte di ogni amore, dell'amore del padre e della madre per i figli, dei figli per i genitori, di un ragazzo per una ragazza e viceversa; di ogni tipo di amore.

La mancanza di amore, provoca nell'uomo un senso di abbandono (la pecora smarrita, la dramma smarrita), di perdizione (il figlio perduto), confusione (Ger 17,3): non è forse questo uno stato di morte spirituale? Alcuni, poi, dalla morte spirituale passano addirittura a quella fisica suicidandosi, oppure si lasciano morire lentamente di apatia, di alcool o di droga.
Quella di cui si parla, quindi è la morte,  in tutte le sue forme, fisiche e spirituali: soprattutto la morte, non come evento, ma come stato spirituale. La prefigurazione delle conseguenze del peccato le possiamo osservare in Satana. Egli preferisce <<essere infelice nella sovranità, anziché felice nella sottomissione>> (S. Bernardo), mostrando così che l'eternità dell'inferno, di cui tanto ci si scandalizza, non dipende da Dio, che è sempre pronto a perdonare, ma dalla creatura che non vuole essere perdonata e accuserebbe Dio di non rispettare la sua libertà, se lo facesse.

Ancora oggi la morte rimane un grosso mistero per gli scienziati di tutto il mondo, non solo ciò che è dopo la morte, ma il processo di mortificazione stesso: fino ad una certa età c'è prevalenza nella nascita di nuove cellule rispetto a quelle che muoiono. Ad un certo punto questo processo si inverte, portandoci lentamente verso la morte finale. Come questo possa accadere, che cosa, cioè, lo determini fisiologicamente, rimane un mistero aperto.  Si pensa che tale segreto si trovi nei geni, ma fino ad esso non è stata trovata la causa.
La Bibbia afferma che la conseguenza del peccato è la morte, anche in senso spirituale, cioè l'inferno, non tanto inteso come luogo di fiamme, quanto come stato interiore di rimorso eterno, assenza di Dio, assenza di speranza. Dato che noi <<siamo>> il peccato, non abbiamo via di uscita. Nessuna buona opera potrà liberarci, come nessuna buona opera potrà allungare gli anni della nostra vita. Ma Dio ha per noi una Buona Notizia in Gesù Cristo e di questo parleremo più avanti.

Per la riflessione:   Riporta un titolo riassuntivo accanto ai seguenti versetti:

1. Mt 25,31-46 :

2. 1 Gv 3,15 :

3. Mt 13,41-42  :

4. Rm 3,23:

5. Rm 5,19:

6. Rm 6,23:

7. Rm 7,18-20:

8. Rm 8,7:

9. Qt 7,20:



 

3.4 Tu sei quell'uomo! (2 Sam 12,7)


Il cerchio sul peccato si stringe sempre di più intorno a noi. Abbiamo visto quanto terribile sia l'effetto del peccato. Potrebbe sembrare che fin qui <<noi>> avessimo assunto il ruolo di accusatori. Ma ascoltiamo bene ciò che segue. Il secondo libro di Samuele ci narra questa storia: il re David aveva commesso un adulterio; per coprirlo aveva fatto morire in guerra il marito della donna, sicché, a quel punto, il prendersela per moglie poteva apparire addirittura un atto di generosità, da parte del re, nei confronti del soldato, morto combattendo per lui. Una vera catena di peccati! Venne allora da lui il profeta Natan, mandato da Dio, e gli narrò una parabola, perché David potesse dare il suo giudizio (ma il re non sapeva che si trattava di una parabola). C'era, in città,- disse - un uomo ricchissimo che aveva molti greggi di pecore e c'era anche un povero che aveva una sola pecorella a lui molto cara, che aveva fatto crescere come una figlia, dalla quale traeva il suo sostentamento e che addirittura dormiva con lui... Al ricco giunse un ospite ed egli, risparmiando le sue pecore, prese per sé la pecorella del povero e la fece uccidere per imbandire la mensa all'ospite. All'udire questa storia, l'ira di Davide si scatenò contro quell'uomo e disse: <<Chi ha fatto questo merita la morte!>>. Allora Natan, abbandonando di colpo la parabola, disse a David: <<Tu sei quell'uomo!>>.

Questo è quello che fa Paolo; dopo averci trascinato dietro di sé in un giusto sdegno e orrore per l'empietà del mondo, all'improvviso è come se si volgesse di colpo verso di noi e ci dicesse: <<Tu sei quell'uomo! Sei dunque inescusabile chiunque tu sia o uomo che giudichi, perché mentre giudichi gli altri condanni te stesso; infatti tu che giudichi fai le medesime cose. Eppure noi sappiamo che il giudizio di Dio è secondo verità contro quelli che commettono tali cose. Pensi forse, o uomo che giudichi quelli che commettono tali azioni e intanto le fai tu stesso, di sfuggire al giudizio di Dio?>> (Rm 2,1-3). Egli si rivolge a tutti, giudei e non giudei, come dire: non ti illudere! anche sei cristiano, frequenti la chiesa, sei molto religioso e preghi spesso, non ti illudere, non puoi sfuggire al giudizio di Dio.

Non si diventa cristiani passando molto tempo in chiesa, come non si diventa dei sandwich  stando in una paninoteca: occorre ben altro per mettersi al riparo dal giudizio di Dio. Spesso, proprio i religiosi, coloro che frequentano spesso la chiesa, sono coloro che sono più lontani dal Padre, nonostante abitino in casa con lui. Attenzione a non fare la parte del fratello del figlio prodigo, (che non riesce a capire la bontà del padre), non considerandoci peccatori e  alzando il dito contro i fratelli  e non riuscendo quindi a  sperimentare l'amore e il perdono di Dio. Attenzione a non stare sempre sulla soglia della porta di casa, senza mai entrare definitivamente, non riconoscendo che è l'amore di Dio che ci spinge alla conversione e non la conversione che ci fa meritare l'amore di Dio (Rm 2,4).

Ma qual è l'accusa specifica che Paolo muove contro i <<pii>> ? Quella di fare le <<medesime cose>>. Nel senso di <<materialmente>> le medesime cose? Anche questo (Rm 2,21-24); ma soprattutto le medesime cose, quanto alla sostanza, che è l'empietà e l'idolatria, che alla fine non è altro che l’autoritaria, il culto di sé, l'amor proprio, il mettere se stessi al centro di ogni cosa.

Per la riflessione:

1. Leggi 2 Sam 12,1-25: scrivi quali pensi siano i  sentimenti che  Davide  ha provato progressivamente.
 

2. Quali sono le conseguenze dei suoi peccati ?
 

3. Leggi Rm 2,21-24: ti è mai capitato di incappare in uno di questi peccati ? Se si, in quale ?



 

3.5 Tutti abbiamo peccato (Rm 3,23)


L'affermazione contenuta in Rm 3,23 può apparire inizialmente sconvolgente. Tuttavia in essa è concentrato il vero problema dell'uomo. Perché Paolo, può affermare con tanta sicurezza che "tutti hanno peccato" ? Forse egli poteva conoscere la coscienza di ogni essere umano?  No, evidentemente. Egli può affermare che tutti abbiamo peccato in quanto ha la consapevolezza che ogni essere umano è peccatore.

Dobbiamo ribaltare il concetto di peccatore: peccatore non è tale in quanto pecca, ma pecca in quanto è peccatore. Questa interpretazione, a prima vista arbitraria, deriva direttamente dal versetto Rm 5,19 in cui è scritto : "... per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori ...". La disobbedienza a cui si fa riferimento in questo versetto è quella di Adamo, sia egli un personaggio reale o simbolico. Si tratta di quello che viene comunemente chiamato peccato originale-originante. E' originale in quanto si tratta della prima ribellione contro Dio. E' l'empietà che si  fa avanti: l'uomo non accetta di essere creatura, vuole guidare il gioco, vuole essere lui dio di ogni sua scelta. In tal modo crede di raggiungere la libertà; in realtà è schiavo della peggiore schiavitù: se stesso.

Al tempo stesso si tratta di un peccato originante in quanto dà origine a nuovi peccati. Il peccato genera peccato. Ma non solo, questa primordiale incrinatura tra la primitiva comunità umana, identificata in "Adamo" e Dio, ha prodotto una "metamorfosi spirituale": il peccato si è incarnato nello spirito umano. Per le cose fisiche avremmo affermato che è avvenuta una mutazione genetica. Una trasformazione nei geni è inoltre destinata a permanere anche nei discendenti. Un qualcosa di simile avviene nello spirito umano, essendo l'uomo composto di spirito e corpo.
Quindi, l'uomo che non è stato rinnovato dallo Spirito è peccatore nelle sue fondamenta spirituali. Non si tratta, tuttavia, di una presa di posizione pessimista. Non si sta affermando che l'uomo è fondamentalmente cattivo. Non ci interessa entrare nel merito di questa discussione: la cattiveria o bontà riguardano principalmente la sfera morale. Quello che Paolo afferma è che l'essere umano ha un problema più grave delle sue cattive azioni e abitudini: è che egli stesso è portatore di un tumore spirituale che lo porterà ben presto alla morte (Rm 5,14) e che è causa primaria di ogni suo peccato.

"Ecco", penserà qualcuno, "siamo arrivati alle solite scusanti per fare ognuno il proprio comodo e non impegnarsi diversamente: se l'uomo pecca, non è colpa sua. Allora di chi è la colpa dello sterminio degli ebrei? Di ogni bambino che muore di leucemia o di fame? Allora è colpa di Dio?".

Questa domanda è più che lecita. E' vero che l'uomo pecca perché è peccatore, ma i peccatI non sono conseguenza matematica del peccatO. Paolo spesso parla di "legge del peccato" (Rm 7,25 Rm 8,2). Non si tratta di una legge come norma, bensì di una legge simile alla legge di gravità. Se mi cade distrattamente un bicchiere in terra e si frantuma, di chi è la colpa ? Evidentemente mia. Ma se riflettiamo bene, la colpa della caduta dell'oggetto è da imputare alla legge di gravità. Se non esistesse l'attrazione tra i corpi, pur lasciando il bicchiere nel vuoto, questo non si romperebbe. L'uomo, così, può cercare di convivere con questa realtà, cercando di governarla nel modo migliore possibile, ma non appena qualcosa sfugge al suo controllo avvengono disastri. Se un aereo cade la causa ultima è la legge di attrazione gravitazionale. Dovendo risolvere il problema delle cadute aeree alla radice occorrerebbe, per assurdo, eliminare la legge gravitazionale.

Allo stesso modo, nell'uomo vive una legge, una legge di peccato contraria, spesso ai suoi principi., che lo rende schiavo (Rm 6,6   Rm 6,17). Utilizzando molte accortezze può riuscire ad evitare molti peccati, ma la legge rimane. Può cercare di comportarsi meglio che può, ma rimane un peccatore perché la sua costituzione spirituale è corrotta.
Ma Gesù di Nazareth ha una buona notizia per noi: ne parleremo nel prossimo incontro.

Per la riflessione

Leggi il seguente brano e rifletti: Rm 7,14-25;
 



 

3.6 Vivere nella signoria di Gesù Cristo (Robert Munger)


3° episodio : I giocattoli per il Regno di Dio.

Poi Gesù mi domandò: "Hai una sala hobby nella tua casa ?". Infatti al piano terra della casa del miocuore, avevo un bancone e degli arnesi, ma non ne facevo molto uso. Ogni tanto ci lavoravo per fare degli aggeggi, ma non producevo niente di importante.

Poi vi lasciai entrare Gesù. Egli guardò il bancone e disse : "Vedo che è bene attrezzato, che cosa produci qui per il Regno di Dio ? ". Egli guardò un paio di giocattoli che avevo messo insieme e che erano sul bancone, ne prese uno in mano e mi disse: "Questi giocattoli sono tutto quello che sai produrre nella tua vita cristiana?".

-"Ma Signore", io risposi, "io so che non è un gran che e veramente vorrei fare meglio, ma sembra che non abbia nè la forza, nè la capacità di fare di più".

-"Vorresti fare meglio?"

-"Certamente", io risposi.

-"Bene, dammi le tue mani, rilassati nella mia presenza e lascia che il mio Spirito lavori attraverso di te. So che sei goffo e sgraziato, ma lo Spirito Santo è il Maestro Artigiano e se ha il controllo delle tue mani e del tuo cuore, Egli lavorerà attraverso te". Camminando dietro di me e mettendo le Sue forti e grandi mani sotto le mie e tenendo gli arnesi fra le Sue capaci dita, Egli cominciò a lavorare attraverso me e quanto più ero rilassato e fiducioso in Lui, tanto più Egli poteva guidare le mie mani e la mia vita.

Per la riflessione:

1. Che cosa rappresentano, secondo te, i giocattoli ?

2. Quali insegnamenti puoi trarre da questo brano?

3. Che cosa dà, in più, lo Spirito Santo, a chi lo riceve e si fa guidare da lui?



 

3.7 Conclusioni


1. Riassumi in poche parole ciò che ti ha colpito maggiormente di questo capitolo.

2. Inserisci il tuo nome negli spazi sottolineati (non dimenticare quanto Dio ti ama).

Is 1

Caro/a _______________________ dalla pianta dei piedi alla testa, non c'è in te una parte illesa, ma ferite e lividure e piaghe aperte, che non sono state ripulite, nè fasciate, nè curate con olio.

Is 29

Tu _______________________ ti avvicini a me solo a parole e mi onori con le labbra, mentre il tuo cuore è lontano da me.

Is 48

Io sapevo ________________________ che sei devvero perfido e che ti chiamano sleale fin dal seno materno.

Is 55

Perchè ______________________ spendi denaro per ciò che non è pane e il tuo patrimonio per ciò che non sazia ?

Is 57

Ora vieni qui _____________________ , figlio della maliarda, progenie di un adultero e di una prostituta. Su chi intendi divertirti ? Contro chi intendi allargare la tua bocca e tirare fuori la lingua ?

Forse che tu _______________________ non sei figlio del peccato, progenie bastarda ?

Is 59

Sappir che la tua iniquità ________________________ ha scavato un abisso fra te e me, il tuo Dio.



 

Per uno studio biblico che dia frutto!


E' importante non trascurare la propria memoria. Ricordare alcuni versetti fondamentali a memoria aiuta lo Spirito a comunicare più intensamente con il nostro spirito. Qui ne sono proposti alcuni riguardanti il tema del peccato e dei peccati.
 
 
 

Collocazione
Versetto
1
Is 59,2
Le vostre iniquità hanno scavato un abisso fra voi e il vostro Dio. 
2
Rm 5,14
La morte regnò da Adamo fino a Mosè, anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di ...
3
Rm 5,19
... per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori ...
4
Rm 1,6
Essi pur conoscendo Dio non gli hanno dato gloria, nè gli hanno reso grazie come a Dio.
5
Rm 1,4
L'ira di Dio si rivela dal Cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia.
6
Sap 11,16
... Tu inviasti loro un castigo ... perchè capissero che con quelle stesse cose per cui uno pecca, con esse è poi castigato.
7
Rm 6,23
Il salario del peccato è la morte …
8
Rm 3,23
Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio.
9
2 Ts 2,7
Il mistero dell'iniquità è già in atto …
10
Rm 2,4
La bontà di Dio ti spinge alla conversione.


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