PrimiPASSI

NUOTERO' CON TE,

MA CONTRO DI TE

Un racconto di Teresa Cioni

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Premessa - Prima parte

Parte seconda

Tuttavia, durante il viaggio di ritorno, in macchina non aprii bocca, e mio padre, che invece era di buon umore perché pregustava altri giorni di ferie al mare, mi punzecchiò più volte per risvegliarmi da quel torpore. Fu un viaggio tranquillo, senza code, e procedemmo a velocità sostenuta per tutto il tragitto, così arrivammo presto a casa ed ebbi tempo di uscire nel pomeriggio.
Lessi i messaggi che mi erano arrivati mentre ero via e su di uno puntai, decisa, l'attenzione: era Gianni, un ragazzo conosciuto in piscina da due mesi. Mi piaceva, mi aveva colpita da subito per i suoi modi gentili ed affettuosi. Era carino, ma soprattutto il suo carattere me ne fece innamorare, anche se devo dire che io non sono un tipo che si butta a capofitto nelle storie sentimentali, anzi sono piuttosto imbranata.
Ma con Gianni avevamo cominciato a parlare, a provare simpatia l'uno per l'altra; lui è sempre stato discreto, non ha mai fatto avances, tanto che io dubitavo di interessargli: Le cose maturarono gradualmente tra noi: non formule artificiose del tipo "vuoi metterti con me?", ma dolci allusioni, inviti a ritrovarsi presto in vasca, lui che mi aspettava sempre fuori dalle docce, sotto gli asciugacapelli, una sigaretta insieme, poi mi accompagnò a casa e ci scambiammo i numeri di telefono.
Da allora io e lui abbiamo capito di volerci bene. Senza fretta, senza stupidi ricatti, la nostra storia procede teneramente in attesa di nuovi sviluppi.
Insomma quel messaggio mi fece bene: subito mi sollevò il morale, a terra; lo richiamai e ci vedemmo poco dopo.
Anche Gianni adora nuotare, anche se si lamenta dei pessimi risultati, dopo tanta fatica. (Non è assolutamente vero: se la cava benone) . Dice sempre che io sono forte e mi fa arrossire; anche in quei giorni, che mi sentivo un po' "strana", mi faceva i complimenti ed io ero entusiasta se non del mio nuoto, della nostra affinità.
Volle, tanto per cambiare, fare qualche vasca in piscina e poi camminammo un po' fino al bar, dove ci sedemmo per bere qualcosa. Con Gianni fui sincera, in tutto e per tutto, ma non da subito: non gli nascosi che stavo passando un brutto periodo e che avrei dovuto sbrigare "alcune faccende non troppo piacevoli". Lui fu molto dolce, come al solito, e voleva a tutti i costi starmi vicino, soprattutto il giorno della "visita", ma io fui ostinatamente decisa e non volli. Non volevo mi vedesse in quei frangenti, non così, temevo che potesse lasciarmi, non farsi più vivo. In seguito avrei capito quanto mi fossi sbagliata, che avrei dovuto fidarmi di lui, perché ho avuto modo di conoscerlo meglio e se tornassi indietro mi farebbe molto piacere averlo con me. anche in ospedale. ma allora provavo solo imbarazzo e paura. Il fatto è che si trattava di cose un po' personali e ancora non sapevo niente … così non specificai che tipo di esami avrei fatto. Ma, dicevo, Gianni si sarebbe dimostrato, col tempo, sempre carino, infatti non posso fare a meno di ricordare la sera di tre mesi dopo in cui dei suoi amici avevano fissato una cena in un ristorante messicano e lui, sapendo che per me sarebbe stato pericoloso (quei cibi sono piccantissimi), finse di star male per disdire l'invito, senza mettermi in imbarazzo e ci vedemmo invece da soli, ridendo come pazzi per la sua colica da primo attore.
Oppure, quella volta, sotto Natale, che mi fece vergognare davanti agli spogliatoi, scherzando e proponendomi un controllo anti-doping perché facevo uso di cortisone.
ma questi episodi, che ora, a distanza di più di un anno mi fanno sorridere, fanno parte di un capitolo della mia vita iniziato da poco, dopo che tutti i miei problemi trovarono una risposta ed ebbero un nome.
Quel giorno del mio ritorno dalla Toscana, quel fine agosto, sapevo soltanto che ero riconoscente a Gianni per tutto il suo affetto. Nient'altro in quegli istanti aveva più importanza di un suo sorriso.
Quella notte, dopo la precedente, insonne, dormii pensando a lui, felice.
Il giorno dopo, mia madre telefonò per avere i dettagli della mia colonscopia: la preparazione richiedeva tre giorni di dieta senza frutta e verdura ed un giorno di purganti salini, il che mi terrorizzava.
Mancavano solo pochi giorni e poi … l'incertezza mi paralizzava sempre più.
Quei giorni volarono in fretta: arrivò venerdì, preceduto dai giorni preparatori che furono per me come uno stillicidio, un conto alla rovescia fin troppo angosciante.
Avevamo appuntamento per le quattro di sera e mi sarei fatta accompagnare da mia madre, anche se fino all'ultimo avevamo discusso perché avrei preferito andare sola. Per vergognarmi da sola. Ma mia madre stavolta la spuntò e con l'appoggio morale del nostro medico, mi mise e a tacere.
In fondo la sua presenza mi fece molto piacere, però io sono molto orgogliosa e sfiderei il mondo da sola pur di non farmi vedere in pessime condizioni e poi c'è da dire che odio vedere in ansia le persone che amo per colpa mia.
Temevo di vedere mia madre preoccupata ed anche se cercava di nasconderlo, si capiva benissimo che lo era. Giocammo a nasconderci le reciproche paure, con pessimi risultati a dire il vero.
Mi chiamarono ed io temevo di perdere il controllo delle mie gambe, tant'ero in ansia. Sentivo le parole di mia nonna nelle orecchie ed era ancora peggio.
"Basta che finisca una volta per tutte", mi ripetei ed entrai. La "tortura" durò meno di un'ora e poi furono gentili, mi diedero persino un sedativo, perché ero congelata nonostante il caldo.
Mi spiegavano passo passo ogni cosa e mi avvertirono quando dovettero prelevare dei campioni di tessuto per farli esaminare.
Se ci ripenso adesso, non posso credere di essere stata così fifona; oggi, dopo aver ripetuto quel tipo di esame ed altri più volte, non ci faccio più caso. E' proprio vero che ci si abitua a tutto e che il nostro corpo e la nostra mente sono malleabili il più delle volte sorprendendoci.
Ma allora fui "fifona", anche se mi dissero il contrario, forse perché mi sforzai di non darlo a vedere e sono felice di esserci riuscita.
Quando mi alzai dal lettino, mi dettero una mano a rivestirmi e volli subito uscire per abbracciare mia madre. E' tutto finito. Ma entrambe sapevamo che c'erano ancora da aspettare i risultati. Prima di allora non saremmo state del tutto tranquille. Però le dissi "il peggio è andato, vedrai che sarà tutto uno scherzo, roba da poco e poi, tempo un giorno ed io ritorno il piscina, lo sai?! Quest'ultima cosa è stata la più vera di tutte: lo feci, naturalmente.
Prima di dormire, quella sera, il mio medico che abita vicino a noi, volle notizie; io gli sussurrai che mi faceva un po' male la pancia, dopotutto era normale, mi usciva sangue e perciò mi diede delle medicine.
Passarono i giorni ed arrivò quello in cui tutte le carte furono pronte: dovevamo solo leggere e parlarne. Loro ed io, insieme.
Ci ritrovammo seduti in terrazza, il tavolo con le sedie, il mio medico dirimpettaio e noi di casa.
Disse subito: "Poteva andare peggio, quindi non è la cosa peggiore", "Allora cos'è?".
Fu così che "l'amico" che mio nonno non aveva mai conosciuto, si presentò a me: "Dall'esame istologico si nota una forte infiammazione dell'ileo, oltre che del retto-sigma, il che mi fa pensare che la nostra nuotatrice abbia il morbo di Crohn".
E cos'è? Sbiancai, "Di cosa si tratta?". Fu un colpo ammettere che, nonostante il mio profondo interesse per le discipline mediche, proprio la cosa che mi riguardava, io la ignoravo, del tutto.
Il mio medico, che è un amico prima di tutto, e fortuna vuole che sia anche gastroenterologo, fu chiaro, mi raccontò tutto sul mio "nuovo amico", fece domande e rispose alle mie. Intanto volle sapere se per caso c'erano stati episodi del genere in famiglia. Subito risposi "Ma certo, nonno Alfio. Sicuramente, lo so!". neppure mia madre era convinta come lo ero io: era come se me l'avesse confidato nonno stesso o se l'avesse fatto in sua vece il nostro comune amico. "Vedi", mi spiegò il medico, "questa malattia è da pochi decenni che ha un nome proprio, prima non era conosciuta come patologia "unica" - ecco il motivo per cui nonno non ce l'aveva fatta: non prese mai coscienza del suo nemico per la pelle.
"Fu descritta dall'inglese B. Crohn" - piacere mr. Crohn! - "e da allora prese il suo nome. Ti ho detto che è una malattia di tipo infiammatorio e purtroppo è cronica, cioè sarà sempre parte di te, dovrai in un certo senso farci amicizia, perché è solo così che si può riuscire a tenerla sotto controllo prima che sia lei a prendere il sopravvento".
Stavo a bocca aperta, in trance, e lui mi prese la mano "vedi, il Crohn fa parte delle M.I.C.I. (malattie infiammatorie croniche intestinali) che sono essenzialmente due: la tua e la colite ulcerosa. Tu sei stata fortunata, perché l'unico tratto che le differenzia è la localizzazione della malattia. Non in tutti i casi si può arrivare subito alla diagnosi, un po' perché i sintomi vengono spesso sottovalutati e un po' perché non sempre si ha la fortuna di vedere l'ileo infiammato.
Così, capita che certe volte le due malattie vengano confuse e le cure possono essere meno efficaci.
Perciò tu parti con il piede giusto e questa è una cosa positiva".
Quanto gli sono riconoscente oggi al mio amico dottore che ha avuto l'intuizione giusta subito.
Altrimenti oggi starei ancora ad interrogarmi su cosa diavolo c'è che non va …
Prendemmo del tè freddo ed i nostri volti si fecero un po' più rilassati, mentre il dottore proseguiva a parlare "Sai, il Crohn di solito colpisce l'età giovanile, ma le cause sono poco note, si pensa ad un coinvolgimento emotivo, lo stress, ma niente è certo; forse ci sono basi genetiche, il che spiegherebbe il verificarsi di più casi in una famiglia.
Inoltre devi sapere che l'infiammazione può continuamente spegnersi e riaccendersi, magari altrove, può coinvolgere un po' tutto il tubo digerente e, a volte, reni, fegato ed altri organi e in questi casi bisogna assumere cortisonici oltre ai comuni antinfiammatori.
Dovrai imparare a fare attenzione a ciò che mangi" - lo so, ora dirò l'addio alle barrette di cioccolata … - "il cacao, i fritti, le spezie …
"Sul nuoto, puoi continuare, ma senza voler fare troppo. Dovrai controllarti spesso, fare le analisi in un centro specializzato per questo tipo di problemi. Vedrai che non sarà una tragedia e poi ci sono io, la tua famiglia, il … tuo ragazzo? E conoscerai altra persone …" - compagni di pancia! - pensai.
Facemmo tardi a parlare, ma non volle rimanere per cena, fu discreto a lasciarci riflettere tra di noi.
Per me inizialmente fu un po' uno choc: avevo un nuovo amico e volente o nolente sarebbe rimasto per sempre in mia compagnia e voleva pure comandare sui miei gusti … troppa intimità non avrei voluto concedergliela.
Così, inizialmente, non fu facile parlarne, dover spiegare a chi mi stava vicino una cosa che era nuova anche per me. Però imparai a farlo. Col tempo. Ad alcune persone decisi di non dire nulla, ad esempio preferii che mia nonna non sapesse, anche se sarei stata sollevata da dirle che finalmente poteva dare un nome all"assassino" di nonno.
Ma penso che sarebbe vissuta male al pensiero che anche io avrei potuto … anche se oggi, con le nuove conoscenze che si hanno, si potranno anche avere grossi problemi, ma è improbabile fare la fine di mio nonno. Il Crohn è come un bruco un po' speciale non ama le mele, bensì le pance!
Oppure, certe volte si traveste da drago e sputa fiamme a suo piacimento. Buttandomi in piscina, anche l'acqua è impotente contro di lui, e per vincerlo ci vuole la magia delle tre pastiglie rosse che ormai fanno parte del mio menù quotidiano.
Quando invece le cose vanno bene, potrei descrivere il mio amico come un vulcano spento, ma che ogni tanto ti fa capire che vuole attenzione: se non lo ignori, può comportarsi bene per molto tempo. Altrimenti …
Con me, le cure funzionarono, però smisi troppo presto, presa dall'entusiasmo dei miglioramenti, e cos' il vulcano un bel giorno si risvegliò. Alcuni mesi fa. A meno di un anno dal primo episodio. Ricominciai ad avere dolori, sangue e muco e stavo fissa al bagno.
Il mio terrore più grande era di non riuscire a raggiungerlo in tempo. Purtroppo, a volte, può succedere e per me che sono una maniaca della pulizia personale, che farei la doccia ogni ora, significa perdere tanto tempo.
Anche in piscina, spesso dovevo correre, per fare in tempo, e quando c'è gente è così imbarazzante.
Alla fine, comunque, sono più le persone con cui ne ho potuto parlare apertamente rispetto alle altre, con cui ho preferito tacere.
Quando ricominciarono i problemi e davvero non ne potei più, ne parlai in casa e decidemmo di rivolgerci al centro per avere direttive sui passi che avrei dovuto fare,, vista la ricaduta.
Sapevo che avrei dovuto ripetere le analisi, tutte, perché ogni episodio può avere nuovi risvolti. Ma stavolta mi sentivo più calma. Stavo solo avendo un clamoroso litigio con l'amico Crohn, ed avrei vinto io. Intanto ci furono alcune novità: nel tempo che trascorse tra la vita al centro e l'inizio dei problemi, ebbi degli incontri con presone che mi fecero sentire meno sola. Infatti capitò che un giorno, parlando con una compagna di vasca, il discorso cadde sul mio problema e scoprii, con meraviglia, che questa amica conosceva bene perché una sua conoscente ne soffriva da tanti anni, così mi propose di conoscerla. Mi avrebbe fatto bene sentire che aveva più esperienza di me. Un pomeriggio mi decisi e andai a cercarla nella gioielleria dove lavorava. Entrai e chiesi "Lavora qui una certa Simonetta?. La giovane donna al banco rispose "tesoro, sono io, cosa desideri?" Bisogna dire che la signora della piscina che mi aveva parlato di Simonetta, aveva poi detto a quest'ultima di me e la aveva anche avvertita della mia prossima visita; così bastò dirle "Sono quella persona che ha …" e non feci in tempo a finire il discorso, che questa donna dall'aria simpatica e cordiale, capì e mi fece accomodare. "Adesso faremo una bella chiacchierata io e te" disse.
Simonetta fu molto gentile nei miei confronti: aveva un'espressione di tenerezza e di comprensione. Scoprii che aveva il Crohn dall'età di 18 anni, ma che glielo avevano diagnosticato con quasi dieci anni di ritardo, dapprima sottovalutando i suoi disturbi e dando la colpa al "nervoso". Poi stette malissimo, fu ricoverata ed operata in laparoscopia, le misero anche il sacchetto; fu così che scoprirono ogni cosa. per fortuna si riprese bene e nonostante avesse avuto altri due interventi, mi disse che si sentiva in un certo senso molto meglio ora che sapeva rispetto ai vecchi tempi.
Scoprii anche che aveva un uomo, ma avevano scelto di non fare figli, per paura di trasmettere in eredità questa malattia e poi perché non è facile programmare una gravidanza con le medicine e le acutizzazioni continue e improvvise del Crohn.
Non è facile, ma nemmeno impossibile, come avrei scoperto nel mio secondo incontro, successivamente, sta ad ognuno di noi sentirsela o meno di affrontare questo passo così importante.

La terza parte