Parte
seconda
Tuttavia,
durante il viaggio di ritorno, in macchina non aprii bocca, e
mio padre, che invece era di buon umore perché pregustava
altri giorni di ferie al mare, mi punzecchiò più
volte per risvegliarmi da quel torpore. Fu un viaggio tranquillo,
senza code, e procedemmo a velocità sostenuta per tutto
il tragitto, così arrivammo presto a casa ed ebbi tempo
di uscire nel pomeriggio.
Lessi i messaggi che mi erano arrivati mentre ero via e su di
uno puntai, decisa, l'attenzione: era Gianni, un ragazzo conosciuto
in piscina da due mesi. Mi piaceva, mi aveva colpita da subito
per i suoi modi gentili ed affettuosi. Era carino, ma soprattutto
il suo carattere me ne fece innamorare, anche se devo dire che
io non sono un tipo che si butta a capofitto nelle storie sentimentali,
anzi sono piuttosto imbranata.
Ma con Gianni avevamo cominciato a parlare, a provare simpatia
l'uno per l'altra; lui è sempre stato discreto, non ha
mai fatto avances, tanto che io dubitavo di interessargli: Le
cose maturarono gradualmente tra noi: non formule artificiose
del tipo "vuoi metterti con me?", ma dolci allusioni,
inviti a ritrovarsi presto in vasca, lui che mi aspettava sempre
fuori dalle docce, sotto gli asciugacapelli, una sigaretta insieme,
poi mi accompagnò a casa e ci scambiammo i numeri di telefono.
Da allora io e lui abbiamo capito di volerci bene. Senza fretta,
senza stupidi ricatti, la nostra storia procede teneramente in
attesa di nuovi sviluppi.
Insomma quel messaggio mi fece bene: subito mi sollevò
il morale, a terra; lo richiamai e ci vedemmo poco dopo.
Anche Gianni adora nuotare, anche se si lamenta dei pessimi risultati,
dopo tanta fatica. (Non è assolutamente vero: se la cava
benone) . Dice sempre che io sono forte e mi fa arrossire; anche
in quei giorni, che mi sentivo un po' "strana", mi
faceva i complimenti ed io ero entusiasta se non del mio nuoto,
della nostra affinità.
Volle, tanto per cambiare, fare qualche vasca in piscina e poi
camminammo un po' fino al bar, dove ci sedemmo per bere qualcosa.
Con Gianni fui sincera, in tutto e per tutto, ma non da subito:
non gli nascosi che stavo passando un brutto periodo e che avrei
dovuto sbrigare "alcune faccende non troppo piacevoli".
Lui fu molto dolce, come al solito, e voleva a tutti i costi
starmi vicino, soprattutto il giorno della "visita",
ma io fui ostinatamente decisa e non volli. Non volevo mi vedesse
in quei frangenti, non così, temevo che potesse lasciarmi,
non farsi più vivo. In seguito avrei capito quanto mi
fossi sbagliata, che avrei dovuto fidarmi di lui, perché
ho avuto modo di conoscerlo meglio e se tornassi indietro mi
farebbe molto piacere averlo con me. anche in ospedale. ma allora
provavo solo imbarazzo e paura. Il fatto è che si trattava
di cose un po' personali e ancora non sapevo niente
così
non specificai che tipo di esami avrei fatto. Ma, dicevo, Gianni
si sarebbe dimostrato, col tempo, sempre carino, infatti non
posso fare a meno di ricordare la sera di tre mesi dopo in cui
dei suoi amici avevano fissato una cena in un ristorante messicano
e lui, sapendo che per me sarebbe stato pericoloso (quei cibi
sono piccantissimi), finse di star male per disdire l'invito,
senza mettermi in imbarazzo e ci vedemmo invece da soli, ridendo
come pazzi per la sua colica da primo attore.
Oppure, quella volta, sotto Natale, che mi fece vergognare davanti
agli spogliatoi, scherzando e proponendomi un controllo anti-doping
perché facevo uso di cortisone.
ma questi episodi, che ora, a distanza di più di un anno
mi fanno sorridere, fanno parte di un capitolo della mia vita
iniziato da poco, dopo che tutti i miei problemi trovarono una
risposta ed ebbero un nome.
Quel giorno del mio ritorno dalla Toscana, quel fine agosto,
sapevo soltanto che ero riconoscente a Gianni per tutto il suo
affetto. Nient'altro in quegli istanti aveva più importanza
di un suo sorriso.
Quella notte, dopo la precedente, insonne, dormii pensando a
lui, felice.
Il giorno dopo, mia madre telefonò per avere i dettagli
della mia colonscopia: la preparazione richiedeva tre giorni
di dieta senza frutta e verdura ed un giorno di purganti salini,
il che mi terrorizzava.
Mancavano solo pochi giorni e poi
l'incertezza mi paralizzava
sempre più.
Quei giorni volarono in fretta: arrivò venerdì,
preceduto dai giorni preparatori che furono per me come uno stillicidio,
un conto alla rovescia fin troppo angosciante.
Avevamo appuntamento per le quattro di sera e mi sarei fatta
accompagnare da mia madre, anche se fino all'ultimo avevamo discusso
perché avrei preferito andare sola. Per vergognarmi da
sola. Ma mia madre stavolta la spuntò e con l'appoggio
morale del nostro medico, mi mise e a tacere.
In fondo la sua presenza mi fece molto piacere, però io
sono molto orgogliosa e sfiderei il mondo da sola pur di non
farmi vedere in pessime condizioni e poi c'è da dire che
odio vedere in ansia le persone che amo per colpa mia.
Temevo di vedere mia madre preoccupata ed anche se cercava di
nasconderlo, si capiva benissimo che lo era. Giocammo a nasconderci
le reciproche paure, con pessimi risultati a dire il vero.
Mi chiamarono ed io temevo di perdere il controllo delle mie
gambe, tant'ero in ansia. Sentivo le parole di mia nonna nelle
orecchie ed era ancora peggio.
"Basta che finisca una volta per tutte", mi ripetei
ed entrai. La "tortura" durò meno di un'ora
e poi furono gentili, mi diedero persino un sedativo, perché
ero congelata nonostante il caldo.
Mi spiegavano passo passo ogni cosa e mi avvertirono quando dovettero
prelevare dei campioni di tessuto per farli esaminare.
Se ci ripenso adesso, non posso credere di essere stata così
fifona; oggi, dopo aver ripetuto quel tipo di esame ed altri
più volte, non ci faccio più caso. E' proprio vero
che ci si abitua a tutto e che il nostro corpo e la nostra mente
sono malleabili il più delle volte sorprendendoci.
Ma allora fui "fifona", anche se mi dissero il contrario,
forse perché mi sforzai di non darlo a vedere e sono felice
di esserci riuscita.
Quando mi alzai dal lettino, mi dettero una mano a rivestirmi
e volli subito uscire per abbracciare mia madre. E' tutto finito.
Ma entrambe sapevamo che c'erano ancora da aspettare i risultati.
Prima di allora non saremmo state del tutto tranquille. Però
le dissi "il peggio è andato, vedrai che sarà
tutto uno scherzo, roba da poco e poi, tempo un giorno ed io
ritorno il piscina, lo sai?! Quest'ultima cosa è stata
la più vera di tutte: lo feci, naturalmente.
Prima di dormire, quella sera, il mio medico che abita vicino
a noi, volle notizie; io gli sussurrai che mi faceva un po' male
la pancia, dopotutto era normale, mi usciva sangue e perciò
mi diede delle medicine.
Passarono i giorni ed arrivò quello in cui tutte le carte
furono pronte: dovevamo solo leggere e parlarne. Loro ed io,
insieme.
Ci ritrovammo seduti in terrazza, il tavolo con le sedie, il
mio medico dirimpettaio e noi di casa.
Disse subito: "Poteva andare peggio, quindi non è
la cosa peggiore", "Allora cos'è?".
Fu così che "l'amico" che mio nonno non aveva
mai conosciuto, si presentò a me: "Dall'esame istologico
si nota una forte infiammazione dell'ileo, oltre che del retto-sigma,
il che mi fa pensare che la nostra nuotatrice abbia il morbo
di Crohn".
E cos'è? Sbiancai, "Di cosa si tratta?". Fu
un colpo ammettere che, nonostante il mio profondo interesse
per le discipline mediche, proprio la cosa che mi riguardava,
io la ignoravo, del tutto.
Il mio medico, che è un amico prima di tutto, e fortuna
vuole che sia anche gastroenterologo, fu chiaro, mi raccontò
tutto sul mio "nuovo amico", fece domande e rispose
alle mie. Intanto volle sapere se per caso c'erano stati episodi
del genere in famiglia. Subito risposi "Ma certo, nonno
Alfio. Sicuramente, lo so!". neppure mia madre era convinta
come lo ero io: era come se me l'avesse confidato nonno stesso
o se l'avesse fatto in sua vece il nostro comune amico. "Vedi",
mi spiegò il medico, "questa malattia è da
pochi decenni che ha un nome proprio, prima non era conosciuta
come patologia "unica" - ecco il motivo per cui nonno
non ce l'aveva fatta: non prese mai coscienza del suo nemico
per la pelle.
"Fu descritta dall'inglese B. Crohn" - piacere mr.
Crohn! - "e da allora prese il suo nome. Ti ho detto che
è una malattia di tipo infiammatorio e purtroppo è
cronica, cioè sarà sempre parte di te, dovrai in
un certo senso farci amicizia, perché è solo così
che si può riuscire a tenerla sotto controllo prima che
sia lei a prendere il sopravvento".
Stavo a bocca aperta, in trance, e lui mi prese la mano "vedi,
il Crohn fa parte delle M.I.C.I. (malattie infiammatorie croniche
intestinali) che sono essenzialmente due: la tua e la colite
ulcerosa. Tu sei stata fortunata, perché l'unico tratto
che le differenzia è la localizzazione della malattia.
Non in tutti i casi si può arrivare subito alla diagnosi,
un po' perché i sintomi vengono spesso sottovalutati e
un po' perché non sempre si ha la fortuna di vedere l'ileo
infiammato.
Così, capita che certe volte le due malattie vengano confuse
e le cure possono essere meno efficaci.
Perciò tu parti con il piede giusto e questa è
una cosa positiva".
Quanto gli sono riconoscente oggi al mio amico dottore che ha
avuto l'intuizione giusta subito.
Altrimenti oggi starei ancora ad interrogarmi su cosa diavolo
c'è che non va
Prendemmo del tè freddo ed i nostri volti si fecero un
po' più rilassati, mentre il dottore proseguiva a parlare
"Sai, il Crohn di solito colpisce l'età giovanile,
ma le cause sono poco note, si pensa ad un coinvolgimento emotivo,
lo stress, ma niente è certo; forse ci sono basi genetiche,
il che spiegherebbe il verificarsi di più casi in una
famiglia.
Inoltre devi sapere che l'infiammazione può continuamente
spegnersi e riaccendersi, magari altrove, può coinvolgere
un po' tutto il tubo digerente e, a volte, reni, fegato ed altri
organi e in questi casi bisogna assumere cortisonici oltre ai
comuni antinfiammatori.
Dovrai imparare a fare attenzione a ciò che mangi"
- lo so, ora dirò l'addio alle barrette di cioccolata
- "il cacao, i fritti, le spezie
"Sul nuoto, puoi continuare, ma senza voler fare troppo.
Dovrai controllarti spesso, fare le analisi in un centro specializzato
per questo tipo di problemi. Vedrai che non sarà una tragedia
e poi ci sono io, la tua famiglia, il
tuo ragazzo? E conoscerai
altra persone
" - compagni di pancia! - pensai.
Facemmo tardi a parlare, ma non volle rimanere per cena, fu discreto
a lasciarci riflettere tra di noi.
Per me inizialmente fu un po' uno choc: avevo un nuovo amico
e volente o nolente sarebbe rimasto per sempre in mia compagnia
e voleva pure comandare sui miei gusti
troppa intimità
non avrei voluto concedergliela.
Così, inizialmente, non fu facile parlarne, dover spiegare
a chi mi stava vicino una cosa che era nuova anche per me. Però
imparai a farlo. Col tempo. Ad alcune persone decisi di non dire
nulla, ad esempio preferii che mia nonna non sapesse, anche se
sarei stata sollevata da dirle che finalmente poteva dare un
nome all"assassino" di nonno.
Ma penso che sarebbe vissuta male al pensiero che anche io avrei
potuto
anche se oggi, con le nuove conoscenze che si hanno,
si potranno anche avere grossi problemi, ma è improbabile
fare la fine di mio nonno. Il Crohn è come un bruco un
po' speciale non ama le mele, bensì le pance!
Oppure, certe volte si traveste da drago e sputa fiamme a suo
piacimento. Buttandomi in piscina, anche l'acqua è impotente
contro di lui, e per vincerlo ci vuole la magia delle tre pastiglie
rosse che ormai fanno parte del mio menù quotidiano.
Quando invece le cose vanno bene, potrei descrivere il mio amico
come un vulcano spento, ma che ogni tanto ti fa capire che vuole
attenzione: se non lo ignori, può comportarsi bene per
molto tempo. Altrimenti
Con me, le cure funzionarono, però smisi troppo presto,
presa dall'entusiasmo dei miglioramenti, e cos' il vulcano un
bel giorno si risvegliò. Alcuni mesi fa. A meno di un
anno dal primo episodio. Ricominciai ad avere dolori, sangue
e muco e stavo fissa al bagno.
Il mio terrore più grande era di non riuscire a raggiungerlo
in tempo. Purtroppo, a volte, può succedere e per me che
sono una maniaca della pulizia personale, che farei la doccia
ogni ora, significa perdere tanto tempo.
Anche in piscina, spesso dovevo correre, per fare in tempo, e
quando c'è gente è così imbarazzante.
Alla fine, comunque, sono più le persone con cui ne ho
potuto parlare apertamente rispetto alle altre, con cui ho preferito
tacere.
Quando ricominciarono i problemi e davvero non ne potei più,
ne parlai in casa e decidemmo di rivolgerci al centro per avere
direttive sui passi che avrei dovuto fare,, vista la ricaduta.
Sapevo che avrei dovuto ripetere le analisi, tutte, perché
ogni episodio può avere nuovi risvolti. Ma stavolta mi
sentivo più calma. Stavo solo avendo un clamoroso litigio
con l'amico Crohn, ed avrei vinto io. Intanto ci furono alcune
novità: nel tempo che trascorse tra la vita al centro
e l'inizio dei problemi, ebbi degli incontri con presone che
mi fecero sentire meno sola. Infatti capitò che un giorno,
parlando con una compagna di vasca, il discorso cadde sul mio
problema e scoprii, con meraviglia, che questa amica conosceva
bene perché una sua conoscente ne soffriva da tanti anni,
così mi propose di conoscerla. Mi avrebbe fatto bene sentire
che aveva più esperienza di me. Un pomeriggio mi decisi
e andai a cercarla nella gioielleria dove lavorava. Entrai e
chiesi "Lavora qui una certa Simonetta?. La giovane donna
al banco rispose "tesoro, sono io, cosa desideri?"
Bisogna dire che la signora della piscina che mi aveva parlato
di Simonetta, aveva poi detto a quest'ultima di me e la aveva
anche avvertita della mia prossima visita; così bastò
dirle "Sono quella persona che ha
" e non feci
in tempo a finire il discorso, che questa donna dall'aria simpatica
e cordiale, capì e mi fece accomodare. "Adesso faremo
una bella chiacchierata io e te" disse.
Simonetta fu molto gentile nei miei confronti: aveva un'espressione
di tenerezza e di comprensione. Scoprii che aveva il Crohn dall'età
di 18 anni, ma che glielo avevano diagnosticato con quasi dieci
anni di ritardo, dapprima sottovalutando i suoi disturbi e dando
la colpa al "nervoso". Poi stette malissimo, fu ricoverata
ed operata in laparoscopia, le misero anche il sacchetto; fu
così che scoprirono ogni cosa. per fortuna si riprese
bene e nonostante avesse avuto altri due interventi, mi disse
che si sentiva in un certo senso molto meglio ora che sapeva
rispetto ai vecchi tempi.
Scoprii anche che aveva un uomo, ma avevano scelto di non fare
figli, per paura di trasmettere in eredità questa malattia
e poi perché non è facile programmare una gravidanza
con le medicine e le acutizzazioni continue e improvvise del
Crohn.
Non è facile, ma nemmeno impossibile, come avrei scoperto
nel mio secondo incontro, successivamente, sta ad ognuno di noi
sentirsela o meno di affrontare questo passo così importante. |