la reale situazione in cui versa la Carnia ed il contermine Canale del Ferro, sanziona il ricorso all'aiuto dei civili -
interpreti, portatori e portatrici - per risolvere soprattutto i numerosi problemi connessi con l'alimentazione delle unità schierate in corrispondenza della frontiera con l'Austria a causa della insufficiente
viabilità maggiore e minore. Assumendo la responsabilità della Zona Carnia, il Lequio si getta a capofitto nella realizzazione di rotabili, mulattiere e sentieri, ricorrendo a lavoratori locali, la maggior parte dei
quali è appena rientrata dall'estero ed in particolare dall'Austria e dalla Germania. L'impiego di questi lavoratori, destinati altrimenti alla disoccupazione, contribuisce a dare una boccata d'ossigeno alla
asfittica economia locale.
Risale a quell'epoca anche la costruzione delle due ferrovie a scartamento ridotto, di grande importanza logistica, collegate alla linea ferroviaria Stazione per la Carnia-Tolmezzo-Villa
Santina che da queste due ultime località risalgono le valli But e Degano rispettivamente fino a Paluzza e a Comeglians.
Nella pianificazione della viabilità maggiore e minore, il Lequio ricerca sempre soluzioni
idonee a servire non solo per il tempo di guerra ma anche per il dopo-guerra, per rilanciare l'economia locale. La sua azione è quindi improntata a criteri decisamente moderni avendo egli ben presente il complesso
problema connesso con la salvaguardia e la valorizzazione della montagna.
La conferma di quanto scritto viene anche dall'autore
del libro "Le Divisioni della Carnia di fronte all'invasore", Vittorio Prunas Tola, che così recita:
"Mentre sul principio della guerra scarseggiavano quasi completamente le vie di comunicazione, per l'opera assidua e organizzatrice di S.E. il generale Lequio comandante della zona, lunghe strade solcavano le
valli, si arrampicavano sui pendii delle montagne, facilitando i traini d'artiglieria e ogni genere di rifornimenti. Il generale Lequio era stato il piccolo re della Zona Carnia: non ho udito un ufficiale che lo
ricordasse senza rimpiangerlo".
Un'ulteriore conferma si ricava dalla pubblicazione "Omaggio alle Portatrici Comiche
Cavalieri di Vittorio Veneto" edita dall'A.N.A. di Udine in occasione della 56^ Adunata Nazionale del 1983:
"Nelle nostre valli mentre gli uomini validi vennero mobilitati sui diversi fronti, donne e ragazzi carnici vennero adibiti con pala e picco come valido aiuto nella sistemazione e completamento di strade,
mulattiere, di sentieri... A fianco delle ferrovie a scartamento ridotto, sorsero le grandi vie di comunicazione da Tolmezzo a Zuglio, a San Francesco, a Villa Santina sui contrafforti del Lovinzola, ad Illegio di
fianco all'Amariana, da Paluzza a Timau, a Paularo, a Comeglians.Quindi le strade di montagna sul Crostis, sul Tersadia, sul monte di Troppo, sul Dauda, sul Tamai solo per citare alcune del settore più
importante, quello del But-Degano".
Oltre ad avere a cuore i problemi della popolazione carnica, il Comandante della Zona
Carnia, profondo conoscitore della montagna nei suoi aspetti più difficili, affronta e risolve nel migliore dei modi gli onerosi problemi legati al benessere del soldato alle sue dipendenze. In merito così si
esprime il suo Capo di Stato Maggiore, colonnello Douhet:
"In Carnia, il soldato non mancò di nulla. Dovunque fosse,
fra le nevi o sui picchi più alti, aveva il suo ricovero, la sua stufa, i suoi bagni. Dovunque fosse, sentiva che fino a lui giungeva la cura ed il pensiero del Comandante ".
Il carattere dell'uomo e del comandante traspare anche dalla corrispondenza con i familiari. In una lettera del settembre 1915, ad essi indirizzata, il Lequio
scrive:
"Mi curo dei miei soldati e dei miei dipendenti. Faccio lavorare i borghesi, penso a sollevare miserie, aiuto
le autorità locali, non vado mai in nessun luogo pubblico, sto sempre in ufficio quando non sono in giro per servizio, e forse si e no, per cinque minuti nella mattinata o nel pomeriggio, scendo in giardino. La sera
poi, dopo aver aspettato gli ultimi telegrammi, vado nella mia camera che ho voluto vicino all'ufficio per essere pronto in qualunque ora e mi addormento stanchissimo. E non sempre dormo tranquillo! Non saprei dare
di più al Paese. Non vado mai pel paese e al caffè perché non si deve dire che non lavoro. A Udine invece, quanta gente al caffè e in giro per la città! Fa impressione!».
Per il suo nobile comportamento e per il suo agire volto sia a salvaguardare l'integrità dei confini sia il benessere delle popolazioni e la loro vita economica e civile,
il Consiglio Comunale del capoluogo carnico, nella seduta del 14 novembre 1915, delibera di concedere al Lequio la cittadinanza onoraria. L'avvocato Riccardo Spinotti, sindaco di Tolmezzo, in tale circostanza così
si esprime in suo favore, certo di interpretare anche i sentimenti della popolazione carnica:"Il provvedimento ha una grande importanza non per l'Uomo a cui vorremmo dare, se ci fosse possibile, una prova
più alta della nostra ammirazione e della nostra gratitudine, ma per noi, per la Carnia tutta, se dal nuovo ed affettuoso legame di cittadinanza avremo motivo di indurre che l'unione, la concorda, la disciplina dei
Camici dinanzi al fine supremo della guerra siano per divenire più salde ed incrollabili che mai.
La Carnia è ora unita da un solo sentimento, quello dell'amor di Patria; da un solo desiderio, quello della sua
grandezza! Non hanno esitato un solo istante le nostre innumerevoli schiere di emigranti nel porre al di sopra di ingiustamente temute considerazioni egoistiche il pensiero del proprio paese, della terra natia!
Ed
è con vero orgoglio che noi possiamo guardare lassù, dove i nostri fratelli, i nostri bravi alpini tengono e serrano con inaudito valore il confine!
Ebbene: noi pensiamo che di tanta concordia, di
tanta disciplina, di così largo e sereno spirito di sacrificio, il merito sia dovuto, e non in piccola parte, all'Uomo che ci regge. Figlio della montagna, Egli è venuto tra noi; ha compreso la rude ma salda ed
incorruttibile tempra del nostro montanaro e di là, dove altri notava freddezza o indifferenza, ha saputo trarre scintille!
Onorevoli colleghi!
Noi ci lusinghiamo che S.E. il Tenente
Generale Clemente Lequio, a cui ci lega ormai un così profondo e diffuso senso di fiducia, accolga di buon grado il desiderio nostro ch'Egli sia considerato cittadino di Tolmezzo e che la vostra deliberazione valga
ad attestare a Lui ed agli eminenti Uomini che l'attorniano, la nostra ammirazione e la nostra gratitudine ".
Tutti i Sindaci della Carnia, certi di interpretare l'animo della popolazione, dopo il
conferimento della cittadinanza onoraria di Tolmezzo, decidono di fare dono al generale Lequio di una medaglia d'oro con dedica. E una nuova e più alta e ad un tempo affettuosa manifestazione che la Carnia dedica al
"suo generale".
Nei momenti di maggior pericolo e quindi di maggior impegno, troviamo il Lequio non già a Tolmezzo, sede del suo Comando, ma presso i reparti a condividerne le sorti ed a rincuorare i
combattenti. Per questa sua caratteristica e per la fiducia che in lui ripone il Cadorna, il 22 maggio del 1916, mentre da sette giorni è in pieno svolgimento nel Trentino la Strafexpedition (Spedizione Punitiva) il
Lequio, dopo aver ceduto provvisoriamente il comando della Zona Carnia al generale Salazar, comandante della 26^ Divisione, viene inviato sull'altipiano dei Sette Comuni per assumere il comando delle "Truppe
dell'Altipiano" da poco costituito in seno alla I^ Armata, comando che conserva fino al 5 giugno quando, per la caduta di M. Cengio dovuta ad errori del comandante della Brigata Granatieri di Sardegna, viene
sostituito con il generale Mambretti.
Il dispiacere provato dal Lequio per questa ingiusta sostituzione emerge da un suo scritto alla famiglia:
"Chi fu con me, sa come sorretto da immensa fede e da ferrea
volontà io sopportassi tutte quelle fatiche fisiche ed anche morali, mantenendo la mia serenità e la più perfetta tranquillità di spirito.
Dopo un lavoro angoscioso di quindici giorni nei quali avevo dato tutto me
stesso per far bene e rimettere le cose un pò a posto, avrei meritato di essere meglio compreso. Ma sono stato troppo franco e 'tante verité n'est pas bonne a dire'. Così non ho più goduto il favore superiore. Ad
ogni modo la mia coscienza è netta e il provvedimento non mi ha offeso, perché so di avere fatto il mio dovere. Nessun altro avrebbe potuto fare meglio. Non ho pensato che al lavoro giorno e notte, dormendo vestito,
mangiando poco e quando si poteva. Ho creduto anche mio dovere non nascondere nulla 'perché ritengo sia meglio sapere e provvedere ' ".
Secondo il colonnello Douhet, Capo di Stato Maggiore della Zona Carnia,
il Generale Lequio viene allontanato dagli Altipiani non appena il Cadorna sente di non avere più bisogno della sua opera e per evitare il dilagare della voce secondo la quale egli aveva salvato la situazione.
Infatti, secondo gli storici più autorevoli e la stessa relazione ufficiale austriaca, con il 3 giugno può essere considerata conclusa la fase offensiva della Strafexpedition passando l'iniziativa in mano agli
italiani.
"Avanti con fiducia in Dio, avanti fermi nel proposito di fare il nostro dovere per la Patria e per il Re!". Con questi propositi - e cioè con i propositi di sempre – il Lequio ritorna in Carnia, al suo posto di comando.Con l'animo
ancora dolente per aver dovuto lasciare il Comando Truppe degli Altipiani, appena rimesso piede nella terra alla quale si sente tanto legato, il comandante della Zona Carnia riceve un grosso dispiacere dal
battaglione Tolmezzo, dal reparto cioè che gli aveva dato tanta soddisfazione nel 1913 ad Assaba durante la guerra di Libia.
Il dispiacere per quanto successo e la sua grande umanità traspaiono appieno dal suo
ordine del giorno diramato il 16 luglio alla compagnia interessata che il Comando Supremo vuole sciogliere, provvedimento al quale si oppone con tutte le forze:
"Il 12 giugno, tredici militari della vostra
72^ compagnia alpini, fra i quali un sergente ed un caporale, hanno disertato. Costoro hanno compiuto il più grave reato che sia possibile commettere contro la Patria, sono stati condannati con sentenza del 30
giugno del Tribunale di Guerra alla pena di morte, e la infame condanna è stata affissa nei paesi dove nacquero, affinchè i loro concittadini su di essi riversino l'onta e l'obbrobrio.
Su di essi mai potrà
scendere il perdono poiché non si può perdonare al figlio che si rivolta contro la madre comune, mettendosi dalla parte del nemico che la minacciava. Essi sono passati dall'altra parte; hanno rinnegato il loro
paese, sono diventati nostri nemici, pur essendo qui nati: non meritano che il nostro disprezzo; compiano il loro destino in terra straniera, dagli stessi stranieri disprezzati e vilipesi; essi non hanno più nulla
che fare con noi.
Questo reato collettivo non macchia soltanto coloro che lo commisero, esso getta la sua onta sulla compagnia nella quale ha avuto esecuzione. Nella 72^ compagnia alpini ciò è stato fatto, perché
è impossibile che nella comune vita delle trincee, tredici militari si accordino, complottino la diserzione e disertino senza che nessuno se ne accorga: certamente altri tra voi ebbero sentore della cosa e tacquero
e tacciono ancora. Avevo già disposto perché fossero presi a carico della compagnia gravi provvedimenti. Ma la condotta bella e valorosa a pochi giorni di distanza da quella data brutta e dolorosa, tenuta il 27
giugno, quando con slancio e fede ammirevole avete strappato al nemico talune posizioni del Freikofel, m'induce a tenervi riabilitati davanti a voi stessi, davanti ai camerali, davanti al Paese. Perciò vi lascio
l'onore di restare tutti uniti nella vostra compagnia al posto che avete guadagnato, confidando che questa prova di fiducia vi faccia comprendere quanto sia grande l'obbligo della vostra compagnia; figlia di quel
battaglione Tolmezzo che io stesso in Libia e su questi sacri confini ho visto combattere con indomito valore, con costante tenacia, per il bene della Patria nostra! ".
Un'altra burrasca si sta, nel
frattempo, formando sulla sua testa: è la burrasca "Douhet", provocata cioè dal suo Capo di Stato Maggiore che, come già visto, avrà per conseguenza il suo allontanamento dalla piccola Armata della Carnia
per un qualsiasi comando di Corpo d'Armata, quindi di rango inferiore, nonostante nella vicenda "egli non avesse alcuna parte, ne diretta, ne indiretta". Al suo posto subentra il tenente generale Giulio
Cesare Tassoni
.