Felicità |
Grazie
a Dio la nostra è una civiltà dell’immagine Il
contenuto dell’articolo è nel titolo. Vale la pena di
leggerlo, anche se ci vuole un po’. Nella Bibbia una delle
parole più usate (più di 400 volte) è panim (volto) a
segnalare l’ansia di conoscere il volto di Dio. I
cristiani finalmente l’hanno conosciuto e anche noi,
immedesimandoci con coloro che hanno seguito Gesù e
contemplando le immagini che raffigurano la sua presenza.
Non c’è più l’anonimato, grazie a Dio. |
di
Joseph Ratzinger |
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Capita
frequentemente di scambiare la felicità con un’euforia
sentimentale in cui la realtà va a braccetto con le proprie
aspettative. Questo è il successo, che si vorrebbe prolungare
indefinitamente attraverso ricette varie. In effetti, la vita non
è un successo continuo, anzi, sembrerebbe il contrario e chi la
sogna così, rimane irrimediabilmente deluso, fregato da quella
che giustamente viene indicata come persistente immaturità
adolescenziale. D’altra parte il desiderio che per fortuna sembra essere un’energia indomabile, deve significare qualcosa: vuole conoscere per che cosa, per chi è fatto. Se rinuncia a questa “pretesa”, il desiderio può tradursi in un tormento assurdo che si preferisce lenire accontentandosi di una filosofia spicciola dell’esistenza che permetta di tenere a posto le cose almeno fino a quando si può (perché comunque non si può). I giornali, al proposito, mai come oggi sono affollati di consigli, anche perché nessuno di questi consigli è vero nel senso di soddisfacente. La ricerca del volto di Dio è la ricerca di Colui per cui si è fatti; è la natura profonda del desiderio; è la domanda di poter continuare a desiderare a causa di una speranza che sa che ciò che è distrutto, o apparentemente impossibile, può essere ricostituito o donato. Questo è quello che noi veramente vogliamo. Anche il successo, sì, nel senso che succeda sempre ciò di cui noi abbiamo bisogno e di cui non siamo capaci. |
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