Rassegnina |
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SCHIAVI DELLA NOIA
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«Paradisi finti», Il Foglio, 08.11.2007
«Non c’è mai scampo, nemmeno a vent’anni, nemmeno in paradiso, nel
lungo paradiso dell’erasmus (arrivederci ragazzi, fate baldoria che
poi cambia tutto, passate qualche esame, raccontate quanto è stato
bello, quanta gente, quante cazzate, e com’ero libero e pazzo, e
com’ero adulto e giovane insieme). Tutta la libertà e la giovinezza,
tutte le possibilità, gli spinelli, le chitarre, e nessuna madre a
tirarti giù dal letto e a urlare: studia deficiente, a che ora sei
tornato ieri notte. Sono mesi, anni mirabili, è il periodo che
nessuno scorda, quello in cui puoi diventare qualunque cosa
desideri, per un po’: sciupafemmine, ribelle, zoccola, cameriera,
cosmopolita, musicista da pub, fricchettone, intellettuale,
semialcolizzato ma con brio. Poi si torna alla realtà e guarda non
puoi capire, è stato grandioso. […]. Lei però non è tornata, l’hanna
ammazzata col coltello all’inizio di un lungo weekend. […]. Ci si è
infilato dentro l’orrore, stavolta. L’orrore impossibile anche da
inventarsi».
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«Hanno ucciso la famiglia», Stefano Zecchi, Il
Giornale, 08.11.2007
«A leggere i verbali dei giovani arrestati a Perugia c’è da
rabbrividire. Sesso, orgie, casualità dei rapporti, indifferenza per
gli affetti: niente ha significato, qualsiasi relazione, azione,
decisione si invischia in un nulla di senso come se la vita fosse
niente, come se l’amore fosse una parola banale per imbecilli, come
se l’amicizia fosse una cosa tra le cose, che si liquida con un
sorriso e una pacca sulla spalla. […] Voler essere ciò che non si è
in grado di far apparire ai propri coetanei o ai propri insegnanti,
perché non si riesce ad affrontare la realtà, perché non si riesce
ad accettare gli obblighi e le necessità che essa impone. Una
spaventosa fragilità. […]. Non mi stancherò mai di ricordare la cosa
più ovvia e più dimenticata: dietro ad ogni giovane c’è una
famiglia».
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«Come un video mosso che si fa tragedia»,
Marina Corradi, Avvenire, 08.11.07
«Per l’omicidio di Meredith Kercher a Perugia ci sono tre fermati.
Quale sia l’assassino, non si sa. […]. Dai verbali di Perugia emerge
però – dentro la città universitaria, migliaia di studenti da tutto
il mondo, una babele di lingue e di incontri – uno spaccato che
spaventa. A raccontarlo è il blog di Raffaele Sollecito, che online
mette le sue foto – “sono biondo, ho un fisico atletico” – e in
lunghe pagine di diario raccontava la noia degli esami falliti, e
della vita in collegio, “quando cominci ad andare di testa cerchi
una valvola per respirare”, e le canne, tante canne con gli amici, e
poi l’opaco ritorno alla vita normale: “si può solo sperare che un
giorno delle emozioni più forti ti colpiscano ancora”. E quando il
padre telefona, urlando per quegli esami non dati, il figlio
risponde: “papà, io non so neanche perché sono al mondo”. Il che non
è di certo un indizio di colpevolezza, ma dice di un certo humus, di
un alveo in cui può accadere che una sera si decida, per cercare
emozioni, un nuovo gioco. Magari un po’ fumati, un po’ annoiati.
[…]. Si improvvisa. Un amico passa da casa, “voleva Meredith”, ha
raccontato la compagna di stanza, così come si vuole un cellulare
nuovo. […]. “No”, dice Meredith, e non sa di pronunciare la sua
condanna. Perché in quel giro si doveva dire sempre di sì. […].
Tutto si poteva fare e accettare, tutto era ammesso, tranne che un
“no, non voglio”. E nulla era stato programmato, e lo stesso
assassino, forse, un’ora prima non immaginava come sarebbe finita la
serata. L’imprevisto, folle deragliamento di uomini educati a
lasciarsi andare dove porta la voglia, e l’emozione senza trovare
mai argini. Il dispetto, e poi l’ira, di fronte a quell’assurda
obiezione: “no”. Dopo l’istante di furia, tutto ritorna vago. Ho
sentito, non ho sentito, non ricordo. L’insostenibile leggerezza del
male».
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«Emozioni troppo forti» Mario Giordano, Il
Giornale 11.11.07
«Se ripenso a gli anni dell’università, io ripenso a una stagione
piena di sole […]. Quelli sono gli anni in cui è tutto ancora
intero: Ognuno può immaginare il suo futuro senza essere costretto a
fare i conti con la realtà. […] Sono gli anni della libertà senza
grandi responsabilità. E’ l’età già adulta senza i doveri degli
adulti, la vita divisa con altri, ma senza le bollette da pagare
[…]. E allora, vedete, sembra ancora più assurdo il delitto di
Perugia. È la tragedia che arriva nel mezzo della festa, è la morte
che interrompe l’esplosione della vita, è l’incubo che spezza la
stagione dei sogni. E non puoi fare altro che chiederti “perché?”.
“Cercavano sensazioni nuove”, sostiene il giudice. Sensazioni nuove.
Emozioni più grandi […]. La tragedia di Perugia e è tutta qui:
figlia di una generazione che anticipa tutto, che comincia a provare
tutto prima e quando arriva all’età meravigliosa dell’Università non
s’accontenta […]. Vuole di più, a tutti i costi. Forse anche a costo
di rimetterci la vita.»
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Commento: |
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Meredith
Kercher, studentessa londinese in erasmus a Perugia, è stata uccisa in
circostanze macabre. Siamo davanti alla mostruosità e banalità del male
che la libertà dell’uomo può arrivare a commettere. Molti media si sono
barcamenati tra una facile sociologia e blandi moralismi, come se si
trattasse solo di non oltrepassare la misura. Ma qualcuno si è chiesto
perché e come si possa arrivare a condurre una vita tanto insensata, a
coltivare quell’humus di cui qualcuno ha parlato?
«Gli
assassini cercavano sensazioni nuove, emozioni più forti», sostengono
gli inquirenti. Un modo assurdo e perverso di dire che quello che abbiamo
davanti non basta, che si vuole di più, che c’è bisogno di un senso.
Quella
noia spaventosa di gente che cerca l’escalation dell’emozione, evadendo
dalla realtà, denuncia l’assenza di risposta a una domanda di senso e di
compimento che si pone comunque e che non si può sopprimere. Ma chi è
disposto ad ammetterla, a prenderla sul serio?
Non
è un problema che riguardi gli universitari soltanto. C’è un vuoto tremendo
di educazione, di ipotesi positiva con cui affrontare le proprie giornate.
Al modo di vita che emerge dalle prime ricostruzioni dell’accaduto non si
arriva infatti dal nulla: esso è il termine di un cammino fatto di tante
decisioni, di tanti sì e di tanti no liberamente detti a persone e
circostanze.
Che
cosa può far ripartire? Incontri che ridestino una umanità sopita. |
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