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di
Vito
Magno
«Gratuitamente
avete ricevuto, gratuitamente date». L'assioma evangelico
indicato dal Papa come tema per la Quaresima, mentre nelle
diocesi si sta traducendo in iniziative pastorali, rimanda
all'attenzione che sempre la Chiesa ha avuto sulla gratuità.
Basti pensare all'accoglienza per i sofferenti, alla
socializzazione dell'assistenza sanitaria e soprattutto alla
nascita di tanti istituti religiosi maschili e femminili,
avvenuta per rispondere a specifiche esigenze di giustizia
del tutto disattese dai sistemi sociali vigenti.
Se si volesse riassumere in un solo concetto il senso della
vita religiosa consacrata, si dovrebbe dire che essa è la
risposta - sostenuta dall'amore di Dio - al comandamento
della carità, in nome della quale il dare è prioritario
rispetto al ricevere. Da Francesco di Assisi a Camillo
de Lellis, da don Bosco a Francesca Cabrini,
da Annibale Di Francia al Cottolengo, a Madre
Teresa di Calcutta, anche la rinascita della vita
consacrata avviene nel segno del recupero della gratuità.
Il rischio maggiore che si trovarono ad affrontare i seguaci
di San Francesco, alla sua morte, fu quello di come
amministrare i beni materiali che la gente dava loro. Ci si
accorse allora e ci si accorge ancora oggi, quanto la
gratuità sia elemento determinante nella vita dei
consacrati; i suoi effetti positivi e negativi parlano
chiaro. Quando religiosi e suore in qualsiasi parte del
mondo s'immergono in situazioni di miseria e lottano contro
le ingiustizie, vengono indicati come eroi; quando, invece,
cercano compensi alle loro fatiche, finiscono prima o poi
con l'entrare in crisi.
Antoine de Saint-Exupéry faceva notare che «l'amore
inizia dove non si attende un dono in cambio».
Le «forme nuove» di vita religiosa stanno avendo successo
proprio perché questo cercano quando fanno coincidere le
loro scelte pastorali con il servizio volontario.
L'assistenza ai malati di Aids, tanto per fare un esempio, o
ai profughi, o alle vittime di catastrofi eccezionali, vede
sempre più spesso religiosi impegnarsi a fianco di giovani,
di laici e di sacerdoti. Per molti di loro sarebbe più
gradevole la vita conventuale, indubbiamente meno agitata di
quella che si passa sul fronte del volontariato, ma la loro
testimonianza sarebbe meno propositiva nel mondo d'oggi.
Secondo un'indagine Cospes il 18% dei giovani più impegnati
nel volontariato consolidano il loro servizio nelle varie
forme in cui oggi si esprime la vita religiosa. Gli
animatori vocazionali lo sanno:
percorrere la strada del gratuito non solo è positivo per
le comunità cristiane, ma produce anche frutti nel campo
delle vocazioni.
D'altra parte il destino del volontariato giovanile, tuttora
soggetto ad ambivalenze ed ambiguità, chiama in causa non
soltanto la verifica della maturità vocazionale dei
giovani, le metodologie di discernimento e di
accompagnamento, ma anche la «pastorale vocazione in grado
- per dirla con Giovanni Paolo II - di educare i ragazzi,
gli adolescenti e i giovani al gusto dell'impegno, al senso
del servizio gratuito, al valore del sacrificio, alla
donazione incondizionata di sè». Tutto questo non è poco
di fronte agli interessi economici che costituiscono la
categoria dominante dei rapporti sociali. Ma il Papa va
oltre chiedendo un volontariato evangelicamente motivato e
nutrito di preghiera, perché così saprà meglio sostenere
chi lo abbraccia, favorendo l'ascolto di Dio, che nelle
situazioni di servizio più facilmente chiama al sacerdozio
ed alla vita religiosa.
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