Seconda parte
Terza parte>>>>>>
Navi e poltrone
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da Angelo Martelli
Trizzino subì un processo a
Milano e con sentenza 5 dicembre
1953
fu dichiarato colpevole di
vilipendio delle Forze Armate dello Stato e condannato a otto mesi di
reclusione. Alla denuncia del Ministero della Difesa cui, appunto, fece
seguito la sentenza, seguirono le querele degli ammiragli Bruno Brivonesi,
Gino Pavesi e Priamo Leonardi. Anche questo processo si concluse con la
condanna del Trizzino
a
due anni e 4 mesi di reclusione,
ad una multa, e al riconoscimento dei danni morali verso i tre querelanti,
la confisca del libro e la pubblicazione della sentenza sul
Corriere della Sera,
sul
Giornale d’Italia
e sul
Mattino.
Seguì, da parte del condannato,
il ricorso in appello e nel frattempo intervenne il decreto di amnistia
del dicembre 1953 che estinse il delitto di diffamazione continuata, ma
l’appello rimase per il delitto di vilipendio delle FFAA. dello Stato.
Sentenza della Corte d’Appello milanese. Il
prestigio di una istituzione
— si afferma dopo una lunga
premessa e disamina —
riposa anche sul
prestigio personale dei suoi maggiori esponenti, ma non si identifica né
si esaurisce in esso. Per le Forze Armate, in particolare, il patrimonio
spirituale che le innalza nella pubblica stima, attinge a molteplici
fonti; alla tradizione, alle virtù guerriere della stirpe, alla storia
delle imprese onorevolmente compiute, agli esempi di eroismo individuale e
collettivo che illuminano il ricordo dei fatti d’arme nella buona e nella
cattiva sorte. I
motivi della prima sentenza vengono ribattuti uno per uno ed il libro
Navi e Poltrone
viene letto ed
interpretato per quello che realmente vuoi dire, cioè l’esaltazione del
valore dei protagonisti in mare. Un valore tradito, si potrà dire, ma che
non cessa di essere tale, e chi lo riconosce e lo esalta, non può essere
accusato di denigrazione. Il motivo della decisione della Corte d’Appello
ha negato, nel complesso, l’elemento obbiettivo del reato; poteva così
considerarsi soddisfatta l’esigenza formale del giudizio, ma per
compiutezza di indagine e per la gravità delle proposizioni che hanno
legato il Trizzino ad un addebito di mendacio e di mala fede, la Corte ha
ritenuto doveroso e utile affrontare anche il problema dell’elemento
psicologico. Utilità che si è rivelata di estrema importanza posto che il
magistrato ha preso in esame e confutato la sentenza di primo grado e
dimostrato l’inesistenza, nell’autore Trizzino, di una precisa volontà di
offendere e villipendere la Marina Italiana.
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Antonino Trizzino -
Longanesi & C.
1a edizione genn. 1953 |
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MUSSOLINI NELLA STANZA DEI BOTTONI: Trizzino giudicò molto severamente
gli alti comandi e lo stesso Mussolini, che si fece improvvisamente
nominare comandante supremo delle forze armate come se ciò bastasse per
impedire i tradimenti. Esso esercitò infatti un potere più apparente che
reale, ma certamente assai dannoso per le tre armi. |
Med. d'oro al
comandante Antonino Toscano Comandante di divisione di incrociatori
leggeri, incaricata di una missione di guerra eccezionalmente delicata e
rischiosa, accoglieva con perfetta serenità il compito affidatogli, e ne
dirigeva i preparativi con estrema cura di ogni particolare. Conscio che
solo una fortunata evasione da ogni mezzo di scoperta e di offesa nemica
poteva permettere alle sue navi di compiere incolumi la loro missione,
preparava fortemente l'animo suo e quello dei suoi alla suprema offerta
alla Patria. Scontratosi ad alta velocità con un gruppo di unità nemiche
che defilava di controbordo, reagì con tutti i mezzi bellici all'azione
nemica fortissima e di breve durata. Ferito gravemente fra i primi,
continuava imperterrito a dirigere il combattimento, infondendo rabbiosa
energia in tutti i suoi dipendenti: esempio di salde ed eroiche virtù
militari. Colpita duramente più volte la nave che batteva la sua insegna,
rimaneva al suo posto di comando e di combattimento e, in una suprema
dedizione alla Patria e alla Marina, deciso a condividere la sorte
dell'unità che si inabissava in un alone di gloria, con essa eroicamente
scompariva, additando alle schiere dei suoi dipendenti la via del dovere e
del sacrificio.
Mediterraneo Centrale, 13 dicembre 1941
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Sospettato n° 3: Supermarina e
Mussolini |
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Navi e poltrone Trizzino
CAPITOLO XV pag. 213 e segg.
Come abbiamo visto, le navi italiane erano dirette e comandate da Roma,
dal ministero della marina, dove si concepivano i piani di guerra, si
redigevano gli ordini di operazione si sceglie vano le unità che dovevano
prendere parte a ogni azione, si stabilivano persino le ore di partenza,
le rotte e le velocità per raggiungere il nemico, senza nemmeno consultare
o interpellare, nello studio delle situazioni che a volta a volta si
presentavano e nell’approntamento dei mezzi più idonei ad affrontarle, i
comandanti in mare. Si trattò di un’organizzazione sui generis dell’alto
comando navale, non solo senza precedenti ma senza alcun riscontro nella
storia delle altre marine. Non parliamo, poi, dell’ammiragliato
britannico, che, rispettoso della tradizione nelsoniana, si guardava bene
dall’interferire nell’indipendenza e nell’autonomia di coloro che avevano
la responsabilità sul mare, verso i quali dimostrò la massima discrezione,
anche in casi in cui palesemente erano fuori strada.
E i risultati furono quelli che sappiamo. A giustificazione del grave
insuccesso riportato nel pomeriggio del 22 marzo ‘42 al largo del golfo
della Sirte, l’ammiraglio Jachino scrive: "il comandante in capo italiano
non intervenne nell’apprezzamento della situazione, né nello studio sulle
possibilità di azione del nemico; inoltre, non intervenne nella scelta
delle unità da destinare all’operazione, né nel dare gli ordini di
approntamento delle unità da lui dipendenti ». E per avere un’idea della
cupidigia ministeriale di comando basti sapere che « le ore di uscita, le
rotte da seguire nelle prime dodici ore e tutti i particolari esecutivi
per la prima parte dell’operazione, furono decisi e ordinati da
Supermarina ». Come abbiamo visto, forze navali nemiche di gran lunga
inferiori riuscirono quella volta a tenere in iscacco le nostre navi, che
dovettero ritirarsi. Fu il trionfo delle poltrone: e con esse delle
irresolutezze, delle viltà ed in conseguenza delle perfidie. Un altro
episodio lo conferma: la fine raccapricciante degli incrociatori Da
Barbiano e Di Giussano, avvenuta nella notte del 13 dicembre ‘41. Essi
erano partiti da Palermo nel pomeriggio del giorno prima, carichi di
viveri e di fusti di benzina, insieme con la torpediniera Cigno, dirigendo
su Tripoli. Tutto fu regolare fino a capo Bon. Le tre unità, in linea di
fila con la Cigno in testa, ne avvistarono il faro di prua alle 2,56 a
circa 7 km di distanza, e lo aggirarono continuando la navigazione
vicinissimo alle coste orientali della Tunisia. Ma alle 3,20 esse
invertirono improvvisamente la rotta.
Che cosa vide, sentì o seppe l’ammiraglio Toscano per decidersi di virare?
Sembra da escludere che egli tornasse indietro perché era stato avvistato
da un aereo inglese, che alle 2,45 aveva sorvolato le sue navi. Non si sa
nemmeno, giacché l’ammiraglio è morto, se egli avesse in animo di
rientrare alla base o se l’inversione di rotta fosse semplicemente una
tattica momentanea, per rimettersi poi sulla via di Tripoli. Sta di fatto
che le nostre navi non avevano ancora completato l’accostata, quando
videro apparire sulla sinistra quattro cacciatorpediniere nemici, che,
sbucando da dietro capo Bon e correndo a grande velocità in senso quasi
normale alla loro rotta, aprirono il fuoco e lanciarono contemporaneamente
una sventagliata di siluri: fatto il colpo, si allontanarono. Si trattava
di una vera imboscata. Perché essendo noti i movimenti delle 4 navi
nemiche i due incrociatori furono fatti ugualmente partire. Rapporto
Supermarina. Dopo aver ricordato un primo tentativo di partenza fatto dal
Da Barbiano e dal Di Giussano il giorno 9, interrotto per ragioni di
prudenza, Supermarina scrive:
" Alle 17,30 del 12 partirono nuovamente,
insieme con la torpediniera Cigno, con ordine di fare un largo giro a nord
e ad ovest delle Egadi e quindi puntare su capo Bon, allo scopo di evitare
la zona a sud di Marittimo, sulla quale era stata constatata più intensa
la vigilanza aerea nemica".
Dei quattro cacciatorpediniere nemici avvistati
alle 15,40 dello stesso giorno 12, il rapporto dice
"Queste
unità solo aumentando molto di velocità avrebbero potuto raggiungere capo
Bon nella notte, ma certo in ogni caso non prima delle tre. Poiché i due
Da Barbiano alle tre avrebbero dovuto essere già passati da un’ora, non si
ritenne il caso di interrompere la missione, che era urgentissima".
Innanzi tutto non si trattava di « interrompere » la missione, come
afferma Supermarina: si interrompe una cosa già incominciata, ma quando le
navi nemiche furono avvistate il
Da Barbiano, il Di Giussano e la Cigno
erano ormeggiati a Palermo e non avevano, quindi, ancora iniziato il loro
viaggio. In secondo luogo, un’ora sola d’intervallo tra i previsti
passaggi delle nostre navi e di quelle nemiche nella stessa zona era
troppo poco, ai fini di garantirsi da un possibile incontro. Senza dire
del ritardo che qualche sommergibile avrebbe potuto causargli. Ma c’è di
peggio.
Quell’ora di intervallo non esisteva, perché i nostri
incrociatori, contrariamente a quanto affermato da Supermarina non
partirono da Palermo alle 17,30, ma alle 18,10 e questo si sapeva bene.
Supermarina infatti, aveva ricevuto dal comando marittimo di Palermo, per
la storia, il
radiotelegramma numero 13467 che diceva: Da Barbiano - Di Giussano - Cigno - mare 18.10.12. Non esistendo, quindi
l’ora di intervallo, l’incontro diventava sicuro. Gli incrociatori,
pertanto, avrebbero dovuto essere richiamati subito dopo la partenza ma
ciò non avvenne; si doveva richiamarli durante la notte, prima che si
avvicinassero a capo Bon e invece li si lasciò proseguire. Supermarina si
preoccupò di cose futili e telegrafò alla 1,30: Probabile incontro
con piroscafi nemici usciti da Malta, di nazionalità francese, sulla rotta
», ma nessun cenno agli inglesi. |
Supermarina e l'inutilità di
una flotta
Riassunto da L’attrito nella strategia bellica: Royal Navy e Regia
Marina a confronto di Giovanni Cambi MRI |
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Sospettato n°
4:
L’IMPREPARAZIONE
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.... Nel giugno 1940 in Libia erano presenti circa 240.000 militari
italiani che, secondo le intenzioni di Mussolini, avrebbero dovuto
attaccare l’Egitto per colpire le forze britanniche lì stanziate. .. La
mancanza di qualsiasi risorsa necessaria a condurre la guerra contro gli
inglesi, dal munizionamento ai viveri, dalle uniformi ai cannoni,
obbligò il governo fascista ad allestire numerosi convogli per
trasportare il tutto sulla “quarta sponda”. Uno dei primi convogli ad
uscire, con navi dalle stive mezze vuote, fu scortato direttamente dal
comandante superiore in mare, ammiraglio Inigo Campioni. Uscito da
Taranto insieme al convoglio il 7 giugno (leggi 7 luglio perché la
dichiarazione di guerra è del 10 giugno)1940 Campioni comandava una
forza notevole: 2 corazzate, 6 incrociatori pesanti, 31
cacciatorpediniere. Un tale spiegamento di navi avrebbe potuto essere
adatto e giustificato da una sortita diretta contro il nerbo della
flotta britannica del Mediterraneo ..che non ci fu dopo aver consumato
migliaia di tonnellate di preziosa nafta....Verso le 17.00, a scontro
terminato, le navi di Campioni erano in rotta verso Messina e verso
Taranto ed in questo momento la Regia Aeronautica iniziò a bombardare
tutto (! quello che galleggiava). Infatti gli avieri, non essendo stati
correttamente addestrati a riconoscere le navi italiane, bombardarono le
imbarcazioni italiane e non soltanto quelle inglesi. Le bombe di cui
erano dotati gli aerei italiani erano (però) troppo leggere e non
perforanti. Gli inglesi infatti le soprannominarono “merde di vacca” per
la loro inutilità. Cunningham, quando usciva in mare, non doveva rendere
conto sul momento a nessuno delle sue azioni e delle sue decisioni e
disponeva della copertura aerea direttamente mentre Campioni, era
costretto a tenersi in continuo contatto con Roma per ricevere
istruzioni anche sugli aspetti più banali della navigazione (via
cifrario con un'ora di tempo per la decrittatura nei due sensi: gli
inglesi facevano in tempo a finire la guerra).... Campioni alle 14.50
dell’8 luglio, quando iniziò ad avvistare in lontananza il fumo della
flotta inglese, cominciò la lunga trafila per ottenere la copertura
della Regia Aereonautica. Egli si dovette infatti rivolgere, in questo
caso, alla base della marina di Messina, che avrebbe chiamato
Supermarina, che avrebbe telefonato a Superaereo, il quale avrebbe
provveduto ad allertare la giusta base aereonautica per competenza
territoriale. Si capisce come mai i primi apparecchi italiani giunsero
sulle navi di Campioni verso le ore 17, circa due ore dopo la prima
sollecitazione....Trasponendo le parole di Clausewitz al caso italiano
si potrebbe dire che: Campioni sarebbe riuscito a “muoversi
nell’ambiente che resiste” ma aveva le mani legate da Supermarina.
Supermarina non avrebbe potuto “vincere la frizione” perché non “vedeva”
personalmente né la battaglia né la guerra. |
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Navi e poltrone -Trizzino:
Mussolini nella stanza dei bottoni: CAPITOLO XIII
pag. 173 segg.
Nel tirare le somme degli errori che portarono a tanti disastri non è
possibile ignorare la responsabilità di chi accentrò nelle sue mani la
preparazione militare del paese: cioè di Mussolini, che dopo essere stato
per una quindicina d’anni ministro allo stesso tempo della guerra, della
marina e dell’aviazione, pretese di essere anche il supremo comandante in
guerra. Il potere di Mussolini sulle forze armate si riduceva alle
apparenze e cioè ai servizievoli offici che gli professavano i capi
dell’aviazione, della marina e dell’esercito, i quali, avidi di comando e
insofferenti di condividerlo con chicchessia, accumulavano nelle loro mani
le supreme prerogative politiche oltre a quelle militari, essendo insieme
sottosegretari di stato e capi di stato maggiore. All’atto pratico, dopo
avere ottemperato ai doveri della adulazione, poco si curavano del dio che
fingevano di adorare e ognuno faceva quel che voleva. Gelosi, puntigliosi,
invidiosi l’uno dell’altro e tra di loro estranei. Abbiamo visto come
questioni di vitale importanza sottoposte alle decisioni di Mussolini e
delle quali egli pure intravide, talvolta, la giusta soluzione, finissero
poi con l’arenarsi. Perché? La risposta è facile: un po’ per incompetenza
e un po’ per gioco. Posto tra due alternative, di fronte a difficili
problemi, per i quali non possedeva la minima preparazione, il minimo
talento, egli tentennava tra gli opposti pareri, incapace di dar torto
all’uno e ragione all’altro, così che, alla fine, tutti avevano ragione:
poi, l’ultimo a parlargli lo convinceva. Lasciar disputare tra loro i suoi
uomini, era uno dei più singolari ingredienti della cucina di governo di
Mussolini. (MI RICORDA QUALCOSA?!)
Il peggio fu quando Mussolini cominciò a piccarsi di comandare, dal suo
ufficio di palazzo Venezia, le navi, gli aeroplani e i soldati. Le prime
manifestazioni di questo suo volersi occupare di una materia che conosceva
poco, si ebbero durante la campagna in Africa orientale. Oltre a fissare
le grandi linee dell’azione militare, egli pretese di occuparsi anche dei
dettagli, stabilendo come conquistare il terreno e come fortificarlo: «
Intensifica , egli telegrafa al comandante superiore, « le sistemazioni
difensive sulla linea Adigrat-Axum-Adua, allargandoti a destra ». In un
altro telegramma, Mussolini spiegò meglio ciò che intendeva dire con la
frase « allargandoti a destra » in questo modo: « Occupazione tipo macchia
d’olio... ». Quindi ordina di anticipare al 5 novembre un’azione già
fissata per il 10 e poi telegrafa all’improvviso: "Ti ordino di
riprendere l’azione obiettivo MacalléTacazzé la mattina del 3 novembre",
senza curarsi di sapere se per quell’ora di quel giorno fossero pronti i
mezzi e la preparazione indispensabili all’avanzata. Non esita a dare
direttive di ordine tattico: « Facendo perno su Macallé, che dovrà essere
fortemente presidiato e immediatamente munito, le altre truppe avanzeranno
regolarmente su tutto il rimanente settore ». Ed ecco, finalmente, un
ultimo documento che lascia seriamente pensierosi; è un altro telegramma
di Mussolini al comandante superiore in Africa orientale, in cui è detto:
« Sulla destra fai attestare il corpo d’armata Maravigna al Tacazzé e con
le divisioni indigene marcia su Amba Alagi senza indugio, mentre le
divisioni nazionali sosteranno a Macallé-Scelicot ». Il comandante
superiore non lo fece e ne spiegò i motivi, ai quali dovette arrendersi il
capo del governo. Ma a costui rimase ugualmente la presunzione di saper
muovere corpi d’armata e divisioni stando a diecimila chilometri di
distanza, solo guardando una carta geografica e ignorando completamente lo
stato delle unità da muovere, le difficoltà da superare, le condizioni dei
rifornimenti, la fisionomia dello scacchiere, i movimenti del nemico ed
ogni altro problema contingente.
PUNTA STILO
http://sites.google.com/site/mezeviris/battleofcalabria
La guerra iniziò con solo 2 corazzate pronte al combattimento, il Conte
di Cavour e il Giulio Cesare, le corazzate Littorio e Vittorio Veneto
erano pronte ma ancora in fase di addestramento a cui seguiranno la Caio
Duilio e Andrea Doria. Il resto della flotta includeva 7 incrociatori
pesanti, 12 incrociatori leggeri, circa 100 cacciatorpediniere e
torpediniere e più di 100 sommergibili. Due dei vantaggi che avevano i
Britannici erano: 1 - la disponibilità di portaerei (Eagle) 2- le
tattiche basate sull'impiego della componente aerea in ricognizione e
attacco che mancava agli italiani.Tutti gli aerei italiani venivano
controllati dall'Aeronautica che impose di non realizzare mai una
portaerei. Le navi italiane (sotto il comando dell'Ammiraglio Campioni
ai primi di luglio del 1940 di ritorno dalla protezione convogli) erano
la Giulio Cesare, la Cavour, 14 incrociatori più numerosi caccia, le
unità della Royal Navy erano le corazzate Warspite, Malaya, e Royal
Sovereign,la portaerei Eagle, 5 incrociatori leggeri, e 14 caccia,
comandate dall'Ammiraglio Cunningham.
per saperne di più
http://www.regiamarina.net/people/admirals/bergamini_it.htm
http://www.google.it/search?hl=it&q=bomba+fx+teleguidata&btnG=Cerca+con+Google&meta
l'argomento Navi e Poltrone Trizzino viene
trattato in 6 capitoli tre qui in libri (ora sei nel terzo)
1 nei capitoli di storia la notte di Taranto
http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/40/taranto.htm
1 Maugeri nei personaggi
http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/personaggi/maugeri.htm
1 nelle schede il processo
http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/schede/trizzino.htm
http://www.cestra.eu/franco/ffnnbb_capitolo3.htm
7/9/1943 Riunione al Ministero dei vertici della Regia Marina
Terza parte>>>>>>
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