La storia è racconto attraverso i libri
I testi che accompagnano la presentazione sono in
genere quelli diffusi dall'editore, dalla libreria o da critici che
vengono indicati |
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Terza parte Navi e poltrone |
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Antonino Trizzino - Longanesi & C. 1a edizione gennaio 1953
Da controstoria: Il libro conobbe un successo straripante, la casa editrice Longanesi ne stampò 20 edizioni, Trizzino si concesse l'enorme soddisfazione di essere assolto in appello dall'accusa di aver vilipeso il ministero della Difesa e di aver diffamato gli ammiragli Leonardi, Pavesi e Brivonesi. E dire che Trizzino non disponeva delle prove prodotte 50 anni dopo da De Risio e Fabiani, aveva soltanto annusato l'aria e capito bene quale vento spirasse. A differenza dell'aeronautica, la marina era stata sempre permeata di sentimenti antigermanici. E di massoni era composto quasi l'intero vertice della nostra flotta. Di conseguenza sussisteva una generale propensione verso la gloriosa marina britannica. Su un simile comune sentimento pesavano poi altri fattori: 67 alti ufficiali erano sposati con donne straniere, quindi facilmente avvicinabili; due importanti ammiragli - Mario Farangola, alla guida dei sommergibili, e Vittorio Tur, titolare d'incarichi molto delicati - avevano mogli inglesi, mentre due capitani di vascello destinati a una folgorante carriera, Brivonesi e Alberto Lais, erano coniugati con un'inglese e un'americana, ma anche Carboni lo era. http://www.regiamarina.net/engagements/tarigo/tarigo_it.htm convoglio Tarigo |
Sospettato n° 5: Ultra-Fecero
tutti il loro dovere Nel corso dell’attuale generazione, la storia navale italiana compresa nel
periodo degli anni 30 e 40 ha subito più di una rivisitazione critica
grazie, in primo luogo, all’avvenuta apertura di diversi importanti
archivi stranieri, primi tra tutti quelli inglesi del Public Record Office
(oggi ribattezzato TNA) di Kew Garden, nel Surrey. Il battistrada di
questo nuovo filone di ricerca e confronto è stato senz’altro l’ingegner
Gino Jori, mediante una serie di lucidi interventi pubblicati dalla fine
del 1974 in poi sul «Giornale» di Montanelli e sulla Rivista Marittima
prendendo lo spunto dall’appena uscito, discusso volume del Group Captain
in pensione della RAF Frederick W. Winterbotham intitolato «The Ultra
Secret», salvo verificare, contemporaneamente, lo stato reale della
documentazione messa improvvisamente a disposizione dagli archivi inglesi
( nota a piè pezzo). Sulla scia di Jori una pletora di giornalisti,
di pretesi esperti autoreferenziali in materia di crittografia e
trasmissioni radio-telegrafiche e anche di storici, italiani e stranieri,
hanno almanaccato per anni in merito alle vicende di ULTRA ed ENIGMA,
disdegnando il parere dei professionisti del ramo salvo mettere in piedi
una sorta di cattedrale nel deserto destinata a fare delle decrittazioni
in parola un nuovo tipo di apriscatole universale in grado di spiegare, da
solo, qualsiasi vicenda verificatasi nel Mediterraneo, e non solo, durante
l’ultima guerra mondiale. Nello stesso tempo il vecchio filone
scandalistico dei presunti tradimenti e delle lamentate inefficienze messe
in capo, indifferentemente, alla marina italiana e ai suoi uomini nel
corso del secondo conflitto mondiale, ha fatto nuovamente capolino. Sospettato n° 6: GOLE PROFONDE |
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Si calcola che sulla perdita di 185
navi, 85 siano attribuibili a Ultra il computer decrittatore di Enigma di
Bletchley Park (vedi nei personaggi Alan Turing). Il primo Enigma a cadere
nel maggio 40 è quello della Luftwaffe (aeronautica), un anno dopo quello
della Marina e nel settembre (41) la Wehrmacht. Si trattava di macchine
leggermente modificate nell'Hardware (rotori). Nel 1942 si arrivò a
decrittare già più di 80.000 messaggi al mese !! ma non erano tutti, erano
solo una parte. I comandanti italiani, come diceva Rommel che sospettava
spie a Roma, cambiavano rotta in alto mare rispetto agli ordini ricevuti e
gli andava anche bene. L'incrociatore Pola non aveva potuto cambiare rotta
a Capo Matapan e il suo comandante, da prigioniero, aveva visto sulla
plancia inglese le copie dei nostri dispacci dell'operazione del 28 marzo
1941. Quando nel 45 Il comandante Brengola di ritorno dalla prigionia lo
rivelò, non gli credette nessuno. Il segreto che circondava Enigma doveva
durare ancora 30 anni, quello sui contenuti dei dispacci resterà in piedi
fino al 2015 !!. (ma anche l'Italia e i tedeschi violavano e
intercettavano messaggi) -
la notte di Taranto in inglese
La Marina militare, in previsione di una guerra contro l'Inghilterra era riuscita a acquistare, negli anni precedenti allo scoppio del conflitto, ingenti quantità di nafta per caldaie fino a raggiungere i due milioni di tonnellate, ritenute sufficienti per circa un anno e mezzo di guerra. A queste riserve attinsero in vari periodi più o meno forzatamente diverse strutture come il ministero delle Corporazioni e la Regia Aeronautica, le cui cisterne costruite nel 1939 con laminati di zinco, anziché in ferro, avevano rovinato gran parte del combustibile. Fino al gennaio del 1941 non ci furono limitazioni al consumo di nafta, ma in quel mese, quando si erano già bruciate 671.560 t di carburanti, Supermarina fu costretta a ridurre l'attività delle unità della Squadra. Fino a quel momento nessuna grande partita di nafta era stata acquistata per reintegrare quella consumata: infatti le circa 50.000 t che provenivano mensilmente dalla Romania erano destinate all'Esercito e ai consumi per usi civili, mentre l'Aeronautica beneficiava delle circa 200.000 t di nafta annue, di qualità appena accettabile, proveniente dai pozzi albanesi poi dal 42 dalla Germania (la marina dai tedeschi ebbe gli oli lubrificanti). DAI DIARI DI ROMMEL |
Navi e poltrone Trizzino capitolo XVI pag 224 segg.
Ma ritorniamo a quella fine di agosto del 42. Rommel si preparava a dare
il colpo finale ad Alam Halfa (periferia, si fa per dire di El Alameim).
Egli contava, soprattutto, sull’arrivo della motonave cisterna Poza Rica
carica di ben dodicimila tonnellate di carburante. Rommel attaccò la sera
del 30 agosto. Ma la Poza Rica era stata silurata pochi giorni prima.
Tirata in costa, si riuscì a travasare parte della benzina su un’altra
petroliera, che fu fatta partire con la massima urgenza: ma anch’essa fu
silurata e affondò. Rommel comunicò che doveva desistere dopo ventiquattr’ore
dall’attacco « perché i rifornimenti di carburante arrivano male ». In
settembre, la strage continuò con ritmo angoscioso. Centinaia di carri
armati, migliaia di automezzi, decine di migliaia di tonnellate di
carburante e viveri continuavano a finire in fondo al mare. Un giorno di
ottobre, precisamente il 9, l’ammiraglio Sansonetti, successore di
Campioni nella carica di sottocapo di stato maggiore alla marina, tenne al
maresciallo Cavallero un grave discorso. Gli disse che dovevano esistere
delle spie bene informate, a giudicare dal modo con cui avvenivano gli
affondamenti, e che queste spie non erano da ricercarsi nei porti da cui
partivano e arrivavano i piroscafi, ma a Roma. Non è chi non veda la
serietà di tale rivelazione, fatta non da uno qualsiasi, ma dal sottocapo
di stato maggiore della marina, che parlava in base a elementi sicuri. A
chiunque non fosse sprovvisto di discernimento, non sarebbe sfuggita la
gravità della notizia data dal Sansonetti al capo di stato maggiore
generale, ma questi, con un candore impagabile, così provvide: “Ordino-
egli disse -che non si telefoni più in materia di traffico marittimo”. A
Roma non c’è il mare, quindi nessuno poteva sapere di arrivi e partenze di
navi, ad eccezione di coloro che sedevano nei ministeri. L’ammiraglio
Jachino restringe ancor più il campo delle indagini, scrivendo:
“Anche a Roma le notizie trapelavano con grande
facilità e, durante il mio comando, ebbi più volte
l’occasione di
segnalare l’avvenuta
diffusione di una informazione che quasi certamente
era trapelata per opera, sia pure involontaria, di elementi del ministero.
Supermarina e l’Ufficio informazioni non hanno mai voluto ammettere che la
loro organizzazione fosse difettosa per quanto riguarda la riservatezza e
tendevano ad attribuire la colpa ad elementi periferici”. Dunque:
ministero, Supermarina, Ufficio informazioni. Era evidentemente in
malafede l’Ufficio in formazioni quando rassicurava l’ammiraglio Jachino.
Il suo capo, l’ammiraglio Maugeri, sapeva bene come stavano le cose:
infatti, a guerra finita, nel suo libro di memorie pubblicato in lingua
inglese From the Ashes of Disgrace, egli ha rivelato che
l’ammiragliato britannico contava tra gli ammiragli italiani e nello
stesso ministero della marina persone devotissime, sulle quali
poteva fare il massimo assegnamento, non vedendo esse l’ora di finire
comunque la guerra, per
liberare l’Italia dal fascismo. C’era anche lui nel numero di quelli che
volevano la fine a tutti i costi e con qualsiasi mezzo? Non possiamo
dirlo, ma è certo che egli fu ricompensato con la decorazione americana
della Legion of Meni, che porta sul petto, in riconoscimento dei meriti
acquisiti appunto mentre era capo dell’Ufficio informazioni. |
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- estate 41. ... E'
Necessario che il massimo segreto sia mantenuto sulla preparazione
dell'offensiva: ho fondati motivi di ritenere che in Italia è illusione il
supporre di mantenere il riserbo sui propositi più confidenziali:
Comandanti e Capi parlano e chiacchierano e non conoscono riservatezza.
Roma è una specie di Shangai, un bazar levantino in cui le informazioni si
scambiano, si vendono, si barattano, si regalano, si inventano. D. mi ha
comunicato in 24 ore, pettegolezzi banali che riguardano, fatti in Africa
e riferiti, dopo poche ore, sulle rive del Tevere: del resto gli inglesi
sono informatissimi, al minuto delle partenze dei convogli dai porti
italiani. Si deve alla machiavellica manovra degli ammiragli e dei
Comandanti delle scorte - ormai duramente provati dall'esperienza - se le
perdite non sono maggiori; infatti mi riferiscono che i comandanti
italiani contravvengono regolarmente agli ordini di operazioni che vengono
loro comunicati, sicuri come sono di trovare subito sulla rotta stessa,
appuntamenti con sommergibili ed aerei inglesi.
La bomba che colpì la Roma era la FX o Fritz-X (Lungh. m 3.26, Diam. mm 560, velocità di picchiata ca. 300 ms (circa 1000 Km/h), capacità perforante ca. 12 cm di acciaio) missile aria-superficie agli esordi. Pesava 1570 kg e per la velocità e il peso perforava tranquillamente lastre di 12 cm (di cui era lastricato il ponte superiore (altre corazzature erano di maggior spessore come le verticali dello scafo e le artiglierie pesanti di 35 cm o art. secondarie e torre comando 28 cm, ma per i colpi laterali)). Il potere distruttivo della FX era però limitato al peso dell’esplosivo di circa 320 kg e alla vulnerabilità degli ambienti interni della nave, colpiti (come nel nostro caso le cariche di lancio che scagliarono in alto la torretta da 381 del peso di 1500 tonn.. Era dotata di un piccolo motore a razzo con aletta, radiocomandata dal lanciatore, che poteva correggere la caduta (deviare di circa 400 m lateralmente e di 800 in avanti o indietro) guidandola a vista. Dopo soli 15 secondi dallo sgancio della bomba mediante un collimatore, era possibile mantenere l’allineamento bomba/bersaglio attraverso impulsi radio trasmessi da una piccola “cloche” (joystik) alla trasmittente Telefunken FuG.203 Kehl. Da bordo aereo a FG 203 bomba. La maggior distanza di lancio (visibilità permettendo) permetteva al bombardiere di poter guidare meglio l’ordigno, dotato di una “codetta” fumogena luminosa, a mezzo del joystik fino all’impatto. Veniva di norma lanciata da una quota compresa tra 4 e 7 km inarrivabili per l'artiglieria imbarcata. Normalmente una bomba che cada liberamente raggiunge velocità dell'ordine dei 200m/sec cioè circa 740 Km/h , ergo sganciando a 5000 m di quota, la bomba impiegherà 25 secondi per arrivare al bersaglio. Nel frattempo una nave che fa 30Kts si è spostata dalla posizione che aveva al momento del lancio di 375m in avanti e lateralmente di una certa quantità di metri che dipendono dall'angolo di barra eventualmente messo. |
"L'inverno del '42-'43 trovò molti di noi, che speravano in un'Italia libera, di fronte a questa dura, amara, dolorosa verità: non ci saremmo mai potuti liberare delle nostre catene, se l'Asse fosse stato vittorioso". E poco più avanti nel libro From the Ashes of Disgrace Reynal & Hitchcock, New York 1948 Franco Maugeri esplicita in maniera definitiva tale concetto: "Più uno amava il suo Paese, più doveva pregare per la sua sconfitta nel campo di battaglia... Finire la guerra, non importa come, a qualsiasi costo L’ammiraglio Rffaele de Courten , neo ministro e csm della marina del governo Badoglio, narra nelle sue memorie che il 10 agosto 1943 gli si presentò Maugeri (capo del Sis, il Servizio informazioni della Marina) con una memoria riservata concernente lo spostamento della flotta da la Spezia alla Sardegna. L’ipotesi, in vista di un conflitto coi tedeschi e nell’ottica di salvare il naviglio sia da parte di operazioni armate del Reich o di fraintendimenti degli alleati. Per gli alleati garantiva lui che tutto si sarebbe svolto sotto un ombrello protettivo (fino a quando e dove?). De Courten informò Ambrosio (capo di stato maggiore generale) e ne convennero che, in mancanza di un armistizio o di un qualsiasi capovolgimento di fronte che per il momento non era previsto (quello che gli italiani pensavano il giorno dopo i tedeschi lo sapevano) si procedesse alla distruzione della memoria. Maugeri non era stato incaricato come ennesimo intavolatore di trattative. Non si occupasse più di questioni del genere, che esorbitavano le sue attribuzioni, le quali rientravano esclusivamente nella responsabilità dei supremi organi. I supremi organi avevano detto che la guerra continuava ed ogni azione contraria non faceva che peggiorare il conto da pagare ai tedeschi. Nessuno sente più parlare di Maugeri fino a quando nel dopoguerra (1946) viene nominato capo di S.M in sostituzione di De Courten e scavalcando altri più anziani. L’11 giugno 1948 il segretario di Stato alla Marina degli Usa conferì a Maugeri la “Legion of Merit” per gli eccezionali servizi resi alle forze navali militari alleate. Gli Usa poi minimizzeranno sia sul valore della decorazione che sulla motivazione, definita standard dal tempo di George Washington. Nello stesso tempo era uscito il libro intervista in inglese che qualcuno si peritò di tradurre. A pagina 76, per esempio, si legge che la Marina italiana non aveva piani per una guerra contro l’Inghilterra. .Tutti i nostri calcoli ed il lavoro dello Stato maggiore era basato sul presupposto che in ogni futuro conflitto non avremmo mai combattuto contro la Marina britannica e quando iniziò la guerra non avevamo alcun piano di operazione contro Malta. Altri spezzoni sono già scritti, ma il monocorde assolo di Maugeri non cambia. Sorprendente, per esempio, il ricordo di un episodio del 17 agosto 1942: .Questa mattina alla riunione di Supermarina sono stato solo io a protestare, e violentemente, contro la pretesa del comando aereo tedesco di cambiare le rotte dei nostri convogli in mare. Si trattava dei convogli verso l’Africa, i cui frequenti disastri preoccupavano da tempo l’Alto comando italiano e i tedeschi che non erano tonti: appariva incomprensibile come l’avversario riuscisse a individuarne il più delle volte il percorso quasi ne fosse precedentemente informato. I sospetti di talpe annidate nella capitale tormentarono a lungo l’ammiraglio Luigi Sansonetti, sottocapo di stato maggiore della Marina, tanto da indurlo a riferire al supremo vertice militare italiano, Ugo Cavallero. Difficile però muoversi con efficacia fra i corridoi su un argomento così delicato. Tatto e prudenza suggerirono a Sansonetti di parlarne nella consueta riunione sui trasporti, ma solo quando fosse stato assente il suo diretto superiore e vertice della Marina, Riccardi. Annota Cavallero nel suo diario il 9 ottobre 1942: Nella riunione sui trasporti l’ammiraglio Sansonetti afferma che le navi che partono d’improvviso non vengono attaccate, il che fa pensare allo spionaggio. Esclude che le notizie partano dai porti ed afferma che partono invece da Roma. Ordino che non si telefoni più in materia di traffico….. Il cerchio si chiude quando Taylor, in segreto accompagnato da Maugeri, “sbarca” a Roma la vigilia dell’8 settembre 1943. Maugeri lo accompagna segretamente a Roma per un colloquio con Badoglio e il generale Carboni teso a predisporre l’aviolancio sulla capitale di una divisione aerotrasportata americana. Taylor chiese a Maugeri: - Mi dica della Marina ammiraglio, si può avere fiducia che essa obbedirà agli ordini, quali che siano e in tutte le circostanze? - Maugeri - Lei parla in caso di resa se ho ben capito?, e alla conferma di Taylor, ribatté sicuro: La Marina obbedirà senza fallo in qualsiasi circostanza, generale. Di questo può esserne assolutamente sicuro. Sicuro tanto da far dire a entrambi La Marina italiana è stata l’unica fra le varie forze armate che ha condotto le trattative di resa nel modo e nei tempi da noi prescritti e da noi progettati e Per la prima volta in tre anni la bandiera Inglese e quella Italiana sventolavano fianco a fianco. Un brivido di piacere mi percorse, anche se io sapevo che ciò significava la nostra resa e disfatta. Decio Romano Storia e dossier 107
Carlo Bergamini: motivazione della medaglia d’oro: Comandante in capo delle Forze navali da battaglia, sorpreso dall’armistizio in piena efficienza materiale e morale, trascinò con la autorità e con l’esempio tutte le sue navi ad affrontare ogni rischio pur di obbedire, per fedeltà al Re e per il bene della Patria, al più amaro degli ordini. E nell’adempimento del dovere scomparve in mare con la sua nave ammiraglia colpita a morte dopo accanita difesa dal nuovo nemico, scrivendo nella storia della Marina una pagina incancellabile di dedizione e di onore. — Acque dell’Asinara, 9 settembre 1943. http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/personaggi/bergamini.htm
Delle 5 corazzate, 15 incrociatori (7 ausiliari), 23 sommergibili, una settantina di MAS e 37 cacciatorpediniere e torpediniere, alla fonda nei porti della Liguria e di Taranto, l’unica ad andare perduta, col suo comandante Carlo Bergamini, è la Roma. Dopo un colloquio telefonico tra Bergamini, comandante la squadra, e il capo di S.M. della marina, ammiraglio De Courten, la mattina del 9 settembre la squadra navale, prende il mare alla volta dell’Isola della Maddalena. Nelle primissime ore del pomeriggio la squadra è in procinto d'entrare nell‘estuario dell’isola quando giunge all’ammiraglio Bergamini un messaggio urgente di Supermarina (Maugeri) con l’ordine di invertire la rotta e di puntare in direzione di Bona, in Algeria. E' successo che in mattinata i tedeschi hanno occupato la Maddalena e predisposto un piano per impadronirsi delle unità italiane. Sfuggita la preda si passa ai siluri. Poco dopo le 15 una formazione di Junker attacca la squadra navale senza risultati. Verso le 16 un altro gruppo di bombardieri DO-217 è sulle unità italiane. L’attacco questa volta ha successo, e ne fa le spese proprio l’ammiraglia, la corazzata Roma che, colpita da due bombe-razzo teleguidate alle 15,52. Cola a picco in 28 minuti. Dei 1849 uomini dell’equipaggio, 1253 perdono la vita: tra questi il comandante Carlo Bergamini e tutto lo stato maggiore. La squadra fa rotta in direzione sud e nella mattinata del 10 settembre entra nel porto della Valletta a Malta.
Bagnasco:“Ultra” fu soggetto a forti alti e bassi nella curva della sua efficacia, derivante innanzitutto dai tempi variabili nella capacità di decrittazione che potevano andare da qualche ora, nel migliore dei casi, a molte decine di giorni, perdendo di conseguenza validità operativa. In questa chiave, persino le istintive, ma non provate, accuse di tradimenti o di onnipresenza di “barbe finte” del buon Trizzino trovarono infine, quasi tutte, una loro spiegazione".
Tutto quanto avete letto fino ad ora su Maugeri, sui tradimenti, sui convogli che arrivavano sani quando cambiavano rotta, viene sconfessato dallo storico di regime Mimmo Franzinelli che in una trasmissione su La 7 del 4 gennaio 2008 bolla come fantasia il tradimento degli ammiragli. Un motivo ci sarà pure!. Sono gli ammiragli eroi della Repubblica degli onesti, del magistrato Scalfaro, di un paese fiero che anche sotto il fascismo stoicamente non apriva bocca e non cedeva se non per le macchine superteconlogiche che non hanno anima e partito. |
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