Il periodo nuragico ad Antas e nel Fluminese

La vallata di Antas ricca di foreste, d’acqua e di selvaggina, è stata da sempre luogo ideale per le popolazioni locali che, sin dalla preistoria, l’ hanno abitata. Molte sono le testimonianze prenuragiche e nuragiche ritrovate nelle numerosissime cavità calcaree che la circondano, alcune fungendo da abitazioni come “sa Corti ‘e S’Estiu”, altre da veri e propri luoghi di culto ipogei, come la sala archeologica della grotta di Su Mannau.

Resti di un nuraghe nella zona di Antas

Infatti non si può escludere a priori l’esistenza di un luogo di culto nuragico ad Antas, ma certamente è presente nella Grotta di Su Mannau.

L’evolversi della civiltà nuragica portò alla nascita, a sud – ovest dell’attuale tempio, di un florido villaggio Nuragico composto da numerose capanne prevalentemente a forma circolare di un diametro compreso tra i 3 ed i 6 m, pavimentate con lastre di pietre e cementate col fango.Il villaggio era cinto da un muro attualmente interrotto che presumibilmente lo delimitava.

Il luogo di culto dei nuragici era localizzato in prossimità dell’attuale tempio punico – romano, attorno ad esso furono ritrovate le tombe che riportarono alla luce le testimonianze del culto dei Sardi verso Sardus Pater Babay. Ci sono stati molti ritrovamenti ceramici e bronzei con forme taurine ed umane rappresentanti arcieri e pugili come nelle iconografie nuragiche, di anelli e collane composte da perle e pendagli d’argento, arredi funerari. Uno dei bronzetti più rappresentativi, quello trovato in una delle tombe a pozzetto tra le mani di un defunto, raffigurava un guerriero armato di lancia ed è databile al periodo del bronzo finale (X sec. A.C).

Una notevole importanza archeologica è da assegnare al tempio ipogeo di Su Mannau dove il ritrovamento di numerosissime ceramiche ha consentito di datare l’utilizzo religioso dell’ area per un periodo che va dal neolitico recente, con ceramiche risalenti al periodo di S. Michele e di Bonnannaro, sino al tardo Cristianesimo; a dimostrazione che, nonostante l’alternarsi delle varie usanze religiose, solo in quest’ultimo periodo si riuscì ad allontanare gli abitanti locali, dalla venerazione delle acque e del dio Toro, facendone luogo tabù.

Nella sala Archeologica della Grotta sono state ritrovate parecchie lucerne votive in terracotta con manico taurino risalenti ai periodi succitati e posizionati presso due particolari zone della sala: il laghetto e una colonna stalatostalagmitica rappresentanti rispettivamente la dea Madre e il dio Toro. L’estrema frammentazione delle ceramiche dimostra che, una volta utilizzate, esse venivano gettate a terra e simbolicamente rotte. Queste divinità protosarde simboleggiavano la terra fecondata dal seme (maschio) che con l’alternarsi delle stagioni, e con l’aiuto dell’acqua divina (Dea Madre) dava vita ai raccolti e quindi al ciclo della vita umana. Era un culto magico – religioso a chiara matrice agraria (l’economia delle civiltà prenuragiche era agricola) e venne ereditato dalla civiltà Nuragica. Un’ulteriore testimonianza della connessione tra il villaggio nuragico di Antas e la Grotta di Su Mannau è data dal ritrovamento di un sentiero che unisce i due punti, che venne utilizzato anche in epoca romana e che ancora oggi è agibile.

Oltre a questi luoghi, altri ritrovamenti nuragici si sono avuti in varie località del fluminese, in parte analizzati, in parte ancora assenti da attente valutazioni. I nuraghi di “Su Barbaraginu”, “Bittiri”, “Catalina”, “S’Oreri”, “Conca ‘e Muscioni”, “Su Nuraci”, “Su Nuraxi”; i dolmen, i menhir, i pozzi sacri, le tombe dei giganti e i nuraghi di Capo Pecora, sono ancora muta testimonianza di una misteriosa e, in gran parte sconosciuta, civiltà che per secoli si è evoluta scomparendo o trasformandosi poi in seguito alle invasioni di popoli che venivano dal mare.


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