Scheda bibliografica:

Argomenti filosofici sulla
STORIA

Quello che segue è un elenco parziale di libri e testi che ritengo di segnalare alla lettura e che mi propongo di integrare via via con altri titoli, evidenziando per ciascuno i concetti secondo me piu' rilevanti. Altri riferimenti sono presenti nelle schede bibliografiche in questo stesso sito.


1. CHE COS'E' LA STORIA ?
Lo storico dell'Ottocento, osserva Edward H. Carr (Sei lezioni sulla storia), doveva mostrare come erano andati i fatti, la storia consisteva in un complesso di fatti accertati (pag.13); ma qual e' il criterio, si chiede l'Autore, per individuare i fatti storici nella massa di fatti del passato? La nostra risposta alla domanda "che cos'e' la storia?" riflette in effetti il nostro giudizio sulla societa' attuale in cui viviamo (pag.12).
I fatti non parlano da soli, e' lo storico che decide quali fatti, in che ordine ed in quale contesto vanno presi in considerazione (pag.15 e pag.113); la storia medievale ci e' stata trasmessa da persone legate alla religione: lo storico sceglie, semplifica, tralascia, ignora. I giudizi tradizionalmente accettati contano piu' dei giudizi di fatto (pagg.18-19).
L'individualismo e' diffuso e radicato nelle ricerche degli storici moderni (pag.24, pag.38 e seguenti), come pure il punto di vista economico (pag.132) e l'idea di progresso (pag.48; la visione teleologica ebraico-cristiana, pag.118 e seguenti). La nascita della sociologia nell'Ottocento servi' a mostrare la complessita' delle societa', le cui politiche non erano sempre riducibili a singoli nomi (pag.51); i numeri contano nella storia (moltitudini, pag.55 e seguenti).
Inoltre, l'ipotesi che la storia abbia una fine rimanda alla credenza erronea di una meta che sia fuori dalla storia, mentre ogni progresso nella storia e' discontinuo, nel tempo come nello spazio (pag.123 e seguenti).
La storia e' interpretazione: fatti e documenti, da soli, non fanno una storia (pagg.24-29). Lo storico vive nel presente, vede il passato alla luce del presente; conta la data in cui un libro di storia e' stato scritto, oltre che il nome del suo autore (pag.48). La storia e' dialogo fra societa' presente e societa' passata; scrive Carr: "il passato e' comprensibile per noi soltanto alla luce del presente, e possiamo comprendere pienamente il presente unicamente alla luce del passato" (pag.61).
La storia ha percio' una duplice funzione: capire le societa' del passato, aumentare il nostro dominio su quella presente (pag.152); le divisioni della storia in periodi ed in aree geografiche non rispecchiano fatti ma ipotesi di lavoro, modelli, strumenti conoscitivi spesso necessari (pag.67 e pag.111). Ma i fatti storici sono tutti unici ed irripetibili, e lo storico crea generalizzazioni linguistiche (ad esempio il concetto di guerra, pag.69) che permettono di farci imparare dalla storia (pag.73 e seguenti).
L'osservatore modifica cio' che osserva: trattandosi di eventi particolari, la previsione non e' possibile ma puo' aumentare la probabilita' che l'evento si verifichi (pagg.77-78; vi e' interrelazione ed interdipendenza fra soggetto ed oggetto, pag.80).
Mentre lo storico deve giudicare le istituzioni (ad esempio la schiavitu'), non dovrebbe invece emettere giudizi morali sulle azioni dei singoli individui, anche se furono personaggi storici: per questo motivo, secondo l'Autore, e' difficile fare una storia dell'eta' contemporanea (pagg.84-85 e 105); inoltre, la storia puo' trasformare le sconfitte di oggi in successi posticipati (pag.137). In ogni caso, la consapevolezza storica dell'uomo moderno non ha precedenti (eta' dell'autocoscienza, pag.143 e seguenti).
I valori di un periodo sono influenzati dai fatti circostanti: la verita' storica e' a meta' del continuum tra fatti privi di valore e valori non ancora trasformati in fatti (pagg.139-141).
La sofferenza fa parte della storia, che e' caratterizzata da perdite accanto a vittorie, e da concetti morali astratti riempiti di contenuto concreto (pag.86; quanta liberta'/uguaglianza e a chi, pag.89); i valori, come gli individui, hanno carattere storicamente condizionato, non sono astratti: la storia e' in movimento e percio' richiede comparazioni e l'utilizzo di termini non assoluti ma comparativi (pagg.90-91).
Le domande fondamentali dello storico sono "perche'?" e "verso dove" (pag.116); quali e quante cause: "un miscuglio di cause economiche, politiche, ideologiche e individuali, di cause a lungo e a breve termine" (pag.96) che lo storcio dovra' ordinare fino ad individuare, secondo lui, qual e' la causa "in ultima istanza" (priorita' delle cause, pag.97; lo storcio moltiplica ed insieme semplifica le cause, pag.98).
Secondo Carr, non esiste un'antitesi fra libero arbitrio e determinismo, tutte le azioni umane sono libere e determinate "a seconda delo punto di vista da cui le guardiamo" (pag.102); e nulla nella storia e' necessario o inevitabile o casuale (pag.103, pag.109 e seguenti). L'Autore distingue cause razionali (generalizzabili) ed accidentali (non generalizzabili) la cui ricerca e' vincolata dai giudizi di valore dello storico (pagg.114-115).

2. SCHEMI E CICLI STORICI
Arnold J.Toynbee (Civilta' al paragone) individua uno schema fisso nei processi di decadenza e morte delle civilta'; solo la nostra esiste delle diciannove civilta' individuate dagli storici occidentali (pagg. 35-36 e pag.56). La fine di ogni singola civilta' individuale e' dovuta a guerre o lotte di classe (pag.19), che pero' non sono mai diventate universali e totali; ogni civilta' si sviluppa come risposta a sfide e crolla per l'incapacita' di rispondere a sfide nuove (pag.79).
La lezione della storia e' simile ad una carta di navigazione: aiuta ad evitare i naufragi (pag.44). Perche' la storia non si ripeta anche con la nostra civilta', secondo l'Autore sono necessarie soluzioni nuove sia in politica ("stabilire un sistema costituzionale cooperativo di governo mondiale", pag.57) che in economia (compromesso fra liberalismo e socialismo) che nello spirito (fondamenta religiose, pag.58). Comunismo ed Islam erano entrambi movimenti antioccidentali ed insieme versioni eretiche della fede occidentale (pag.33).
Il progresso della conoscenza non e' riuscito ad eliminare, ma anzi ha rafforzato i poteri distruttivi della guerra e della classe (pag.37); inoltre, ha reso definitivamente immorale la ineguale distribuzione dei beni nel mondo, che non e' piu' una necessita' pratica (pag.41). I grandi monumenti delle passate civilta', osserva Toynbee, sono stati costruiti con un elevato prezzo umano che andrebbe condannato moralmente (pag.39).
Le vicende umane evidenziano una "tendenza alla ripetizione", vi e' un elemento reiterante della storia, che e' peraltro in accordo col ritmo generale dell'universo (pag.55): ogni nostra decisione e' in parte libera, in parte necessitata da fatti presenti e da eventi passati; il ciclo giorno-notte le stagioni condizionano le nostre azioni individuali, mentre collettivamente possiamo superarli con la divisione del lavoro e la cooperazione organizzata (pagg.46-47).
La storia di un singolo paese non si puo' capire se viene isolata nel tempo e nello spazio (dentro le frontiere, pag.219); la storia va considerata come un tutto, sinotticamente (pag.227), ed e' fatta da processi lenti e profondi, non dagli eventi passeggeri che risaltano sulle cronache quotidiane: per questo vi deve essere distanza fra l'osservatore, lo storico, ed il suo oggetto (pagg.301-302). La civilta', non il singolo paese, e' l'unita'-base minima di ogni studio storico, comprende piu' Stati, e' piu' vecchia, piu' longeva e piu' importante di ciascun singolo Stato (pagg.313-315); in ogni civilta' si possono poi distinguere eta' temporalmente definite (imperiale, ellenistica, classica nella civilta' greco-romana, pag.65).
Confrontando e selezionando le esperienze comuni nelle fasi di nascita, sviluppo, rovescio e decadenza, possiamo delineare una morfologia comune delle diverse civilta' (pag.229); civilta' del passato sono coesistite senza quasi mai venire a contatto (greco-romana e cinese, pagg.144-145).
L'unita' minima per noi e' la Cristianita' occidentale, che e' una delle cinque civilta' oggi esistenti, su diciannove comparse negli ultimi seimila anni (pag.222); le altre quattro sono la Cristianita' Ortodossa, l'Islam (il pellegrinaggio come elemento della fraternita' islamica, pag.123), la societa' Indu' e quella dell'Estremo Oriente. Le due civilta' cristiane, con la loro espansione negli ultimi quattro secoli, hanno portato tutte le civilta' a contatto fra loro (pag.224); la Cristianita' occidentale ha infine unificato il mondo, ma non potra' esercitarne da sola la supremazia che va condivisa fra tutte le religioni superiori (pagg.226-228). Il marxismo, secondo l'Autore, e' una eresia cristiana (pag.312).
Il progresso consiste nel migliorare nel tempo il nostro patrimonio sociale (pagg.361-362); e la vita spirituale dell'uomo, osserva Toynbee, e' piu' importante del suo benessere materiale (pag.363).
Karl Lowith (Significato e fine della storia) argomenta l'impossibilita' di una filosofia della storia, o storicismo (pag.11); l'idea che la storia universale possa essere interpretata alla luce di un principio, ed abbia un significato ultimo, e' di derivazione teologica (pag.21). Dal XVIII secolo la teologia storica viene sostituita dalla scienza storica, e la provvidenza dalla fede nel progresso, per cercare di capire il senso dell'agire e del patire degli uomini (pagg.22-23).
La visione greca era naturalistica (costanza, eterno ricorso) ed incompatibile con la ricerca di un senso ultimo della storia: la filosofia si occupa di cio' che e' permanente, la storia di cio' che e' singolare ed accidentale, e' possibile pertanto solo una storia politica ma non una filosofia della storia; furono gli ebrei ed i cristiani ad introdurre l'idea di una predestinazione divina, a rendere il concetto di senso sinonimo di quelli di scopo e fine, a introdurre l'idea di rigenerazione di un mondo corrotto, a volgere l'attenzione verso il futuro e non piu' verso il presente ed il passato come facevano le concezioni greca e romana (pag.24 e seguenti).
Il problema della storia, osserva l'Autore, "non puo' essere risolto sul suo stesso piano" (pag.219). La previsione e' un azzardo, quello di "anticipare il giudizio della storia" (la storia come giudizio del mondo, un tribunale senza giudice: Schiller, Hegel, Spengler, pag.33).
La domanda principale dello storico classico e' rivolta al passato (come si e' arrivati fin qui), quella dello storico moderno e' rivolta al futuro (come andra' a finire, pag.38); le due grandi concezioni dell'antichita' (movimento ciclico) e del cristianesimo (concezione escatologica) costituiscono le possibilita' fondamentali di comprensione della storia, di cui tutte le altre non sono che variazioni sul tema (pag.40). L'idea di storia universale deriva dal monoteismo ebraico e dall'escatologia cristiana; con la scoperta della Cina e la rivoluzione nelle scienze fisiche, Voltaire dimostrera' che si tratta di un'illusione (pag.129 e seguenti). Voltaire introduce l'idea di progresso moderato, condizionato dal prevalere o meno della ragione (pag.133).
Per Burckhardt, osserva Lowith, la storia e' selezione ed accentuazione di fatti di un'epoca, che un'altra epoca valuta essere rilevanti; e' coordinamento di osservazioni, ma non sottomissione ad un principio (filosofico o teologico), l'unico elemento permanente essendo la continuita' storica, senza principio, progresso e fine.
Il proletariato, per Marx, diventa lo strumento per raggiungere il fine escatologico (pag.57, pag.62 e seguenti):

proletariato

popolo eletto (figli della luce)

borghesia figli delle tenebre
intellettuali nel proletariato profeti
manifesto del partito comunista documento profetico
comunismo regno di Dio senza Dio
modo di produzione fato
sfruttamento male radicale
preistoria peccato originale
rivoluzione giudizio finale della storia

Lowith osserva come in Hegel vi sia la distinzione fra una concezione orientale della storia (storia come mutamento) ed una occidentale e biblica (storia come compimento, pag.75), e come l'astuzia della ragione -concetto fondamentale della filosofia della storia hegeliana- non sia altro che la versione razionale della provvidenza teologica (pag.77 e seguenti). Hegel, osserva Lowith, fu un "profeta alla rovescia" che vedeva il compimento della storia nel suo mondo di allora, ancora circoscritto alla vecchia Europa (pag.80).
Hegel, scrive Andrew Gamble (Fine della politica?) individuo' la fine della storia nel 1806 (battaglia di Jena, pag.34), gli storicisti liberali nel 1989: i principi ordinanti del mondo moderno sono ormai definiti e definitivi, non piu' migliorabili (pag.37; fine dell'ideologia, pag.38 e seguenti); la convergenza di socialisti e conservatori su Welfare State ed economia mista decreta la conseguente fine della politica, ormai noiosa e banale (pag.41).
La fine della storia e' un motivo conduttore del postmodernismo (il presente non si puo' comprendere dal passato, pag.28), che rifiuta le tradizioni ideologiche ed intende la politica in senso pluralista: gli individui sono portatori di molteplici identita' e fedelta', anche sovrapposte ("razza, genere, classe, etnia, quartiere, citta', nazione, attivita' lavorativa, famiglia, eta', inclinazioni sessuali", pag.31; focus group, indeterminatezza, pag.32). Si vedano altre considerazioni dell'Autore negli argomenti filosofici sulla politica e sulla globalizzazione in questo sito.
L'idea di progresso, osserva ancora Karl Lowith, ha una origine cristiana ma una tendenza che e' anticristiana (l'uomo che si sostituisce a Dio, pag.82 e seguenti, pagg.230-231); per Proudhon successive crisi rivoluzionarie producono nuove concezioni di giustizia (pag.84): cristianesimo (uguaglianza davanti a Dio), Riforma/Descartes (uguaglianza davanti alla ragione), rivoluzione francese (uguaglianza davanti alla legge), rivoluzione economico-sociale (equazione uomo=umanita'). La "fiaccola dell'escatologia" fu cosi' tenuta accesa nel XIX secolo da ateisti (Marx, Proudhon, Nietzsche, pag.87).
Anche la teoria dei tre stadi di Comte (teologico, metafisico, scientifico, teoria derivata da Saint-Simon e Turgot, pag.111) individuo' nello sviluppo progressivo l'unica legge della storia, che assunse la funzione della provvidenza (pag.91 e seguenti).

teologia della storia

filosofia della storia

Bossuet 1681 (Discours sur l'histoire universelle) Voltaire 1756 (Essai sur les moeurs et l'esprit des nations)
provvidenza volonta' di Dio provvidenza volonta' dell'uomo
storia della salvezza storia universale

Anche Comte, come tutti i filosofi della storia, considerava solo le collettivita' e non gli individui, la cui sorte e' fuori dai suoi schemi ed e' null'altro che fenomeno statistico (pag.109). Contrapposti al migliorismo di Comte, Turgot, Saint-Simon e Condorcet, Nietzsche, Dostoevskij, Burchardt e Tolstoj profetizzarono il declino della civilta' occidentale (pessimismo, pag.118), Flaubert e Baudelaire l'inutilita' dei miglioramenti materiali (nichilismo).
Il mondo di oggi, conclude Lowith, non e' diverso da quello di Alarico: sono cambiati soltanto i mezzi di oppressione, distruzione e ricostruzione (pag.219).
Si vedano altre analisi dell'Autore negli argomenti filosofici sulla religione in questo sito.

3. DETERMINISMO E ARTIFICIALISMO
Il socialismo scientifico, cioe' il marxismo, afferma che il mutamento dell'ordine sociale esistente e' regolato da leggi precise, conoscendo le quali e' possibile prevedere i futuri assetti sociali. In base a questa premessa, il marxismo afferma che l'intervento dell'uomo nel processo storico puo' avere successo solo se assume la funzione di una levatrice: la levatrice aiuta le partorienti a far nascere i bambini, ma non puo' creare bambini in quelle donne che non li hanno concepiti. Allo stesso modo, quando il marxista sostiene l'inevitabilita' di una rivoluzione, fa una previsione: l'evento si realizzerebbe ugualmente anche se egli non dicesse nulla, perche' e' parte del processo storico, e' necessario; la rivoluzione scaturisce dalle contraddizioni immanenti al processo materiale di produzione e non viene scelta dagli uomini sulla base di piu' alternative disponibili (come invece fa Rawls con i due principi di giustizia); conseguentemente, il marxista interviene nella societa' per assecondare quei mutamenti che sono gia' in embrione, per aiutare lo svolgimento del processo storico, ma nulla di piu': il suo ruolo e' quello della levatrice e non quello del progettista (il comunismo e' al di la' della giustizia: Rawls, Una teoria della giustizia, pag.239).
Il contrattualismo, invece, sostiene che la societa' nuova non e' un bambino gia' concepito che deve essere solo aiutato a nascere; la societa' nuova, secondo il contrattualista, e' come un grande edificio che gli uomini possono costruire quasi a proprio piacimento: e' chiaro che esistono condizioni e vincoli che limitano i nostri desideri e di cui bisogna tener conto; ma anche un grattacielo non e' costruito nell'aria, e ogni ingegnere o architetto sa quante e quali regole bisogna osservare per la sua costruzione. Cio' non toglie, tuttavia, che i progetti siano tutti diversi, e cosi' pure i risultati ottenuti.
Allo stesso modo, il contrattualista sostiene che esistono infiniti progetti di societa'; solo pochi tra essi, pero', tengono in dovuto conto le condizioni reali esistenti: ma mentre gli altri sono solo utopie, questi ultimi sono potenzialmente possibili; per il contrattualista, il futuro dell'uomo non e' percio' determinato da leggi storiche ineluttabili, non e' (come per il marxista e piu' in generale per i deterministi) un futuro necessario, ma un futuro possibile, aperto a molteplici possibilita' di trasformazione.
Il futuro dell'uomo e' aperto, e deve essere costruito per intero dall'uomo, perche' egli solo e' responsabile delle sue azioni, nel bene come nel male: per la concezione artificialista, dire che il futuro dell'uomo e' aperto a molteplici possibilita' significa affermare che e' compito degli uomini scegliere quale futuro volere; l'artificialismo si pone fin dal primo momento sul piano del pluralismo: gli individui di cui si compone una societa' devono discutere fra loro quali nuovi assetti sociali dare ad essa, se mantenerla cosi' com'e', se riformarla in qualche punto, oppure se trasformarla radicalmente. Ciascun gruppo sociale deve elaborare un proprio progetto, illustrarlo agli altri gruppi, sottolineare i valori in esso contenuti e le concrete possibilita' di una sua realizzazione, e poi lasciare all'insieme collettivo, per mezzo di procedure democratiche di decisione, la liberta' di scegliere quale progetto attuare. Le procedure dell'artificalismo contrattualista sono democratiche e pacifiche: ciascun progetto viene discusso e ridiscusso, anche in fase di realizzazione, le critiche e le proposte vengono accolte e valutate attentamente, la discussione viene incoraggiata e, con essa, la partecipazione; si accresce l'interesse collettivo per la societa' progetto e nuove idee contribuiscono a definire nel migliore dei modi l'assetto sociale condiviso: la societa' che ne risulta, dati i presupposti, sara' una societa' giusta, pluralista, democratica, partecipativa, pacifica.
Sul versante del determinismo e del naturalismo le cose vanno diversamente: qui non si tratta piu' di progettare il futuro, bensi' di prevederlo: la previsione e' un compito scientifico forte, che puo' essere svolto con successo solo da quegli individui che sanno investigare il corso del processo storico e che sanno comprenderne le tendenze. Inoltre, il futuro sociale non e' aperto a varie possibilita', ma e' determinato dalle leggi della storia; ne deriva che esiste un solo futuro possibile, che si realizzera' comunque, date le premesse ed indipendentemente dalla nostra volonta', anche se noi possiamo accelerare i tempi aiutando ed assecondando gli eventi.
Nelle prospettive del determinismo e del naturalismo, e percio' anche del marxismo che ne segue le linee teoriche, il pluralismo e' escluso per necessita' logica: se il futuro e' determinato da leggi storiche indipendenti dalla volonta' degli uomini, la previsione che di esso puo' essere fatta deve per necessita' essere unica: esiste un solo futuro, una sola societa' nuova, un solo modo per arrivarci; le scelte collettive sono inutili (o, meglio, sono obbligate), la critica e' dannosa perche' induce gli uomini a credere che il processo storico possa svolgersi diversamente, e' percio' ideologica ed utopistica.
Mentre contrattualismo ed artificialismo sottolineano il carattere possibilista e costruttivista di ogni societa' umana, determinismo, naturalismo e marxismo ne evidenziano il carattere di necessita' e doverosita': il marxista e' uno scienziato che sa di sapere, il contrattualista e' come un artista, che elabora progetti; e la societa' degli artisti non puo' che essere una societa' libera, perche' l'arte, la creativita', l'innovazione, la progettualita', la scelta, la critica, presuppongono condizioni di liberta' collettiva; mentre la societa' degli "scienziati politici" e' totalitaria, perche' la scienza (nel senso forte del termine) e' unica, come uniche sono le leggi della storia.
Chi ha ragione, dunque, il contrattualista quando sostiene che l'uomo e' responsabile delle proprie condizioni (presenti, passate, future), oppure il determinista quando afferma che al di sopra e al di la' della volonta' umana esistono leggi e tendenze indipendenti che determinano il corso degli eventi?
A favore della tesi contrattualista sta il fatto che l'uomo e' l'unico essere vivente conosciuto capace di modificare egli stesso le regole della propria esistenza collettiva; la nostra specie ha costruito e costruisce societa' diverse fra loro, per dimensioni e cultura, istituzioni e civilta', mentre altri animali sociali producono sempre gli stessi risultati, e risultati diversi sono possibili solo come conseguenze di mutamenti genetici: solo a patto, cioe', che cambi il tipo di animale con cui abbiamo a che fare. Ma la nostra specie, nelle ultime decine di migliaia di anni, non ha modificato il proprio codice genetico, e le differenze che passano fra un uomo delle caverne ed un astronauta sono di ordine culturale, non fisico; lo dimostra il fatto evidente che se prendiamo un neonato di una societa' di cavernicoli e lo facciamo crescere in una societa' di astronauti, egli diventera' un astronauta, e non un cavernicolo. L'uomo, dunque, sembra essere l'unico animale capace di plasmare egli stesso la propria storia sociale, indipendentemente dal proprio patrimonio genetico; quest'ultimo puo' essere considerato solo, in ultima analisi, come il retroterra di ogni civilta' umana, non certo come la causa delle differenze esistenti fra le varie civilta'.
Le scelte collettive assumono quindi un ruolo fondamentale nel determinare i contenuti e le forme del processo storico, e l'artificialismo sostiene che e' necessario rendere pienamente consapevoli gli individui di questa loro capacita' di scelta, affinche' non si trovino nella situazione paradossale, ma sempre ricorrente, di aver preso decisioni, anche importanti, senza essersene resi conto. L'essenza di ogni progetto razionale consiste proprio in questo: assoggettare al controllo della ragione (che e' uno strumento limitato ma pur sempre disponibile) quelle scelte che, altrimenti, potrebbero rendere l'uomo schiavo delle sue stesse decisioni e degli stessi prodotti del suo lavoro e del suo ingegno.
A sfavore delle tesi deterministiche che postulano l'esistenza di precise leggi storiche (quali le leggi dialettiche che secondo il marxismo regolano i modi di produzione materiale) esistono anche argomenti di ordine logico che sono stati analizzati da Karl Popper (Miseria dello storicismo): in primo luogo, il marxismo chiama leggi quelle che, in realta', sono solo tendenze: mentre una legge presenta carattere di generalita' e universalita', la tendenza si riferisce a situazioni particolari, a fenomeni la cui esistenza e' legata ad un complesso di cause che non garantiscono il persistere regolare dei fenomeni (pag.56). Una tendenza, in altre parole, puo' durare a lungo e poi, improvvisamente, mutare, mentre una legge e' sempre stabile; una tendenza e' una questione statistica, una legge e' un fatto scientifico, e mentre molte tendenze possono essere descritte nel corso del processo storico, nessuna legge vi puo' essere scoperta. Il motivo di cio', sostiene Popper, e' che la storia e' fortemente influenzata da cio' che chiamiamo conoscenza. Sappiamo quanta importanza abbiano, in qualsiasi societa', lo sviluppo della ricerca scientifica e di quella tecnologica; ebbene, se ammettiamo questo fatto evidente, allora il corso degli eventi storici non e' piu' prevedibile, perche' non si puo' prevedere lo sviluppo futuro della conoscenza scientifica e tecnologica: "nessun predittore scientifico - scienziato o macchina calcolatrice che sia -", scrive Popper, "puo' predire, con metodo scientifico, i suoi risultati futuri" (pag.14).
Queste semplici osservazioni minano alla base uno dei concetti piu' importanti del marxismo, la teoria del materialismo dialettico, e tolgono valore ad uno degli attributi piu' importanti di tale filosofia, quello cioe' di essere la teoria del socialismo scientifico; in un'epoca ricca di mutamenti, tecnologici e politici, servono dunque nuovi approcci, ed artificalismo e contrattualismo possono servire a tal scopo, perche' lo spirito che li accomuna e' costruttivo e progettuale: essi rappresentano un passo in avanti rispetto al materialismo dialettico, perche' liberano l'umanita' dalle leggi eterne della storia, come peraltro il marxismo fu, a suo tempo, un passo avanti rispetto a quell'idealismo che cercava nella Provvidenza o nella Ragione il motore di tutti gli affari umani. Solo rendendoci conto che il futuro e' nelle nostre mani, potremo scongiurare per sempre gli immensi pericoli che hanno caratterizzato il XX secolo, primi fra tutti il totalitarismo, la morte dell'uomo, e l'apocalisse atomica, la morte dell'umanita', e potremo scongiurare i nuovi pericoli che potrebbero (il condizionale e' d'obbligo) caratterizzare il futuro prossimo (emergenze planetarie).
Solo ponendoci nella prospettiva artificialista possiamo infatti progettare l'assetto fondamentale di istituzioni diverse, che siano giuste, pacifiche, autenticamente democratiche e che consentano ampi spazi di liberta' per gli individui; da questo punto di vista, l'artificialismo e' sinonimo di costruttivismo: progettualita', partecipazione, discussione, critica, realizzazione consapevole degli obiettivi progettati, condotta per via pacifica, gradualmente e rinunciando ad appellarsi alle leggi della Storia, della Provvidenza o della Ragione.

4. PROGRESSO MORALE E CRITICA DELLA CONCEZIONE UMANISTICA DELLA STORIA IN NORBERTO BOBBIO
Norberto Bobbio (L'Umanesimo socialista da Marx a Mondolfo) contesta la concezione umanistica della storia come genericamente fatta dagli uomini perche', a suo avviso, ha un significato solo negativo e non tiene conto del continuo avvicendarsi delle classi dominanti: la storia umana si svolge in un ambiente dato, che condiziona, ed e' fatta di terrore, lacrime e sangue (pag.8).
Secondo Bobbio, i fatti sono pero' giudicati in base alle teorie anziche' mettere le teorie a confronto coi fatti, e molte teorie che utilizziamo per capire la storia sono razionalizzazioni di apprezzamenti che riguardano piu' i nostri desideri che le nostre facolta' critiche (pag.14).
Inoltre, secondo Bobbio la storia non e' riconducibile all'immagine di Eraclito, non e' un fiume in cui scorre sempre acqua diversa ma e' piuttosto la 'tela di Penelope', in quanto "ogni generazione tende a fare tabula rasa del passato e a ricominciare tutto da capo" (pag.15).
La storia puo' essere occasione di rimpianti o di ripensamenti, ma non si fa con i se e l'unica domanda giusta da porsi e' "perche' e' accaduto proprio quello che e' accaduto e non altro" (pag.16). La concatenazione di cause nella storia e' come un castello di carte (pag.16), il metodo della storia fatta con i se, sbagliato se usato retroattivamente, e' invece l'unico metodo giusto da utilizzare proiettivamente, per la storia da fare verso la quale abbiamo il dovere di essere pessimisti, "premessa per non essere domani, verso il passato, critici pentiti e impotenti" (pag.17).
Le filosofie della storia, osserva Norberto Bobbio nel libro Il problema della guerra e le vie della pace, nascono con le catastrofi dell'umanita', fra le quali la guerra ha "un posto preminente" (pag.31); ma la guerra atomica toglie significato alla storia ed alle filosofie della storia (pagg.32-40), ed inoltre smentisce le teorie del progresso (pag.77).
Negli strumenti di distruzione il progresso umano e' stato trionfale (pag.14); ma proprio per questo, evidenzia Bobbio, la violenza da "ostetrica della storia" potrebbe diventarne il becchino (pag.28): l'immagine piu' appropriata della condizione umana e' percio' per l'Autore quella del labirinto, la cui unica lezione e' quella della strada bloccata (pag.31).
La guerra come via bloccata si puo' ritenere impossibile (impossibilita' di fatto: non deve accadere) o ingiustificabile (indesiderabilita' o impossibilita' di diritto: non puo' accadere, pag.50); ma la storia non si fa con i se, le sue vie sono obbligate (pag.34).
Storicamente, nei rapporti internazionali prevale la coppia guerra-disordine, in quelli nazionali pace-ordine (pag.123).
Nella visione globale della storia, la pace ha un valore superiore alla guerra: "nella sua necessita' la guerra e' pur sempre un male, nella sua insufficienza la pace e' pur sempre un bene" (pag.135; si vedano anche altre considerazioni dell'Autore negli argomenti filosofici sulla pace in questo sito).

5. IPOTESI SUL FUTURO
Bertrand Russell (Storia della Filosofia Occidentale, cit.) osserva come verso l'anno Mille nessuno avrebbe potuto prevedere il futuro predominio della cultura europea occidentale rispetto a Cina, Giappone, Islam (pagg.526 e 555).
Russel evidenzia come nel Medioevo la Chiesa e l'Impero Romano coincidessero col mondo allora conosciuto: vi era allora la coincidenza di uno Stato mondiale, una sola religione "cattolica", una cultura universale (pag.390), caratterizzata pero' da varie forme di dualismo (Papa e Imperatore, spirito e carne, cristiani e barbari, clero e laicato, pag.412).
La filosofia era un prodotto della Chiesa, gli immediati eredi della cultura greca furono infatti gli arabi, e fu al loro contatto che i cristiani scoprirono Aristotele, l'algebra, la chimica (pag.392).
Herman Kahn e Anthony J.Wiener, nel libro L'anno 2000, evidenziano come la nostra influenza sia spesso piu' grande su situazioni future che conosciamo poco piuttosto che su situazioni a noi piu' vicine. Congetture sistematiche intorno al futuro possono essere costruite proiettando variabili-chiave (popolazione, grado di istruzione, pnl, forza militare, fonti di energia, ecc.):
- le proiezioni permettono di descrivere un "mondo standard" e "variabili tipiche";
- sequenze ipotetiche di eventi (processi causali e decisioni) possono determinare diversi scenari;
- futuri alternativi possono essere costruiti per discutere altri scenari o confrontare alternative politiche.
Un problema della speculazione di lungo periodo e' che nessun evento e' piu' probabile di numerosi altri eventi, la "curva soggettiva" delle probabilita' e' piatta. Variabili tipiche, che esprimono solo ipotesi, possono essere:
- un mondo piu' integrato, orientato alla stabilita' o allo sviluppo;
- un mondo piu' introspettivo, caratterizzato da declino o dinamicita' di parti di esso;
- un mondo piu' disordinato, caratterizzato anch'esso da declino o dinamicita' di sue parti (singoli paesi, aree geopolitiche).
Ogni studio sul futuro lontano e' destinato ad invecchiare rapidamente perche' in ogni momento puo' manifestarsi uno spostamento o anche un punto di svolta. Il ritmo delle innovazioni puo' non modificarsi ma anche subire accelerazioni o saturazioni.
Ipotesi sul mutamento storico possono anche derivare da mutamenti gia' avvenuti; fermenti internazionali non dipendono solo dalla poverta' e non sempre diminuiscono col crescere dei processi di industrializzazione. Ipotesi "macrostoriche" che si possono costruire per quanto riguarda il mutamento sono:
- ipotesi statica, tradizionale e/o iterativa;
- ipotesi progressiva, tendenze complesse, aspettative crescenti, "punto culminante";
- ipotesi di decadenza, conservatorismo, nostalgia, perduta eta' dell'oro;
- ipotesi di ascesa e declino, sviluppo e decadenza cicliche (scenario di Quigley), fluttuazioni (scenario di Sorokin), flussi e riflussi "regolari";
- assenza di schemi (determinabili e prevedibili);
- schemi empirici (analisi empiriche di tendenze multiformi, flussi e riflussi irregolari, scenari tipici);
- ipotesi eclettica e sincretica, utilizzazioni metaforiche degli scenari di Quigley e Sorokin, congetture sul declino-ripresa, criptostoricismo.
L'idea del futuro migliore del passato (idea di progresso, ma anche eresie utopistiche, paradiso in terra) e' dominante in Occidente e si e' ormai diffusa nel mondo intero per l'influenza della cultura occidentale; il punto finale e' la conclusione di un processo teleologico basato sia su tendenze attuali che sulla convinzione della sua raggiungibilita' attraverso la programmazione o l'ingegneria sociale (concezione utopistica del futuro).
L'idea di decadenza risale ad Aristotele (ogni forma di governo tende a decadere), gli Autori evidenziano che chi e' coinvolto in processi di decadenza relativa (singoli paesi, culture, individui in conseguenza della concorrenza) percepira' la propria decadenza come un processo diffuso, anche su scala mondiale.
La teoria greca modificata dei cicli politici potrebbe essere la seguente:
Re, capo o altro despota legale - sacralita' del re (stalinismo, maoismo) - aristocrazia - oligarchia - democrazia - anarchia, egualitarismo, immobilismo - tirannia, cesarismo, bonapartismo - principe - di nuovo re, capo o altro despota legale.
La storia non si puo' ripetere ma puo' parafrasarsi.

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