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le
vicende dei volontari ciclisti (vedi scheda) seguiamo anche quelle del 12° Reggimento fino
alla vigilia delle tragiche giornate
del Mrzli del maggio 1915. Il 12° è un reparto decisamente speciale e
anomalo; è
composto
in parte da volontari ordinari che il Colonnello De Rossi chiama "gente
arruolata .. ché nulla di buono è stata capace di fare nella vita civile, un
branco di..... " ed altri epiteti che non riportiamo per decenza.
Nonostante non fossero, per il loro passato, stinchi di santo, per il
periodo che rimasero arruolati si dimostrarono buoni soldati e anche
dopo lo scoppio delle ostilità non si ritiravano nei momenti di pericolo.
Nel 1913 il Colonnello riprese l'abitudine di far suonare nelle strade di
Milano la
Fanfara, consuetudine soppressa dal 1898, dopo i tragici fatti. Si disse che il De Rossi all'epoca provvedesse che agli arrestati della rivolta
di Milano fosse
concesso aria ed acqua, cosi come ai parenti di informarsi. A questo
ufficiale definito nel 1892 sovversivo, per aver organizzato in caserma una
piccola biblioteca ed alcuni svaghi, si contrapponeva il sottoposto,
Michele Pericle Negrotto comandante di battaglione, fervente nazionalista
e grande
appassionato di bicicletta. Fosse un caso o lucida premeditazione di
qualche ufficio dello Stato Maggiore i loro destini si incrociarono qui al
12°. Il De Rossi
aveva visitato in bicicletta l'area da Tolmino a Caporetto toccando con mano l'avversione degli sloveni al
viandante italiano. Dalle parti di Plava ricevette anche sassate.
Michele Pericle Negrotto, quello che organizzerà nel 1911 il rientro della salma di
Alessandro La Marmora, aveva chiesto una licenza straordinaria di
3 mesi e con personali raccomandazioni di irredenti andò a visitare nel 1908 le
regioni occupate ancora dall'Austria.
Viaggiò da Rovereto (TN) a Trieste quando la guerra, quella vera, era
ancora lontana, ma è ovvio pensare che dietro il suo diporto e
quello di De Rossi ci
fosse anche un incarico di intelligence
(spionaggio). Nell'approssimarsi dei lampi del
conflitto, in contrapposizione a quanto era stato sempre fatto
nel corpo, fu costituita
una unità superiore al reggimento e alla Brigata (ma non copriva tutto
l'organico), antistorica per le modalità di impiego dei bersaglieri,
operante negli ambiti dei corpi d'armata come normale fanteria.
Il più elementare buon
senso suggeriva di porvi alla testa un uomo, per riparare in parte alla
frittata, che fosse conoscitore dei
pregi e dei difetti dei bersaglieri e che soprattutto possedesse lo stesso
spirito. Di uomini adatti ce n'erano, ma la routine imponeva di
destinarvi un generale a disposizione. E così divenne comandante un
Generale ex ufficiale d'artiglieria che aveva lavorato da capotecnico nel
collaudo materiali alla scuola di applicazione. Fisicamente era limitato e in sovrappiù si rivelò pedante e tremebondo
con la fobia che i bersaglieri potessero procurargli guai. Un tal personaggio messo di fronte alle
idee di Negrotto non poteva che saltare sulla sedia per le affermazioni che questi
andava distribuendo. Se il navigato Colonnello De Rossi rideva alla sua
(di Negrotto) affermazione che "avrebbe attraversato il confine (in tempo di pace) coi suoi
irredenti dalmati-istriani e volontari senza arte nè parte", il Generale invece ne faceva
una malattia. Per le grandi
manovre portò i reggimenti della divisione (6°-12°, 9°-11°) lontano dalle alpi
Giulie a scanso di equivoci.
Per sfuggire alla chiamata alle
armi nell’Esercito Austriaco ci si procurava passaporti falsi, oppure ci
si nascondeva a bordo di navi italiane o di altri natanti che svolgevano
servizio con l’altra sponda dell’Adriatico. Ed ancora si fuggiva con
l’aiuto di guide sicure, pratiche dei passaggi lungo i confini con
l’Italia. Non era infrequente l’uso di piccole imbarcazioni per
raggiungere via mare l'Italia. Nel periodo in cui l’Italia rimase
neutrale, vennero ipotizzate azioni provocatorie da parte di irredenti,
per creare più di un “casus belli”. In attesa che l’Italia entri in
guerra, un consistente gruppo di esuli giuliani, fiumani e dalmati si
aggrega al gruppo degli irredenti che continuano ad attraversare il
confine con l’Austria, dando vita ai Battaglioni Volontari di Mestre,
Padova, Bologna, Roma, Milano, confluendo alla fine nel Battaglione dei
volontari bersaglieri di “Pericle Negrotto”.
http://digilander.libero.it/freetime1836/libri/libri68.htm
il nazionalismo di Negrotto
Non sarebbe comunque andata così
se l'Italia delle vittorie (degli altri)di Custoza e
Lissa del 1866 !!!!! e dagli incerti sviluppi africani non si fosse
fatta trascinare nel conflitto. La smania tedesca di sostituire
l'Inghilterra nel dominio del mondo e quella Austriaca di espandersi a Sud, faceva di noi all'interno della
Triplice il classico vaso di coccio. D'altra parte,
la nostra inesperienza e giovinezza politica ci faceva palestra dei dileggi
di quelli dell'Intesa. Oltre 5 milioni di persone avevano
ormai lasciato l'Italia per le americhe o per i paesi Europei disponibili
per non farvi più ritorno. Noi cercavamo all'estero terra , quando
gli altri cercavano porti, spezie, materie prime, e rotte commerciali. |
La soluzione di tutto, a dire della sinistra,
era una rivoluzione dove tutti i proletari del mondo si sarebbero trovati uniti. Ma
i socialisti austriaci nel 1908 non avevano aperto bocca quando la Bosnia
era stata inglobata nell'impero. Noi chiedemmo Università italiane
(a Trieste o in Trentino) e scuole
superiori per le nostre comunità ma la
risposta furono le cariche di polizia*. In compenso noi riconoscevamo tutte le
nazionalità jugoslave e balcaniche, di lingue e religioni diverse, che stavano cancellando quella
italiana e che presto ci avrebbero anche sparato addosso. E tutto ruotava e
ritornava sempre al concetto di Marinetti futurista " la guerra la sola
igiene del mondo". All'interno della stessa Austria si
sviluppava il movimento dei veri Austriaci, naturalmente
nazionalista. Se le rivendicazioni italiane si fermavano a territori
abitati da Italiani, la Francia voleva restituite l'Alsazia e la Lorena
perse nel 1870 e abitate da tedeschi, la Russia il controllo di tutti i paesi a religione ortodossa dei Balcani, l'Inghilterra quello dei mari...ecc...ecc. La china verso il conflitto sembrava
veramente inarrestabile. *A
Trieste per il cosmopolitismo della città, commerciale e capolinea
di molti slavi dell'entroterra che stemperavano l'italianità, gli
Austriaci sarebbero anche stati favorevoli ma dopo i fatti di Innsbruck
del 1903 non se ne fece più nulla. Se gli italiani volevano studiare
dovevano andare a Vienna e seguire i corsi in tedesco. A questo
proposito diamo alcune informazioni desunte in rete su quei fatti a
partire dal sito ufficiale dell'Università di Innsbruck, unica località
in cui si poteva garantire alcune facoltà per gli italiani del Trentino
(non Sudtirolesi come dicevano loro).
Dal
sito ufficiale Università di Innsbruck… Ai “tirolesi” di lingua
italiana, che studiarono presso l'Università di Innsbruck è sempre stato
riconosciuto il diritto di fare uso della propria lingua madre anche ed
in particolare in sede d'esame. La conoscenza della lingua italiana era
inoltre prerogativa dei professori che volessero essere insediati ad
Innsbruck. Con il semestre invernale 1864/65 furono introdotte, su
iniziativa della dieta tirolese (decreto del 28.3.1863), seguita
dall'ordinanza imperiale del 19.2.1864, delle lezioni parallele in
diritto tedesco, diritto canonico e diritto romano (1· e 2· anno) in
lingua italiana. Nel 1869 fu la volta anche delle materie del 3· e del
4· anno ed in specie diritto penale, privato, processuale civile,
commerciale, cambiario ed in economia politica. Nonostante fosse stato
pensato a delle specifiche cattedre per l'insegnamento di dette materie,
le lezioni furono in gran parte affidate ad operatori del diritto
(cosiddetti "supplenti") ed in particolare a giudici ed avvocati. Le
tensioni a livello nazionale, che disturbarono fin dall'inizio lo studio
di giurisprudenza in lingua italiana, portarono nel 1904 alla
sospensione delle lezioni parallele. Nel tentativo di salvare
l'iniziativa fu costituita una separata facoltà italiana che fu
dislocata nel rione di Wilten.
La stessa però in verità non fu mai attivata. A causa infatti delle
dimostrazioni nazionalistiche, poste in essere dagli studenti, la
facoltà dovette essere chiusa l'anno successivo. In totale, tra il 1864
ed il 1904, si iscrissero alla facoltà di giurisprudenza 678 studenti di
lingua italiana 566 dei quali trentini.
Tra
il 3 e il 4 novembre 1904 avvenne infatti ad Innsbruck l'episodio
culminante delle lotte universitarie per l'Università iniziate già dal
maggio 1903. Quel giorno si deve inaugurare la nuova Facoltà giuridica
italiana, concessa dal governo austriaco dopo anni di tentennamenti
quale primo nucleo di una vera e propria università di lingua italiana
nel progetto degli “italiani” da ridislocare a Trento o a Trieste. Circa
200 studenti italiani si riuniscono in effetti nella palazzina di
Wilten la mattina del 3
per l'inaugurazione della facoltà provvisoria, ma il clima è
"surriscaldato". Si giunge così in un crescendo di tensione allo scontro
fisico fra gli studenti italiani, trentini e triestini, e la folla dei
cittadini di Innsbruck fino all’intervento dell'esercito (con un morto)
e l’imprigionamento di tutti gli studenti, 138, fra cui Cesare Battisti,
Alcide Degasperi, Mario Magnago che restarono nelle carceri di Innsbruck
(rigorosamente senza processo) per una trentina di giorni. Secondo gli
storici, quello sarebbe stato l’unico momento in cui i due statisti
trentini ebbero un tratto di vita in comune. L'aspirazione di Trieste a
divenire sede universitaria negli anni antecedenti alla prima guerra
mondiale fu al centro di acute tensioni fra la componente italiana della
città e le autorità austriache, che rifiutarono poi ripetutamente di
darvi seguito.
Dopo l'annessione di Trieste all'Italia, la Scuola
Superiore di Economia venne parificata, nel 1919, agli altri istituti
superiori di commercio esistenti per divenire quindi Università, solo
nel1924.
Dai
documenti diplomatici riportiamo alcuni passi del console a Innsbruck
relativo ai primi consistenti disordini del novembre 1903 e culminati un
anno dopo con l'arresto di Battisti e Degasperi
...IL CONSOLE
BAROLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, TITTONI R RISERVATO 2086/186.
Innsbruck, 21 novembre 1903 (perv. il 24)
Durante il tempo che sono rimasto in congedo
la questione della università libera in Innsbruck ha peggiorato di
assai, causa in parte, se si vuole, l'intolleranza degli studenti
tedeschi e del partito che li sostiene; ma ancora più dei promotori
(Italiani) di essa i quali sia per ragioni personali, sia per ragioni di
partito non vogliono arrendersi e riconoscerne l'inopportunità.
L'influenza dei professori italiani sugli studenti (quasi esclusivamente
socialisti) è pur troppo assolutamente nulla; tanto più che manca ora
anche il professore Pacchioni il quale, decano dei professori italiani,
solo avrebbe potuto forse esercitare una certa azione benefica,
inducendoli se non altro a ritardare la cosa almeno fino a momento più
opportuno ed adatto, epperò nulla rimane ora a sperare da essi benché
recisamente contrari. Promotori sono il dottor Cesare Battisti, capo del
partito socialista trentino e direttore del giornale il Popolo di
Trento; ed il professore Scipio Sighele, il quale, dimentico già dello
sfratto, da lui solo a stento evitato per l'intervento di S.E.
l'ambasciatore d'Austria-Ungheria in Roma, dopo il discorso tenuto a
Nago, si occupa ora nuovamente di agitazioni politiche: scopo sicuro del
primo è di fare un'affermazione di partito non solamente ma di tenere
agitata la provincia per esercitare tanto più facilmente la propaganda
fra gli studenti, per quanto concerne l'interno; e per quanto concerne
l'Italia di ottenere, in caso di disordini, una nuova serie di
dimostrazioni ami-austriache, le quali possano creare, od aumentare se
esistenti, mali-umori fra l'Italia e l'Austria e preparare così la fine
della Triplice Alleanza tanto invisa ai socialisti e sopra tutto ai
socialisti trentini. Notizie esatte circa l'apertura dei corsi
dell'università libera non mi venne fatto di raccogliere, perché gli
studenti operano segretamente e nemmeno i professori sanno quanto è
deciso in proposito; si dice però che sarà inaugurata fra breve:
il
locale non si conosce; ma pare sarà dato alla cosa il carattere di
riunione privata, fatta con inviti personali.
Anche in questo caso però
sono sempre prevedibili disordini; ché, saputa la cosa, se non un
assalto del locale come alcuni affermano, si avrà da parte dei tedeschi
almeno almeno una violenta dimostrazione contraria, che certo finirà con
disordini gravi e colluttazioni fra gli studenti. Non credo che il
comitato pensi di invitarmi; ma se ciò avvenisse io accetterei solamente
di intervenire alla inaugurazione quando ciò facessero anche le autorità
politiche locali (luogotenenza od almeno capitanato distrettuale) e ciò
per non aggravare colla mia presenza la situazione, nel caso di
probabili ed anzi certi disordini. Credo che anche i professori italiani
si asterranno dall'intervenire. ....
Il 23 novembre del 1903,
con un discorso di ANGELO DE GUBERNATIS sul Petrarca, doveva essere
inaugurata a Innsbruck l'università libera italiana, ma la cerimonia fu
impedita dalla polizia locale. Gli studenti italiani in Austria,
offrirono allora, con il permesso delle autorità, un banchetto al De
Gubernatis; ma, uscendo dal luogo dove avevano banchettato, furono
selvaggiamente aggrediti e malmenati dagli studenti austriaci. I fatti
di Innsbruck rimbalzarono a Roma e nella seduta del 15 dicembre alla
Camera, durante la discussione sul bilancio degli Esteri, fornirono
occasione a molti deputati di scagliarsi contro l'Austria. L'onorevole
CARLO DEL BALZO, dopo aver sostenuto che gli Italiani dell'Impero
Austro-ungarico avevano diritto ad una propria università, chiese a
TITTONI (min. Esteri) "se l'Italia era alleata oppure messa sotto il
protettorato dell'Austria". |