La storia è racconto attraverso i libri  

Il primo testo che accompagna la presentazione è in genere quello diffuso dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati. Se non diversamente indicati sono del sito.

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FIRENZE  3/5 dic. 1910
….
7) Preparazione militare (Relatore M. P.
Negrotto)
8) La politica economica della Grande
Italia (Relatore Filippo Carli).
9) II problema della scuola (Relatore
Maffio Maffii).

  

Michele Pericle Negrotto Comandante XXIII Btg. Bersaglieri del 12° Reggimento

La vicenda storica e bellica

MICHELE PERICLE NEGROTTO E

IL NAZIONALISMO ITALIANO

7)LA PREPARAZIONE MILITARE (stralci)
Relazione di Michele Pericle Negrotto (all'epoca maggiore nei Bersaglieri)

….. L'attuale corsa sfrenata verso gli armamenti sempre più formidabili, l'assillante smania di trarre dal faticoso lavoro dei campi e delle officine, masse sempre più numerose d'uomini' con lo scopo di addestrarle e di organizzarle per i futuri mastodontici campi di battaglia trovano la loro spiegazione soltanto nell' implacabile gara fra le Grandi Potenze di sopravanzarsi fra di loro, mirando ciascuna, non appena lasciate a distanza le altre, ad imporre loro il proprio imperio politico ed economico. Né parziali fenomeni, né limitati tentativi di carattere pacifista possono modificare od alterare nella sua essenza e nel suo vasto complesso questa realtà. Le teorie illusioniste, che vogliono strapparci alla verità dell'oggi per trasportarci nei rosei sogni d'un avvenire lontano, possono forse, come le punture di morfina, inebriarci, farci dimenticare per poco questo tragico destino incombente ma non menomarlo in fatto, né tanto meno distruggerlo. Il primo brutale risveglio lo farà apparire anzi più grave, più spaventoso, insopportabile. In questa gigantesca ed incessante lotta umana il popolo italiano pretende e vuole che siano rispettate la sua integrità, la sua dignità, la sua cultura ed i suoi interessi nazionali e che siano lasciate anche a lui libere le vie di respiro nel mondo. E' una pretesa logica, contenuta nei limiti più corretti del diritto, la cui attuazione, indispensabile alla sua stessa esistenza, è affidata ai suoi due grandi strumenti materiali di difesa: l'esercito e l'armata. Quanto più la nostra preparazione militare sarà sollecita e completa, tanto più l' Italia nostra si sentirà sicura di sé e potrà sviluppare pienamente e proficuamente le sue recondite energie.
I due vecchi e noti aforismi :
— «.La forza d'un esercito sta per due terzi nell'elemento morale »
— « Qual’è il popolo tali sono i suoi istituti militari »
— si traducono con moneta più corrente in questi due altri principi :
1.) La potenza d' un esercito sta, prima che nelle armi materiali, {siano pur esse potenti e perfezionate al massimo grado) nelle virtù militari dei suoi gregari.
2.) A poco od a nulla vale un' accurata preparazione tecnica alla guerra, quando difetti manchi una precedente ed adeguata preparazione morale e militare dei cittadini.
Ecco il primo argomento, su cui desidero d'insistere alquanto, respingendo fin da principio due accuse mosseci dai nostri avversari. Non faccio del resto che ripetere cose già da me dette in altro tempo ed altrove. Noi non siamo sciovinisti né patriottardi. Chi mai non può desiderare fortemente che per antagonismo subentri la fratellanza dei popoli? Secondo noi però nessuna fratellanza salda e duratura sarà possibile mai, finché non vengano svolti secondo i principi della giustizia e del diritto gli ardui e scottanti problemi delle nazionalità. Anche noi siamo nemici ad oltranza dell'irritante sciovinismo vacuo e millantatore, ma sosteniamo, e sosterremo a spada tratta il patriottismo vero e sano, l' amore illuminato profondo ed operoso per la propria nazione, e lo incidiamo a lettere d'oro sulla nostra bandiera, perché lo riteniamo un sentimento naturale incoercibile ed indistruttibile, ed una spinta poderosa e costante non solo alla grandezza morale e materiale della Patria, ma al progresso dello incivilimento umano, alla umana concordia. La guerra costituisce ancor oggi un' incessante minaccia, che può da un istante all'altro mutarsi in realtà. Ed a questa realtà vogliamo tenere preparati gli animi e la forza dei nostri concittadini II militarismo brutale e mestierante poi nella Terza Italia, sorta su basi completamente democratiche e povera, di militari tradizioni, non è mai esistito né potrebbe sussistervi. Non è certo quindi ad alimentare una cattiva e tendenziosa chimera che mira l'opera nostra, ma a suscitare quel forte eroico e disciplinato spirito militare cosi scarso e cosi depresso nelle nostre masse popolari e cosi necessario, perché la Patria sia ben preparata alle esterne difese.... …In secondo luogo chiediamo, che, contemporaneamente alla preparazione morale, si estenda e si fortifichi sempre più la preparazione militare cosi necessaria, anzi indispensabile, con la crescente tendenza alla brevità delle ferme. E per preparazione militare non intendo soltanto l'insegnamento tecnico già impartito negli Istituti d' educazione e nei collegi nazionali, ma sopratutto lo sviluppo di quelle doti morali le quali, pur essendo più specialmente militari, sono anche in fondo delle altissime virtù civiche, quali : il sentimento della disciplina e del rispetto all'autorità cosi decaduto nelle nostre scuole, quello dell' ordine e della pulizia cosi vergognosamente negletto fra noi italiani, il sentimento del dovere cosi scarso in un Paese, in cui spesso e volentieri si accampano invece tanti diritti, il tenace resistere alle sofferenze ed ai disagi, lo spirito altissimo d'onestà cosi contaminato fra noi dall' ignoranza dalla miseria e dalla corruzione politica, il sentimento altruistico, spinto fino al limite estremo del sacrifizio della propria esistenza. Compia infine l’opera morale l'addestramento al fuoco nei campi del tiro a segno nazionale sorto purtroppo con si belle speranze e finora con si scarsi resultati. Noi desideriamo ardentemente, che sia smentita in modo solenne, non solo con le irrefutabili testimonianze della storia passata ma eziandio con 1' esempio presente 1' offensiva e gratuita qualifica affibbiataci da Theodore Roosevelt nel suo famoso libro «The Strenuous Life » {Vigor di Vita), di nazione che ha perduta la combattività {lost the fighting edge), che non é, in altri termini, più atta alla guerra. I punti sugli i metteteli voi.

 Di Negrotto non ho mai trovato molto nella letteratura di guerra (e di pace) se non spunti "pittoreschi" e la presente  relazione del 1910 che lo qualifica, se ce ne fosse ancora bisogno, come nazionalista. Di più si trova sulla vicenda della sua morte sul Mrzli ma questa si svolse nell'attimo di un fulmine, in una delle più astruse azioni di inizio guerra. Non ha medaglie, come il suo comandante De Rossi, non ha ricordi, se non quella sua "anima" rotta agli indugi e al sacrificio supremo. Fece della vita il biglietto da visita della sua morte.

Formuliamo da ultimo un caldo insistente voto, perché sia alimentata, eccitata e messa nel miglior modo in valore la gloriosa tradizione popolare garibaldina riapparsa d'improvviso in questi ultimi anni in mezzo alla nostra gioventù migliore. Un vago senso di pericolo diffusosi nell' anima collettiva italica ha fatto risorgere d'un tratto questa tradizione generosa che sembrava immersa e sperduta dentro al mare magnum dell' antimilitarismo dilagante. Ad imitazione dei volontari ciclisti ed automobilisti, come per una confortante generazione spontanea, si sono formati qua e là in tutta la penisola numerosi battaglioni volontari a piedi, e qualche reparto anche a cavallo, composti in massima di giovani dai 16 ai 20 anni, i quali prima di trovarsi stretti da vincoli di leva, si sono di loro iniziativa offerti per essere ammaestrati nei ludi guerreschi....….Tutti i partiti politici avrebbero il dovere di concorrere al loro sviluppo : quelli cosi detti d'ordine, perché, messi in una dolorosa situazione col diminuire delle ferme da una parte e con la mancanza dei graduati di truppa e la ristrettezza delle risorse finanziarie dall' altra, trovano nei battaglioni volontari un' insperata soluzione al difficile problema ed un' ottima sorgente d'un tale elemento indispensabile; quelli chiamati per antitesi, sovversivi, perché non possono non vedere in essi un avviamento alla nazione armata. Consci delle manchevolezze militari del nostro popolo e delle crescenti esigenze imposte dalla brevità delle ferme e dall' ingigantirsi delle masse armate, diamo a questa preparazione morale e militare della gioventù un tale valore ed una tale importanza da porla a dirittura in luogo dominante tutto il vasto problema della, nostra difesa. Invitiamo perciò S. E. il Ministro della Pubblica Istruzione a volere con opportuni ritocchi ai programmi della scuola secondaria ed alla legge sull’educazione fisica migliorare ancora la già ben iniziata riforma, e sollecitiamo S. E. il Ministro della Guerra e le due camere perché vogliano rispettivamente ripresentare ed approvare con sollecitudine, prima che il mortale soffio dell' indifferenza e dello scetticismo torni ad agghiacciare gli animi, il progetto di legge riguardante il Tiro a Segno Nazionale ed i Battaglioni Volontari con quelle opportune modificazioni ed aggiunte, che la pratica e le discussioni al convegno della Spezia e sui periodici fecero apparire necessarie per l' incremento della nobile iniziativa nazionale. …Entrando ora nel campo tecnico e venendo a parlare degli apprestamenti a difesa del nostra Paese, ci occorre ben chiarire e determinare alcuni punti di base. L'abile politica bismarckiana, gettando fra noi e la Francia il pomo della discordia di Tunisi, fece si che le due sorelle latine per un certo numero d'anni si guardassero in cagnesco. E la minaccia continua d' una guerra richiamò ed accentuò durante tutto quel tempo, non molta lontano, tutte le nostre attività militari da quel lato, trascurando e lasciando completamente sguarnito il fronte verso l'Est. L'alleanza ci aveva d'altra parte tratti nell'ingannevole illusione di poter dormire dei sonni tranquilli su quel fronte; 1'alleato invece approfittò della nostra cieca dabbenaggine per rafforzarvisi con opera costante e crescente. Malgrado ciò, anche dopo essersi rasserenato l'orizzonte ad occidente, continuammo a guardare inoperosi con buddistica indifferenza la persistente attività del vicino d'Oriente, finché, vistolo sollevarsi d'un tratto minaccioso, ne risentimmo una violenta dolorosa scossa e lo spirito di conservazione ci fece correr tosto ai ripari.…. Dal lato Est invece, di fronte ad un vasto e potente impero formidabilmente corazzato di forti, poderoso di guarnigioni, ricco nelle retrovie d'un fascio di linee ferroviarie e stradali di primo ordine, un confine irregolare, che, nella parte montuosa, mette in mano all' Austria pressoché tutte le testate delle valli principali e lascia aperta sul tratto piano l'ampia porta del Friuli, guarnigioni e ferrovie troppo scarse, sistema difensivo ancora incompleto, e nello stesso tempo malgrado il buon volere affermato dai governi, per le ardenti e vitali questioni dell'Adriatico e della Balcania e per la sistematica prepotente invadenza teutonica sul territorio italiano, messa di quando in quando a ben perigliosa prova la tanto desiderata pace europea.

Non conosco la sua data di nascita, presumibilmente oltre il 1870 (Genovese ?), non conosco la sua formazione militare (Scuola di Guerra?), ma il fatto che ha aperto la storia che vado a narrare brevemente. Nel 1909 il Maggiore Negrotto di stanza a Milano, lanciò la proposta di riportare in Patria le spoglie di Alessandro Ferrero della Marmora in occasione dei 75 anni (1836/1911) della fondazione del corpo e del 50° dell'Unità d’Italia (1861/1911). Parlò con tutti quelli che condividevano la grande passione per i Bersaglieri, ufficiali e civili, fino ad ottenere l'appoggio di un giornale. Una sottoscrizione popolare fece il resto, per convincere anche il Ministro della Guerra a concedere un Trasporto per la Crimea. Il 20 maggio 1911 la nave Agordat levava le ancore per l'antica Tauride (Crimea). Il rinvenimento delle salme venne fatto e sul verbale è sua la firma di presenza come è sua la presenza nelle foto della cerimonia sia in Crimea che in Patria (vedi Capitolo). Ma dal 1909 (ed anche prima) al 1911 già altre cose erano successe....

Il generale Von Schliefflen nel suo articolo “ Der Krieg im Gegenwart “ {La Guerra d' oggi), che, approvato e letto ai generali dal Kaiser, tanto chiasso fece nel gennaio del 1909, cosi

Da questi veritieri raffronti appare chiaro, che, se nello studio della nostra difesa ci occupiamo essenzialmente del confine Orientale, non è già per una semplice avversione verso l’Austria-Ungheria, ma perché ce lo impongono insieme il maggior pericolo e la minor preparazione da quel lato. Il completare le proprie difese su tutti i punti, specie su quelli più esposti e meno protetti, è un diritto sacro per 1' esistenza d'ogni nazione. Se noi quindi oggi ci affrettiamo a fare in pochi anni quello che altri ha compiuto con sì mirabile tenacia in successivi decenni, non facciamo che riparare alle nostre passate imprevidenze e compiere un dovere patino, il quale non può e non deve toccare la suscettibilità di nessuno. Questo nostro sacro diritto lo gridiamo ben forte e ben alto, perché estese inframettenze od interni timori non abbiano ad intralciare o arrestare la nostra opera di riparazione. Gli eccessi delle teorie del Mahan e del Calwell, le esagerate illazioni tratte dalla guerra russo-giapponese, la titanica lotta nelle costruzioni navali, che si sta svolgendo fra la Germania e l’Inghilterra, hanno fatto sorgere e mantenere vivo un altro elegante dibattito, se cioè convenga meglio prepararci in terra od in mare, se il bilancio della Marina debba avere, oppure no, la precedenza su quello della Guerra. Il proporre una questione di simil genere somiglia un po' al chiedere ad un individuo normale se preferisce bere o mangiare. Sono evidentemente necessari entrambi, e l'uno e l'altro in giusta misura. L'eccedere non può arrecare che enorme danno. Per un Paese come il nostro, che ha il suo confine terrestre a contatto immediato con due grandi Potenze europee e che possiede nello stesso tempo una cosi estesa linea di coste, una sconfitta terrestre renderebbe vana qualsiasi vittoria marittima, ed una sconfitta marittima, facendoci perdere il dominio dei mari, permetterebbe all' avversario di tagliare in due il nostro teatro d' operazioni e di minacciarci seriamente sulle retrovie. Entrambi gli istrumenti guerreschi debbono essere potentemente organizzati alla vittoria, la quale non può riuscire completa e sicura se non con una loro azione concorde e simultanea. Ed è appunto per dirimere radicalmente una dannosa rivalità di precedenza e di bilanci, che il generale Perrucchetti chiedeva che si formasse un unico bilancio per le difese da terra e da mare a somiglianza di quello che avviene in Austria. Chiarite queste pregiudiziali entriamo in tema di preparazione da terra. Mentre la Francia, dopo il disastro del 1870-71, trovatasi improvvisamente con un'apertura spalancata di oltre 270 Km. (a est) sul nuovo confine impostole dal Trattato di Francoforte in condizioni ben più critiche e dinanzi ad un nemico ben più minaccioso, con febbrile e tenace attività ha saputo trasformare quel vuoto tremendo in una vasta regione fortificata arrestando e mantenendo in rispetto la straniera arroganza; mentre la stessa piccola Rumenia con un'enorme frontiera pianeggiante ed aperta di 350 Km. di fronte al colosso russo non ha titubato ad organizzarvisi formidabilmente in brevissimo spazio di tempo (dal 1889 al 1893), noi dal 1866 a questi ultimi anni, lungo un periodo di quasi mezzo secolo, e per un piccolo tratto di soli 22 Km. di porta aperta sul Basso Friuli, abbiamo continuato a tentennare fra diverse soluzioni senza compiere quella sistemazione difensiva che desse garanzia di sicurezza e di vittoria. Le cause di questo prolungato stato di crisi nell'apparecchio difensivo vanno ricercate precipuamente nella povertà del bilancio militare in paragone con gli ingenti bisogni della difesa, nella inevitabile saltuarietà d' indirizzo e di criteri direttivi dipendente dal continuo mutarsi dei Ministeri ed anche in alcuni preconcetti militari.
descrive in modo breve preciso ed efficace la missione attuale del supremo condottiero e lo svolgersi delle mastodontiche battaglie:
« Sarà pienamente adempiuto il compito del Generale in capo, quando egli, molto tempo prima che 1' urto del nemico abbia luogo, avrà assegnato esattamente a tutti i Capi d'Esercito la strada, le vie, le direzioni da seguire nella avanzata, fissando loro approssimativamente il mandato da compiere per ogni giorno successivo. La marcia verso la battaglia comincia appena le truppe sono discese dalla ferrovia. I corpi e le divisioni (gli uni affrettando, gli altri rallentando le marce), partendo dalle stazioni terminali, si dirigeranno verso le posizioni loro assegnate nel piano generale di guerra. Poiché le fronti di combattimento si andranno allargando, le colonne che si avanzeranno sul campo di battaglia, si avvieranno tenendo almeno una fronte tanto larga quanto quella che poi dovranno conservare nel combattimento. Verrà cosi a perdere d'importanza il contatto simultaneo verso la battaglia. I capi che incontreranno il nemico, dovranno impegnare l'azione senza aspettare ulteriori appoggi ».

…..La difesa sulla linea di confine si impone senza dubbio nel campo morale, giacché l'abbandono spontaneo al nemico d' una parte del nostro territorio porterebbe al sentimento nazionale un grave colpo ed un grave sconforto anche se un' apposita preparazione degli animi tentasse in precedenza di menomarne gli effetti. Ed il sentimento nazionale deve essere oggi tenuto nel debito conto in un piano strategico, non fino ai limiti fallaci d'un imporsi periglioso, ma come contributo diretto ad un elevato sentimento morale delle truppe. — Si impone nel campo pratico e teorico della guerra. Non si lascia infatti per essa senza valida resistenza all'avversario quell' unico saliente che lo minaccia e che sarà difficile e penoso poi il riconquistare, tutta quell’estesa pianura in cui si hanno ricchezze di comunicazioni e di cibarie, le retrovie sicure e gli spostamenti facili, e lo si trattiene invece in una regione aspra, difficile e povera. Si raggiunge infine meglio lo scopo finale d' ogni guerra, quello di battere l’esercito avversario, affrontando successivamente con una grossa massa centrale le colonne nemiche divise ed arrestate ai passaggi montani prima  che esse possano riunirsi ed ammassarsi in piano. Sono ben cinque le linee ferroviarie e sei le grandi rotabili, che dal confine orientale immettono nella bella pianura veneta. Quale manovra per linee interne si potrà effettuare mai  con larga speranza di successo, allorché per queste innumeri bocche saranno versate nel disgraziato piano ed in esso con facile azione riordinati, schierati e spinti verso il relativamente ristretto fronte dell' Adige, le enormi fiumane d'uomini celermente spedite dal vasto e potente Impero? ….. Resta infine la chiusura dei 22 Km. di porta aperta nel Basso Friuli. Quel buco enorme, lasciato cosi a lungo libero e spalancato all' irrompere delle soldatesche austriache, rendeva frustranea o poco meno, la difesa del resto della frontiera. Oggi, a quanto asseriva un periodico militare romano, vi si è provveduto con una specie di fronte a tenaglia sul Tagliamento mirante ad ottenere contro il nemico sbucante dalla breccia friulana una doppia contemporanea minaccia : frontale mediante le due teste di ponte di Latisana e di Codroipo e sul fianco destro col mezzo del campo trincerato Osoppo-Tricesimo. È già questo per certo un grande passo,  ma non ci tranquillizza ancora. Quasi tutto il Tagliamento non è una linea seria d' ostacolo. In secondo luogo chi aggira si mette a sua volta in pericolo d' essere aggirato. Ed Osoppo, circondato com'è ad oriente da un esteso fascio di comunicazioni ordinarie e ferroviarie si trova, sotto questo aspetto, seriamente minacciato. Si racconta, è vero, che Federigo il Grande a chi gli faceva osservazione perché aveva lasciati indifesi alcuni punti della frontiera rispondesse : Avete mai visto un uccellatore, che abbia chiuso tutti i buchi della sua rete? Oggi però, dicono i cacciatori, anche gli uccelli si son fatti più furbi. Ma ancora più gli uomini. Né certo i nostri buoni vicini d'Oriente si lasceranno cogliere alla pania. Noi temiamo che 1' avversario con una non difficile manovra impegni con una parte delle sue forze te truppe della difesa Osoppo-Tricesimo e col grosso sfondi il debole fronte Osoppo-Latisana. Noi mossi da un concetto molto più semplicista, diciamo: Giacché in tutta la nostra frontiera abbiamo solo questo piccolo tratto di 22 Km. piano ed indifeso, e giacché, a nostro modesto parere, la regione fortificata Osoppo-Tricesimo avrà abbastanza da fare per l'arresto degli attacchi dalla Pontebba e dal Prédil, perché questa benedetta porta aperta, anziché con due deboli teste di ponte un po' lontane, non ci decidiamo a tapparla una buona volta con un campo trincerato, proprio in rasa pianura, come ne hanno la Francia e la Germania, raccogliendo lungo

Von Schliefflen 1909... A tempo debito caleremo i ponti levatoi. Si spalancheranno le porte ed eserciti di milioni di uomini si lanceranno saccheggiando e distruggendo oltre i Vosgi, la Mosa, il Bug (Russia), il Tirolo e l'Isonzo

il fronte difensivo, secondo la proposta fatta fin dal 1880 dal Generale Perrucchetti, le acque del Friuli Orientale in un canale sboccante nella Laguna ad un porto militare, che potrebbe essere anche quello di Marano, per cui ha tanto e cosi valentemente lottato Riccardo Fabris ?. La mania imitatrice della vittoriosa Germania, che più meno invase tutti gli stati d'Europa dopo il 1870, ci ha condotto ad una errata e pericolosa distribuzione di tali forze. Mentre l'Italia infatti per la sua struttura fisica allungata, per l'estendersi delle sue coste, per la sua situazione geografica rispetto alle altre Unità politiche finitime, richiedeva una dislocazione varia di truppe rispondente alla varia natura ed all'importanza militare dei diversi scacchieri, e diversa cioè per specie ed entità di forze nell'Italia Continentale sui due fronti ad occidente e ad oriente, nella Peninsulare e nell'Insulare, si è pensato invece di dividerla tutta simmetricamente in 12 corpi d'armata. Si è riusciti in tal modo a soddisfare forse i bisogni della politica interna e gli interessi regionali, ma non certo a rispondere alle supreme esigenze della guerra per la quale dopo tutto l'Esercito è precipuamente istituito. Nell' Italia Peninsulare ed Insulare si sarebbe dovuto sfruttare al massimo grado l'impiego della milizia mobile e della milizia territoriale organizzandole entrambe saldamente fin dal tempo di pace con ottimi quadri e con ripetute chiamate, si sarebbe dovuto favorire e sviluppare nel modo più adatto l'istituto dei reparti volontari ciclisti ed automobilisti e restringere per contro le unità dell' esercito permanente allo stretto necessario con lo scopo di concentrare il massimo della forza di quest'ultimo nell’Italia settentrionale più direttamente minacciata e dove si svolgeranno le più importanti operazioni militari. In base a questo concetto direttivo non sei ma otto corpi d'armata almeno dovrebbero stanziare a nord dell'Appennino, restando gli altri quattro opportunamente dislocati lungo il rimanente territorio del Regno. In tal guisa, pur avendo con questi quattro corpi, con la milizia mobile e territoriale e coi reparti volontari ciclisti e automobilisti provveduto alla tutela della Penisola e delle Isole da attacchi di sorpresa, allo scoppiar d' una guerra si sarebbero trovate subito pronte presso i confini politici forze molto più imponenti, parando anche in gran parte al danno della difficile raccolta per la forma allungata e per le comunicazioni scarse. Da questo errore di principio, dall'idea preconcetta della difesa arretrata e dal timore di suscitare reazioni nell’impero vicino è conseguito che di fronte alla poderosa distesa di truppe che l'Austria superbamente spiega quasi a contatto della frontiera dal Brennero a Fiume noi in fatto non abbiamo a diretta tutela che il V Corpo d'armata di Verona, giacché il VI Corpo di Bologna è troppo lontano ed il III Corpo di Milano si trova già abbastanza impegnato sul versante sud-occidentale del Trentino e verso le minacce, molto più temibili di quello che non si creda, provenienti dagli aperti ed insidiosi confini Italo-Svizzeri. Sulla breccia aperta del basso Friuli e lungo tutto 1'esteso fronte montuoso dell'alto Friuli e della Carnia, sebbene già si sia accresciuto il numero dei reparti, questi non sono ancora sufficienti al bisogno. Riconosciamo come nell'attuale periodo doloroso, in cui a tante cose essenziali fa d' uopo porre mano senz' indugio, non convenga aggiustare la situazione con lo scompaginare d' un tratto tutti i nostri ordinamenti, ma riteniamo necessario che a tale ordinamento rispondente ai nostri reali bisogni si provveda in modo graduale incominciando con l'attuare subito ciò che d' importante riesca possibile compiere senza gravi perturbazioni alla vigente circoscrizione territoriale destinando, per esempio, come propose un altro periodico militare romano fin dal febbraio 1909, alle Divisioni di Cuneo e di Alessandria i tratti di Riviera ligure corrispondenti ai rispettivi territori, modificando le zone assegnate alle divisioni del VI, del VII e del IX Corpo d'armata ed i limiti di giurisdizione militare di ciascuno di questi Corpi, si riesce ad abolire le due divisioni di Genova e di Perugia ed il comando del VI corpo d'armata di Genova, ed a potere così, senza bisogno di creare nulla di nuovo, costituire in loro luogo un comando di Corpo d'armata con le due relative divisioni nel Veneto. Attuando queste modificazioni, al V Corpo di armata spetterebbe il territorio delle provincie di Verona, Vicenza e Belluno comprendendo le regioni dei monti Lessini, dei Sette Comuni e del Cadore; al nuovo IV Corpo d'armata di Padova invece le provincie di Padova, Treviso ed Udine (Pordenone non esisteva) con la Carnia ed il Friuli. Ci metteremmo cosi almeno in condizioni pari all'Austria opponendo questi due Corpi agli altri suoi due a contatto immediato della frontiera e cioè il XIV (Tirolo e Voralberg) ed il III (Stiria, Carinzia e Litorale).
L'Italia era alleata della Germania e dell'Austria, eterno nemico (a rimorchio ormai dei tedeschi), che avevamo scambiato con gli incerti amici francesi da cui 20 anni di discussioni ci avevano allontanato. La diplomazia segreta stava lavorando al recupero della Francia  ma ufficialmente non si doveva sapere e tutto continuava come se nulla fosse, salvo dichiarazioni imprevedibili e inopportune dei nostri "alleati" come sopra. Il problema degli irredenti non esisteva e c'era rischio anche di passare dei brutti quarti d'ora a scendere in piazza (è del 1903 la Società Trento e Trieste e del 1910 l'ANI l'associazione nazionalista italiana di Enrico Corradini).  Manifestarono la loro adesione dopo Firenze molte altre associazioni prestigiose, come la "Dante Alighieri", la "Lega navale" e la "Trento e Trieste". Nel frattempo erano sorti numerosi giornali nazionalisti: la Rassegna contemporanea, Italia nostra. II Tricolore, La Nave, Il Regno, Mare nostro. La prora ecc., e nel marzo 1911 fu fondato il più importante di questi periodici, L'Idea Nazionale, che divenne il vero e proprio organo di stampa nazionalista (e partitico).  Fra quelli che non si nascondevano Pericle Negrotto che non perdeva occasione di esternare il suo credo  La nostra cavalleria, che in questo unico tratto di frontiera trova il suo più efficace impiego, vi fu già, sebbene non ancora a sufficienza, addensata.
- Nuovi e considerevoli rafforzamenti immediati però ce li darebbe sfacendo noi, il glorioso corpo dei Bersaglieri. Perché tenere la gran massa dei suoi 36 battaglioni (12 reggimenti per 12 Cda) cosi lungi dai confini, mentre essi, quali reparti suppletivi, possono essere destinati dovunque si ritenga più opportuno senza toccare la compagine delle grandi unità combattenti? Perché non si riuniscono nel Veneto, e specie nella breccia del Friuli e nella conca cadorina i bei battaglioni che svernano a San Remo, a Livorno, a Palermo ed a Napoli?
A coloro che dinanzi a questi rimaneggiamenti territoriali ci obbiettassero le possibili suscettibilità dell'alleata di Vienna, noi risponderemo che essa in soli 5 anni, dal 1903 al 1908, ha rinforzato la sua frontiera di ben 20,000 uomini creandovi 18 nuove guarnigioni senza che noi movessimo mai un lagno. Almeno per reciprocanza abbiamo diritto oggi allo stesso trattamento. Un ultimo richiamo all'attenzione del Paese e del Governo su tale argomento. Si provveda meglio con opere e con guarnigioni alla tutela della Valtellina e del confine verso il Canton Ticino. E per ora non aggiungiamo altro. Un secondo elemento oltremodo giovevole per la preparazione all'offensiva ce lo offre un vasto e possente organamento? (riorganizzazione) militare regionale di tutte le zone di frontiera terrestre. Non v'è chi non veda l'utile immenso che può offrire alla nostra azione militare un'accolta cosi ingente di uomini armati sul confine, i quali sbucano subito in posizione allo scoppiar delle ostilità in regioni conosciute e sapendo di difendere direttamente le proprie case ed i propri cari ! Per noi che ne sentiamo e ne vediamo tutto l'immenso beneficio, dichiariamo urgente la necessità di procedere con sollecitudine a tale organamento, specie tra le forti popolazioni della Valtellina, del Cadore, della Carnia .e del Friuli, già cosi ricche di gloriose tradizioni per l'eroica tutela delle loro vallate. Riccardo Fabris, che si è in modo speciale occupato della cosa in queste ultime località, da un calcolo fatto sulla popolazione della frontiera orientale lungo una striscia della profondità di 150 Km. di ciascun lato, ha trovato che, mentre nella striscia austriaca vi sono 4.016.593 abitanti nella striscia nostra se ne contano ben 10.004.467. Non riusciamo invero a comprendere come non si sia pensato a sfruttar prima d'ora una simile preponderanza numerica! Esortiamo quindi vivamente a compiere nel modo più sollecito e migliore un simile organamento ai confini il quale ci apporterà, oltre ai molti altri, l'immenso vantaggio d'assicurare vieppiù la nostra mobilitazione ed adunata e di lasciare più libero giuoco all'esercito di prima linea (E’ il sistema austriaco dei territoriali). Un terzo elemento per la preparazione all'offensiva lo si ritroverebbe nel reclutamento territoriale e nelle guarnigioni fisse. La funzione di fusione nazionale, finora molto bene meritamente compiuta dall' esercito, (uno dei più seri ostacoli opposti dai sostenitori del reclutamento nazionale delle guarnigioni mobili) dopo 50 anni di unità si ha diritto di non ritenerla più indispensabile.
La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era anche l'articolo comparso nel gennaio 1909 su un influente quotidiano viennese che invitava ad approfittare del disastro di Messina (dic.1908, terremoto) per saldare i conti con l'Italia in difficoltà. Non si sono ancora incontrati, ma il destino li sta portando, lui Negrotto e il suo superiore De Rossi sullo stesso indissolubile binario. Il T. Col. De Rossi (classe 63) ormai noto oggi come agente segreto prestato dall'esercito ha svolto diverse missioni fuori dai confini (una anche in bici), l'ultima delle quali in Dalmazia nel 1908. Nello stesso anno si sa che anche "Negrotto" con una "licenza" di tre mesi si fa in bici tutto l'arco alpino italo-austriaco, ma dall'altra parte fino alla Venezia-Giulia e Istria. Alla fine del 1912 Rossi e Negrotto si ritrovano in caserma a Milano: il primo colonnello e il secondo comandante di Battaglione. Il reggimento è il 12°, l'ultimo del corpo, ed assomiglia più a un reparto di disciplina, a una legione straniera che a una regolare unità. De Rossi dice di questi uomini dall'incerto passato: "gente arruolata ... In ogni modo il benefizio, che se ne potrebbe trarre ancora, non compensa l’immenso danno che ne risentono la mobilitazione e l' adunata in caso di guerra. (si accenna qui al punto dolente che la recluta di Belluno per esempio faccia il militare nella divisione Bologna che sta stanziata a Bari. In caso di guerra la recluta parte da Belluno per Bari e potete voi immaginare tutte le altre incredibili concatenazioni, incroci e spostamenti. All’inizio del conflitto ci costò 4 mesi di tempo, quello necessario agli austriaci per rafforzarsi)
In quarto luogo è, sempre sotto il punto di vista offensivo, di somma importanza la costituzione fin dal tempo di pace, della Milizia mobile in nuclei permanenti in modo da formare con essi un vero e proprio esercito di 1a linea come già si verifica in Austria ed in Germania, e la formazione di una Milizia territoriale tale da garantire che essa possa in realtà provvedere da sé efficacemente alla tutela del territorio specie verso la frontiera scoperta e lungo il confine marittimo. Il contingente di leva aumentato ed il maggiore costo del vitto e del vestiario per la truppa obbligano il Ministro della Guerra per mantenersi nei limiti delle somme assegnate al suo bilancio, ad inviare annualmente in congedo anticipato parecchie migliaia di individui ascritti alla prima categoria con grave discapito della loro istruzione militare e della consistenza dei reparti già per sé stessi cosi meschini (in pratica 2/3 della popolazione non era addestrata alla guerra). Si assiste per tal modo, specie nel periodo di forza minima allo spettacolo di compagnie, battaglioni, reggimenti ridotti a meschine proporzioni, spettacolo non confortante per il concittadino che lo contempla dal di fuori ed ancor meno per ufficiali che devono assumere il comando di cosi piccole unità. Riesce quindi indispensabile che una buona volta si stanzi integralmente per le spese ordinarie della guerra la somma necessaria e corrispondente alla nuova forza bilanciata. Il lungo e faticoso servizio di sicurezza per ordine pubblico a cui è chiamata cosi di sovente e cosi volentieri dalle autorità politiche la truppa, le defrauda una enorme quantità di quel tempo che potrebbe esser dedicato all' istruzione ed alle manovre, condannandola per giunta alla neghittosità ed a spettacoli non sempre belli ed utili dal lato della morale e della disciplina. Quando si abbia presente l'attuale brevità delle ferme ci si può rendere di leggieri ragione del danno enorme che arreca questo impiego della truppa che dovrebbe tutt' al più essere riservato a casi eccezionalissimi e che non si riscontra mai o quasi mai in Germania ed in Austria. Si acceleri la costituzione dei battaglioni mobili dei RR. Carabinieri e si aumenti l' organico delle Guardie di Città. Si costituisca insomma con adeguati emolumenti e compensi, facendo, se occorre, nuovi sacrifizi finanziari, quel numeroso e solido corpo di gendarmeria, a cui spetta esclusivamente 1' incarico affidato soltanto per ripiego all'Esercito.

ché nulla di buono è stata capace di fare nella vita civile, un branco di..." o  «gente che conveniva condurre con mano di ferro». A Milano dal 1909 era attivo anche un sodalizio, "Sursum Corda" composto da figli di Trieste, Istria e Dalmazia in Italia per studiare viste le difficoltà, dopo gli scontri di Vienna del 1908, di ottenere l'istituzione d'una università italiana a Trieste. Dal 1905 i bersaglieri hanno in organico una compagnia ciclisti per ogni reggimento e molti degli ufficiali del corpo sono impegnati con una associazione paramilitare i VCA o  "Volontari Ciclisti Automobilisti" che svolgono servizi ausiliari, di collegamento ed esplorazione durante le grandi manovre. In ambito civile si occupavano anche della sorveglianza dei circuiti stradali cittadini ed extra delle gare d'auto organizzate dal Touring Club. Nel 1908 questi volontari vengono inquadrati con una specifica legge che prevede gradi e divise in genere per Ufficiali, modalità d'uso e fregi distintivi comuni per tutti i comitati sparsi un pò ovunque. Per chi già frequenta il Tiro a Segno nazionale o per chi per età (minore di 18 maggiore di 32)  non ha più accesso al servizio militare è una valvola di sfogo per portare il proprio contributo patriottico. Lo sarà anche per gli studenti di lingua italiana e sudditi dell'impero asburgico a partire dalla seconda metà del 1913 quando le file si ingrossano. "Giovani è tempo

……Il problema degli alti comandi appunto perché nell'organamento (Organizzazione) militare eccelle sopra ogni altro per la sua decisiva influenza sull'esito della guerra e della battaglia, è divenuto in questi ultimi tempi causa di un lungo aspro e doloroso dibattito, che, se ha portato il beneficio di mettere in chiara luce alcuni nostri reconditi e vecchi malanni, ha prodotto anche direttamente e indirettamente una certa scossa alla disciplina ed al principio d'autorità. La conclusione pratica però sembra questa: che gli alti comandi non devono appartenere in modo speciale ad una certa categoria di prescelti per titoli di studio e per diplomi, ma a quei pochi invece, che, indipendentemente da tali titoli e dalla loro provenienza, per un lungo periodo di tempo, e con serie, replicate e svariate prove, hanno dimostrato doti tali di carattere, di ingegno, di prontezza di vedute, di energia e di rapidità di esecuzione da dar sicuro affidamento che diverranno ottimi e condottieri in guerra. Non bisogna dimenticare che la cosiddetta scienza militare è sopra tutto ed innanzi tutto un'arte e, come tale, può dallo studio ricavare insegnamenti preziosi, ma non creare quelle facoltà naturali, a cui abbiamo sopra accennato. Un ufficiale può benissimo saperci dire persino che copertura di capo aveva Gustavo Adolfo alla battaglia di Lutzen, farci degli eccellenti schizzi topografici, conoscere a menadito tutte le costituzioni degli eserciti europei, mettere insieme magari una bella conferenza ed una sapiente manovra sulla carta ed essere poi in campagna, nel caso pratico, quando i problemi incalzano improvvisi, inattesi, svariati, innumerevoli e chiedono spietatamente una immediata soluzione, un mediocre ed anche un cattivo condottiero di truppe. La pratica ci insegna che si può avere benissimo in tasca una laurea di avvocato, di dottore, d' ingegnere e non saper condurre, o condurre male, anche una semplice compagnia. Facciamo su questi alti comandi un' ultima osservazione. La legge dei limiti d'età è stata imposta per mantenere nei quadri la preziosa caratteristica d'una relativa loro gioventù. Tuttavia, quando nei gradi maggiori della milizia un individuo si è in modo considerevole elevato sugli altri, ha raggiunto in tutto 1'Esercito ed in tutta l'Armata un tale ascendente ed un tale prestigio da imporsi con unanime consenso per i sommi comandi, a quel tale, in via eccezionalissima, la legge dei limiti d'età non dovrebbe essere applicata, o, più chiaramente, applicata soltanto in base al criterio delle menomate facoltà fisiche ed intellettuali. Un altro problema ponderoso è quello dei quadri. Ponderoso per la categoria degli ufficiali, giacché abbraccia e comprende un complesso di disposizioni riflettenti il reclutamento, la sistemazione delle carriere, il trattamento economico in servizio e fuori servizio, il regime disciplinare, ecc. È certo, che quest'ultimo, nei suoi due testi regolatori: il Codice Penale Militare ed il Regolamento di disciplina, deve essere adattato alle mutate necessità dei tempi ed agli ultimi dettami della scienza giuridica, tenuto sempre conto delle imprescindibili esigenze militari. È certo eziandio, che la sistemazione delle carriere (per quanto si connette ad una loro opportuna regolarità, stabilità ed oculata giustizia distributiva nei vari ruoli delle diverse armi e dei diversi corpi) ed il trattamento economico (tale da soddisfare almeno alle esigenze di decoro che la posizione dell'ufficiale nella società impone, costituiscono soggetti importanti di dibattito non solo per sé stessi, ma per la loro influenza diretta od indiretta sulla compagine morale della classe militare dirigente e sul reclutamento più o meno facile dei nuovi suoi membri. Ponderoso per la categoria dei sott'ufficiali, la quale per l' incessante migliorarsi del nazionale benessere e per la conseguente attrattiva maggiore di carriere civili meglio retribuite va sempre restringendosi in numero e peggiorando in qualità.
di operare. Quando venga il gran giorno fate in modo di presentarvi alle bandiere istruiti e disciplinati. La nazione conta su di Voi" così si diceva  nello statuto dei volontari universitari di Bologna (anche gli universitari per il diritto allo studio venivano rimandati nella leva). Sursum Corda si era ingrossato e neanche troppo segretamente ci si iscriveva passando dalle sedi stesse del movimento Nazionalista. Cosa che disturbava non poco la diplomazia e il ministero degli interni. M. P. Negrotto come risulta dalle illustrazioni ha “arruolato tutti gli irredenti dalmati e istriani” nel "suo" esercito privato. Se il navigato Col. De Rossi rideva alla sua (di Negrotto) affermazione che "avrebbe attraversato il confine (in tempo di pace) coi suoi irredenti dalmati-istriani e coi volontari " non altrettanto era per il comandante di Brigata poi di Divisione alla vigilia di un conflitto che neanche Cadorna a 15 giorni dall'inizio sapeva contro chi. I reggimenti si trasferiscono poi in fretta dalla pianura padana a quella veneta e il 12°, il 6°, il 9° e 11° vanno a costituire una divisione speciale di 2 Brigate assegnata  ad un oscuro Generale d'Artiglieria, Alessandro Raspi, proveniente dagli arsenali. Giudizio lapidario del Col. De Rossi in promozione per il grado di Generale di Brigata.   Tutto si va modificando in esso: il vertiginoso progresso e le molteplici scoperte della scienza, il crescente sviluppo economico ed intellettuale del Paese costituiscono le cause precipue di questo suo  continuo modificarsi. Ma ciò che non deve e non dovrà subire alterazione di sorta è la base morale, su cui poggiano le fondamenta del suo edifìzio, è il sacro principio di disciplina e di rispetto all'autorità senza cui esso crollerebbe d'un tratto, è il sentimento di cameratismo e di fratellanza, che unisce in modo saldo tutti i componenti della grande famiglia militare, consci del comune altissimo mandato, di immolare, occorrendo, anche la propria esistenza per la difesa e la tutela della Patria. Ci resta ora da esaminare l’altro lato del grande problema della nostra difesa : la Preparazione da mare. …..Da Brindisi alla Laguna di Marano, per una estensione di circa 800 Km. in linea retta, non s’incontra che in fondo, nel centro della Laguna, il porto militare di Venezia. E questo per giunta non ancora del tutto rispondente ai bisogni d'una grande squadra moderna. Tutta l’enorme distesa delle nostre coste adriatiche non presenta quindi, al di fuori di Venezia, un punto d'appoggio e di rifornimento per la flotta, la quale, e per questa ragione e per il solito timore di toccare la suscettibilità del vicino Impero, non ha mai, fatta eccezione di quest'anno, manovrato in queste acque, in fondo alle quali giacciono i morti di Lissa. E quella nostra costa è per giunta una costa aperta priva di notevoli elementi di difesa, facile agli sbocchi. Di fronte a noi invece la sponda austriaca è già naturalmente fortissima per la ripidità ed altezza delle rive che rendono difficili gli approdi e danno un lontano campo e dominio di tiro, per quell'antemurale di isole e di isolette che formano numerosi e profondissimi canali interni dentro a cui possono liberamente spostarsi e navigare al coperto le più possenti corazzate. Lungo questa sua costa l'Austria ha costruito per giunta tre potentissimi porti militari, a Pola, a Sebenico, ed a Cattaro; oltre a diverse stazioni intermediarie di torpediniere ed a depositi di carbone. Ben disse quindi colui, che, paragonando le due opposte sponde, chiamò d' acciaio quella austriaca e di stoppa quella italiana. Ad una cosi grave situazione bisognerebbe porre sollecitamente riparo. Intanto a. Venezia, protetta sul fronte a mare dai forti del Lido e sul fronte a terra dal campo trincerato di Mestre, si dovrebbe dare un maggior valore controffensivo ed approfondire di più i canali, acciocché possano in essi navigare con sicurezza le grandi corazzate senza il bisogno attuale di doversi prima disarmare. È indispensabile poi costruire almeno un altro grande porto militare verso la parte sud dell'Adriatico. Alcuni propongono Brindisi, altri il Lago di Varano, altri Manfredonia, altri infine vorrebbero che da Taranto si scavasse un profondo canale attraverso alla pianura salentina fino all' Adriatico, dando cosi al porto di Taranto un doppio sbocco ed un doppio fronte. Noi non discutiamo certo qui la convenienza di attenersi piuttosto ad una che ad altra soluzione. L' essenziale è che alla soluzione si giunga. Ancona poi sporgente nel bel mezzo dell'Adriatico avrebbe una posizione strategica di primo ordine, se le pessime condizioni del suo porto, sotto l'aspetto militare, non le togliessero gran parte del suo valore. Essa fu radiata dal novero delle piazze forti. Si dovrebbe tuttavia trovare il modo di trasformarla in un deposito di carbone e possibilmente anche in rifugio momentaneo per la flotta. Altri depositi di carbone e stazioni di torpediniere dovrebbero essere opportunamente scaglionate lungo tutto il litorale adriatico, e queste ultime in ispecial modo nel tratto compreso fra Rimini e la Laguna di Marano.

"Fisicamente un pover'uomo e moralmente un pedante, oscillante e tremebondo che non aveva mai comandato la fanteria e men che meno bersaglieri". E venne il giorno dell'assalto. I Bersaglieri della divisione speciale sono, con 2 raggruppamenti alpini e con la 7a e 8a divisione, inseriti nel IV C.dA. del Gen. Nicolis di Robilant a sua volta facente parte della 2a armata di Frugoni.

- Un Paese di quasi trenta milioni di abitanti, com'è l'Italia - scriveva il generale Cialdini all'allora colonnello Orerò - risorto da poco dalle sue ceneri antiche, rovesciando e calpestando uomini e cose, dinastie, interessi, tradizioni, credenze ed affetti esistenti da secoli, deve aver sempre presente al pensiero, che la sua rigenerazione nazionale gli ha creato nemici irreconciliabili e possenti, nemici che non dimenticano e mai perdonano. Deve quindi comprendere per istinto di difesa e di conservazione, che è necessario, indispensabile divenire potenza militare di prim'ordine in terra e sul mare- Ed aggiunge più sotto : « Una potenza militare giovane e nuova dovrebbe adottare l'offensiva come massima costante di guerra. Dovrebbe proprio cercar di combattere a preferenza sul suolo nemico e persuadersi che, senza dubbio, la miglior difesa è l’offesa. Nell'offensiva abile e risoluta sta il segreto delle principali vittorie che narri la storia antica e moderna, ed il segreto dei favolosi successi di Moltke e dello stesso Garibaldi.

A loro il compito, con l'ordine n.1 del 16/5,  di spostare il fronte sulla catena montuosa dominata dal Monte Nero (da Plezzo a Tolmino) ma riservato al Comando supremo l'ordine dello sbalzo offensivo. Consuetudine che toglie e toglierà a tanti sottoposti l'iniziativa e lo sfruttamento della sorpresa. Tutta la catena montuosa sta oltre l'Isonzo e solo la parte meridionale vede gli austriaci tenere e attestarsi a Tolmino e nella piccola testa di ponte che gli permette di gestire un traffico ferroviario retrostante e il controllo delle linee italiane dall'alto della Bainsizza. Nella notte fra il 23 e il 24, o il giorno immediatamente successivo, la maggior parte degli obiettivi al di qua dell'Isonzo è raggiunta (Stol, Saga, Caporetto, Luico, Kolovrat etc..) La realtà austriaca è quella che ben conosciamo: non hanno truppe per difendere le montagne. Il movimento italiano è fermo: non si sa cosa si stia aspettando, il materiale per ponti da gettare sull'Isonzo c'è, ma  il comando sta a Cividale e non si rende conto del vuoto che abbiamo davanti e soprattutto che le montagne sono completamente sguarnite (gli austriaci hanno 50 battaglioni fino al mare noi 26 solo in quel punto), quelle stesse montagne su cui andremo a sacrificare decine di migliaia di soldati. Il 12° bersaglieri di De Rossi e Negrotto il 27 getta un ponte e passa sull'altra sponda ma 2 giorni dopo gli dicono di ripiegare perché l'8a divisione è già in azione.   Nella Laguna di Marano poi, cosi importante per la sua situazione presso il confine ed a cosi poca distanza da Monfalcone e da Pola, dovremmo deciderci al fine di costruire quel porto militare proposto e validamente sostenuto da Riccardo Fabris e già in parte accettato dal Governo. Con una costa cosi aperta e cosi indifesa di fronte ad un'altra cosi formidabilmente armata e dalla natura e dalla mano dell'uomo è evidente, che si rende oltremodo necessaria una grande efficienza della nostra flotta. Noi disgraziatamente non abbiamo in materia un programma chiaro e definito a differenza delle altre potenze mondiali come ad esempio già la Francia, gli Stati Uniti, il Giappone e l'Austria che a sua volta, dopo avere in soli 14 anni raddoppiata la sua potenza marittima, ha dichiarato, non è molto, di proporsi come finalità nelle sue costruzioni navali di avere una marina da guerra superiore e possibilmente doppia di quella italiana. Dinanzi ad una simile minaccia, e tenuto conto sempre delle infelicissime condizioni della nostra costa sull'Adriatico, è per noi a dirittura questione vitale non solo il non farsi raggiungere mai negli apparecchi navali dall'Austria, ma l'adottare ed attuare con irremovibile costanza quello stesso programma che essa vorrebbe attuare contro di noi. In fatto di costruzioni navali due dottrine hanno lungamente lottato per ottenere il predominio: la dottrina difensiva, secondo cui la vittoria spetta alla flotta più veloce, perché potrà imporre la distanza di combattimento; la dottrina offensiva, seconda la quale invece la flotta vincitrice sarà quella più manovriera e più abile nel tiro delle sue artiglierie. La prima, si può dire, ha fatto ormai il suo tempo. La seconda invece, basata sugli insegnamenti della guerra russo-giapponese, è quella che ormai si è imposta e che è seguita dalle maggiori potenze europee. Noi abbiamo voluto mantenerci un po' fra l’una e l'altra, più specialmente inclini però alla prima che alla seconda, e ci siamo attenuti alle cosi dette corazzate veloci, un po' più veloci ma molto meno armate e riparate. È successo anche in materia di costruzioni navali ciò che succede spesso (per non dire sempre) fra di noi: il genio italiano trova le buone idee e le altre nazioni le sfruttano tosto mettendole in attuazione, il nostro valentissimo ingegnere navale Cuniberti, giovandosi appunto degli insegnamenti offertici dalla guerra russo-giapponese, ideò per il primo il progetto di una corazzata di oltre 18.000 tonnellate con tutti i requisiti posseduti dalle attuali grandi corazzate. L'Inghilterra l'adottò subito e fece sorgere cosi il suo primo Dreadnought, il tipo trionfante oggigiorno : una grande corazzata cioè fortemente armata, validamente protetta e fornita nello stesso tempo d' una considerevole velocità. Questo tipo di corazzata rappresenta nella battaglia navale ciò che nella battaglia terrestre rappresenta la fanteria: la massa che decide della vittoria. Si comprende quindi la suaccennata gara feroce nella loro costruzione malgrado l'enorme costo Chi vuole il fine deve d'altra parte volere anche i mezzi. Ogni preparazione militare deve aver per suo scopo la vittoria, la quale non si raggiunge se non apparecchiando in tempo gli strumenti adatti. Bisogna perciò che anche l'Italia nostra pur sottoponendosi ai più gravi sacrifici, acceleri la costruzione di queste grandi corazzate e di tutti gli altri tipi i di navi da guerra minori (incrociatori, siluranti, sottomarini) e coraggiosamente si liberi mano mano degli elementi vecchi ed ingombranti allo scopo di formare una flotta moderna, omogenea e potente e di mantenerla tale con cura costante. Nel 1893 l'Italia occupava il terzo posto fra le nazioni marinare ed oggi è discesa al settimo. Nel 1893 la marina da guerra austriaca valeva un terzo di quella italiana, nel 1906 ne valeva i due terzi, oggi ne vale i quattro quinti e nel 1912, se noi non modificheremo in tempo il nostro programma e non metteremo in opera tutte le nostre energie e le nostre risorse, varrà un quinto più della nostra. Un tale gravissimo pericolo dobbiamo stornarlo in tempo e ad ogni costo.
   

Possiamo riportare da una vecchia pubblicazione queste semplici righe che ci danno un’idea del personaggio non raccontata da noi. … questo soldato fu uno dei  più nobili assertori dei diritti d’Italia sulle terre irredente, un bersagliere nell’anima, un cooperatore della preparazione nazionale e uno scrittore forte ed efficace. Il Negrotto seguì la carriera delle armi con l’entusiasmo di colui che sa di compiere una missione altissima e subito comprese che era necessario agitare la gioventù, dare agli  entusiasmi una direttiva, formare i primi nuclei di quelle forze nazionali che dovevano lanciare l’esercito nazionale sulle vie di Trento e Trieste. …Questo fu il suo unico apostolato: da prima nella “Provincia di Brescia” studiò in lucidi articoli e in una critica acuta, le cause e i metodi della guerra russo - giappopnese (1905), poi a Milano (ed era ancora capitano) si unì a quei gruppi di irredenti, a quei comitati della “Trento e Trieste” che allora erano esigui di numeri, lottanti fra mille difficoltà, quasi misconosciuti: gli articoli del Negrotto sul primo giornale nazionalista del paese, la Grande Italia, scritti in quella sua prosa serrata, dimostrativa, piena di raziocinio…I battaglioni studenti volontari sono si può dire, opera e creazione sua, e anche per ciò merita  il ricordo e il rimpianto. ..Egli aveva il culto dell’epopea bersaglieresca alla quale, cadendo sul campo di battaglia, ha aggiunto un’altra pagina di gloria: nell’estate del 1911 volle assolvere un voto solenne…La commozione profonda quando apparve nel quasi dimenticato cimitero degli italiani di Sebastopoli la salma del primo bersagliere d’Italia, venne descritta dallo stesso Negrotto in articoli sul Corriere della Sera e sulla Grande Italia….(la salma trova una prima sepoltura a Caporetto poi a Udine)

   
IL TESTAMENTO SPIRITUALE - LE LETTERE DI NEGROTTO

One of these letters, written to his sister and her husband, a few days before war was declared, is worth reading as among the last expressions of a noble and high minded character

S. PlETRO AL NATISONE (UD)

May l0th, 1915.

 

"I thank you profoundly for the kind and affectionate wishes which you send me. . You as well as I know that each one must meet his own fate in this world. The hour strikes as it has been decreed. If my hour has not yet sounded, then even from the war I shall come forth unharmed. In any case, one thing is sure: that I will do my duty everywhere and always, even to the end. I am proud to be an Italian and especially to be a Bersagliere, and I shall know how to do honour to my nation and to the glorious corps to which I belong. .You know how I have dreamed of this war of liberation, which will make Italy a greater and a more united nation: how for years I have encouraged such a war, and urged it by means of the press. Imagine then with what enthusiasm I shall fight, having the good fortune to be among the first to go, and so to be sent into one of the advanced positions. If I come out safe and sound from the tremendous conflict I hope to engage in another kind of war, not of blood but of ideals: an ardent struggle for the material and moral uplifting of our country, for its firm fusion and national cohesion against all political abuses and party intrigues, great and small: intrigues which, bound by their own interests and narrow hatreds, tend to overthrow great ideas, undermining our unity of thought and action, and placing the brilliant Latin civilisation in danger from barbaric but disciplined German culture. May you keep well. I embrace you with great affection, and I send kisses to my nephews."

   

Before Colonel Negrotto went into the engagement which was his last, he sent the following letter to a friend in Milan, with directions that in the event of his death in the battle it should be delivered to his little son, Enzo:
" To thee, Enzo, my Son, - In the moment of leaving life forever, this is the heritage which thy Papa leaves to thee (to you). Be thou obedient and respectful to thy Mother. Now that she will be alone in the world, faithful always to the name and memory of thy father, she should find her consolation and her firm and safe support in thee, our dearest son. Be thou always and everywhere honest, industrious, and brave. Be proud of the name Italian and so conduct thyself in every way that thy actions may serve to add to the glory and the power of our nation, and to honour the unstained name which I leave thee as an inheritance. Many, many kisses from thy  (your) Papa, who has always loved thee (You) dearly."

   
E' la brigata Modena che il 28 sale verso le cime Mrzli, Vodil che 2 ore prima è stata raggiunta da 2 brigate da montagna a.u. Non è tutto il fronte che attacca e l'8 divisione era la riserva che doveva farsi avanti solo dopo che Alpini e bersaglieri avessero operato qualche varco. L'attacco del 28 finisce miseramente così come quello del 31 in pieno giorno sotto i tiri dell'artiglieria austriaca già ben piazzata. Ma l'ordine era partito da Cividale la sera prima alle 23. Il mattino del 1° giugno i bersaglieri che hanno visto tutto dai contrafforti della destra Isonzo fanno la strada verso Caporetto per poi ridiscendere per decine di Km verso Volarje. De Rossi ha lasciato a Luico il XXI battaglione e con gli altri due e due della Modena, tenta di conquistare quota 1186 quella presa e ripresa dagli a.u. Dal campo di battaglia si alzano ancora i lamenti della fanteria ferita che nessuno ha ancora recuperato. Quelli che sono morti sono stati legati ai pali e sembrano sentinelle. La salita ormai è un massacro sotto le traiettorie delle mitragliatrici. Si sale col moretto di feltro, perché i caschi d'acciaio (elmetti novità della guerra) arriveranno solo in autunno !!!!!.

IL SACRIFICIO

Anche per semplice spirito di conservazione dobbiamo adoperarci con la più intensa azione, perché anche la nostra Armata sia portata e mantenuta in istato da darci affidamento della vittoria. L' infelice costa e la manchevole organizzazione militare nel bacino marittimo orientale, la necessità d'impedire con ogni mezzo gli sbarchi minaccianti la nostra Capitale e le nostre retrovie ci impongono l'offensiva navale con lo scopo di poter conquistare fin dal principio delle ostilità il dominio dell'Adriatico. Ora questo scopo preciso e fondamentalmente necessario non si può raggiungere, se non ripetiamo, adottando coraggiosamente il programma di avere una flotta doppia di quella austriaca in perfette condizioni d' efficienza. E non meno necessario inoltre di porre con sollecitudine riparo alla lamentata disastrosa situazione militare nell'Adriatico in quel modo che abbiamo sopra esposto, poiché per esso non solo si è verificato fino allo scorso anno il grave inconveniente di non aver mai svolte manovre navali su quel mare, ma quello ancor più grave che, mentre l'Austria ha tutte le sue forze militari marittime riunite in quelle acque e vi compie di continuo esercitazioni d'ogni genere noi non vi manteniamo mai una parte fissa della nostra Squadra armata in completo assetto e vi navighiamo di rado, per cui quel bacino è dalle nostre ciurme e dai nostri ufficiali poco conosciuto.
Concludo questo secondo e molto più breve studio col ricordare la grande necessità ed utilità dell'azione combinata delle forze di terra con quelle di mare. Le esercitazioni di questo genere compiute finora sono troppo poche e troppo limitate, mentre i problemi da risolvere contenuti in esse sono vari ed importanti. Quello essenziale degli sbarchi, per esempio, non ha avuto mai finora un'applicazione tale da poterne trarre con profonda e sicura conoscenza di causa delle conclusioni concrete ed esaurienti. Magg. RealiTimori politici, spesa considerevole, mancanza d'un'unica scuola pratica comune, ecco gli ostacoli maggiori alla loro attuazione. Ostacoli, che è pur necessario vincere e superare con animo ardito e deciso, giacché le manovre combinate mirano a raggiungere non solo un importantissimo scopo tecnico ma anche un altissimo risultato morale d'affiatamento e di cameratismo maggiore fra esercito e marina, sorgente d'innumeri valori, pratici per la conquista della vittoria. Alla guerra sul continente e sul mare si è aggiunta oggi quella nell'aria. Dovrei trattare quindi anche dell’aviazione militare. Essa però non è finora che nel suo periodo di gestazione e d'esperimento. Taccio quindi della lotta acre e tenace sorta fra i sostenitori dei dirigibili e degli aeroplani, delle corrispondenti caratteristiche offensive e difensive, della convenienza di dare uno sviluppo maggiore piuttosto all'uno che all'altro strumento di trasporto e di azione nel mezzo aereo. Per ora mi limito a rammentare soltanto che, pur riconoscendo oltremodo esagerate le illazioni di coloro i quali vedono già nell' aria il futuro campo delle decisive battaglie, l'aviazione militare rappresenta già ai nostri giorni un elemento importante nella lotta e, come tale, deve seguire ed applicare con solerte cura tutti i progressi aereonautici nel campo tecnico e bellico successivamente raggiunti.

 così dal libro di G. Alliney "Mrzli VRH una montagna in guerra"

 della Nordpress ed. Chiari
L'attacco del 2 giugno costa subito gravi perdite ai reparti: lo stesso maggiore Stringa, comandante del Pinerolo, viene ferito mentre i suoi alpini penetrano con un assalto alla baionetta nella trincea principale austriaca, per esserne però subito ricacciati dai tiri dell' artiglieria e delle mitragliatrici austriache. «La lunga e sottile colonna di bersaglieri» che sale è invece decimata a distanza dalle mitragliatrici austriache, ma i bersaglieri che hanno già raggiunto delle rocce che li defilano dal tiro della mitraglia impegnano il nemico a protezione delle truppe in avvicinamento. Le perdite sono però forti, e «i colpiti, quasi tutti alla testa, si arrovesciavano indietro e precipitavano giù dal pendio e sparivano nei borri a picco», come racconta il loro comandante. L'attacco diviene sempre più sanguinoso: Al calare della sera gli spari lentamente cessano. I due battaglioni bersaglieri si sono ammassati in un angolo morto sotto dei roccioni: non sono riusciti a superare le difese passive nemiche, ma, nonostante le perdite ingenti, si sono portati a soli 50 metri dalla linea austriaca. Prima che la luna tramonti dietro il Kolovrat il colonnello De Rossi si avvicina in ricognizione alla posizione nemica, che consiste in un grande muro a secco: «si distinguevano nettamente i reticolati che lo precedevano per il brillare del ferro zincato al tocco della luce lunare. Tre ombre diritte immobili tra quei fili sembravano sentinelle veglianti. _ Sono morti - mi sussurrò la vedetta - sono soldati di fanteria». De Rossi, che ritiene di avere di fronte due battaglioni a.u. con sei mitragliatrici, chiama a rinforzo il battaglione dell' 89° fanteria, che si schiera sulla destra, e si industria nella ricerca di bombe a mano e pinze tranciafili, di cui è sprovvisto. Dopo una notte tiepida e stellata, all'alba del 3 giugno l'attacco viene reiterato. L'irruente assalto porta a iniziali progressi, e la prima linea viene conquistata; i bersaglieri si trovano però avanti a profonde distese di reticolati intatti, che inutilmente percuotono con il fucile» sotto il fuoco nemico. Si ha una momentanea ritirata, ma alle 11 di mattina i bersaglieri avanzano ancora sino all'orlo di una dolina battuta dal fuoco delle mitraglie, dall'artiglieria che tira d'infilata dallo Sleme. De Rossi decide che «conviene fermarsi, esaminare l'appostamento nemico, le sue forze, cercare la via per raggiungere la sua sinistra cioè verso il fiume, attendere che gli alpini del battaglione Pinerolo tentino la stessa manovra per la sua destra, cioè verso la pendice dello Sleme». Nonostante gli ordini, il T.Col. Michele Pericle Negrotto, comandante del XXXVI battaglione, colto, secondo De Rossi, da un «accesso di pazzia guerriera», si lancia all'assalto alla testa dei suoi uomini, che vengono subito «falciati a mucchi». Negrotto ha il petto squarciato da una palla esplosiva, e lo stesso De Rossi, accorso per fermare l'azione, viene colpito da una raffica di mitragliatrice alla spina dorsale. Intanto i feriti attendono le cure che l'unico medico dei sei previsti dall' organico reggimentale stenta a fornire. Mentre i bersaglieri consumano il proprio sacrificio davanti ai reticolati che fasciano la vetta, gli austriaci, che hanno fatto giungere a marce forzate un paio di battaglioni di rinforzo, insistono nelle azioni tese a riprendere possesso di tutto il complesso montano e cercano di progredire nella manovra aggirante da sud, compiendo anche un più debole tentativo di raggiungere Krn (paese) dalla vetta dello Sleme. ..Sempre il 3 giugno il comando del IV corpo finalmente si trasferisce da Cividale a Caporetto, dove giunge anche il generale Cadorna, che giudica 1'attacco «condotto in un modo eroico, ma insensato» e perciò causa di «perdite gravissime senza risultato». Il comandante in capo impone subito una sospensione dell'attività offensiva in attesa del rafforzamento del parco delle artiglierie, ma l'ordine di Cadorna non viene eseguito perché il generale Valentino Marafini, comandante della brigata Modena (sino al 27 giugno, quando verrà sostituito dal generale Aveta), valuta la situazione con ottimismo !!!, e ritiene necessaria e risolutiva la prosecuzione dell'attacco, convincendone anche il comando di divisione. Dopo aver respinto un ultimo contrattacco austriaco contro quota 1186, i bersaglieri e i fanti della Modena si lanciano così per la quinta volta all'assalto della vetta, ma inutilmente. Il maggiore Reali (foto sopra), comandante del XXIII battaglione bersaglieri, «spezza la vita sul campo». Il 12° bersaglieri, che ha perso tutti gli ufficiali superiori e circa metà degli uomini impiegati, stremato dopo questi tre giorni di lotta si ritira a Planina Lapoc. In guerra accade spesso che le stragi inutili diventino epopee, e così anche il sanguinoso assalto del 12° bersaglieri, se pur per breve tempo, entra nel mito. Il re in persona - che aveva assistito agli scontri da Livek (Luico) - conferisce al colonnello De Rossi, ricoverato nell'improvvisato ospedale n.18 la medaglia d'argento «per il singolare valore spiegato nel combattimento del 3 giugno 1915». Persino Achille Beltrame dedica all'evento la prima copertina della Domenica del Corriere (a fianco): in una linda cameretta d'ospedale il re, contornato da generali e medici in camice bianco, appunta sulla candida camicia di De Rossi, severo ed assorto, la medaglia al valore. La didascalia parla di «premio agli eroi». De Rossi, trasportato poi a Milano, sarà sottoposto a diversi interventi chirurgici, ma resterà paralizzato dalla vita in giù. Egli a fine maggio era stato promosso maggior generale e assegnato alla brigata Cagliari, ma aveva chiesto di mantenere il grado di colonnello e il comando del reggimento nelle prime operazioni per «aver l'onore di condurlo al fuoco e vederlo alla prova», Come scrisse egli stesso nell'amara autobiografia che si conclude con gli episodi ora narrati. Anche il comandante di divisione, l'artigliere generale Raspi, che sarà esonerato dal comando il 23 agosto per la pessima conduzione dell'attacco della divisione speciale bersaglieri nella conca di Plezzo, lodò in un ordine del giorno il comportamento del reggimento, che dai combattimenti «sulle aspre balze del Monte Nero [ il reggimento.. ] uscì glorioso, dando vivo esempio di saldezza e sacrificio!»...

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(Negrotto - La Grande Italia 1912 Principi e direttive del Nazionalismo Italiano

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