LA MOBILITAZIONE GENERALE

Cadorna, l'artiglieria, lo schieramento, nuovi battaglioni dal 37° al 56° e la Divisione Speciale Bersaglieri 

Cosi Sergio Zavoli "Il 26 aprile 1915 con il consenso del Re, ma senza informare né il Parlamento né l'opinione pubblica... Salandra e il ministro Sonnino, stringono a Londra un patto con Francia, l'Inghilterra e  Russia in base al quale l'Italia si impegna ad entrare in guerra contro gli imperi centrali entro un mese in cambio di Trento e Trieste .....concessioni minerarie in Turchia e compensazioni nelle colonie tedesche d'Africa.

Il primo ponte del 1848Così lo vedranno i nostri alleati. Appunto ‘privato personale’ del primo ministro britannico, sir H.H. Asquith, ad una amica: Il gabinetto.. .è stato impegnato nella discussione, come acquistare a basso prezzo l’immediato intervento di quella potenza voracissima, sfuggente e perfida che è l’Italia. Essa sta aprendo la sua bocca piuttosto ampiamente, soprattutto sulla costa dalmata, e noi non dobbiamo permetterle di bloccare l’accesso dei serbi al mare. Ma, a parte ciò, vale la pena di acquistarla: anche se io rimarrò sempre dell’opinione che sulla grande scena essa ha interpretato una delle parti più sporche e meschine. Mentre ce lo riconoscevano ce lo cancellavano. Anche oggi la Serbia non ha accesso al mare, ma non ho sentito un inglese lamentarsi. 

Il Trattato di Londra, o "Patto di Londra" firmato dall'Italia il 26 Aprile 1915 è classificato come segretissimo, le sue clausole e allegati, non sono mai state rese completamente note (se ne trova versioni discordanti una qui). Il patto è stato preceduto da un telegramma pure riservato, inviato il 21 marzo 1915 da Sidney Sonnino, Ministro degli Esteri (Ebreo) agli ambasciatori di Londra, Parigi e Pietrogrado.
« Il movente principale, determinante la nostra entrata in guerra a fianco dell'Intesa, è il desiderio di liberarci dalla intollerabile situazione attuale, di inferiorità nell'Adriatico, di fronte all'Austria, per effetto della grande diversità ̀ delle condizioni geografiche delle due sponde, dal punto di vista dell'offesa e della difesa militare; diversità che è stata resa più grave dalle armi e dalle forme della guerra moderna. Del resto, l'Italia potrebbe probabilmente conseguire, la maggior parte dei suoi desiderata nazionali, con un semplice impegno a mantenere la neutralità senza esporsi ai terribili rischi e danni di una guerra. Ora, non varrebbe la pena di metterci in guerra, per liberarci dal prepotente predominio austriaco nell'Adriatico, quando dovessimo ricadere, subito dopo, nelle stesse condizioni di inferiorità̀, e di costante pericolo, di fronte alla Lega dei giovani ed ambiziosi Stati jugoslavi. Per queste ragioni, dobbiamo insistere anche sulla neutralizzazione della costa; da Cattaro inclusivo fino a Voiussa. Alla Croazia, sia che resti unita all'Austria-Ungheria, sia che se ne distacchi, resterà la costa da Volosca fino alla Dalmazia, colle isole più prossime di Veglia, Arbe, Pago, ecc. Come porto principale (la Croazia ?) avrebbe Fiume, oltre altri porti minori nel canale di Morlacca. Alla Serbia e al Montenegro, che probabilmente si fonderanno o si consoceranno presto, resterà la costa dalla Narenta fino al Drin, coi porti importanti di Ragusa e di Cattaro, oltre quelli di Antivari, Dulcigno, S. Giovanni di Medua e la foce della Bojana, i quali tutti possono servir di sbarco a ferrovie trasversali, dando accesso al mare, senza uscire dal proprio territorio, alla Bosnia Erzegovina, diventata probabilmente serba, e a tutto l'hinterland serbo- montenegrino. All'Albania centrale, mussulmana, resterebbe Durazzo. La Grecia manterrebbe l'Epiro, oggi da lei occupato provvisoriamente. Le principali città della Dalmazia sono rimaste prettamente italiane, malgrado sessant'anni di pertinace politica slavizzante dell'Austria, e così̀ pure buona parte delle isole prospettanti le coste. Lo stesso Sazonoff nell'agosto scorso, ammetteva che la Dalmazia « da Zara a Ragusa » (non disse « da Zara a Sebenico ») andasse all'Italia, se questa prendeva parte alla guerra a fianco dell'Intesa. Quanto all'entrata in campagna a metà aprile, ciò non è possibile. Come dissi nelle mie proposte, non possiamo assolutamente prendere impegni per prima della fine di aprile. Difficoltà ̀ svariate, opposte insistentemente dall'Inghilterra e dalla Francia, ostacolano le nostre importazioni destinate alla preparazione' dell'esercito, come le fermate delle navi dell'America recanti cavalli ed altre provviste (vedi ad esempio mio telegramma di ieri n. 944) hanno reso ben arduo il compito di mantenere la stessa data alla fine di aprile. Prego V. E. esprimersi in questi sensi con Sir Edward Grey. Firmato : Sidney Sonnino.
partenza per il fronte
Il testo di questo telegramma, viene pubblicato il 9 settembre 1920 dal quotidiano "Il Resto del Carlino" - poi anche su "Il Trattato di Rapallo”, di L. Federzoni, nel giugno 1921. Il vero e proprio "Trattato di Londra", lo si conosce perché́ i Bolscevichi, volendo smascherare i capitalisti guerrafondai, lo rendono noto all'indomani della Rivoluzione Sovietica, nel novembre 1917, pubblicandolo sul giornale Izsvestia, poi rimbalzato sui giornali inglesi infine letto in Parlamento in Italia nel 1918.
(l'art. 5 del Patto di Londra stabiliva: Parimenti l'Italia riceverà la provincia di Dalmazia nella sua presente estensione, comprendendo più al nord Lissarika e Trebinje (due piccole località nella Croazia sud-occidentale), ed al sud tutte le località fino ad una linea che parta dal mare nelle vicinanze di Capo Planka (fra Traù e Sebenico) e segua lo spartiacque in direzione est in modo da lasciare in mano agli italiani tutte le valli i cui fiumi entrano nel mare presso Sebenico e cioè il Cikola, il Krka e la Butisnijica, coi loro tributarii. Apparterranno, inoltre, all'Italia tutte le isole a nord e ad ovest della costa dalmatica , cominciando da Premuda, Selve, Ulbo, Skerda, Maon, Pago e Puntadura, e più al nord, e arrivando a sud fino a Meleda, coll'aggiunta delle isole di S. Andrea, Busti Lissa, Lesina, Tercòla, Curzola, Cazza e Lagosa e tutte le isolette e roccie circostanti, e più in là ancora Pelagosa, ma senza le isole di Zirona Grande e Piccola, Buje, Solta e Brazza.

questa come detta sopra una versione linguisticamente diversa "Nello stesso modo l’Italia riceverà la provincia della Dalmazia nei suoi attuali confini amministrativi comprendendo al nord Lisarica e Tribania e al sud fino ad una linea partente dalla costa dal capo Punta Planca e seguente lo spartiacque verso est, in modo da lasciare in territorio italiano tutte le valli e i corsi d’acqua scendenti verso Sebenico, cioè la Cicola, la Kerka, la Butisnica e i loro affluenti. Essa riceverà anche tutte le isole situate al nord e all’ovest della Dalmazia, da Premuda, Selve, Ulbo, Scherda, Pago e punta Dura al nord , fìno a Meleda al sud, comprendendo S. Andrea, Busi, Lissa, Lesina, Tercola, Curzola, Cazza e Lagosta e tutti gli isolotti e scogli circostanti e Pelagosa, ma senza le isole di Zirona Grande e Piccola, Bua, Solta e Brazza)". Salandra e il Governo ora hanno bisogno di forzare la mano al paese." (si scoprirà quindi che per gli altri gli impegni sono aria fritta, vedi Maneggi di Francia in  http://digilander.libero.it/fiammecremisi/schede/maneggifrancesi.htm  e normalizzazione dopo l'ingresso degli Usa nel conflitto)

Il 13 maggio Salandra, di fronte a un paese ancora spaccato fra neutralisti e interventisti, rassegna le dimissioni. Sotto l'influenza della piazza più rumorosa (interventista) le dimissioni vengono respinte. Così scrive Silvio Bertoldi "Vittorio Emanuele III vede nella guerra la possibilità di sfogare antiche avversioni... rivalersi su Guglielmo II che l'ha trattato da parente povero... vede poi, secondo l'antica tradizione Sabauda, l'occasione per accrescere a spese altrui il territorio nazionale.... Allora questo Re, sempre proclamatosi difensore e quasi schiavo dello statuto, lo infrange. Manda a firmare un patto segreto impegnandosi a scendere in campo accanto ai nuovi alleati....tiene nascosto questo fatto al parlamento, fomenta l'azione di piazza e ne prende pretesto per cedere alla volontà popolare. .... A Giolitti non perdonerà mai di essergli stato contrario... Vendicativo come tutti i deboli non seguirà neanche nel 1929 le esequie di stato di quest'uomo al quale doveva i soli anni dignitosi del suo Regno ."---- (Al Re spettava, secondo lo Statuto Albertino, anche il comando delle forze armate, la possibilità di dichiarare la guerra e firmare trattati di pace, di alleanza e di commercio. Di fatto, nella successiva evoluzione non scritta della forma di governo da costituzionale a parlamentare (2 camere), il contenuto di questo articolo, in cui sono forti le risonanze da "ancienne regime", non ebbe valore reale: in un regime parlamentare il Re non esercita il potere esecutivo, né dichiara guerra, né elabora trattati perché agiscono per lui e in suo nome i ministri responsabili. Esso serviva dunque solo per riaffermare l'unità dello Stato e personificarla nel Re).  

Luigi Cadorna proveniente da famiglia Milanese di politici e militari, emigrata tanti anni prima in Piemonte, (il padre era stato comandante del corpo di spedizione sotto le mura di Roma nel 1870) aveva avuto una normale carriera militare senza però partecipare ad alcuna guerra. Nel 1908, era stato designato a sostituire nello stato maggiore il Gen. Saletta (comandante della prima spedizione d'Africa nel 1885) ma poi gli venne preferito Alberto Pollio. L'improvvisa morte di questi, il 2 luglio 1914, lo proietta alla più alta carica alla vigilia della deflagrazione del conflitto. Per due mesi, nonostante le sue richieste, non si provvede ad alcuna azione preventiva o preparatoria di carattere militare, mentre nel Nord Europa tuonano i cannoni come in mare nel Mediterraneo. Un eventuale neutralismo avrebbe comunque richiesto non una passiva bensì una vigile difesa vista la nostra posizione. In ottobre, quando il ministro alla Guerra venne sostituito, si diede avvio ai preparativi per l'eventuale mobilitazione. La prima necessità era rafforzare la difesa ai confini coi paesi belligeranti, amici e nemici. Per questo si richiamarono le classi 1889-1890 che avevano 25 anni. La milizia mobile e territoriale alpina venne presto allargata con formazione dei battaglioni Valle (Milizia Territoriale) e Monte (M. Mobile). Lo stesso si fece per l'artiglieria alpina. Dal 1 gennaio 1915 furono costituiti 2 nuovi comandi di corpo d'armata, 11 di divisione di fanteria e 1 di Bersaglieri. Ai tradizionali 96 reggimenti (compresi 2 di Granatieri ), si aggiungono ora altri 50 reggimenti di Fanteria (ma la mobilitazione non è ancora scattata e alla fine i contingenti mobilitati triplicheranno). I carabinieri costituiscono un reggimento combattente e i finanzieri 18 battaglioni mobili. Entro la fine dell'anno il reggimento carabinieri viene sciolto e diviso in sezioni di Polizia Militare a disposizione dei comandi. La Guardia di Finanza, entro la fine del 1916, dimezza gli effettivi, ma costituisce il Primo gruppo Regia Guardia di Finanza. Al V btg. RGF si affianca il IX btg. formando il Reggimento Provvisorio Guardia di Finanza. In maggio del '16 sarà aggiunto il XVII btg..

Il Gen. Cadorna viene a conoscenza della firma della nostra entrata in guerra ai primi di maggio, quando il Col. Montanari lo informa con un telegramma. La mobilitazione, che doveva restare occulta, richiede almeno 40 giorni; è il 4 maggio (- 20 all'inizio) e non si può ancora parlare di mobilitazione (la mobilitazione in faccia al nemico senza dichiarargli guerra fa ancora parte delle cose da non farsi, quelle cose che ti fanno dall'eventuale ragione passare al torto). Cadorna per mesi terrà i piedi in due staffe a Ovest pronto ad attaccare i Francesi sulle Alpi o a Est gli Austriaci. Ma esiste anche una seconda versione: il Generale Cadorna lo venne a sapere solo casualmente (accordi stipulati con le potenze dell'Intesa (Patto di Londra, 26 Aprile 1915)) "Dopo il discorso di guerra di Gabriele D'Annunzio allo scoglio di Quarto, la sera del 5 Maggio del 1915, il Cadorna, commosso e turbato dall'inno di guerra del poeta, ebbe la visita del commendatore De Martino, Segretario Generale degli Esteri. Da questo, soltanto perché, per caso, era andato a trovarlo, e perché egli, Cadorna, chiese, seppe del Patto di Londra, e dell'obbligo per l'Italia di scendere in campo a fianco degli alleati prima del 26 di Maggio (Ndr. Mancavano 19 giorni). Da Daniele Cellamare la preparazione e la mobilitazione dell'E.I. da Carabinieri.it.

Secondo le valutazioni del Capo di Stato Maggiore, le nostre operazioni dovevano per prima cosa essere in correlazione temporale a quelle di Serbi e Russi nel ciclo d'offensiva. Il 21 maggio dal Q.G. (Quartiere Generale) russo si confermò questa ipotesi di collaborazione, mentre già da 15 giorni le loro truppe stavano ritirandosi !!!. D'ora in poi l'effettiva collaborazione sarà solo quella che noi si dovrà attaccare quando gli altri non ce la fanno più a difendersi, ma non viceversa.

E ora 22 maggio scatta davvero la mobilitazione ufficiale. La mobilitazione è il complesso delle operazioni e dei provvedimenti mediante i quali tutta una nazione passa in ogni suo elemento (civile e industriale oltre che militare) dallo stato di pace allo stato di guerra. La mobilitazione mira:
* al completamento dei corpi e reparti delle diverse armi e servizi già esistenti dal tempo di pace o da costituire ex novo
* al completamento e costituzione dei comandi delle grandi unità e dei relativi servizi logistici
Con la mobilitazione che prevede l'occupazione del confine coi relativi alloggiamenti e servizi logistici è necessario provvedere in loco alle truppe di copertura (in stato di difesa), per dare sicurezza e protezione alla grande massa che va mobilitandosi nel territorio, nelle retrovie o sta raggiungendo le località di raduno, da eventuali colpi di mano nemici.

La capacità enorme dei tedeschi, di spostare armate da un fronte all'altro del paese sui treni, gli permetteva anche di attaccare sempre tutti con schiaccianti superiorità numeriche. Da parte dei Serbi non giungevano segnali di operazioni, tanto che si dubitò fossero ancora dalla nostra parte. La situazione italiana degli armamenti e dei mezzi, era delle più tragiche. Mancavano le mitragliatrici, anche di fabbricazione straniera, poiché nel periodo della non belligeranza, le forniture si erano interrotte. Le artiglierie ippotrainate scarseggiavano di cavalli a cui si ovviò con acquisti in America. Meglio andava per quelle alpine dotate di muli. L'artiglieria da campagna che all'inizio del conflitto contava solo 31 Reggimenti, si integrò a sua volta con Reggimenti di Milizia Mobile a cui andarono i vecchi pezzi risorgimentali. In alternativa si riducevano le batterie (compagnie) d'organico. L'artiglieria pesante e d'assedio venne in parte compensata da materiali della Marina, smontati da navi e installati su chiatte nella Laguna Veneta. Gli ordinativi alle industrie nazionali ( che si erano riconvertite), non potevano superare la loro capacità produttiva, anche se si lavorava su più turni. Ciò fu alla base, nei primi anni di guerra, dell'aumento del deficit di bilancio dello Stato, essendo le commesse assegnate al prezzo più alto anche a fabbricanti minori meno competitivi. Per gli autocarri e gli automezzi, ad esempio, il blocco delle importazioni nell'anno di non belligeranza pregiudicava la messa in linea di qualsiasi mezzo. Si compravano all'estero carburatori, alberi a gomito e particolari senza i quali il mezzo non si avviava. In campo aeronautico l'Italia entrava in guerra con 5 dirigibili e 58 aeroplani per passare l'anno dopo a 370. 

Combattimento in Belgio. Sulle fiamme si erge il tipico BefroiAll'inizio della guerra, su un confine di circa 600 Km il generalissimo Cadorna disponeva di ben 4 armate:
- La 1° armata con comando a Verona agli ordini del gen. Roberto Brusati, si schierava dal Passo dello Stelvio (Svizzera) al Passo Cereda, Rolle (oggi SS50 da S. Martino di Castrozza verso Feltre) su un arco valutabile in linea d'aria attorno ai 200 Km. con III Cda dal confine svizzero al Garda, V Cda dal Garda al Lora e parte dell'VIII cda dal Passo Lora in Val Cismon
- La 4° armata con comando situato a Vittorio Veneto agli ordini del gen. Luigi Nava, dislocava le proprie forze dal Passo Cereda al monte Peralba in Cadore (sorgenti del Piave) per uno sviluppo di circa 75 Km con il IX e I Cda.
Il comando autonomo Carnia del Gen. Lequio con XII Cda e raggr alpini tra il Peralba e Montemaggiore
(*ma molti lo fanno retrocedere al Rombon (Gruppo Canin) in val di Plezzo molto più a Nord)
- La 2° armata agli ordini del gen. Pietro Frugoni, con sede a Udine, si stendeva dal Montemaggiore* fino all'abitato di Manzano su uno sviluppo di circa 35 Km in un territorio particolarmente impervio con i Cda IV, II, VI
- La 3° armata con sede a Portogruaro (gen. Luigi Zuccari
* poi Duca d'Aosta dal 25 maggio) copriva il restante confine, fino al mare, comprendente il Carso vero proprio con i Cda X,XI,VII. 

* Zuccari aveva ricevuto l'ordine da Cadorna di sconfinare prima della dichiarazione di guerra. Avendo mosso delle obiezioni perché la mobilitazione non era completa fu sollevato dal Comando. Il 24 maggio la III armata era ufficialmente senza comandante  http://www.fronteitaliana.it/Uniformi/Sinottico_mostrine1.html  il nuovo esercito

Restavano inoltre dislocati come riserve 4 corpi d'armata (XIII, VIII, XIV). Un esercito di quasi 500.000 uomini cui l’impero asburgico temporaneamente oppose solo 80.000 soldati poco esperti, male armati ma ben arroccati.

E’ cosa nota che il fronte italiano, che fosse alpino o orientale, fosse sguarnito di truppe austriache. Quand’anche sembrasse il contrario a presidiarlo era la Landsturm territoriale e la Standsschutzen fatta di vecchi e ragazzi. La miglior gioventù era già morta sui campi di Russia. Restavano i forti a tamponare l’imprevisto attacco degli italiani. Ma in guerra, si sa, se vuoi fare una cosa devi partire un anno prima. Ora che c’eravamo però ci stendemmo su migliaia di chilometri di fronte e ottoni in testa avanzammo. Loro naturalmente ci aspettavano e davanti a loro avevano steso difese attive e passive, e fra le attive erano comprese anche aliquote di Germanici che noi consideravamo ancora amici dal 1866. La situazione nel Carso non era certo delle più favorevoli, ma in Carnia e Cadore era anche peggio. Il solo spostare un cannone era una impresa. Passarono 15 giorni durante i quali gli austriaci si attrezzarono ulteriormente. Rientrarono reparti scelti dalla Russia e istruttori con esperienza alle spalle per rinfrancare le spine e i vecchi. Gli scontri presero quindi sempre più forma e continuità anche se a parteciparvi erano pochi uomini e pochi saranno i caduti di guerra. Il nemico principale qui era la natura, specialmente d’inverno.

Così ci videro gli austriaci nei primi giorni di guerra (versione confermata anche da altre fonti): "Nella sua complessiva condotta, il nemico si mostra molto cauto, si avvicina piano piano alle posizioni ove pianta la propria artiglieria e subito si trincera sotto terra. Dal punto di vista tattico non è un procedere inetto ma strategicamente è assolutamente sconsiderato. Il momento favorevole (per una fulminea e vittoriosa avanzata) è ormai passato e nulla lo farà più tornare." (Traduzione dal tedesco dal Diario del Tenente Generale Kraft von Dellmensingen, Comandante del Corpo d'Armata Austroungarico del Tirolo – 7 giugno 1915)

 

NUOVI BATTAGLIONI BERSAGLIERI AGGIUNTI AI 36 ORDINARI (3 BTG X 12 RGT) E AUTONOMI FINO A NUOVI INQUADRAMENTI

XXXVII 37 Sostituisce negli organici del 4° rgt  il 26° btg. rimasto a Rodi
XXXVIII 38 Sostituisce negli organici del 8° rgt  il 3° btg. rimasto in Libia
XXXIX 39 Sostituisce negli organici del 11°rgt il 15° btg. rimasto in Libia
XL 40 Autonomo fino al 2/1916. Va poi a formare col 54° e 61° non ancora costituito il 14° Rgt
XLI 41 Autonomo fino al 2/1917. Va poi a formare il col 42 e 45° il 19° Rgt
XLII 42 Autonomo fino al 2/1917. Va poi a formare il col 41 e 45° il 19° Rgt
XLIII 43 Sostituisce negli organici del 4° Rgt  il 31° rimasto a Rodi
XLIV 44 Sostituisce negli organici del 7° Rgt  il 11° rimasto in Libia  

immagine sotto: riferita sicuramente al nostro ingresso in guerra (welcome) si segnala per molte inesattezze e incongruità (sicuramente non fatta nel 1915).

XLV 45 Autonomo come il 41/42° fino al 2/1917. Va poi a costituire con loro il 19° Rgt

Il soldato con la divisa rossa non può essere che l'inglese ma non si scorge la bandiera. Lo zio Sam e la sua bandiera sono riconoscibili ma loro entrano in guerra nel 1917

XLVI 46 Sostituisce negli organici del 5° rgt  il 22° Btg

e quindi saremmo noi a dare eventualmente loro il benvenuto. Quando l'Italia entra in guerra ci sono già Serbia, Francia, Belgio, Inghilterra, Russia e molti altri si aggiungeranno

XLVII

XLVIII

47

48

Resta Autonomo 

idem vedi riassunti storici in anno 1917 L'altra Caporetto

Ultima segnalazione il bersagliere che loro individuano è il Bersagliere della Guardie Garibaldi della Guerra di successione americana del 1861che portava il piumetto a sinistra.

XLIX 49 Entra nel 13° Rgt provvisorio in sostituzione del 1° ( in Libia ) ma verrà chiamato 1° bis

 

LA 1a DIVISIONE SPECIALE BERSAGLIERI

I reggimenti 6°, 9°, 11° e 12° facevano parte della divisione speciale bersaglieri (comandanti 1915: Ten. Generale Alessandro Raspi (arsenale d'artiglieria), 1915: Ten. Generale Giulio Cesare Tassoni (a fianco), 24/9/1915- 20/3/1916: Magg. Generale Antonino o Antonio Giardina), ma dal febbraio del '16 la divisione speciale bersaglieri assunse l’ordinativo 36a (poi 24a) e si ricostituì con le brigate Aosta (Giardina) e Piemonte e i reggimenti riuniti in due brigate ristrutturate la prima (6° e 12° RGT) e la seconda (9° e 11°). Costituita il 20/5/1915 col supporto del Gruppo Mondovì, batterie 10/11/12 del 1° artiglieria da montagna e con la 54a della Milizia Mobile entra a far parte del IV C.d.A che combatte nella zona di Caporetto. Il 21 agosto entrano temporaneamente il 6° fanteria e gli alpini del Val Ellero, Pieve di Teco e Bassano.

L 50

idem diverrà poi 15° rgt.

Tassoni conte gen. Giulio Cesare. Insegnò storia militare alla Scuola di Guerra. Colonnello nel 1902 comandò il 4° bersaglieri poi la la Brigata "Umbria" alla promozione (1909) a maggior generale. Comandò i granatieri di Sardegna e col conflitto libico guadagnò la croce d'ufficiale dell'O.M.S. Nel 1913 diresse infatti le operazioni che portarono all'occupazione dell'altopiano cirenaico con la IV Div. speciale Derna e la promozione a Ten. Gen. per merito di guerra. Dopo aver comandato per breve tempo la Div. di Milano tornò in Colonia agli inizi del 1915 quale 7° governatore della Tripolitania. Con l'entrata in guerra contro l'Austria comandò la Divisione Speciale Bersaglieri per un brevissimo periodo (24/8-23/9/1915) e successivamente il IV C.d'A.; le truppe Carnia; la V provvisoria, e la VII Armata e meritò la medaglia d'argento e la Croce di Grand'Ufficiale dell'O.M.S. - Generale d'Armata nel 1923 sarà nominato anche senatore del Regno dal 1919.

 

LA MOBILITAZIONE SELVAGGIA

Una mobilitazione in un paese come l'Italia che arruolava nell'esercito permanente 1/3 della leva non era cosa da poco anche perche le armi vere c'erano solo per questi, così come Ufficiali e sottufficiali. Si racconta che i reparti andassero al fronte con mitragliatrici di legno per "spaventare" il nemico. Succedeva anche che nella foga di costruire un esercito  numeroso i medici militari arruolassero dalla leva ora totale sordomuti, balbuzienti gravi, minorenni presentatisi con generalità false, tisici, alcolizzati, ritardati mentali; le visite furono pura formalità e centinaia furono i casi di soldati fatti abili e poi rimandati indietro una volta arrivati al fronte.

LI 51 idem con 50/51diverrà 15° Rgt dal 1916
LII 52 Resta Autonomo e combatte in Libia dal 1915 al 1918 
LIII 53 Sostituisce negli organici del 2° rgt  il 2° btg. rimasto in Libia
LIV 54 AutonomO fino al 2/1916. Va poi a costituire il 14° Rgt
LV

Sciolto il 28/2/1919

55 Resta autonomo -Rimpatria da Tripoli il 4/7/1918 per schierarsi sul Piave fino al 21 ottobre data da cui concorre col XXX reparto d'assalto al forzamento del Piave per Susegana, Serravalle e Longarone
LVI 56 idem
Furono costituite anche 41 compagnie di bersaglieri a piedi per armi speciali. Per il resto, i reggimenti, numerati dall’ 1° al 12°, oltre al 10° bis che sostituiva in patria il 10° dislocato in Albania, diventato, nel gennaio del ’16 il l6° reggimento. Nel complesso si trattava di 55 battaglioni a piedi e 12 ciclisti. Come evidente sopra nello schema e nello scritto si iniziò anche la costituzione dei reggimenti che andranno dal 13 al 21° ma questo richiederà l'aggiunta di ulteriori battaglioni che vedremo in seguito

   Il mutamento realmente significativo riguardava però il rafforzamento dei battaglioni. Il provvedimento era in linea con le analoghe misure relative alle unità di fanteria, ma di fatto ogni battaglione ricevette (riceverà) una sezione mitragliatrici, un reparto zappatori di 88 uomini, il raddoppio dei portaferiti ma la diminuzione delle compagnia da 250 a 225 uomini e l’aggiunta di una sezione pistole-mitragliatrici (in realtà assegnata soltanto a 21 battaglioni). Presso il 7° di Brescia si concentrò la preparazione di tutti i nuclei mitragliatrici assegnati al Corpo.


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