Marcia globale
MARCIA DELLE DONNE CONTRO LA GLOBALIZZAZIONE del 30 Settembre 2000
"L'unico giornale che ha parlato della marcia è stato "Il
Manifesto", gli altri hanno per lo più taciuto ogni cosa!!!!
Anche i telegiornali non hanno dato nessuna notizia sulla marcia: troppo presi
dal trasmettere Berlusconi...
Come al solito ci hanno snobbato, non facciamo notizia.
Eppure nonostante la pioggia, che ci ha perseguitato per tutta la marcia (io ero
completamente zuppa e come me tutte le altre) eravamo tante e tutte con la
voglia di farci ascoltare e di lottare."
Una donna presente alla marcia
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ARTICOLO
Donne in marcia Il diluvio che ha investito ieri mattina Roma
non è riuscito a bloccare le migliaia di donne arrivate da tutta Italia per
partecipare alla tappa italiana della Marcia mondiale delle donne del 2000
contro la guerra, la povertà, la violenza, anche se indubbiamente ha impedito
le performance artistiche previste lungo il percorso. Il corteo comunque
colorato, anche se i colori erano degli ombrelli e delle mantelle di plastica.
Eppure erano in molte: comitati locali per la preparazione della marcia,
associazioni, gruppi, donne in nero, la rete di pace dell'Udi, il forum delle
donne di Rifondazione comunista, sindacaliste della Cgil, lesbiche dell'Arci e
non solo, femministe della Casa internazionale delle donne che ha sede al Buon
pastore, e studentesse del Mamiani e del Tasso, che portavano quasi tutte la
kefiah palestinese, un simbolo che avrebbe potuto apparire un po' retro se
proprio in queste ore a Gerusalemme non si stessero consumando scontri
sanguinosi come nei tempi più duri dell'occupazione israeliana. Delegazioni non
molto numerose ma provenienti da tutta Italia: dal nord e dal sud, tranne che
dalla Liguria perché sfortunatamente bloccate da un guasto a un locomotore del
treno che le trasportava.
A Roma migliaia di donne contro le
guerre, le violenze e la povertà
Un grande risultato, per le organizzatrici. Nel corteo si intrecciavano le varie
esperienze di lotta. Innanzitutto la manifestazione italiana - che ha avuto
l'adesione di circa 150 gruppi e associazioni - ha voluto porre l'accento
sull'opposizione alla guerra e alla militarizzazione, senza dimenticare la lotta
contro la povertà, peggiorata dalla globalizzazione, e la violenza. Lotte
condivise anche da gruppi di donne immigrate.
Libertà e solidarietà: riaffermazione del diritto all'autodeterminazione delle
donne anche attraverso la difesa della 194 per l'interruzione della gravidanza,
contro le insidie che la minacciano, ma anche lotta contro la mafia e solidarietà
con le donne che vivono in situazioni drammatiche - da Kabul al Sahara
occidentale passando per il Kurdistan - senza dimenticare Silvia Baraldini,
rinchiusa nel carcere di Rebibbia in attesa di un intervento chirurgico. Donne
del mondo presenti anche nel corteo romano, fisicamente o negli slogan, o nei
ricordi, come quello degli "you you" (l'urlo tipico) delle donne
algerine a Pechino, che ieri sono rieccheggiati per accogliere con entusiasmo la
medaglia d'oro ottenuta a Sydney nei 1.500 metri da Nouria Benida Merah, la
specialità che tanta popolarità e ori aveva dato alla più famosa Hassiba
Boulmerka, tanto invisa agli integralisti.
Ma il fondamentalismo è anche qui vicino a noi in Vaticano, hanno ripetutamente
urlato le donne del corteo. In piazza le donne hanno dimostrato la propria forza
e visibilità: "ci siamo messe in contatto con Internet ed e-mail, ma oggi
abbiamo dimostrato di non essere virtuali", come ha detto Lidia Menapace,
instancabile, tra le organizzatrici della marcia. "La nostra lotta - contro
le politiche del Fondo monetario, del Vaticano e della destra - non si ferma
qui", ha ribadito Nadia De Mond del Coordinamento italiano. Le tappe
successive sono: a Bruxelles il 14 ottobre, a Washington il 15 per manifestare
contro le politiche del Fondo monetario internazionale, a New York il 17, dove
una delegazione di donne provenienti da tutto il mondo persenterà le
rivendicazioni della Marcia, alla quale hanno aderito 6.000 gruppi di 157 paesi,
al segretario generale dell'Onu, Kofi Annan.
La marcia è ancora lunga e non si concluderà nemmeno a New York.