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La
storia della capoeira è molto complessa e difficile
da tracciare in maniera precisa, soprattutto per la carenza di
documenti
scritti a riguardo e per la distruzione di questi dopo l'abolizione
della
schiavitù in Brasile; di certo sappiamo che trae le sue origini dalla
mescolanza
di rituali di lotta e danza di alcune tribù africane già colonie dei
portoghesi, catturate e fatte schiave in massa per essere deportati in
Brasile.
Il
22 aprile 1500 Pedro Álvares Cabral sbarca in
Brasile e dietro di lui la civilizzazione portoghese. I colonizzatori
per
risolvere il problema di manodopera schiava cominciano a catturare
africani
(più robusti fisicamente degli indios autoctoni, decimati dalle
malattie
portate dai colonizzatori). Gli schiavi venivano sfruttati nelle
piantagioni
(canna da zucchero, tabacco, caffè, ecc.) per molte ore al giorno,
ritirandosi
poi nelle Sem-Alas (sem = senza, ala = lato di muro), grandi e miseri
dormitori
sotterranei, bui e senza mura divisorie, vivendo in condizioni pessime.
Con le
ingerenze olandesi nelle colonie portoghesi (1624-1654) in Brasile gli
schiavi
approfittarono degli scontri per darsi alla fuga. Alcuni si
organizzarono in
comunità indipendenti, nei villaggi detti quilombos. Questo periodo fu
sicuramente un catalizzatore dello sviluppo della capoeira. Uno di
questi
villaggi, Palmares, all'epoca probabilmente collocato nello Stato
nordestino
Alagoas, è assurto a simbolo della lotta degli schiavi contro i loro
carnefici.
Fondato nel 1610, il primo Palmares sopravvisse per più ottant'anni
resistendo all'incalzare
dei portoghesi; fu distrutto nel 1695 dopo un assedio di 5 anni e 9000
soldati
impiegati.
I
primi documenti che parlano di capoeira risalgono al
1624, si tratta di diari dei capi di spedizione incaricati di catturare
e
riportare indietro gli schiavi neri che tentavano di scappare. Questi
documenti
fanno riferimento ad uno strano modo di combattere, "usando calci e
testate come fossero veri animali indomabili".
Il
mito diffuso è che la capoeira fosse un modo per
gli schiavi di allenarsi a combattere dissimulando, agli occhi dei
carcerieri,
la lotta con la danza. Questo può essere vero solo per uno stadio molto
primitivo del suo sviluppo, perché in realtà la pratica della capoeira
a
partire dal 1814 venne vietata agli schiavi, assieme ad altre forme di
espressione culturale, principalmente per impedirne l'aggregazione,
anche se
alcune fonti dicono che questa forma di arte marziale ha continuato ad
esistere
e svilupparsi considerando il fatto che sia sopravvissuta fino ai
nostri
giorni.
Il
1888 fu l'anno di liberazione dalla schiavitù, ma
gli schiavi liberati non ebbero modo di integrarsi facilmente nel
tessuto
socio-economico. La capoeira fu presto associata alla delinquenza di
strada,
tanto da venire proibita a livello nazionale già dal 1892. La pratica
della
capoeira rimase clandestina (da questo deriva l'uso per ogni
capoeirista di un
apelido, un soprannome), spesso violenta e praticata solo nelle strade
da
individui malfamati, schedati appunto dalla polizia come capoeiras.
Nel
1930 la politica nazionalistica del
presidente/dittatore Getúlio Vargas, in cerca di uno sport da
promuovere come
sport nazionale, dette l'opportunità a Mestre Bimba di riscattare la
Capoeira
con lo stile di "Lotta Regionale di Bahia", da lui ideato. Nel 1932
gli venne permesso di aprire la prima accademia nella quale impose
anche delle
regole di disciplina per ripulire la cattiva immagine che l'opinione
pubblica
aveva della Capoeira. Dopo una pubblica esibizione di Mestre Bimba e
dei suoi
allievi finalmente lo sport ebbe il suo riscatto, e cominciò la sua
lenta
ascesa. Nel 1974 la capoeira è stata riconosciuta come sport nazionale
brasiliano. Nel 1957 Mestre Canela porta la capoeira in Italia, prima a
Roma
dove istruisce qualche allievo, poi a Viterbo.
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