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Se una mucca mangiasse carne,
gli acidi urici, andrebbero direttamente al cervello facendola impazzire.
(Rudolf Steiner 1923) |
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NUMERO
CASI DI ENCEFALOPATIA SPONGIFORME BOVINA NEL MONDO AGGIORNAMENTI CONTINUI
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Con una lettera al Presidente del Consiglio - e ai Ministri Letta, Mattioli, Pecoraro Scanio e Salvi – il Segretario generale della Federazione dei lavoratori dell’agroindustria della Cgil, Franco Chiriaco, chiede un incontro urgente per affrontare i problemi dei lavoratori addetti alla filiera delle carni bovine, dall’allevamento alla commercializzazione. Il Decreto legge: “Ulteriori interventi urgenti per contenere gli effetti negativi dell’epidemia Bse”, varato dal Consiglio dei Ministri, non prende in alcun modo in considerazione - afferma Chiriaco - gli effetti della crisi Bse sul lavoro dipendente – tipico e atipico – addetto al comparto. Mentre è prevedibile un’accelerazione delle conseguenze negative sul lavoro e sull’occupazione appare problematica –vista la destrutturazione del mercato del lavoro- l’adozione degli ammortizzatori sociali pur necessari. Inoltre, si dice nella lettera, manca qualsiasi provvedimento per la sicurezza dei lavoratori addetti e le provvidenze non sono esplicitamente legate al rispetto della Legge 626/94. La chiarezza in materia di sicurezza sul lavoro appare tanto più necessaria di fronte alla precarietà della prestazione lavorativa,alla pratica degli appalti e ad una cultura della prevenzione da parte dei datori di lavoro pressoché nulla. Si pensi che in aree di produzione eccellente in Emilia Romagna, anche la semplice adozione della vaccinazione dei lavoratori è adottata in meno della metà degli allevamenti. Non vogliamo unirci al coro delle richieste indifferenziate che producono – e hanno prodotto – interventi a pioggia che tutelano interessi particolari e non sono finalizzate a rispettare il diritto alla sicurezza alimentare per i cittadini e gli elementari diritti del lavoro dipendente. Ci appelliamo, piuttosto, al criterio della concertazione, ribadito dal Presidente Ciampi. A nostro parere – prosegue Chiriaco – e anche secondo l’autorevole parere del Governo tedesco, rimandare l’adozione di queste politiche significa scambiare gli interessi, pur in parte legittimi, degli operatori, con i diritti ben più ampi, motivati e complessi dei cittadini, dei consumatori e dei lavoratori dell’agro-industria. Per questi motivi - afferma la Flai – chiediamo l’apertura di un tavolo che affronti la necessità di una profonda ristrutturazione della nostra zootecnia bovina orientandola alla competizione sulla qualità, definisca le priorità, tuteli i diritti dei lavoratori dipendenti, indichi gli obiettivi di interesse generale che giustificano e finalizzano la destinazione di risorse ai lavoratori e alle imprese. Roma 13 Febbraio 2001 Castelvetro.
Crisi dovuta alla mucca pazza
CASTELVETRO 2 febbario. Cassa integrazione per 90 operai all'Inalca
di Cremonini, sulla vicenda intervengono duramente i sindacati dopo
l'incontro con la dirigenza. 'La notizia è ufficiale - affermano
i sindacati in una nota - per fronteggiare l'emergenza "mucca pazza"
il gruppo Cremonini ricorre alla cassa integrazione ordinaria. Questo
l'esito dell'incontro tra i sindacati alimentaristi Fat-Cisl, Flai-Cgil
e Uila-Uil che si è svolto ieri presso la sede dell'Unione
industriale di Modena'. 'Le organizzazioni sindacali hanno chiesto informazioni
aggiornate sull'andamento del settore e hanno poi concordato di procedere
all'apertura della Cig a zero ore per 90 operai su 120 del reparto"hamburger"
dello stabilimento Inalca di Castelvetro per un periodo non superiore
ai tre mesi'.
Documento della
Segreteria nazionale della Flai Cgil
La Segreteria nazionale della FLAI CGIL ritiene necessario che il Governo decreti la crisi del settore zootecnico scegliendo con chiarezza la programmazione di interventi di carattere strutturale orientati alla qualità lungo tutta la filiera piuttosto che la via di interventi a pioggia decisi sull’onda dell’emergenza in un’ottica puramente assistenziale. L’emergenza ‘mucca pazza’ è solo la punta di un iceberg che nasconde una vicenda di deregolamentazione di fatto del settore sia dal lato della sicurezza alimentare che da quello del commercio estero e del lavoro dipendente. . L’attuale situazione non può più essere fronteggiata con strumenti ordinari. Ogni giorno diventa sempre più chiaro - e anche alcune associazioni dei produttori cominciano ad affermarlo - che dalla attuale situazione si esce solo attraverso un processo di ristrutturazione dell’intero settore, dagli allevamenti alla macellazione al consumo, in grado di garantire una produzione, a costi competitivi, migliore e sicura, sostenuta da un efficiente sistema di controllo orientato a garantire al consumatore finale la certezza su ciò che acquista. Per questo non basta affrontare l’emergenza, che pure va garantita subito con un primo sostegno dei redditi dei produttori e di tutti i lavoratori dipendenti impegnati nel settore, ma occorre definire strumenti di intervento di tipo strutturale in grado di cambiare profondamente il sistema in atto. Una parte importante del settore è l’industria della macellazione. L’industria della macellazione bovina (4.2 milioni di capi abbattuti in Italia), si presenta ancora particolarmente polverizzata, tecnicamente e tecnologicamente arretrata rispetto ad altri paesi europei; con una capacità di auto - approvvigionamento di poco superiore al 60% (50% se si considerano gli animali importati alla nascita ed ingrassati in Italia) ed in forte calo. Nonostante una progressiva diminuzione degli impianti dal 1993 al 1999, da 6000 a 2200 a cui si devono aggiungere 700 impianti per la macellazione di altre specie animali, siamo ancora molto lontani dai livelli di concentrazione e adeguamento degli impianti degli altri paesi europei. In Italia solo il 15% dei macelli (330 ) è in possesso del bollo CEE mentre la Francia ha il 77% del totale (270), la Spagna ha il 38.1% del totale (1455) e Olanda, Germania, Danimarca ed Irlanda sono al 100%. La maggior parte degli impianti di macellazione bovina di dimensioni
superiori ai 6000 capi per anno si trova in Emilia, Veneto e Lombardia.
Il 73% dei capi è macellato in sole 4 Regioni: Lombardia (19%),
Veneto (23%), Emilia-Romagna (18%) e Piemonte (13%). Solo 10 macelli si
pongono a livelli industriali assorbendo il 22% delle macellazioni; di
questa percentuale il 12% è riferito ai primi tre gruppi.
Le modifiche introdotte al DPR n.602/1970 (completa estensione alla possibilità di esternalizzare le attività operative dell’intero ciclo della macellazione ) non hanno prodotto un effetto positivo sul processo di riorganizzazione nel comparto macellazione nazionale e non hanno migliorato lo stato competitivo del comparto; in particolare non hanno introdotto innovazioni positive sul piano della certezza della tracciabilità e della sicurezza alimentare. L’elevata polverizzazione di macelli ed allevamenti; il numero limitato di impianti di macellazione a Bollo CEE con il conseguente minor grado di competitività rispetto alla media delle strutture di macellazione europee; la fragilità dimostrata dall’intera filiera di fronte all’emergenza BSE, possono avere effetti sconvolgenti nel settore. L’intervento del Governo e delle Regioni a sostegno di tutta la filiera
è quindi obbligato pena la perdita di molte attività, il
blocco delle produzioni e un ulteriore aggravamento del nostro deficit
agro-alimentare. Ma ribadiamo che gli interventi di sostegno economico
e finanziario devono essere finalizzati a reali politiche di innovazione,
razionalizzazione e sviluppo per le quali è necessaria una programmazione
pluriennale e il reperimento di ingenti risorse .
A questo scopo proponiamo di :
-Procedere alla mappatura dei mangimifici; alla valutazione della congruità
delle linee di produzione in rapporto alla salute alimentare; al monitoraggio
del commercio di farine e mangimi in entrata ed in uscita dal Paese.
La Segreteria nazionale FLAI CGIL ritiene che l’insorgere e la diffusione della BSE non sia la causa ma la conseguenza di una forte crisi strutturale del settore. Riteniamo perciò che debba essere affrontato organicamente il problema del rilancio dell’intera filiera, condizione essenziale per puntare sulla qualità, tipicità e sicurezza alimentare. La Segreteria della Flai ritiene inaccettabile l’impostazione delle misure del Governo per la crisi Bse annunciate sulla stampa che rischiano di scaricare sui consumatori – in particolare su quelli a reddito medio-basso – i costi di una crisi gravissima per la salute alimentare. E’ singolare che manifestazioni di piazza - ai limiti della sovversione come quella di ieri o palesemente illegali come i blocchi alle frontiere, finanziate per una quota significativa da imprenditori che hanno pagato il viaggio a Roma ai loro dipendenti “convincendoli “ a travestirsi da allevatori - inducano il Governo a premiare con altri 300miliardi a pioggia (aggiuntivi rispetto ai rimborsi Ue per l’abbattimento dei capi sopra i trenta mesi di età integrati al 100% dall’intervento nazionale e, presumibilmente, agli interventi fiscali ventilati sulla tassazione dei redditi di allevatori e macellai) interessi di parte piuttosto che gli interessi generali del Paese. I lavoratori dipendenti della filiera carne che rischiano la perdita
del loro posto di lavoro, che non hanno alcuna responsabilità nei
confronti dei consumatori e che, anzi, subiscono per primi i rischi connessi
alla lavorazione di materiale potenzialmente contaminante non possono
che rivendicare – nel pieno rispetto della legalità – gli interventi
di carattere strutturale illustrati in questo documento volti a tutelare
la sicurezza alimentare, a ristrutturare profondamente il settore, a difendere
l’occupazione e a mobilitare gli ammortizzatori sociali necessari evitando
i ritardi già verificatisi in occasione dell’epidemia di influenza
aviaria dello scorso anno.
FLAI CGIL
Giovedì 7 Dicembre 2000, 19:54 Mucca Pazza: Filiera Bovina Italiana Chiede Stato Di Crisi
Stanziati per quest'operazione 150 miliardiMucca pazza, il materiale a rischio va tutto distrutto (Dl Cdm 9.1.2001) Tutto il materiale a rischio per le encefalopatie spongiformi bovine sarà obbligatoriamente distrutto mediante incenerimento o coincenerimento. Lo prevede il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri il 9 gennaio. I titolari degli impianti sono dunque obbligati ad accettare questo materiale e le proteine animali salvo che siano esonerati dalle Regioni o dalle Province autonome per riconosciuta inidoneità degli impianti. Il provvedimento prevede anche che l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura riconosca al soggetto che assicura la distruzione di quei prodotti il compenso di 726mila lire a tonnellata. L'investimento del Governo è pari a 150miliardi di lire. (11 gennaio 2001) Decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri il 9.1.2001
(BSE - Bovine Spongiform Encephalopathy)
L'encefalopatia spongiforme bovina (la c.d.
malattia della "mucca pazza") è una malattia degenerativa del cervello
che colpisce i bovini. Si tratta di una malattia nuova (il primo caso è
stato riscontrato nel 1986), appartenente ad una famiglia di malattie che
comprende la scrapie delle pecore e delle capre, l'encefalopatia trasmissibile
del visone e una malattia cronica dell'alce.
Secondo lo stadio attuale delle conoscenze
la malattia è causata da una particella proteica in grado di replicarsi
denominata "prione". Tale particella è particolarmente resistente
al calore ed ai comuni disinfettanti.
La distribuzione geografica della malattia
è descritta in altre pagine di questo sito, ma in sintesi si può
affermare che, allo stadio odierno, essa è presente nel Regno Unito
(la stragrande maggioranza dei casi), in Svizzera, Portogallo ed Irlanda.
In tutti gli altri Paesi i casi di BSE verificatisi sono da imputarsi all'importazione
avvenuta in passato di animali dal Regno Unito.
Sebbene l'origine e la trasmissione della malattia
non siano state ancora totalmente chiarite, pare che la fonte dell'epidemia
nel Regno Unito risieda nell'ingestione di farina di carne e di ossa contaminata,
utilizzata come ingrediente di alimenti concentrati. La trasmissione sarebbe
avvenuta tramite il riciclaggio di materia prima bovina ed ovina infetta,
dalla quale si sarebbe prodotto le farine di carne ed ossa utilizzate nell'alimentazione
dei bovini. Pare, inoltre, che un cambiamento nel metodo di fabbricazione
di tali farine nel Regno Unito, con abbassamento della temperatura durante
il processo industriale, abbia provocato la vasta epidemia di BSE in corso
in tale Paese.
Mentre a tutt'oggi nessun elemento consente
di affermare con certezza la possibile esistenza di una modalità
di trasmissione orizzontale, cioè da un animale all'altro, recentemente
(01.08.1996) le Autorità del Regno Unito hanno reso pubbliche i
risultati preliminari di uno studio iniziato nel 1989, secondo il quale
esisterebbe la possibilità di trasmissione verticale, da una vacca
al suo vitello, dell'infezione. Rimane ancora da chiarire l'effettiva importanza
di tale meccanismo di trasmissione nella diffusione della malattia.
Per poter emettere la diagnosi di BSE in un
bovino occorre sacrificare l'animale, esaminando poi il suo cervello allo
scopo di rinvenire le caratteristiche lesioni. Nessun altro metodo diagnostico
alternativo è, a tutt'oggi, disponibile.
Il 20 marzo 1996 le Autorità del Regno Unito hanno rilasciato una dichiarazione secondo la quale, pur non avendo alcuna prova certa in merito, non si poteva escludere un legame tra la BSE e la malattia di Creutzfeld Jacob nell'uomo.
(CJD - Creutzfeld Jacob Disease)
La malattia di Creutzfeld Jacob è una
malattia neurologica incurabile e mortale che colpisce l'uomo. Appartiene
alla famiglia delle encefalopatie spongiformi umane, che comprende anche
il kuru (malattia che era presente in Nuova Guinea a causa dell'esistenza
di pratiche di cannibalismo). E' stata descritta la prima volta negli anni
venti ed è presente in tutto il mondo, con una incidenza di circa
un caso per milione di abitanti all'anno. Si presenta in due forme, la
CJD classica ed una nuova variante, individuata recentemente, nota come
V-CJD. La forma classica si manifesta quasi sempre nelle persone anziane
(età media 65 anni). Tra il marzo 1995 ed il gennaio 1996 nel Regno
Unito sono stati riscontrati 10 casi di una forma di malattia abbastanza
distinta dalla CJD classica, tanto da poter essere considerata una nuova
variante: la V-CJD. Tutti i pazienti erano giovani (dai 19 ai 41 anni,
con età media di 29 anni) ed il decorso della malattia era relativamente
lungo (13 mesi).
Dall'analisi dei dati concernenti i 10 pazienti
le Autorità del Regno Unito hanno concluso, il 20 marzo del 1996,
che, nonostante non vi fosse alcuna prova diretta dell'esistenza di un
legame, in base ai dati attuali, tra la BSE e la CJD, ciò non poteva
essere escluso a priori.
Da allora, un caso di V-CJD è stato
confermato in Francia e nel Regno Unito si sono riscontrati altri quattro
casi sospetti. Non sono stati individuati altri casi in nessun altro Paese.
La principale raccomandazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità in merito alle misure atte ad evitare un eventuale contagio all'uomo è stata quella di evitare che tessuti ed organi che possano contenere l'agente infettante vengano immessi nella catena alimentare umana. A tale proposito occorre far presente che gli
studi sulla trasmissione della BSE ad altri animali hanno evidenziato la
natura infettante del cervello, del midollo spinale, della retina e di
una parte dell'intestino di animali malati. Il latte ed i prodotti del
latte derivati da animali infettati dalla BSE non hanno rilevato alcuna
capacità di trasmettere la malattia.
E' da ricordare, comunque, che la Comunità
Europea, dal 1988 ad oggi, ha emanato una serie di norme per tutelare la
salute umana ed animale dall'infezione, tra le quali:
DICHIARAZIONE DI GIORDANO GIOVANNINI Segretario Regionale FLAI-CGIL Emilia Romagna La vicenda “Mucca Pazza” impone scelte coraggiose ed innovative per
garantire i consumatori, le imprese ma anche i lavoratori del settore
La sicurezza alimentare umana è il punto cardine del formidabile
scontro attuale tra i fautori di un’indiscriminata produzione agroindustriale
e i sostenitori del principio di precauzione.
- il Governo italiano ad assumere immediatamente le necessarie misure
di intervento ed a verificare e rendere nota la situazione effettivamente
esistente in Italia, sulla quantità delle aziende che praticassero
tali usi, sul volume e sulle caratteristiche delle produzioni di queste
aziende, sulla provenienza, caratteristiche e quantitativi delle farine
usate;
Roma 8 novembre 2000
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Bruxelles, 15 novembre 2000
Principale legislazione dell'UE sull'ESB L'elenco è una rassegna della principale legislazione dell'Unione europea (UE) sull'Encefalopatia spongiforme bovina (ESB), come pure dei principali elementi delle decisioni. Una rassegna cronologica completa di tutta la legislazione sull'ESB è disponibile all'indirizzo internet: http://europa.eu.int/comm/food/fs/bse/index_en.html Decisione 89/469 28 luglio 1989 (bestiame vivo Regno unito)
Decisione 90/134 6 marzo 1990 (notifica di ESB)
Decisione 90/200 9 aprile 1990 (prodotti Regno Unito)
Decisione 94/381 27 giugno 1994 (divieto di mangimi)
Decisione 94/382 27 giugno 1994 (Lavorazione di resti di ruminanti)
Decisione 96/239 27 marzo 1996 (embargo nei confronti del Regno Unito)
Decisione 96/449 18 luglio 1996 (lavorazione di rifiuti provenienti
da mammiferi)
Decisione 98/256 16 marzo 1998 (parziale abrogazione dell'embargo
nei confronti del Regno Unito - ECHS)
Decisione 98/272 23 aprile 1998 (sorveglianza epidemiologica di tutte
le EST)
Decisione 98/653 18 novembre 1998 (embargo nei confronti del Portogallo)
Decisione 98/692 25 novembre 1998 (parziale abrogazione dell'embargo
nei confronti del Regno Unito - DBES)
Decisione 99/514 23 giugno 1999 (data di spedizione di carne e prodotti
a base di carne DBES)
Decisione 2000/374 5 giugno 2000 (rafforzamento della sorveglianza
mediante test rapidi)
Decisione 2000/418 29 giugno 2000 (Materiali a rischio specifico
- MRS)
Proposta 19 ottobre 2000 (scorte di cui sono scaduti i termini)
© Comunità europee, 1995-2000
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CONFERENZA STAMPA FLAI CGIL E FEDERCONSUMATORI |
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