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Se una mucca mangiasse carne, gli acidi urici, andrebbero direttamente al cervello facendola impazzire.
(Rudolf Steiner 1923)
DOSSIER MUCCA PAZZA

NUMERO CASI DI ENCEFALOPATIA SPONGIFORME BOVINA NEL MONDO AGGIORNAMENTI CONTINUI
FONTE:
OFFICE INTERNATIONAL DES EPIZOOTIES


 
BSE: Cosa è la Encefalopatia Spongiforme
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Convegno nazionale Flai Cgil

MUCCA PAZZA: qualità e controlli per garantire i consumatori, sviluppare e tutelare il lavoro”

Modena, 5 marzo 2001
 

Relazione di Giancarlo Battistelli Segretario nazionale della Flai Cgil

Apriamo questo nostro convegno nazionale ringraziando tutti  i partecipanti che hanno risposto al nostro invito.
Quando, qualche settimana fa abbiamo cominciato ad organizzare questo convegno, abbiamo iniziato a nutrire una speranza, quella di arrivare a questo appuntamento con una soluzione acquisita per i lavoratori, grandi dimenticati in tutta la fase di costruzione del decreto n° 8 l’ultimo sulla BSE, come se nel settore il lavoro fosse svolto solo da proprietari.
Fortunatamente ad un certo punto, ma dobbiamo forse dire grazie alla tenacia e all’insistenza soprattutto nostra, della FLAI CGIL, che da qualche mese abbiamo richiamato più volte questa esigenza e svolgendo iniziative su questo tema, con incontri specifici e proponendo documenti di valutazione sul settore, fino alla maturazione di una proposta unitaria di FAT FLAI UILA sottoposta al Governo che chiedeva un intervento anche verso i lavoratori dipendenti. 
Finalmente, possiamo dire giovedì scorso, presso la Presidenza del Consiglio, si è tenuta la prima riunione fra le categorie dell'agroindustria Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil e un concerto di Ministri (Lavoro, Agricoltura, Industria) coordinato dal Ministro delle Politiche Comunitarie On. Gianni Mattioli.
Nell'incontro abbiamo finalmente acquisito la disponibilità del Governo ad affrontare e risolvere i problemi occupazionali e salariali dei lavoratori dipendenti coinvolti nella crisi "mucca pazza". Questa disponibilità si concretizzerà oggi, lunedì 5 marzo, quando il Governo incontrerà di nuovo - presso il Ministero delle Politiche Agricole - le organizzazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil, per sciogliere i problemi tecnici legati alla scelta dello strumento legislativo adeguato per introdurre i benefici previsti per i lavoratori.
Mentre resta da attivare, secondo noi, il confronto con il Ministero della Sanità in ordine al problema della sicurezza dei lavoratori addetti al settore in particolare nella macellazione.
L’orientamento che abbiamo espresso, per un primo intervento di emergenza da inserire nel decreto in discussione si articolava in due punti, un primo punto da inserire, rappresentato dal vincolo di rispetto dei contratti collettivi di lavoro in vigore nei rispettivi settori, un secondo punto legato a questa prima fase di emergenza  garantendo a tutti i lavoratori della filiera, dai mangimifici fino al lavoro sulla distribuzione dei prodotti, un intervento di Cassa integrazione guadagni straordinaria per un periodo di 12 mesi prorogabile.
Tale provvedimento deve valere anche per lavoratori a tempo determinato e soci lavoratori dipendenti delle cooperative, occupati nella filiera.
Abbiamo richiamato, allo scopo, il decreto già fatto un anno fa sulla crisi derivata dalla influenza aviare.
Ricordando però, che non basta il decreto e che nel settore aviare stanno ancora aspettano.
È un primo risultato che valutiamo positivamente auspicandoci che non intervengano impedimenti in fase realizzativa.
Stavamo ormai rassegnandoci visto il punto a cui eravamo arrivati, la quasi approvazione definitiva del decreto in essere e soprattutto una certa indifferenza generalizzata verso i lavoratori della filiera, anche da parte di soggetti e associazioni interne al settore stesso.
La sensazione che abbiamo avuto, e vogliamo dirla, è che si aveva, si ha, paura che aprire questa discussione sui lavoratori, vada a mettere in discussione l’impalcatura costruita sulle disposizioni e le modifiche contrattuali introdotte anche con la 602.
Ma signori, non si può negare l’evidenza, in parte si è già messa in discussione da sola, un settore in cui il mercato del lavoro è destrutturato non da certo garanzie di professionalità e sicurezza, e al primo colpo di vento come oggi, lascia tutti in difficoltà.
Noi riteniamo di non essere animati da uno spirito di restaurazione che prescinda da tutto, anzi noi della Flai e della CGIL abbiamo affermato in questi anni una azione coerentemente riformista, da tempi non sospetti.
Siamo consapevoli delle difficoltà e delle esigenze, ma è senza prospettiva per il settore, e quel che è peggio, per il nostro Paese, ritenere di scaricare le contraddizioni del sistema sui lavoratori, sempre meno dipendenti, ma senza garanzie sociali, anche, sempre più soli e disoccupati. 
Sembra quindi avviata a positiva soluzione la prima fase del confronto con il Governo. 
Confronto che, come richiesto nella riunione di giovedì scorso, si articolerà, successivamente, sulla valutazione degli interventi necessari per la riorganizzazione dell'intera filiera in vista anche dell'approvazione delle deleghe relative alla Legge di Orientamento Agricola.
Non sono sufficienti, infatti, secondo noi. La Flai CGIL, ne il Decreto n.8 del 14 febbraio, ne qualche sporadico provvedimento a favore del biologico, ne l'iniziativa pubblicitaria sulla salubrità delle razze nazionali per garantire ai cittadini e, in particolare, a lavoratori e pensionati, di poter mangiare carne sicura a prezzi accettabili: prezzi che devono essere certamente inferiori rispetto alle 50-70.000 al chilo della carne biologica o comunque garantita.
E inoltre se si pensa ad un settore veramente sicuro, risanato, credibile, dalle fondamenta fino al tetto, e non  come qualche volta è già avvenuto, si ritocca solo la facciata e si vende fumo, magari biologico.
Riconvertire la filiera della carne bovina e, più in generale, l’intera zootecnia europea e nazionale, richiede capacità di programmazione, risorse, strumenti organizzativi adeguati.
Ma questo obiettivo deve essere fin da oggi dichiarato ed impostato, in Europa come a livello nazionale, in tutti i suoi aspetti anche se ci troviamo alla fine della legislatura.
Impostare questo obiettivo, a partire dalla legge di Orientamento, è un atto dovuto verso i cittadini che non sono preda di paure irrazionali ma pretendono chiarezza e trasparenza seppure nella gradualità.
Una gradualità tecnicamente necessaria rispetto alla quale non può essere privilegiata l'assenza di programmazione e il tradizionale intervento assistenziale.
Dobbiamo convincerci che il rimedio parziale, un intervento solo di tamponamento, può essere un cattivo investimento sul futuro, quasi peggiore del male, se il risultato che ne esce è una filiera uguale a quella di prima della esplosione della crisi BSE.
Perché la crisi BSE, è, non solo nel nostro Paese, anche il frutto di quel comparto, di quelle contraddizioni.
Anche gli ammortizzatori sociali per i lavoratori e la sicurezza sul lavoro, che sono un atto dovuto, vanno letti in questa ottica, si pone con drammaticità, come la FLAI aveva già sottolineato al Presidente del Consiglio e al Governo, anche per il lavoro dipendente, l'esigenza di superare l'ottica degli interventi assistenziali di emergenza, per ridare al settore una competitività fondata sulla qualità, sulla sicurezza alimentare, sulla trasparenza e sulla tracciabilità e per evitare conseguenze catastrofiche sul piano sociale, economico e dell'occupazione.
Le somme stanziate dai decreti e dalle disposizioni sanitarie che il Governo ha emanato, mentre costituiscono un impegno ingente e non del tutto lineare per l'emergenza, a partire dal prezzo di indennizzo stabilito per il rinnovo del bestiame e gli abbattimenti,rimangono non finalizzate in mancanza di una esplicita decisione di procedere verso politiche strutturali di ben più ampia consistenza.
Inoltre i costi aggiuntivi, debbono essere ancora quantificati in termini di minori introiti fiscali e contributivi.
Politiche che devono riorganizzare il settore e il suo mercato del lavoro talmente destrutturato da costituire esso stesso un impedimento alla sicurezza alimentare.
Queste politiche richiedono una concertazione vera che coinvolga i lavoratori così come tutti gli operatori della filiera, partendo dai  mangimifici fino alla tavola, a questo proposito, abbiamo già consegnato al Governo il 30 gennaio u.s. un nostro documento contenente alcune proposte per la ristrutturazione della filiera e la formazione e qualificazione dei lavoratori addetti. 
Documento sul quale riteniamo necessario un approfondimento e una discussione, vorremmo che questa opportunità che ci siamo conquistata nei confronti del Governo non venga resa inutile.
Questo convegno è una prima occasione per noi e per coloro i quali hanno inteso aderire all’iniziativa per confrontare le idee su come costruire un processo di riorganizzazione su tutta la filiera.
Con questo incontro e con il risultato raggiunto, si chiude la prima fase, quella della definizione sull’emergenza, mentre, ora anche a fronte della disponibilità dichiarate del Governo di aprire un tavolo di verifica sul settore, ci proietta in una seconda fase, quella degli interventi strutturali.
Tale esigenza non siamo solo noi ad evidenziarla, anche le stesse organizzazioni dei produttori agricoli, in alcuni studi da loro elaborati, hanno evidenziato con forza questa necessità.
Noi riteniamo che il settore ha diversi punti di debolezza strutturale, se lo confrontiamo con il resto dell’Europa.
la ristrutturazione in questi anni è stata iniziata come nel resto degli altri paesi Europei,  ma poi il processo da noi si è arrestato con un equilibrio ancora non sufficiente e non allineato a ciò che è poi avvenuto negli altri Paesi.
Si è prodotta così una nuova situazione che vede convivere insieme momenti produttivi di eccellenza ed efficienza qualitativa e quantitativa e momenti di profonda arretratezza per tipo di organizzazione che per dimensioni delle aziende.
La ricerca del prezzo più basso, che non va dimenticato ha anche consentito nell’alimentazione  un consumo di massa della carne, ha avuto però un effetto sul mercato finale non tutto positivo.
Soprattutto in quei casi dove per stare dentro certi prezzi si è abbassato il livello di garanzia e sicurezza o dei lavoratori o degli animali allevati, e mi sembra del tutto superfluo il bisogno di fare degli esempi.
IL peso del settore nel nostro paese, alcuni numeri per definirlo.
L’Italia, in Europa  è il terzo produttore di carne bovina dopo la Francia e la Germania.  Se visualizziamo le cifre di riferimento troviamo che la zootecnia ricopre un ruolo nazionale non marginale restando un settore chiave per l’agricoltura italiana.
Su 65.000 miliardi di produzione lorda vendibile dell’agricoltura, la zootecnia ne rappresenta il 38% con 25.000 miliardi, di cui 10.000 miliardi per la zootecnia da latte, 5.800 miliardi di bovini, 4.000 miliardi di suini, 3.500 miliardi di avicoli, altre produzioni zootecniche forniscono 2.000 miliardi.
Il consumo di carne bovina nel nostro paese ha ormai raggiunto la sua maturità attestandosi ad un volume pro capite di 24 kg, 29% dei consumi totali di carne, sempre più in linea con gli standard Europei.
Il valore generale del consumo di carne fa registrare ormai un indice in leggera diminuzione, se guardiamo infatti i consumi negli ultimi 30 anni troviamo che dagli anni settanta dove il consumo si attestava intorno ai 54 kg, siamo passati agli 81 kg della fine degli anni 80, si è poi raggiunto il punto più alto di consumo con 83 kg nel 1998, ma per poi riscendere agli 82 kg del 2000, oggi la tendenza è in calo.
La struttura dei mangimifici in questi anni si è fortemente concentrata, 8 aziende realizzano il 45% della produzione, un solo operatore controlla il 19% del mercato.
Ne è derivata una notevole forza contrattuale che si riflette sul resto della filiera.
La situazione negli allevamenti si presenta molto più diversificata, dove numerosi allevamenti di piccole dimensioni coesistono con poche grandi strutture a carattere industriale
Ci sono 105.000 allevamenti per 7 milioni e 184 mila capi allevati, solo il 13% degli allevamenti ha oltre 100 capi allevati, mentre le prime 500 aziende coprono il 30% del fatturato del comparto che è di 6.708 miliardi questi dati sono riferiti al 1999.
C’è una linea di tendenza comunque negli ultimi anni che si sta affermando e che va nella direzione di una crescita delle dimensioni medie delle aziende e un calo rispettivo nel numero degli allevamenti.
La fase della macellazione evidenzia le carenze strutturali più marcate perché oltre agli aspetti competitivi produttivi si aggiungono anche gli aspetti della sicurezza alimentare una situazione che si discosta molto dagli standard fissati per il comparto a livello Europeo, sia qualitativi che igienici.
Nel settore sono stati macellati nel 1999 4 milioni e 496 mila capi per 1 milione e 165 mila tonnellate prodotte, questa produzione è stata realizzata con 2.700 impianti di macellazione attivi.
La macellazione si concentra per l’80% sul vitello e vitellone, le tre aziende più grandi fatturano da sole il 12% del settore, ci sono occupati oltre 10.200 addetti.
La maggior parte degli impianti di macellazione bovina di dimensioni superiori ai 6.000 capi per anno si trova in Emilia, Veneto e Lombardia. Il 73% dei capi è macellato in sole 4 Regioni:
Lombardia (19%), Veneto (23%), Emilia-Romagna (18%) e Piemonte (13%). Solo 10 macelli hanno dimensioni industriali europee e assorbono da soli il 22% delle macellazioni.
La struttura della macellazione presenta un forte livello di arretratezza dovuto alla eccessiva polverizzazione degli operatori e la dimensione della capacita produttiva aziendale, caratterizzata da aziende che operano solo in ambito locale.
Solo il 15% degli impianti nazionali ha una capacità di tipo industriale, è a norma CEE, sono adeguati alla normativa igienico sanitaria dell’Unione Europea ed hanno una capacità produttiva illimitata, operano sul contesto internazionale.
Mentre il restante 85% degli impianti, operano in deroga permanente riguardo alla normativa igienico sanitaria, hanno una capacità operativa limitata, operano solo nel contesto nazionale o territoriale. 
La razionalizzazione che è in atto nel comparto della macellazione è in atto e si caratterizza con una crescita degli impianti industriali a dimensione maggiore.
Negli impianti più moderni, ed è ciò che occorre, il livello della automazione è elevato, il disosso e il sezionamento sono le fasi più automatizzate, hanno strutture interne di controllo come laboratori, e questo garantisce standard igienico sanitari più elevati.
Inoltre anche sulla tracciabilità del prodotto questi macelli più moderni danno più garanzia avendo introdotto sistemi di codici a barre per riconoscere gli animali. 
Negli altri paesi europei il processo di concentrazione e di ristrutturazione è andato più avanti, ci sono un numero molto più basso di strutture di macellazione, mentre  il bollo CEE lo troviamo nella totalità dei macelli in Olanda, Irlanda, Germania, Danimarca, mentre in Francia c’è nell’80% delle strutture.
Per capacità di macellazione capi-anno l’Olanda è il primo paese mentre solo tre imprese italiane sono a quel livello.
A questo quadro già esistente e non esaltante, si va ad aggiungere l’attuale problema sulla BSE, che amplifica i problemi aggravando ancora di più la situazione della filiera.
Per questo siamo convinti della necessita di un intervento complessivo di tipo strutturale, favorito ed orientato anche da strumenti legislativi. 
In questo quadro ribadiamo che gli interventi di sostegno economico e finanziario, che saranno predisposti, devono essere finalizzati a reali politiche di innovazione, razionalizzazione e sviluppo per le quali è necessaria una programmazione pluriennale e il reperimento di ingenti risorse.
Le risposte complessive dovranno essere coerenti con i problemi legati alla sicurezza alimentare che inducono la necessita di maggiori investimenti sia nel rispetto delle norme igienico sanitarie nella produzione che al rispetto dei lavoratori soprattutto quelli della macellazione oggi soggetti anche al rischio del contatto con le parti degli animali destinate alla distruzione, per i quali vanno definite con urgenza nuove pratiche operative e protezioni da utilizzare.
La competitività subirà una accelerazione in relazione allargamento dei mercati verso i paesi PECO, si avranno ancora tensioni sui prezzi soprattutto nel nostro paese dove il consumo nazionale fa già ricorso alle importazioni per il 50% del fabbisogno nazionale.
Inoltre i consumi sono previsti in calo per i prossimi anni, ai quali vanno aggiunte le esigenze dei consumatori, sicuramente oggi più sensibili ai problemi della qualità e della sicurezza.
La riorganizzazione è quindi una necessità anche sotto il profilo produttivo per realizzare un grado di competitività maggiore, in sicurezza ed a costi accettabili dal mercato. 
Nel documento da noi elaborato già in precedenza abbiamo evidenziato una serie di punti e proposte che possono tramutarsi in altrettanti obiettivi da raggiungere per risanare tutta la filiera e che vogliamo qui riproporre.
- Occorre procedere ad una mappatura completa dei mangimifici, ed ad una valutazione sulla congruità delle linee di produzione in rapporto alla salute alimentare, al monitoraggio del commercio di farine e mangimi in entrata ed in uscita dal Paese.
- Occorre valutare i tempi e gli investimenti necessari per escludere definitivamente le farine animali dall'alimentazione di ogni specie.
- Occorre recepire nell'ordinamento sanzioni adeguate per chiunque introduca nella catena alimentare sostanze nocive alla salute umana compresi ormoni e antibiotici.
- Occorre favorire ed incentivare, anche utilizzando le significative risorse europee per lo sviluppo rurale, modalità di allevamento funzionali alla qualità.
- Vanno promossi marchi di qualità del bestiame per favorire la tracciabilità sull'intera filiera per una maggiore remunerazione degli allevamenti.
- Vanno definite le modalità per il progressivo rinnovamento del parco bestiame nazionale e per il recupero delle razze nazionali.
- Sono da incentivare le riorganizzazioni produttive che anticipano il sistema della tracciabilità, elemento di garanzia sulla salubrità, igienicità e tipicità dei prodotti.
- Va favorita la concentrazione e l'aumento della dimensione aziendale per i macelli, riequilibrando la loro dislocazione per aree di produzione e per circoscrizione geografica, in coerenza con chi ha gia effettuato interventi in questi anni con investimenti sulle nuove tecnologie.
- Vanno recuperati i processi di destrutturazione del settore avvenuti attraverso l'esternalizzazione e la pratica degli appalti illeciti, processi che hanno prodotto anche meccanismi di concorrenza sleale fra le imprese e una disarticolazione del sistema di tutele e di diritti ( contrattuali e di legge) dei lavoratori occupati.
- Va escluso da ogni provvidenza pubblica chi non abbia rispettato le leggi e i contratti e ha alimentando la non trasparenza delle retribuzioni, con un forte aumento del lavoro pagato in nero con quote, in alcuni casi, fino al 50% della retribuzione. 
- La sicurezza alimentare e il rispetto delle regole contrattuali devono costituire capisaldi irrinunciabili di una politica strutturale del settore che miri alla qualità, alla trasparenza, alla reale tutela del consumatore.
- Va favorita, anche nel segmento della filiera a valle delle attività di allevamento, una più equilibrata catena del valore che oggi penalizza i produttori ed il prodotto a favore della Grande Distribuzione Organizzata che considera la carne come "prodotto civetta". 
- Ciò si può realizzare puntando su nuovi prodotti con più alto valore aggiunto (dai macelli esce oggi il 75% di carne con osso,  sviluppando i porzionati, i preparati e i servizi) vanno quindi promossi e sostenuti anche al fine di una maggiore leggibilità dei prezzi al consumo in particolare per tutelare le fasce di consumatori caratterizzate da redditi medio - bassi.
- Vanno migliorati i monitoraggi ed i controlli, sia istituendo l’Agenzia Italiana per la Sicurezza Alimentare che coordini le politiche di prevenzione, qualità e sicurezza degli alimenti, sia attraverso un potenziamento ed un maggior coordinamento delle competenze tra Ministeri ed autorità locali in modo da stroncare importazioni clandestine, frodi alimentari e commerci illeciti.
- Vanno previsti per tutti i lavoratori interventi mirati a garantire la sicurezza personale nei luoghi di lavoro, nei mangimifici, nei macelli, come negli allevamenti. 
- Vanno previsti finanziamenti per costruire progetti di ricerca sugli eventuali nuovi rischi per la salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro. 
- Occorre prevedere un programma straordinario di formazione professionale per sostenere le modalità di allevamento adeguate a garantire la salubrità della carne e un trattamento corretto del bestiame.
La formazione è inoltre necessaria per elevare gli standard qualitativi e quelli sulla sicurezza alimentare anche attraverso l’anagrafe bovina, della certificazione e della tracciabilità, assieme alle innovazioni impiantistiche ed organizzative per consentire di adeguare le competenze professionali sulle nuove pratiche operative.
- Va chiarito definitivamente il possibile uso delle carcasse degli animali abbattuti e dei rifiuti di macellazione prevedendo i controlli e i potenziamenti necessari per il loro smaltimento. 
Questi sono alcuni obiettivi necessari per tentare di affrontare organicamente la crisi in atto.
Del resto molte sono le contraddizioni che si sono aperte dentro questa crisi, fino ad oggi, molto tempo è stato utilizzato, prima per negare poi per individuare soluzioni parziali poi ancora per individuare alternative produttive magari provenienti da prodotti derivanti da ogm.
Siamo arrivati al punto paradossale ( ma mica poi tanto ) che oggi la carne è la cosa almeno sicuramente più controllata di tutto il resto dei prodotti alimentari.
Ciò è un bene, in quanto l’evidenza del problema c’è, ci sono mucche malate, è un bene che vengano intercettate dal sistema di controllo e quindi tolte dalla catena alimentare, dobbiamo convincerci che ciò è positivo, testimonia che il sistema di controllo funziona.
Ora occorre risanare tutta la filiera estirpando completamente la BSE.
Non servono atteggiamenti irrazionali od emotivi occorre intervenire con razionalità ed onestà, riorganizzando anche un forte e credibile sistema di controllo autonomo che deve restare  il perno centrale di tutto il sistema.
Solo così i consumatori potranno riacquistare la fiducia in questo caso sul prodotto carne bovina.
Possiamo capire il dramma di molti allevatori che vedono a rischio tutto il proprio allevamento nel momento in cui è stato trovato un animale malato.
Ma basta pensare un solo momento cosa può avvenire con la tracciabilità degli animali chi comprerà mai più un animale che  proviene da quell’allevamento? I consumatori è vero che molte volte sono distratti ma certamente non su tutto e non si può scommettere sulla loro memoria.
Per raggiungere l’obiettivo di un risanamento e rilancio, occorre però mettere mano alla ristrutturazione della filiera, ciò avrà un costo, ne siamo consapevoli, anche sociale ed occupazionale, anche di questo siamo consapevoli.
Siamo altresì consapevoli però che se la ristrutturazione verrà affrontata con strumenti economici e anche sociali i prezzi che saranno pagati potranno essere in futuro riassorbiti da una ripresa del comparto stesso.
Alternative non ne vediamo se non un lento declino anche in questa filiera.
La graduale nostra fuoriuscita dal mercato sarà rimpiazzata dai paesi emergenti, mentre le altre aziende Europee che precedentemente si sono ristrutturate, saranno in grado di difendere comunque il loro spazio di mercato, è una scena gia vista nel nostro paese in questi anni con oggetto altri settori industriali.
Noi vorremmo che al declino non ci arrendiamo e rispondiamo con proposte di rilancio.
Noi siamo qui disponibili, la CGIL è disponibile, lo abbiamo detto e lo confermiamo. 
Ora aspettiamo anche una conferma da parte degli altri.
Queste posizioni della FLAI sono condivise dall'intera CGIL, e questo potrà emergere anche dal Convegno nazionale sulla sicurezza alimentare organizzato dalla CGIL e dalla FLAI per il 15 marzo prossimo a Roma.

Modena 5 Marzo 01
 

 

Consiglio dei Ministri n. 50 del 7 febbraio 2001 Provvedimenti  Emergenza BSE
Il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto-legge con il quale viene istituito un fondo per l’emergenza BSE dotato di 300 miliardi per interventi diretti a fronteggiare l’emergenza che continua a coinvolgere l’intero settore della zootecnia, interessato da una forte caduta della domanda.
Il decreto appresta le risorse necessarie per i seguenti interventi:
a) dare attuazione al Regolamento comunitario che prevede un regime di acquisto e successivi abbattimento e distruzione dei capi bovini di età superiore ai 30 mesi;
b) assicurare l’agibilità degli allevamenti compromessi dalla prolungata permanenza dei capi in stalla e garantirne idonee condizioni igienico-sanitarie accettabili; viene previsto in proposito un intervento pari a lire 450.000 per capo di età inferiore a 30 mesi;
c) favorire il riavviamento delle aziende zootecniche colpite da BSE prevedendo una indennità pari a lire un milione per ogni capo riacquistato;
d) finanziare la distruzione di materiali specifici tra cui la colonna vertebrale;
e) prevedere un concorso pari a lire 240.000 nelle spese determinate dalla perdita di capi per cause accidentali.
Sono disposte per il settore zootecnico ulteriori agevolazioni quali la sospensione dei termini tributari e previdenziali, nonché l’attivazione di contributi in conto interessi su mutui contratti per consolidare esposizioni debitorie per migliorare la qualità degli allevamenti rispetto al benessere animale e alle certificazioni delle produzioni nonchè le condizioni igienico-sanitarie e produttive degli stabilimenti di macellazione in possesso della certificazione CEE, con particolare riguardo al rinnovo degli impianti tecnologici, compresi quelli di smaltimento dei residui delle lavorazioni. A tale scopo è stato autorizzato un limite di impegno per 20 miliardi di lire.
I contributi disposti non sono concessi qualora il beneficiario sia incorso in violazioni di norme relative all’alimentazione, alla identificazione e al trattamento terapeutico dei capi bovini.
Particolare rilievo riveste la decisione di procedere alla distruzione completa, mediante incenerimento, di tutte le farine animali, incluse quelle a basso rischio, al fine di eliminare completamente la possibilità di un loro utilizzo per l’alimentazione zootecnica.
Il Governo ha anche deliberato un inasprimento delle sanzioni sino a giungere, nei casi nei quali si determinino pericoli per la salute, alla definitiva chiusura dell’azienda. Il ricavato delle sanzioni amministrative sarà destinato alla linea vacca-vitello, all’allevamento biologico ed alle razze tipiche.
E’ prevista, infine, l’istituzione di un Consorzio obbligatorio per la raccolta e lo smaltimento dei residui da lavorazione degli esercizi commerciali al dettaglio operanti nel settore della vendita delle carni.
 
 

DECRETO-LEGGE 14 febbraio 2001, n. 8. - Ulteriori interventi urgenti per
fronteggiare l'emergenza derivante dall'encefalopatia spongiforme bovina.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione [1];

Vista la decisione 2000/418/CE della Commissione, del 29 giugno 2000;

Vista la decisione 2000/766/CE del Consiglio del 4 dicembre 2000;

Visto il regolamento (CE) n. 2777/2000 della Commissione, del 18 dicembre 2000;

Vista la decisione 2001/2/CE della Commissione del 27 dicembre 2000;

Visto il decreto-legge 11 gennaio 2001, n. l;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure per fronteggiare l'emergenza determinata dal fenomeno dell'encefalopatia spongiforme
 bovina;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 7 febbraio 2001;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro delle politiche agricole e forestali e del Ministro della sanità, di concerto
con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con il Ministro dell'ambiente, con il Ministro per le politiche comunitarie
 e con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale;

E M A N A
 

il seguente decreto-legge:

Articolo 1

Fondo per l'emergenza BSE

1. Al fine di assicurare la realizzazione di interventi urgenti diretti a fronteggiare l'emergenza nel settore zootecnico, è istituito un Fondo,
denominato: "Fondo per l'emergenza BSE", con dotazione pari a lire 300 miliardi per l'anno 2001, da iscrivere in apposita unità previsionale di base
dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

2. Le disponibilità del Fondo sono destinate al finanziamento di:

a) interventi a carico dello Stato, anche riferiti al peso delle carcasse, per la macellazione, il trasporto e lo smaltimento di bovini di età
superiore a trenta mesi, abbattuti ai sensi del regolamento (CE) n. 2777/2000 della Commissione del 18 dicembre 2000;

b) interventi per assicurare, in conformità all'articolo 87, comma 2, lettera b), del Trattato istitutivo dell'Unione europea, l'agibilità degli
impianti di allevamento compromessa dell'imprevista permanenza dei capi in azienda e per evitare l'interruzione dell'attività agricola ed i
conseguenti danni economici sociali, nonché per garantire il benessere degli animali. A tale fine viene erogato, a titolo di compensazione, un
indennizzo di L. 450.000 per capo di età non superiore a trenta mesi, da corrispondere previa attestazione dell'avvenuta macellazione del bovino
detenuto in azienda per almeno cinque mesi;

c) indennità per il riavviamento di aziende zootecniche nelle quali si sia verificato l'abbattimento di capi bovini a seguito della rilevazione
positiva di presenza di encefalopatia spongiforme bovina nell'azienda medesima. L'indennità è fissata in lire un milione per ogni bovino riacquistato,
 sino al massimo di 500 milioni per ogni azienda;

d) contributi per la distruzione di materiali specifici a rischio, inclusa la colonna vertebrale di bovini con età superiore a 12 mesi;

e) un indennizzo, pari a L. 240000 a capo, corrisposto per bovini morti in azienda da avviare agli impianti di pretrattamento e successiva
distruzione, a copertura dei costi di raccolta e trasporto.

3. In sede di prima applicazione, il Fondo è, in via provvisoria, e con riferimento alle lettere di cui al comma 2, così ripartito:

lire 50 miliardi;
lire 51 miliardi;
lire 1 miliardo;
lire 48 miliardi;
lire 5 miliardi.
Con successive determinazioni, adottate dal commissario straordinario del Governo per il coordinamento dell'emergenza conseguente alla encefalopatia
spongiforme bovina, d'intesa con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, delle politiche agricole e forestali e della
sanità, sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede alle
ulteriori ripartizioni, sulla base delle effettive esigenze, tra i vari interventi di cui al presente articolo.

4. L'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, di seguito denominata: "Agenzia", è incaricata della erogazione dei finanziamenti, secondo le modalità
stabilite dal presente articolo, sia in sede di prima applicazione, sia successivamente, in conformità alle determinazioni adottate dal commissario
straordinario del Governo.

A tal fine, il Fondo di cui al comma 1 è versato, nel rispetto delle norme sulla tesoreria unica, al bilancio dell'Agenzia stessa ed erogato secondo
le norme stabilite dal proprio regolamento di amministrazione e contabilità.

5. L'Agenzia provvede alla rendicontazione delle spese secondo le indicazioni fornite dal Ministero del bilancio e della programmazione economica, di
concerto con il Ministero della sanità e con il Ministero delle politiche agricole e forestali.

6. L'Agenzia può avvalersi del Corpo forestale dello stato e del reparto speciale dell'Arma dei carabinieri per la tutela delle norme comunitarie e
agro-alimentari, nonché della Guardia di finanza, per l'effettuazione dei controlli sulle operazioni previste dal comma 2.

7. L'Agenzia presenta ogni trenta giorni al commissario straordinario del Governo, al Ministro delle politiche agricole e forestali, al Ministro della
 sanità ed al Ministro dell'ambiente una relazione sullo stato di attuazione degli interventi previsti dal presente decreto.

8. L'Agenzia provvede all'incenerimento o al coincenerimento delle proteine animali trasformate destinate all'ammasso pubblico di cui all'articolo 2
del decreto legge 11 gennaio 2001, n. 1 [2], predisponendo a tale scopo uno specifico programma operativo.

Articolo 2

Agevolazioni

1. Il Ministro delle finanze, avvalendosi dei poteri di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, in materia di statuto dei
diritti del contribuente, dispone a favore degli allevatori dei bovini, delle aziende di macellazione e degli esercenti di attività di commercio
all'ingrosso e al dettaglio di carni, colpiti dagli eventi verificatisi a seguito dell'emergenza causata dall'encefalopatia spongiforme bovina (BSE)
la sospensione o il differimento dei termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti tributari. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.

2. Nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, sono sospesi per sei mesi, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i
pagamenti di ogni contributo o premio di previdenza ed assistenza sociale, ivi compresa la quota a carico dei dipendenti. Il versamento delle somme
dovute e non corrisposte per effetto della predetta sospensione avviene senza aggravio di sanzioni, interessi o altri oneri.

3. Sulla base degli elementi rilevati dalla dichiarazione modello unico 2001, sono adeguati gli studi di settore applicabili, a partire dal periodo
d'imposta in corso al 31 dicembre 2000, nei confronti dei contribuenti interessati dagli eventi verificatisi a seguite, dell'emergenza encefalopatia
spongiforme bovina (BSE). Resta fermo quanto previsto dall'articolo 10, comma 8, della legge 8 maggio 1998, n. 146 [3].

4. Considerata la situazione di emergenza della filiera zootecnica, con particolare riferimento agli allevamenti bovini, agli stabilimenti di
macellazione, all'industria di trasformazione di carne bovina e agli esercizi di vendita al dettaglio in via esclusiva o prevalente di carne bovina o
di prodotti a base di carne bovina, è autorizzato un limite di impegno pari a lire 20 miliardi per l'anno 2001, da destinare a contributi in conto
interesse su mutui di durata non superiore a 10 anni, contratti da parte delle predette imprese, con onere effettivo a carico del mutuante pari
all'1,5 per cento. Una quota del cinquanta per cento del predetto limite di impegno è riservata a mutui contratti per l'adeguamento degli allevamenti
bovini in conformità alla disciplina comunitaria in materia di benessere animale, rintracciabilità e qualità, nonché per il miglioramento
igienico-sanitario e produttivo degli stabilimenti di macellazione in possesso di bollo CE, di cui all'articolo 13 dei decreto legislativo 18 aprile
1994
 n. 286, con particolare riferimento al finanziamento di impianti tecnologici, ed in particolare di smaltimento, da installare o in corso di
installazione all'interno degli stabilimenti medesimi.

La residua quota del cinquanta per cento è destinata a mutui contratti per il consolidamento di esposizioni debitorie in corso alla data di entrata in
 vigore del presente decreto.

5. Le modalità, i criteri ed i parametri da utilizzare per la ripartizione e l'erogazione dei benefici di cui al comma 4 sono stabiliti con circolare
del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, da adottare entro
venti giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreta. Per quanto riguarda la quota destinata al miglioramento tecnologico e qualitativo,
sono considerati comunque criteri selettivi l'incidenza sul fatturato dei costi fissi e degli ammortamenti ed oneri finanziari, il numero dei
dipendenti, nonché il numero dei capi macellati o allevati nell'anno 2000.

Articolo 3

Modificazioni della legge 15 febbraio 1963, n. 281

1. L'articolo 22 della legge 15 febbraio 1963, n. 281, è sostituito dal seguente:

"Art. 22. - 1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto terzi o,
comunque, per la distribuzione per il consumo, prodotti disciplinati dalla presente legge non rispondenti alle prescrizioni stabilite, o risultanti
all'analisi non conformi alle dichiarazioni, indicazioni e denominazioni, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da L. 3.000.000 a L.
30.000.000.

2. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque vende, pone in vendita, mette altrimenti in commercio o prepara per conto terzi o, comunque, per la
distribuzione per il consumo, sostanze vietate è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da L. 30.000.000 a 120.000.000.

3. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto terzi o, comunque, per la
 distribuzione per il consumo, prodotti contenenti sostanze di cui è vietato l'impiego o con dichiarazioni, indicazioni e denominazioni tali da trarre
 in inganno l'acquirente sulla composizione, specie e natura della merce è punito con la sanzione pecuniaria da L. 50.000.000 a 150.000.000.

4. La sanzione di cui al comma 3, si applica altresì l'allevatore che non osservi la disposizione di cui all'articolo 17, comma 2.".

2. L'articolo 23 della legge 15 febbraio 1963, n. 281, è sostituito dal seguente:

"Art. 23. - 1. In caso di violazione delle disposizioni previste dalla presente legge, l'autorità competente può ordinare la sospensione dell'attività
 per un periodo non superiore a tre mesi.

2. In caso di reiterazione della violazione, l'autorità competente dispone la sospensione dell'attività per un periodo da tre mesi ad un anno.

3. Se il fatto è di particolare gravità e da esso è derivato pericolo per la salute, l'autorità competente dispone la chiusura definitiva dello
stabilimento o dell'esercizio. Il titolare dello stabilimento o dell'esercizio non può ottenere una nuova autorizzazione allo svolgimento della stessa
 attività o di attività analoga per la durata di cinque anni.

4. Si applica in ogni caso la disposizione di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507.".

3. I contributi e le agevolazioni di cui al presente decreto non sono concessi o, se concessi, sono revocati ai soggetti beneficiari nei confronti dei
 quali venga accertata violazione delle disposizioni in materia di identificazione, alimentazione e trattamento terapeutico di capi bovini.

4. I maggiori proventi delle sanzioni pecuniarie irrogate in seguito alla violazione di obblighi e prescrizioni previsti dal presente decreto, versati
 all'entrata del bilancio dello Stato sono riassegnati alla competente unita previsionale di base dello stato di previsione del Ministero del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica per essere destinati all'Agenzia per le finalità di cui all'articolo 21, comma 1, del decreto del
Ministro delle politiche agricole e forestali 16 marzo 2000, n. 122, e all'articolo 28, primo comma lettere b) e c), del decreto del Ministro delle
politiche agricole e forestali in data 22 gennaio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 dei 29 gennaio 2001.

5. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato a provvedere alle conseguenti variazioni di bilancio.

Articolo 4

Istituzione di un Consorzio obbligatorio

1. E' istituito il Consorzio obbligatorio nazionale per la raccolta e lo smaltimento dei residui da lavorazione degli esercizi commerciali al
dettaglio operanti nel settore della vendita di carni.

2. Al Consorzio partecipano i soggetti produttori di residui e le imprese di raccolta e smaltimento dei medesimi, anche in forma associata. In ogni
caso la maggioranza del Consorzio deve essere detenuta dai produttori di residui, anche in forma associata.

3. Con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare entro il 30 giugno, 2001, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro dell'ambiente e del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e con il Ministro
delle politiche agricole e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, si provvede a disciplinare le modalità di istituzione, di finanziamento, di funzionamento e di articolazione del Consorzio di cui al presente
 articolo, sulla base dei principi di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95.

Articolo 5

Copertura finanziaria

1. Alla dotazione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 1, determinato in lire 300 miliardi per l'anno 2001, si provvede mediante utilizzo, per pari
importo, dell'autorizzazione di spesa recata per l'anno 2000 dall'articolo 3, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 499, come integrata
dall'articolo 52, comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Detto importo viene versato all'entrata del bilancio statale per essere riassegnato
all'apposita unità previsionale dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 2, comma 4, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini
del bilancio triennale, 2001-2003, nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale "Fondo speciale" dello stato di previsione del
Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al
Ministero dei lavori pubblici.

3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di
bilancio.

Articolo 6

Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà
 presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto
obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 14 febbraio 2001
 

La Flai Cgil chiede incontro urgente ad Amato: nel Decreto mucca pazza “dimenticati” i lavoratori.

Con una lettera al Presidente del Consiglio - e ai Ministri Letta, Mattioli, Pecoraro Scanio e Salvi – il Segretario generale della Federazione dei lavoratori dell’agroindustria della Cgil, Franco Chiriaco, chiede un incontro urgente per affrontare i problemi dei lavoratori addetti alla filiera delle carni bovine, dall’allevamento alla commercializzazione.

Il Decreto legge: “Ulteriori interventi urgenti per contenere gli effetti negativi dell’epidemia Bse”, varato dal Consiglio dei Ministri, non prende in alcun modo in considerazione               - afferma Chiriaco - gli effetti della crisi Bse sul lavoro dipendente – tipico e atipico – addetto al comparto. Mentre è prevedibile un’accelerazione delle conseguenze negative sul lavoro e sull’occupazione appare problematica –vista la destrutturazione del mercato del lavoro-  l’adozione degli ammortizzatori sociali pur necessari.

Inoltre, si dice nella lettera, manca qualsiasi provvedimento per la sicurezza dei lavoratori addetti e le provvidenze non sono esplicitamente legate al rispetto della Legge 626/94. La chiarezza in materia di sicurezza sul lavoro appare tanto più necessaria di fronte alla precarietà della prestazione lavorativa,alla pratica degli appalti e ad una cultura della prevenzione da parte dei datori di lavoro pressoché nulla. Si pensi che in aree di produzione eccellente in Emilia Romagna, anche la semplice adozione della vaccinazione dei lavoratori è adottata in meno della metà degli allevamenti.

Non vogliamo unirci al coro delle richieste indifferenziate che producono – e hanno prodotto – interventi a pioggia che tutelano interessi particolari e non sono finalizzate a rispettare il diritto alla sicurezza alimentare per i cittadini e gli elementari diritti del lavoro dipendente. Ci appelliamo, piuttosto, al criterio della concertazione, ribadito dal Presidente Ciampi.  A nostro parere – prosegue Chiriaco – e anche secondo l’autorevole parere del Governo tedesco, rimandare l’adozione di queste politiche significa scambiare gli interessi, pur in parte legittimi, degli operatori, con i diritti ben più ampi, motivati e complessi dei cittadini, dei consumatori e dei lavoratori dell’agro-industria.

Per questi motivi - afferma la Flai – chiediamo l’apertura di un tavolo che affronti la necessità di una profonda ristrutturazione della nostra zootecnia bovina orientandola alla competizione sulla qualità, definisca le priorità, tuteli i diritti dei lavoratori dipendenti, indichi gli obiettivi di interesse generale che giustificano e finalizzano la destinazione di risorse ai lavoratori e alle imprese. 

Roma 13 Febbraio 2001 


 

Castelvetro. Crisi dovuta alla mucca pazza
  La cassa integrazione
  all'Inalca di Cremonini

CASTELVETRO 2 febbario. Cassa integrazione per 90 operai all'Inalca di  Cremonini, sulla vicenda intervengono duramente i sindacati dopo  l'incontro con la dirigenza.  'La notizia è ufficiale - affermano i sindacati in una nota - per  fronteggiare l'emergenza "mucca pazza" il gruppo Cremonini ricorre alla  cassa integrazione ordinaria. Questo l'esito dell'incontro tra i sindacati alimentaristi Fat-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil che si è svolto ieri presso la  sede dell'Unione industriale di Modena'. 'Le organizzazioni sindacali hanno chiesto informazioni aggiornate  sull'andamento del settore e hanno poi concordato di procedere  all'apertura della Cig a zero ore per 90 operai su 120 del  reparto"hamburger" dello stabilimento Inalca di Castelvetro per un  periodo non superiore ai tre mesi'.
 

Documento della Segreteria nazionale della Flai Cgil
consegnato al Governo il 30 gennaio 2001


La Segreteria nazionale della FLAI CGIL ritiene necessario che il Governo decreti la crisi  del settore zootecnico scegliendo con chiarezza la programmazione di interventi di carattere strutturale orientati alla qualità lungo tutta la filiera piuttosto che la via di interventi a pioggia decisi  sull’onda dell’emergenza in un’ottica puramente assistenziale.

L’emergenza ‘mucca pazza’ è solo la punta di un iceberg che nasconde una vicenda di deregolamentazione di fatto del settore sia dal lato della sicurezza alimentare che da quello del commercio estero e del lavoro dipendente.  .

L’attuale situazione non può più essere fronteggiata con strumenti ordinari.

Ogni giorno diventa sempre più chiaro - e anche alcune associazioni dei produttori cominciano ad affermarlo -  che dalla attuale situazione si esce solo attraverso un processo di ristrutturazione dell’intero settore, dagli allevamenti alla macellazione al consumo, in grado di garantire una produzione, a costi competitivi, migliore e sicura, sostenuta da un efficiente sistema di controllo orientato a garantire al consumatore finale la certezza su ciò che acquista.

Per questo non basta affrontare l’emergenza, che pure va garantita subito con un primo  sostegno dei redditi dei produttori e di tutti i lavoratori dipendenti impegnati nel settore, ma occorre definire strumenti di intervento di tipo strutturale in grado di cambiare profondamente il sistema in atto. 

Una parte importante del settore è l’industria della macellazione.

L’industria della macellazione bovina (4.2 milioni di capi abbattuti in Italia), si presenta ancora  particolarmente polverizzata, tecnicamente e tecnologicamente arretrata rispetto ad altri paesi europei; con una capacità di auto - approvvigionamento di poco superiore al 60% (50% se si considerano gli animali importati alla nascita ed ingrassati in Italia) ed in forte calo.

Nonostante una progressiva diminuzione degli impianti dal 1993 al 1999, da 6000 a 2200 a cui si devono aggiungere 700 impianti per la macellazione di altre specie animali, siamo ancora molto lontani dai livelli di concentrazione e adeguamento degli impianti degli altri paesi europei. In Italia solo il 15% dei macelli (330 ) è in possesso del bollo CEE mentre la Francia ha il 77% del totale (270), la Spagna ha il 38.1% del totale (1455) e  Olanda, Germania, Danimarca ed Irlanda sono al 100%. 

La maggior parte degli impianti di macellazione bovina di dimensioni superiori ai 6000 capi per anno si trova in Emilia, Veneto e Lombardia. Il 73% dei capi è macellato in sole 4 Regioni: Lombardia (19%), Veneto (23%), Emilia-Romagna (18%) e Piemonte (13%). Solo 10 macelli si pongono a livelli industriali assorbendo il 22% delle macellazioni; di questa percentuale il 12% è riferito ai primi tre gruppi. 
 
 

Le modifiche introdotte al  DPR n.602/1970 (completa estensione alla possibilità di esternalizzare le attività operative dell’intero ciclo della macellazione ) non hanno prodotto un effetto positivo sul processo di riorganizzazione nel comparto macellazione nazionale e non hanno migliorato lo stato competitivo del comparto; in particolare non hanno introdotto innovazioni positive sul piano della certezza della tracciabilità e della sicurezza alimentare.

L’elevata polverizzazione di macelli ed allevamenti; il numero limitato di impianti di macellazione a Bollo CEE con il conseguente minor grado di competitività rispetto alla media delle strutture di 

macellazione europee;  la fragilità dimostrata dall’intera filiera di fronte all’emergenza BSE, possono avere effetti sconvolgenti nel settore.

L’intervento del Governo e delle Regioni a sostegno di tutta la filiera è quindi obbligato pena la perdita di molte attività, il blocco delle produzioni e un ulteriore aggravamento del nostro deficit agro-alimentare. Ma ribadiamo che gli interventi di sostegno economico e finanziario devono essere finalizzati a reali politiche di innovazione, razionalizzazione e sviluppo per le quali è necessaria una programmazione pluriennale e il reperimento di ingenti risorse .
 

A questo scopo proponiamo di : 
 
 

-Procedere alla mappatura dei mangimifici; alla valutazione della congruità delle linee di produzione in rapporto alla salute alimentare; al monitoraggio del commercio di farine e mangimi in entrata ed in uscita dal Paese. 
-Valutare i tempi e gli investimenti necessari per escludere definitivamente le farine animali dall’alimentazione di ogni specie. -Recepire nell’ordinamento sanzioni adeguate per chiunque introduca nella catena alimentare sostanze nocive alla salute umana compresi ormoni e antibiotici. 
-Favorire ed incentivare, anche utilizzando le significative risorse europee per lo sviluppo rurale, modalità di allevamento funzionali alla qualità. 
-Promuovere marchi di qualità del bestiame favorendo la tracciabilità sull’intera filiera e la maggiore remunerazione degli allevamenti. 
-Definire le modalità per il progressivo rinnovamento del parco bestiame nazionale e per il recupero delle razze nazionali. 
-Incentivare le riorganizzazioni produttive che anticipano il sistema della tracciabilità, elemento di garanzia sulla salubrità, igenicità e tipicità dei prodotti. 
Favorire  la concentrazione e l’aumento della dimensione aziendale per i macelli riequilibrando la loro dislocazione per aree di produzione e per circoscrizione geografica. 
-Recuperare i processi di destrutturazione del settore avvenuti in questi anni attraverso l’esternalizzazione e la pratica degli appalti illeciti, processi che hanno prodotto meccanismi di concorrenza sleale fra le imprese e disarticolazione del sistema di tutele e di diritti ( contrattuali e di legge) dei lavoratori occupati. La stessa gestione dell’emergenza occupazionale dovuta a “mucca pazza”, con il probabile ricorso agli ammortizzatori sociali, porrà il problema della mancanza di tutela per i soci-lavoratori. 
-Escludere da ogni provvidenza pubblica chi non abbia rispettato le leggi e i contratti provocando l’incremento della non trasparenza delle retribuzioni, con un forte aumento del lavoro pagato in nero con quote, in alcuni casi, del 50% della retribuzione. Sicurezza alimentare e rispetto delle regole contrattuali costituiscono capisaldi irrinunciabili di una politica strutturale del settore che miri alla qualità , alla trasparenza, alla reale tutela del consumatore . 
-Favorire, anche nel segmento della filiera a valle delle attività di allevamento, una più equilibrata catena del valore che oggi penalizza i produttori ed il prodotto a favore della GDO che considera  la carne come “prodotto civetta”. Nuovi prodotti e con più alto valore aggiunto (dai macelli esce oggi il 75% di carne con osso, mentre si devono sviluppare i porzionati, i preparati e i servizi)  vanno quindi promossi e sostenuti anche al fine di una maggiore leggibilità dei  prezzi al consumo in particolare per tutelare le fasce di consumatori caratterizzate da redditi medio - bassi . 
-Migliorare i monitoraggi ed i controlli, sia istituendo l’Agenzia Italiana per la Sicurezza Alimentare che coordini le politiche di prevenzione, qualità e sicurezza degli alimenti, sia attraverso un potenziamento ed un maggior coordinamento delle competenze tra ministeri ed autorità locali in modo da stroncare importazioni clandestine, frodi alimentari e commerci illeciti. 
-Prevedere per tutti i lavoratori interventi mirati a garantire la sicurezza personale nei luoghi di lavoro, nei mangimifici, nei macelli come negli allevamenti. 
-Prevedere un programma straordinario di formazione professionale per sostenere le modalità di allevamento adeguate a garantire la salubrità della carne e un trattamento corretto del bestiame. 
-Chiarire definitivamente il possibile uso delle carcasse degli animali abbattuti e dei rifiuti di macellazione prevedendo i controlli e i potenziamenti necessari. 

La Segreteria nazionale FLAI CGIL ritiene che l’insorgere e la diffusione della BSE non sia la causa ma la conseguenza di una forte  crisi strutturale del settore. 

Riteniamo perciò che debba essere affrontato organicamente il problema del rilancio dell’intera filiera, condizione essenziale per puntare sulla qualità, tipicità e sicurezza alimentare. 

La Segreteria della Flai ritiene inaccettabile l’impostazione delle misure del Governo per la crisi Bse annunciate sulla stampa che rischiano di scaricare sui consumatori – in particolare su quelli a reddito medio-basso – i costi di una crisi gravissima per la salute alimentare. 

E’ singolare che manifestazioni di piazza - ai limiti della sovversione come quella di ieri o palesemente illegali come i blocchi alle frontiere, finanziate per una quota significativa da imprenditori che hanno pagato il viaggio a Roma ai loro dipendenti “convincendoli “ a travestirsi da allevatori - inducano il Governo a premiare con altri 300miliardi a pioggia (aggiuntivi rispetto ai rimborsi Ue per l’abbattimento dei capi sopra i trenta mesi di età integrati al 100% dall’intervento nazionale e, presumibilmente, agli interventi fiscali ventilati sulla tassazione dei redditi di allevatori e macellai) interessi di parte piuttosto che gli interessi generali del Paese.

I lavoratori dipendenti della filiera carne che rischiano la perdita del loro posto di lavoro, che non hanno alcuna responsabilità nei confronti dei consumatori e che, anzi, subiscono per primi i rischi connessi alla lavorazione di materiale potenzialmente contaminante  non possono che rivendicare – nel pieno rispetto della legalità – gli interventi di carattere strutturale illustrati in questo documento volti a tutelare la sicurezza alimentare, a ristrutturare profondamente il settore, a difendere l’occupazione e a mobilitare gli ammortizzatori sociali necessari evitando  i ritardi già verificatisi in occasione dell’epidemia di influenza aviaria dello scorso anno.
                                                                                    La Segreteria Nazionale

                                                                                          FLAI CGIL



Giovedì 7 Dicembre 2000, 19:54

Mucca Pazza: Filiera Bovina Italiana Chiede Stato Di Crisi
(AGI) - Roma, 7 dic. - La filiera bovina italiana (Confagricoltura, Coldiretti, Cia, Federagroalimentare, Anca-Lega Coop, Assocarni, Cim, Uniceb, Unalcab, Unicab e Aia) chiede al presidente del Consiglio e ai ministri per le Politiche agricole e della Sanita' di "dichiarare ufficialmente lo stato di crisi del settore, a causa della gravissima situazione in cui versa da quattro settimane a seguito della diffusione della psicosi della mucca pazza originata da altri Stati membri della UE". (AGI) 

Stanziati per quest'operazione 150 miliardiMucca pazza, il materiale a rischio va tutto distrutto (Dl Cdm 9.1.2001) Tutto il materiale a rischio per le encefalopatie spongiformi bovine sarà obbligatoriamente distrutto mediante incenerimento o coincenerimento. Lo prevede il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri il 9 gennaio. I titolari degli impianti sono dunque obbligati ad accettare questo materiale e le proteine animali salvo che siano esonerati dalle Regioni o dalle Province autonome per riconosciuta inidoneità degli impianti. Il provvedimento prevede anche che l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura riconosca al soggetto che assicura la distruzione di quei prodotti il compenso di 726mila lire a tonnellata. L'investimento del Governo è pari a 150miliardi di lire. (11 gennaio 2001)

Decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri il 9.1.2001
Il presidente della RepubblicaVISTI gli articoli 77 e 87 della Costituzione;VISTA la decisione 2000/418/CE della Commissione, del 29 giugno 2000;VISTA la decisione 2000/766/CE del Consiglio, del 4 dicembre 2000;RITENUTA la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure per la distruzione del materiale specifico a rischio per encefalopatie spongiformi bovine e delle proteine animali trasformate e ottenute da materiale ad alto rischio, nonché per l'ammasso pubblico temporaneo delle proteine animali trasformate e ottenute da materiale a basso rischio;VISTA la deliberazione dei Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 gennaio 2001;SULLA PROPOSTA del Presidente dei Consiglio dei Ministri, dei Ministro delle politiche agricole e forestali e dei Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dei tesoro, dei bilancio e della programmazione economica, con il Ministro dell'ambiente e con il Ministro per le politiche comunitarie;E M A N Ail seguente decreto-legge:Articolo 1(Smaltimento del materiale specifico a rischio e ad alto rischio)I. Il materiale specifico a rischio, così come definito dal decreto del Ministro della sanità in data 29 settembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 263 del 10 novembre 2000, e successive modificazioni, nonché le proteine animali trasformate ed ottenute da materiali ad alto rischio, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, sono obbligatoriamente distrutti mediante incenerimento o coincenerimento. I titolari degli impianti di incenerimento sono obbligati ad accettare il predetto materiale e le predette proteine animali salvo che, nell'ipotesi di materiale specifico a rischio tal quale,. siano esonerati dalle regioni o province autonome competenti per riconosciuta inidoneità degli impianti stessi.2. L'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, di seguito denominata Agenzia, riconosce al soggetto che assicura la distruzione dei prodotti, di cui al comma 1, una indennità di lire 726.000 per ogni tonnellata. Tale indennità copre i costi relativi alla raccolta, al trasporto, al trattamento preliminare, all'incenerimento o coincenerimento, effettuati da imprese riconosciute o autorizzate, nonché ogni altra spesa connessa. L'indennità è corrisposta solo per i prodotti trasformati, ottenuti da macellazioni effettuate nel territorio dello Stato dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 maggio 2.001.3. Il soggetto beneficiario della indennità non può percepire alcun altro compenso per lo svolgimento delle attività previste dal comma 2.Articolo 2(Ammasso pubblico per le proteine animali a basso rischio)l. L'Agenzia provvede all'ammasso pubblico delle proteine animali trasformate e ottenute da materiali a basso rischio, così come definiti dall'articolo 5 del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, prodotte nel territorio dello Stato dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 maggio 2001. Sono altresì ammesse all'ammasso pubblico, nel limite massimo complessivo di 30.000 tonnellate, quelle prodotte nel territorio dello Stato fino alla data di entrata in vigore del presente decreto.2. L'Agenzia provvede all'ammasso dei prodotti, di cui al comma 1, utilizzando, nel rispetto della disciplina sanitaria in materia, magazzini pubblici o privati da reperire con procedure d'urgenza.3. L'Agenzia corrisponde ai depositari dei magazzini di stoccaggio gli importi per le spese di magazzinaggio, entrata e uscita del prodotto, così come stabiliti in attuazione del regolamento (CEE) n. 1883/78 del Consiglio, del 2 agosto 1978, e successive modificazioni, con riferimento all'ammasso pubblico del latte scremato in polvere.4. L'Agenzia corrisponde ai soggetti interessati un prezzo di lire 490.000 per ogni tonnellata di prodotto, di cui al comma 1, conferita all'ammasso pubblico. Tale prezzo è maggiorato di lire 245.000 per ogni tonnellata di prodotto conferito con tasso proteico, documentato da apposito certificato rilasciato da laboratori pubblici, uguale o superiore al 70%, e di ulteriori lire 165.000 per ogni tonnellata di prodotto conferito con tasso proteico uguale o superiore all'85%. A copertura delle spese di trasporto è inoltre corrisposto l'importo di lire 200 per ogni tonnellata di prodotto, moltiplicato per i chilometri esistenti tra il luogo di produzione e il magazzino di ammasso pubblico.5. 1 soggetti interessati, di cui al comma 4, non possono percepire alcun altro compenso per la raccolta dei relativi materiali.Articolo 3(Controlli)1 L'Agenzia può avvalersi del Corpo forestale dello Stato e del reparto speciale dell'Arma dei carabinieri per la tutela delle norme comunitarie e agroalimentari per l'effettuazione dei controlli sulle operazioni di incenerimento, di cui all'articolo 1, e sulle operazioni di stoccaggio, di cui all'articolo 2.Articolo 4(Poteri di ordinanza)1 - Il Commissario straordinario del Governo per il coordinamento dell'emergenza conseguente alla encefalopatia spongiforme bovina può promuovere l'attivazione del potere di ordinanza, spettante ai competenti organi dello Stato anche in deroga alle disposizioni vigenti, al fine di fronteggiare situazioni di eccezionale emergenza.Articolo 5(Relazione periodica)l. L'Agenzia presenta, ogni trenta giorni, al Commissario straordinario del Governo di cui all'articolo 4 ed ai Ministri delle politiche agricole e forestali, della sanità e dell'ambiente, una relazione sullo stato di attuazione degli interventi previsti dal presente decreto.Articolo 6(Copertura finanziaria)I. All'onere derivante dall'attuazione del presente decreto, valutato in lire 150 miliardi per l'anno 2001, si provvede:a) quanto a lire 50 miliardi, a carico delle disponibilità dell'U.P.B. 20.2.1.3 'Fondo per la Protezione Civile" cap. 9353 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 200 l;b) quanto a lire 50 miliardi, mediante l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 64, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342; conseguentemente nel medesimo articolo 641, comma 1, ultimo periodo, le parole: "150 miliardi" sono sostituite dalle seguenti: "200 miliardi";c) quanto a lire 50 miliardi, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 25 della legge 17 maggio 1999, n. 144.2. . I proventi derivanti dall'eventuale vendita, da effettuare a seguito di specifica autorizzazione dell'Unione Europea, delle proteine animali di cui all'articolo 2, comma 1, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nel limite degli importi utilizzati per la copertura dell'onere di cui al comma 1, lettere a) e e), rispettivamente allo stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica U.P.B. 20.2.1.3 ed allo stato di previsione del Ministero delle politiche agricole e forestali, ai fini del reintegro della citata autorizzazione di.spesa recata dalla legge 17 maggio 1999, n. 144.Articolo 7(Disposizioni finali)I. Per gli interventi previsti dal presente decreto il Dipartimento della protezione civile si avvale dell'Agenzia, che provvede agli interventi medesimi.2. Fatto salvo quanto previsto dal presente decreto, rimangono fermi i divieti di cui alla decisione 2000/766/CE del Consiglio, del 4 dicembre 2000.



 

L'ENCEFALOPATIA SPONGIFORME DEI BOVINI 

(BSE - Bovine Spongiform Encephalopathy)
 

L'encefalopatia spongiforme bovina (la c.d. malattia della "mucca pazza") è una malattia degenerativa del cervello che colpisce i bovini. Si tratta di una malattia nuova (il primo caso è stato riscontrato nel 1986), appartenente ad una famiglia di malattie che comprende la scrapie delle pecore e delle capre, l'encefalopatia trasmissibile del visone e una malattia cronica dell'alce.
 

Secondo lo stadio attuale delle conoscenze la malattia è causata da una particella proteica in grado di replicarsi denominata "prione". Tale particella è particolarmente resistente al calore ed ai comuni disinfettanti.
 

La distribuzione geografica della malattia è descritta in altre pagine di questo sito, ma in sintesi si può affermare che, allo stadio odierno, essa è presente nel Regno Unito (la stragrande maggioranza dei casi), in Svizzera, Portogallo ed Irlanda. In tutti gli altri Paesi i casi di BSE verificatisi sono da imputarsi all'importazione avvenuta in passato di animali dal Regno Unito.
 

Sebbene l'origine e la trasmissione della malattia non siano state ancora totalmente chiarite, pare che la fonte dell'epidemia nel Regno Unito risieda nell'ingestione di farina di carne e di ossa contaminata, utilizzata come ingrediente di alimenti concentrati. La trasmissione sarebbe avvenuta tramite il riciclaggio di materia prima bovina ed ovina infetta, dalla quale si sarebbe prodotto le farine di carne ed ossa utilizzate nell'alimentazione dei bovini. Pare, inoltre, che un cambiamento nel metodo di fabbricazione di tali farine nel Regno Unito, con abbassamento della temperatura durante il processo industriale, abbia provocato la vasta epidemia di BSE in corso in tale Paese.
 

Mentre a tutt'oggi nessun elemento consente di affermare con certezza la possibile esistenza di una modalità di trasmissione orizzontale, cioè da un animale all'altro, recentemente (01.08.1996) le Autorità del Regno Unito hanno reso pubbliche i risultati preliminari di uno studio iniziato nel 1989, secondo il quale esisterebbe la possibilità di trasmissione verticale, da una vacca al suo vitello, dell'infezione. Rimane ancora da chiarire l'effettiva importanza di tale meccanismo di trasmissione nella diffusione della malattia.
 

Per poter emettere la diagnosi di BSE in un bovino occorre sacrificare l'animale, esaminando poi il suo cervello allo scopo di rinvenire le caratteristiche lesioni. Nessun altro metodo diagnostico alternativo è, a tutt'oggi, disponibile.
 

Il 20 marzo 1996 le Autorità del Regno Unito hanno rilasciato una dichiarazione secondo la quale, pur non avendo alcuna prova certa in merito, non si poteva escludere un legame tra la BSE e la malattia di Creutzfeld Jacob nell'uomo.

NUMERO CASI DI ENCEFALOPATIA SPONGIFORME BOVINA NEL MONDO AGGIORNAMENTI CONTINUI
FONTE:
OFFICE INTERNATIONAL DES EPIZOOTIES


LA MALATTIA DI CREUTZFELD JACOB 

(CJD - Creutzfeld Jacob Disease)
 

La malattia di Creutzfeld Jacob è una malattia neurologica incurabile e mortale che colpisce l'uomo. Appartiene alla famiglia delle encefalopatie spongiformi umane, che comprende anche il kuru (malattia che era presente in Nuova Guinea a causa dell'esistenza di pratiche di cannibalismo). E' stata descritta la prima volta negli anni venti ed è presente in tutto il mondo, con una incidenza di circa un caso per milione di abitanti all'anno. Si presenta in due forme, la CJD classica ed una nuova variante, individuata recentemente, nota come V-CJD. La forma classica si manifesta quasi sempre nelle persone anziane (età media 65 anni). Tra il marzo 1995 ed il gennaio 1996 nel Regno Unito sono stati riscontrati 10 casi di una forma di malattia abbastanza distinta dalla CJD classica, tanto da poter essere considerata una nuova variante: la V-CJD. Tutti i pazienti erano giovani (dai 19 ai 41 anni, con età media di 29 anni) ed il decorso della malattia era relativamente lungo (13 mesi).
 

Dall'analisi dei dati concernenti i 10 pazienti le Autorità del Regno Unito hanno concluso, il 20 marzo del 1996, che, nonostante non vi fosse alcuna prova diretta dell'esistenza di un legame, in base ai dati attuali, tra la BSE e la CJD, ciò non poteva essere escluso a priori.
 

Da allora, un caso di V-CJD è stato confermato in Francia e nel Regno Unito si sono riscontrati altri quattro casi sospetti. Non sono stati individuati altri casi in nessun altro Paese.
 

La principale raccomandazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità in merito alle misure atte ad evitare un eventuale contagio all'uomo è stata quella di evitare che tessuti ed organi che possano contenere l'agente infettante vengano immessi nella catena alimentare umana. 

A tale proposito occorre far presente che gli studi sulla trasmissione della BSE ad altri animali hanno evidenziato la natura infettante del cervello, del midollo spinale, della retina e di una parte dell'intestino di animali malati. Il latte ed i prodotti del latte derivati da animali infettati dalla BSE non hanno rilevato alcuna capacità di trasmettere la malattia. 
 

E' da ricordare, comunque, che la Comunità Europea, dal 1988 ad oggi, ha emanato una serie di norme per tutelare la salute umana ed animale dall'infezione, tra le quali: 
la distruzione di tutti gli animali riscontrati malati; il divieto di utilizzare proteine derivate da tessuti di ruminanti nell'alimentazione dei ruminanti stessi; il blocco di tutte le esportazioni di bovini, carne bovina e prodotti derivati dal Regno Unito agli altri Stati; la distruzione nel Regno Unito, dove l'incidenza della malattia è elevata, delle frattaglie (cervello, midollo spinale, timo tonsille, milza, intestino) di tutti i bovini di più di sei mesi.
Fonte Istituto  Zooprofilattico "G.Caporale"
 

La malattia di Creutzfeldt-Jakob
(testo scientifico) da:www.ti.ch/DOS/DSP/UffVC/Malattie/bse/p1-frame.htm

Nella tabella seguente sono riportati i principali caratteri distintivi della malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD) e della nuova variante nvCJD


 
 
CJD sporadica (forma classica)
nvCJD (nuova variante)
quadro clinico -età media 60-65 anni (da 45 a 75) 

-sintomi prodromali in un terzo dei pazienti, con fatica, insonnia, depressione, dimagramento, mal di testa, malessere generale 

-decorso rapido, caratterizzato da demenza progressiva, mioclono e mutismo acinenico, spesso accompagnati da atassia cerebellare, sintomi extrapiramidali e piramidali, cecità corticale

-durata della malattia di alcuni mesi (letalità del 70% entro 6 mesi) 

 

-età media circa 26 anni (adolescenti fino a circa 40 anni) 

-inizia generalmente con depressione, ansia, disestesie, dolori alle gambe e alla faccia (spesso i pazienti consultano dapprima uno psichiatra) 

-decorso relativamente lento, con atassia cerebellare dopo parecchie settimane o mesi 

demenza e ev. mutismo acinetico solo nella fase terminale 

-durata media della malattia oltre un anno (da circa 6 mesi fino a circa 2 anni) 
 

quadro istologico -alterazioni di tipo spongioso 

-perdita di neuroni 

-astrocitosi reattiva 

-alterazioni di tipo spongioso 

-perdita di neuroni 

-astrocitosi reattiva 

-presenza di caratteristiche placche amiloidi, formate da depositi di PrP opalescenti al microscopio ottico, simili a quelle osservate nel kuru 
 


 



DICHIARAZIONE  DI GIORDANO GIOVANNINI
Segretario Regionale FLAI-CGIL Emilia Romagna

La vicenda “Mucca Pazza” impone scelte coraggiose ed innovative per garantire i consumatori, le imprese ma anche i lavoratori del settore
“Lo stato di crisi degli allevamenti italiani, delle attività di macellazione e di quelle di commercializzazione della carne bovina; i provvedimenti emessi per lo smaltimento delle parti bovine ritenute nocive; i test preventivati sui capi da macellare e la certificazione da introdurre”, dichiara il Segretario regionale del sindacato Agroindustria CGIL Emilia Romagna, “sono elementi che porteranno ad un mutamento dei fattori di competitività ed a riorganizzazioni produttive e del lavoro che ridefiniranno anche il rispettivo peso dei vari pezzi della filiera ed i suoi centri decisionali. La tracciabilità, l’etichettatura, lo smaltimento e l’obbligo dei test potranno aumentare notevolmente i costi nei vari settori della filiera; l’intervento di Governo e Regioni a sostegno del comparto sono pertanto necessari per evitare la perdita di molte attività, blocco delle produzioni e di un ulteriore aggravamento del nostro deficit agro-alimentare (circa 50%); interventi che devono essere finalizzati a reali politiche di innovazione, razionalizzazione e sviluppo, non solo per gestire  l’emergenza”. 
A questo proposito il Segretario regionale denuncia: ”il fatto che la legge Finanziaria non preveda interventi strutturali  a sostegno del settore non è certo un buon auspicio e ciò può essere un pericolo per la tenuta occupazionale e per lo sviluppo della filiera, ma anche per le obbligate garanzie che si devono dare ai consumatori”.
Giovannini pone l’attenzione sull’elevata polverizzazione dei macelli, degli allevamenti e sul numero limitato di impianti di macellazione a Bollo CEE con un conseguente minor grado di competitività rispetto alla media delle strutture di macellazione europee (2200 impianti di cui il 15% con Bollo CEE, cioè 330 macelli; la Francia ha il 77% sul tot. di 270 e la  Germania il 100% ), secondo il Segretario FLAI-CGIL: “i dati dimostrano la fragilità  della filiera che, di fronte all’emergenza BSE, può avere effetti sconvolgenti nel settore”.
Nel merito il sindacato propone i seguenti temi: “incentivare ed anticipare le riorganizzazioni produttive che introducono il sistema della tracciabilità; in particolare per la nostra Regione si può pensare di promuovere un ‘Marchio Etico e di Qualità’ dall’allevamento alla tavola, che si fondi su prodotti, sistemi produttivi e del lavoro certificati, controllati e basati sulla qualità sociale ed ambientale”; mentre sulle organizzazioni produttive Giovannini propone: “oltre ad aumentare la dimensione aziendale per reggere la concorrenza europea è necessario recuperare situazioni di destrutturazione del settore, avvenuti in questi anni attraverso processi di esternalizzazione ed appalti, che hanno prodotto meccanismi di concorrenza sleale fra le imprese e disarticolazione del sistema di tutele e di diritti ( contrattuali e di legge) dei lavoratori occupati”
Giovannini interviene sulla distribuzione dei prodotti e sulla alimentazione degli animali: “va ridefinita una più equilibrata catena del valore che oggi penalizza i produttori ed il prodotto a favore della Grande Distribuzione che considera  la carne come prodotto civetta. In tale quadro, oltre a bandire l’uso delle farine animali, va favorito il ritorno a sistemi di alimentazione tradizionali e rispettosi del benessere dell’animale”.
Per il Segretario del maggior Sindacato agroalimentare l’emergenza BSE deve quindi essere l’occasione per “rilanciare una politica dell’intera filiera recuperando i ritardi nell’innovazione ed anche un opportunità per porre al centro il tema del lavoro e della sua valorizzazione come condizione essenziale per puntare sulla qualità, la tipicità e la sicurezza alimentare”.
Bologna 2 gennaio 01

Comunicato Flai-Cgil sulle farine animali

La sicurezza alimentare umana è il punto cardine del formidabile scontro attuale tra i fautori di un’indiscriminata produzione agroindustriale e i sostenitori del principio di precauzione.
La situazione francese oggi, di fronte alla crescente preoccupazione per la sindrome della “mucca pazza”, che si sta verificando in quel Paese a proposito dell’uso di farine animali nell’allevamento d’animali da carne, pone l’esigenza di aprire in merito, anche in Italia, una discussione supportata da dati certi ed inequivocabili.
Evitare paure irrazionali, infatti, richiede grazie ad un’informazione non casuale, né sporadica sullo stato delle cose, la conoscenza della situazione concreta e la certezza del controllo esercitato dalle autorità istituzionali a tutela della salute pubblica.
Si apprende con soddisfazione, da fonte imprenditoriale, che “in genere” gli allevatori italiani non utilizzerebbero farine animali, né estrogeni.
La dichiarazione, tuttavia, non è corretta da certezza, quindi, non appare improbabile l’esistenza d’aziende nazionali che accederebbero almeno all’uso delle farine animali.
Se a questo si aggiunge che non vi è certezza, quindi, non appare improbabile l’esistenza di aziende nazionali che accederebbero almeno all’uso delle farine animali.
Se a questo si aggiunge che non vi è certezza neanche sull’assenza di fenomeni di “triangolazione” tra aziende produttrici di mangimi e aziende fornitrici di materie prime d’importazione e/o di produzione nazionale, si pone il problema della verifica del dato e, ove esistente, della valutazione sull’eventuale portata nazionale del problema.
La FLAI-CGIL, in proposito, sollecita:

- il Governo italiano ad assumere immediatamente le necessarie misure di intervento ed a verificare e rendere nota la situazione effettivamente esistente in Italia, sulla quantità delle aziende che praticassero tali usi, sul volume e sulle caratteristiche delle produzioni di queste aziende, sulla provenienza, caratteristiche e quantitativi delle farine usate;
- la Commissione Europea a rimuovere gli impedimenti politici e burocratici all’entrata in funzione dell’Agenzia per la Sicurezza Alimentare, privilegiando la difesa della salute dei cittadini

Roma 8 novembre 2000

 


 
FAI-CISL         FLAI-CGIL          UILA-UIL
EMILIA ROMAGNA
Note sulla situazione macellazione in Emilia-Romagna, anche alla luce della vicenda BSE
13 DICEMBRE 00
FAI-CISL, FLAI-CGIL e UILA-UIL dell’Emilia-Romagna, avanzano le seguenti riflessioni come contributo per un necessario intervento di politiche riorganizzatrici su tutta la filiera del settore zootecnico.
Lo stato di crisi degli allevamenti italiani, delle attività di macellazione e di quelle di commercializzazione della carne bovina; i provvedimenti emessi per lo smaltimento delle parti bovine ritenute nocive; i test preventivati sui capi da macellare e la certificazione da introdurre; sono elementi che porteranno ad un mutamento dei fattori di competitività ed a riorganizzazioni produttive e del lavoro, che ridefiniranno anche il rispettivo “peso” dei vari pezzi della filiera ed i suoi centri decisionali.
La tracciabilità, l’etichettatura, lo smaltimento e l’obbligo dei test potranno aumentare notevolmente i costi nei vari settori della filiera che, a fronte del permanere del ruolo predominante della grande distribuzione, potrebbero causare effetti di compressione sui margini di guadagno fino a mettere i soggetti più deboli del comparto fuori mercato.
Il settore zootecnico ha una rilevanza strategica nell’agroalimentare nazionale. Da dati in nostro possesso risulta che: la produzione lorda vendibile (PLV) dell’agricoltura nazionale ammonta a 68.000 miliardi di Lire di cui 15.500 di produzione di carni; il settore bovino rappresenta il 40% (6.000 miliardi di Lire) del valore complessivo, rimanendo quindi il principale comparto. La consistenza del settore, inoltre, registra: circa 200.000 imprese, di cui 116.000 nella produzione del bovino da carne ed 80.000  nella distribuzione (ingrosso,  dettaglio e macellerie); a queste vanno aggiunte  100.000 imprese nell’allevamento di vacche da latte, che a fine carriera entrano nel circuito della macellazione. L’Italia è il terzo produttore di carne bovina dopo la Francia e la Germania, mentre si colloca al quinto posto, nell’UE, per il numero di bovini allevati.
In Emilia Romagna è allevato l'11% dei capi complessivamente allevati sul territorio nazionale. Metà del patrimonio bovino appartiene ad allevamenti con oltre 100 capi. Il 44 % della produzione lorda vendibile prodotta dall’agricoltura regionale proviene dal settore zootecnico , in particolare da latte, carni suine ed avicole,  contro il 23.8 % dalle coltivazioni arboree, il 13.4 % patate e ortaggi e il 9.8 % da cereali. Il  PLV  regionale è di 6.600 miliardi di Lire.
Le tendenze evolutive di questi ultimi anni fanno osservare, un po' in tutti i comparti, una progressiva scomparsa delle imprese più piccole e meno efficienti in particolare ubicate nelle aree montane e collinari e in zone ove sono già presenti unità di grandi dimensioni; e' un processo di eliminazione che investe soprattutto le imprese a gestione familiare che non riescono a trovare una continuità interna per proseguire l'attività. Contemporaneamente assistiamo a processi di fusione e acquisizione con grossi gruppi agroalimentari, nazionali ed esteri, che assorbono anche medio grandi strutture ad alta tecnologia
 Nella sola macellazione bovina si contano circa 10.200 addetti di cui il 21% è manodopera indiretta, cioè rapporti contrattuali con imprese terze ( appalti e/o esternalizzazioni) che possono avere in gestione la macellazione ed il disosso. Essendo dati del 1998 la percentuale della manodopera indiretta è da considerarsi in difetto per l’aumento dei processi di esternalizzazione che hanno coinvolto importanti industrie di macellazione. L’industria delle carni muove, tuttavia, circa 110.000 allevamenti ed un’occupazione agricola di oltre 70.000 unità di lavoro equivalenti a tempo pieno.
L’industria della macellazione bovina (4.2 milioni di capi abbattuti in Italia), si presenta ancora  particolarmente polverizzata, tecnicamente e tecnologicamente arretrata rispetto ad altri Paesi europei; con una capacità di autoapprvvigionamento di poco superiore al 60% (50% se si considerano gli animali importati alla nascita ed ingrassati in Italia) ed in forte calo.
Nonostante una progressiva diminuzione degli impianti dal 1993 al 1999, da 6000 a 2200 a cui si devono aggiungere 700 impianti per la macellazione di altre specie animali, non siamo ancora ai livelli degli altri Paesi europei. In Italia solo il 15% degli impianti è in possesso del bollo CEE, cioè 330 macelli, la Francia ha il 77% (270) del totale, la Spagna ha il 38.1% (554) del totale, mentre l’Olanda, Germania, Danimarca ed Irlanda sono al 100%. Da ricordare che il possesso del Bollo CEE concede l’autorizzazione ad operare in ambito comunitario, in mancanza di tale è possibile operare nel territorio nazionale.
Utilizzando come riferimento il rapporto dimensioni medie/capi annui e il numero di autorizzazioni Cee, in Italia sarebbero sufficienti 244 macelli in base al modello francese e soltanto 40 in base la modello olandese. Ovviamente si tratta solo di una simulazione, che tuttavia è indicativa del processo cui assisteremo nei prossimi anni, ma che in alcuni casi è già partito con le concentrazioni e le politiche di acquisizione che hanno interessato le realtà di maggiori dimensioni, sia nel settore bovino che in quello suino (es. Inalca/Guardamiglio e Unicarni/Macellatori Villarotta). Degne di attenzione sono anche il crescente peso delle politiche di alleanze e integrazioni/diversificazione, finalizzate ad allargare la gamma dei prodotti  della filiera, ad unire e condividere i segmenti di mercato ricoperti, ed a strategie innovative nel campo della ricerca & sviluppo, marketing, acquisti, logistica  ec. (es. UNICARNI il cui gruppo  UNIBON si è dotato di una linea “Piatti pronti” ed ha recentemente stretto un joint venture  con SENFTER; Gruppo Cremonini sul Catering, “Piatti Pronti” e Hamburger).
La maggior parte degli impianti di macellazione bovina di dimensioni superiori ai 6000 capi per anno si trova in Emilia, Veneto e Lombardia. Il 73% dei capi è macellato in sole 4 Regioni: Lombardia (19%), Veneto (23%), Emilia-Romagna (18%) e Piemonte (13%). Solo 10 macelli si pongono a livelli industriali assorbendo il 22% delle macellazioni, di questa percentuale il 12% è riferito ai primi tre gruppi. 
In Emilia-Romagna sono presenti  circa 180 macelli di cui il 29% a tipologia mista, per il 27% a prevalente macellazione bovina, per il 24% suina e per il 19% avicola. 
L’elevata polverizzazione di macelli ed allevamenti; il numero limitato di impianti di macellazione a Bollo CEE con il conseguente minor grado di competitività rispetto alla media delle strutture di macellazione europee;  la fragilità dimostrata dall’intera filiera di fronte all’emergenza BSE, possono avere effetti sconvolgenti nel settore.
L’intervento del Governo e delle Regioni a sostegno di tutta la filiera sono quindi, secondo noi, necessari per evitare la perdita di molte attività, blocco delle produzioni e di un ulteriore aggravamento del nostro deficit agro-alimentare. Riteniamo tuttavia che gli interventi di sostegno economico e finanziario debbano essere finalizzati a reali politiche di innovazione, razionalizzazione e sviluppo,  non solo per gestire l’emergenza.
A questo scopo proponiamo di : 
1. incentivare ed anticipare le riorganizzazioni produttive che introducono il sistema della tracciabilità, elemento di garanzia sulla salubrità, igenicità e tipicità dei prodotti. Tracciabilità ed etichettatura, monitoraggio degli alimenti sono infatti elementi dai quali non si potrà prescindere per dare fiducia e sicurezza ai consumatori. In particolare per la nostra Regione si può pensare di promuovere un “Marchio Etico e di Qualità” dall’allevamento alla tavola, che si fondi su prodotti, sistemi produttivi e del lavoro certificati, controllati e basati sulla qualità sociale ed ambientale;
2. aumentare la dimensione aziendale e recuperare situazioni di destrutturazione del settore, avvenuti in questi anni attraverso processi di esternalizzazione ed appalti, che hanno prodotto meccanismi di concorrenza sleale fra le imprese e disarticolazione del sistema di tutele e di diritti ( contrattuali e di legge) dei lavoratori occupati (vedi posizione assunta delle segreterie nazionali contro le deroghe introdotte sul DPR 602 anche per le attività di macellazione). Infatti la gestione dell’emergenza occupazionale, dovuta a “mucca pazza”, con il probabile ricorso agli ammortizzatori sociali, porrà il problema della mancanza di tutela per i soci-lavoratori ed il rischio del determinarsi di conflitti tra questi ed i dipendenti dell’impresa appaltante;
3. ridefinire una più equilibrata catena del valore che oggi penalizza i produttori ed il prodotto a favore della GDO che considera  la carne come “prodotto civetta”. Nuovi prodotti e con più alto valore aggiunto (dai macelli esce oltre il 75% di carne con osso, mentre si devono sviluppare i porzionati, preparati e i servizi)  vanno quindi promossi e sostenuti anche al fine di ottenerne un riconoscimento nei  prezzi al consumo;
4. favorire, anche attraverso un rinnovato ruolo delle Associazioni degli allevatori e delle Associazioni di razza, le politiche per il rinnovo ed il potenziamento del “parco” zootecnico, l’implementazione dell’anagrafe bovina nella Regione Emilia-Romagna e sua istituzione in quelle Regioni dove non è ancora attivata in quanto, oltre ad essere uno degli strumenti per contrastare il morbo della BSE, potrà servire per rafforzare le razze italiane e conseguentemente i prodotti nazionali e locali. In tale quadro, oltre a bandire l’uso delle farine animali, va favorito il ritorno a sistemi di alimentazione tradizionali e rispettosi del benessere dell’animale;
5. migliorare i monitoraggi ed i controlli sia istituendo l’Agenzia Italiana per la Sicurezza Alimentare che coordini le politiche di prevenzione, qualità e sicurezza degli alimenti, sia attraverso un potenziamento ed un maggior coordinamento delle competenze tra ministeri ed autorità locali in modo da stroncare importazioni clandestine, frodi alimentari e commerci illeciti. 
L’emergenza BSE deve quindi essere l’occasione per rilanciare una politica dell’intera filiera, recuperare i ritardi nell’innovazione ed anche un opportunità per porre al centro il tema del lavoro e della sua valorizzazione come condizione essenziale per puntare sulla qualità, la tipicità e la sicurezza alimentare.

Bologna, 13 dicembre 2000
FAI-CISL     FLAI-CGIL   UILA-UIL
                                                   EMILIA-ROMAGNA
 

Bruxelles, 13 novembre 2000

Byrne e Fischler propongono di introdurre il test anti-bse a tutti i bovini di una certa età nell'unione Europea

I consumatori europei hanno reagito con preoccupazione davanti ai recenti avvenimenti collegati al morbo della "mucca pazza" (bse) in Francia. Il Commissario David Byrne, responsabile per la salute pubblica e la tutela dei consumatori, e il Commissario Franz Fischler, responsabile per le politiche agricole, la pesca e lo sviluppo rurale, insistono sulla necessità di avere un massimo livello di trasparenza sull'estensione del morbo bse nella popolazione bovina europea. La Commissione Europea ha intenzione di suggerire agli Stati membri di introdurre un sistema di test generalizzati a tutti i bovini che abbiano raggiunto una certa età. Questi test si aggiungerebbero agli alti standard di protezione già esistenti e darebbero una garanzia in più ai consumatori sulla sicurezza della carne che consumano. Le opzioni per introdurre questi test saranno discusse alla riunione del Comitato veterinario permanente che si riunirà mercoledì 15 novembre 2000, e alla riunione dei Ministri dell'agricoltura del 20 novembre 2000.

Commentando questa proposta, David Byrne ha detto: "Una delle più importanti lezioni che ho tratto dal dossier bse è che in questa materia i politici devono essere completamente trasparenti con il pubblico. Non ci devono essere segreti, distorsioni, o false rassicurazioni. La nostra azione deve essere guidata dai principi di transparenza, informazione e dialogo aperto. Dobbiamo rendere pubblici i rischi e le misure di protezione che abbiamo introdotto contro quei rischi. Sono convinto che la serie importante di controlli che abbiamo introdotto a livello comunitario sia in grado di ridurre il livello di rischio a livelli molto bassi. Il nuovo programma di test aumenterà il livello di informazione e di trasparenza, e renderà quindi il sistema di controllo ancora più efficiace."

Franz Fischler ha aggiunto: "Sono perfettamente cosciente dell'enorme livello di preoccupazione espresso dal pubblico di fronte all'estensione del morbo nella popolazione bovina europea. Ed è nostra responsabilità, a livello nazionale come pure a livello europeo, di prendere questa preoccupazione molto seriamente. Sono convinto che gli agricoltori sono d'accordo con me quando dico che che assolutamente indispensabile restaurare la fiducia del pubblico nei prodotti bovini."

Il sistema di controllo è strettamente collegato all'età degli animali, visto che solamente animali al di sopra di una certa età sviluppano sintomi clinici di bse a causa del lungo periodo di incubazione del morbo. Attualmente, i test anti-bse possono essere eseguiti solo sul cervello di animali morti (autopsia).

Il programma di test precedentemente adottato e che entrerà in vigore in tutto il territorio dell'Unione Europea a partire dal 1 gennaio 2001 era stato pensato in funzione di essere applicato agli animali a rischio (cioè a quelli che mostrano sintomi di natura neurologica) e prevedeva circa 170.000 test. Alcuni Stati membri hanno già cominciato a applicare questi test e questa è la ragione per la quale in Francia sono emersi casi di bse che non erano stati precedentemente individuati.

Il Commissario Byrne ha già invitato gli Stati membri a introdurre il programma di test prima della data prevista e di rafforzare tale programma di controlli al massimo (vedi IP/00/1286 di venerdì 10 novembre 2000).

Misure di prevenzione attualmente in vigore

Negli ultimi sei anni, l'UE ha introdotto un'importante serie di leggi in materia, che riduce notevolmente il livello di rischio di esposizione da parte del pubblico a materiale animale infetto da bse. I più importanti sono:

- Il divieto di somministrare ai ruminanti carni provenienti da mammiferi e farine animali;

- Standard molto più elevati per il trattamento di residui animali;

- Il requisito di rimuovere e distruggere specifico materiale a rischio (cioè midollo spinale, cervello);

- Misure di controllo attivo per individuare casi di bse, inclusa l'introduzione di test a caso.

Queste misure di controllo in vigore costituiscono già un miglioramento sostanziale rispetto alla situazione precedente e sono basate su pareri scientifici aperti e trasparenti. Tuttavia, queste misure possono funzionare solo se applicate rigorosamente. Gli Stati membri hanno la responsabilità di controllare l'applicazione rigorosa queste misure.

I Commissari Byrne and Fischler considerano che un'applicazione rigorosa e piena di queste misure in tutti gli Stati membri dovrebbero assicurare l'alto livello di protezione della salute pubblica che i consumatori si aspettano.

Situatione in Francia

La Francia ha visto un aumento dei casi di bse negli utlimi mesi, in parte a causa dell'introduzione del programma di test. Anche se queste cifre destano chiaramente preoccupazione, è necessario mettere le cose nella giusta prospettiva. L'attuale maggiore incidenza di bse in Francia è di circa 7 casi per milione di bovini al di sopra di due anni. Questo livello va comparato con lo standard riconosciuto internazionalmente di 100 casi per milione di animali per gli Stati membri che hanno un'alta percentuale di animali infettati.

© Comunità europee, 1995-2000
 

 

Bruxelles, 15 novembre 2000

Principale legislazione dell'UE sull'ESB

L'elenco è una rassegna della principale legislazione dell'Unione europea (UE) sull'Encefalopatia spongiforme bovina (ESB), come pure dei principali elementi delle decisioni. Una rassegna cronologica completa di tutta la legislazione sull'ESB è disponibile all'indirizzo internet: http://europa.eu.int/comm/food/fs/bse/index_en.html

Decisione 89/469 28 luglio 1989 (bestiame vivo Regno unito)
Il Regno unito non invia negli Stati membri bestiame vivo nato prima del 18 luglio 1988 o nato da femmine sospette di essere affette da encefalopatia spongiforme bovina o nelle quali sia stata confermata ufficialmente la presenza del morbo.

Decisione 90/134 6 marzo 1990 (notifica di ESB)
Devono essere notificati tutti i focolai di encefalopatia spongiforme bovina.

Decisione 90/200 9 aprile 1990 (prodotti Regno Unito)
Il Regno Unito non invia negli altri Stati membri cervella, midollo spinale, timo, tonsille, milza, intestini provenienti da bovini di età superiore ai sei mesi al momento della macellazione.

Decisione 94/381 27 giugno 1994 (divieto di mangimi)
Gli Stati membri vietano la somministrazione ai ruminanti di proteine derivate da tessuti di mammiferi.

Decisione 94/382 27 giugno 1994 (Lavorazione di resti di ruminanti)
Approvazione di sistemi alternativi di trattamento termico di rifiuti animali provenienti da ruminanti nell'intento di neutralizzare gli agenti dell'encefalopatia spongiforme.

Decisione 96/239 27 marzo 1996 (embargo nei confronti del Regno Unito)
Il Regno Unito non può esportare dal proprio territorio verso gli altri Stati membri o paesi terzi bovini e prodotti bovini

Decisione 96/449 18 luglio 1996 (lavorazione di rifiuti provenienti da mammiferi)
Condizioni di lavorazione di rifiuti provenienti da mammiferi nell'intento di neutralizzare gli agenti dell'encefalopatia spongiforme: 133° - 3 Bar - 20 minuti - ora sostituita dalla 1999/534 (introduce condizioni di lavorazione per il sego).

Decisione 98/256 16 marzo 1998 (parziale abrogazione dell'embargo nei confronti del Regno Unito - ECHS)
Prima modifica dell'embargo nei confronti del Regno Unito: Rafforzamento di controlli e prime misure di abrogazione dell'embargo nell'ambito del Programma per l'esportazione da allevamenti certificati (ECHS) d'Irlanda del Nord

Decisione 98/272 23 aprile 1998 (sorveglianza epidemiologica di tutte le EST)
Stabilisce le norme generali di sorveglianza di tutte le encefalopatie spongiformi trasmissibili (EST). Modificata dalla 2000/374, che introduce test raapidi (vedi sotto)

Decisione 98/653 18 novembre 1998 (embargo nei confronti del Portogallo)
Divieto di spedizione di bovini e prodotti bovini dal Portogallo

Decisione 98/692 25 novembre 1998 (parziale abrogazione dell'embargo nei confronti del Regno Unito - DBES)
Seconda modifica dell'embargo contro il Regno Unito: Adozione dei principi della seconda fase verso l'abrogazione del divieto nell'ambito del Programma di esportazione in base alla data (DBES) applicabile nell'intero Regno Unito.

Decisione 99/514 23 giugno 1999 (data di spedizione di carne e prodotti a base di carne DBES)
Fissazione delle data alla quale può iniziare la spedizione di carne di manzo e di prodotti a base di manzo provenienti dal Regno Unito: 1° agosto 1999

Decisione 2000/374 5 giugno 2000 (rafforzamento della sorveglianza mediante test rapidi)
Rafforzamento della sorveglianza epidemiologica dell'ESB nel bestiame mediante introduzione di un programma di monitoraggio a partire dal 1° gennaio 2001, mediante test rapidi post mortem. Gli Stati membri svolgono programmi annuali di monitoraggio su un campionario mirato di animali, con particolare attenzione agli animali che muoiono nelle aziende agricole, agli animali malati macellati d'urgenza e agli animali con sintomi di comportamento o neurologici.

Decisione 2000/418 29 giugno 2000 (Materiali a rischio specifico - MRS)
Gli Stati membri eliminano tessuti animali fra i più suscettibili di presentare un rischio ESB (in sintesi: cranio, tonsille, midollo spinale e ileo) dalla catena alimentare a jmale e umana a partire dal 1° ottobre. Le importazioni di carne da paesi terzi sono soggette agli stessi requisiti dal 1° aprile 2001, a meno che una valutazione scientifica non indichi l'inutilità di tali misure.

Proposta 19 ottobre 2000 (scorte di cui sono scaduti i termini)
La bozza di regolamento propone di vietare il riciclaggio di scorte di cui sono scaduti i termini e di materiale animale di scarto nei mangimi. Il solo materiale animale consentito per la produzione di mangimi sarebbe il materiale derivato da animali dichiarati idonei per il consumo umano in seguito a ispezione veterinaria. (Stadio di proposta, adottata dalla Commissione il 19 ottobre)

© Comunità europee, 1995-2000
 


 
SANITÀ PUBBLICA E SANITÀ ANIMALE
BSE: Situazione attuale e prospettive

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Contesto
Dall'inizio degli anni '90 la politica sanitaria dell'Unione nel settore dei controlli veterinari è diventata sempre più vigile, a seguito della comparsa nel Regno Unito dell'encefalopatia spongiforme dei bovini (BSE), altrimenti detta "morbo della mucca pazza", i cui primi casi si sono manifestati, sempre nel Regno Unito, nella seconda metà degli anni '80.

Le istituzioni comunitarie avevano preso diverse iniziative per evitare la diffusione di questa malattia negli altri Stati membri (della quale, alla fine del 1998, erano stati diagnosticati circa 175 000 casi dall'inizio dell'epidemia). Tuttavia è solo dopo la scoperta di un possibile legame tra la BSE e la sua variante umana, la malattia di Creutzfeldt-Jacob (nvMCJ), di cui si cominciano a segnalare le prime vittime, che la Commissione europea il 27 marzo 1996 vieta l'esportazione dal Regno Unito di bovini, carni bovine e derivati.

La lotta contro la BSE e la MCJ suscita un'intensa attività da parte delle istituzioni comunitarie. L'istituzione in seno al Parlamento europeo, nel 1996, di una commissione temporanea di inchiesta, ha dato il via ad una stretta e costruttiva cooperazione tra il Parlamento stesso e la Commissione. La pubblica sanità, la sicurezza delle derrate alimentari e la protezione dei consumatori sono ora al centro di un'importante azione politica congiunta; è evidente però che per vincere definitivamente la lotta contro la BSE tutti gli Stati dovranno assumersi le proprie responsabilità, specie in materia di controlli.

Misure adottate dalla Commissione e rispetto della legislazione
In base alla relazione approvata dalla commissione temporanea d'inchiesta sulla BSE del Parlamento europeo, il 14 maggio 1997 la Commissione ha adottato un piano d'azione, illustrato nella prima relazione consolidata [COM(97) 509 def.], che mette in evidenza le misure di protezione prese per eradicare la BSE, proteggere la salute pubblica e ristabilire la fiducia dei consumatori. In essa la Commissione si impegna a presentare ogni sei mesi una relazione sui progressi fatti nell'applicazione delle misure contro la BSE nei diversi Stati membri.

Tra i provvedimenti legislativi adottati dalla Commissione nel quadro del piano d'azione occorre citare la decisione 97/534/CE (misura d'applicazione della direttiva 89/662/CEE) sul divieto di utilizzare materiale a rischio per quanto riguarda la BSE (il cranio, compreso il cervello e gli occhi, le tonsille e il midollo spinale di bovini e caprini; la milza di ovini e caprini). La decisione proibisce altresì l'impiego della colonna vertebrale per la produzione di carni recuperate meccanicamente e completa l'elenco degli ingredienti di cui è vietato l'impiego negli alimenti composti per animali (decisione 97/582/CE). È stata inoltre introdotta un'etichettatura specifica degli alimenti per animali costituiti da proteine derivate da tessuti di mammiferi (direttiva 97/47/CE).

Per meglio proteggere il consumatore migliorando l'informazione sull'origine delle carni, il 21 aprile 1997 il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 820/97, che consolida le disposizioni della direttiva 92/102/CEE al fine di renderle più efficaci. Tale regolamento, che istituisce un nuovo sistema di identificazione e di registrazione dei bovini, prevede marchi auricolari per l'identificazione dei singoli animali, una base di dati informatizzata centrale, un passaporto per ciascun bovino e registri individuali tenuti presso ciascuna azienda. Per poter rintracciare gli animali in maniera rapida ed efficace, le informazioni concernenti tutte le aziende situate sul territorio dello Stato membro saranno registrate nella base di dati informatizzata insieme all'identità dei bovini e ai loro movimenti.

Per quanto riguarda l'etichettatura delle carni bovine e dei prodotti derivati, il regolamento (CE) n. 820/97 stabilisce che ciascun operatore od organizzazione del settore delle carni bovine debba presentare un disciplinare indicante le informazioni che devono figurare sull'etichetta e le misure da adottare per garantirne la veridicità. Tale disciplinare deve assicurare la costituzione di un nesso tra l'identificazione della carcassa, dei tagli di carne o dei prodotti a base di carne e l'identificazione dell'animale da cui provengono.

Misure adottate nel Regno Unito fino alla revoca totale dell'embargo il 1° agosto 1999
Il 27 marzo 1996 l'Unione europea decideva di vietare l'esportazione di prodotti bovini dal Regno Unito. Il Consiglio europeo di Firenze, del 21 e 22 giugno 1996, prevedeva tuttavia la possibilità di mitigare gradualmente il divieto, sulla base delle cinque condizioni seguenti:

ritiro di tutte le farine di carne e ossa dalle aziende agricole o dagli stabilimenti che producono alimenti per il bestiame; 
rafforzamento dei controlli nei macelli; 
introduzione di un sistema di passaporti per i singoli bovini e di un sistema informatico che consenta di identificare e rintracciare gli animali; 
eliminazione ed esclusione dalla catena alimentare umana ed animale dei bovini di età superiore a 30 mesi; 
applicazione di un piano di macellazione selettivo. 
Il Regno Unito ha preso provvedimenti per soddisfare le condizioni stabilite trasmettendo alla Commissione relazioni bimestrali d'informazione sulle misure adottate e i risultati ottenuti. Da tali relazioni emerge che fino al settembre 1998, considerando tutti i piani di eradicazione, nel Regno Unito erano stati abbattuti e distrutti più di 4 milioni di bovini.

La Commissione ha effettuato una serie di ispezioni nel Regno Unito per verificare i progressi fatti nell'applicazione delle misure di eradicazione e di controllo. Sono state svolte missioni periodiche per controllare il rispetto della normativa comunitaria, soprattutto in materia di immagazzinamento di farine di carne e ossa non ancora distrutte, e del divieto di esportazione imposto dalla decisione 96/239/CE (in seguito abrogata con la decisione 98/256/CE). Sulla base delle ultime missioni nel Regno Unito [seconda relazione semestrale sulla BSE, COM(98) 598 def.], gli ispettori hanno concluso che la decisione 98/256/CE sembra essere stata correttamente recepita e hanno formulato raccomandazioni su diversi aspetti, quali la possibilità di rintracciare gli animali, la certificazione e il controllo del sego.

Già nel febbraio 1997, forte delle misure adottate e dei risultati ottenuti, il Regno Unito aveva presentato una prima proposta volta a sopprimere le restrizioni all'esportazione di bovini provenienti da mandrie certificate indenni dalla BSE. Tale proposta è stata oggetto di numerose osservazioni da parte del comitato scientifico veterinario, sulla scorta delle quali il Regno Unito ha migliorato il proprio dispositivo e ha presentato una nuova proposta nel luglio dello stesso anno.

Nell'estate 1997 l'UCLAF e l'UAV hanno confermato l'esistenza di frodi su larga scala, il che ha indotto il Regno Unito a rafforzare i controlli veterinari per impedire qualsiasi esportazione di carni bovine britanniche.

In seguito al complesso di provvedimenti adottati dal Regno Unito e all'accordo di massima del comitato scientifico per le misure veterinarie in relazione alla sanità pubblica (ex comitato scientifico veterinario, CSV), previo esame del comitato veterinario permanente (CVP), il 16 marzo 1998 il Consiglio dei ministri dell'agricoltura ha dato il proprio accordo alla revoca condizionata e limitata del divieto di esportazione dall'Irlanda del Nord (Ulster) di carni bovine disossate provenienti da mandrie idonee, ovvero indenni dalla BSE da almeno 8 anni. 
Questa decisione è entrata in vigore il 1° giugno 1998, cioè alla data fissata dalla Commissione sulla base di nuove ispezioni che hanno confermato la conformità dei provvedimenti adottati dalle autorità britanniche.

Il 1° agosto 1999 è stato parzialmente revocato il divieto di esportazione dei bovini dal Regno Unito (la revoca riguarda soltanto le carni disossate e i prodotti derivati, ottenuti da animali nati dopo il 1° agosto 1996). 
Gli Stati membri avevano accettato il principio di revoca dell'embargo nel novembre 1998 (decisione 98/692/CE), sulla base di un programma per l'esportazione su base cronologica (DBES) che rappresenta l'ultima tappa del processo di eliminazione graduale e condizionata del divieto, definito dal Consiglio europeo di Firenze. 
Tale programma è stato elaborato a partire dalle raccomandazioni degli organi comunitari competenti, segnatamente il comitato scientifico direttivo, in modo da garantire l'innocuità dei prodotti esportati verso gli altri Stati membri e i paesi terzi. Per tale motivo esso riguarda soltanto le carni bovine fresche disossate e i prodotti derivati ottenuti da animali nati dopo il 1° agosto 1996, data a partire dalla quale vige ed è applicato nel Regno Unito il divieto relativo alle farine di carni e d'ossa. Inoltre gli animali in questione debbono essere macellati ad un'età compresa tra i 6 e i 30 mesi e devono essere nati da una fattrice che è sopravvissuta per almeno 6 mesi al parto e che non è mai stata colpita dall'BSE. Infine, la progenie di fattrici infette deve essere abbattuta e le carcasse devono essere distrutte.

Questa decisione rappresenta la tappa finale del processo di eliminazione graduale e condizionata del divieto definito dal Consiglio europeo di Firenze.

Rafforzamento dei meccanismi di controllo e di ispezione
Durante la crisi della BSE, la Commissione ha proceduto a una ristrutturazione dei propri servizi responsabili della protezione della sanità pubblica in campo alimentare, al fine di separare i servizi competenti per la realizzazione dei controlli da quelli incaricati di migliorare la trasparenza e la diffusione dell'informazione in merito ai controlli stessi.

La comunicazione COM(97) 183 def. della Commissione contiene proposte intese a sviluppare e riorganizzare in ampia misura i servizi di controllo e di ispezione alimentare, veterinaria e fitosanitaria a livello della Comunità e degli Stati membri. 
A livello comunitario, tale riorganizzazione riguarda soprattutto i tempi delle procedure di ispezione e di invio della relazione da parte della Commissione, nonché quelli di ricezione delle relazioni da parte delle autorità nazionali competenti e di invio delle osservazioni alla Commissione.

A livello degli Stati membri, la riorganizzazione (e cioè l'istituzione di strutture amministrative adeguate negli Stati membri) si fonda su tre principi:

controlli su tutte le catene di produzione alimentare, animale e vegetale; 
valutazione dei rischi onde stabilire le priorità delle missioni; 
maggior utilizzo delle tecniche di audit, onde sorvegliare l'azione dell'autorità competente. 
In materia di esecuzione dei controlli in loco, il 4 febbraio 1998 la Commissione ha adottato le decisioni 98/139/CE e 98/140/CE che fissano alcune modalità relative ai controlli in loco nel settore veterinario effettuati da esperti della Commissione negli Stati membri. 
Le suddette decisioni sostituiscono la normativa comunitaria esistente nel settore e rafforzano la trasparenza per quanto riguarda i risultati delle ispezioni dell'UAV.

In applicazione dell'articolo 9, paragrafo 2 della direttiva 89/608/CEE relativa alla mutua assistenza tra gli Stati membri in materia di legislazione veterinaria , il 3 aprile 1998 i servizi della Commissione (DG XXIV) avevano informato le autorità veterinarie di tutti gli Stati membri delle gravi irregolarità emerse in occasione delle ispezioni dell'ufficio alimentare e veterinario negli Stati membri. Tali irregolarità ostacolavano la rintracciabilità delle carni. Venivano ignorati principi fondamentali del commercio delle carni nella Comunità, facilitando in tal modo le frodi negli scambi internazionali. 
Si è chiesto ai servizi veterinari di dare la priorità ai controlli ufficiali riguardanti l'identificazione delle carni fresche, i documenti commerciali e la realizzazione di controlli interni da parte delle imprese, come previsto dalla normativa comunitaria.

Tutela della salute pubblica
Dopo l'annuncio, il 20 marzo 1996, di un possibile legame tra la BSE e la MCJ, il 10 aprile 1996 la Commissione aveva convocato una riunione congiunta del comitato ad alto livello sulla salute, costituito da alti funzionari dei ministeri della sanità e dai responsabili degli Stati membri nel settore medico. Vi era rappresentato anche il servizio dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) incaricato della sorveglianza e del controllo delle malattie emergenti e di altre malattie trasmissibili. Tale riunione era intesa ad assicurare un coordinamento adeguato tra gli Stati membri e a raggiungere un accordo sulla migliore strategia da adottare nel settore della pubblica sanità.

A seguito di tale riunione, i servizi della Commissione hanno introdotto un obbligo di notifica e di segnalazione tempestiva di tutti i casi di MCJ registrati negli Stati membri. I dati relativi a tali casi vengono raccolti in un documento di lavoro dei servizi della Commissione, che viene redatto periodicamente sulla base di un questionario armonizzato indirizzato a tutti gli Stati membri, in modo da poter esaminare e raffrontare l'evoluzione delle situazioni. Tale documento offre inoltre un quadro generale delle attività di sorveglianza, delle analisi di laboratorio e delle misure di protezione prese a livello nazionale e comunitario.

Da allora vengono regolarmente elaborati in tale quadro e trasmessi al Consiglio e al Parlamento europeo documenti di lavoro che presentano la situazione epidemiologica attuale per tutte le forme di MCJ.

Oltre alle misure prese per seguire l'evoluzione della MCJ, la Commissione ha lanciato un'importante iniziativa per lottare contro la comparsa o la propagazione di un certo numero di malattie trasmissibili, in cui ha un ruolo centrale la creazione di una rete comunitaria di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili, prevista dalla decisione 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

Un'altra misura essenziale in un settore connesso è stata presa il 26 maggio 1997, quando la Commissione ha presentato una comunicazione e una proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che adotta un programma d'azione comunitario quinquennale (1999-2003) sulle malattie rare nel contesto del quadro d'azione nel settore della sanità pubblica (Gazzetta ufficiale C 203, 03.07.1997). Tale programma è inteso, tra l'altro, a promuovere iniziative a favore dei gruppi di sostegno ai pazienti e alle loro famiglie, direttamente o indirettamente colpiti da malattie rare, ivi comprese la affezioni neurodegenerative.

Valutazione dei rischi di trasmissione tramite materiali derivati
Gli scienziati non hanno tardato a rendersi conto che determinati tessuti si prestano più di altri a veicolare l'agente infettivo e a trasmettere la BSE. Intervenendo a livello di questi tessuti, sembra che sia possibile ridurre sensibilmente il rischio di trasmissione.

Nell'aprile 1996 un gruppo di esperti riuniti dall'OMS aveva raccomandato che nessun prodotto o parte di qualsiasi animale che avesse presentato sintomi di encefalopatia spongiforme trasmissibile (EST) fosse introdotto nelle catene alimentari umana e animale e che nessun paese consentisse che tessuti che potevano contenere l'agente della BSE entrassero nelle suddette catene alimentari.

Il 21 ottobre 1996 il comitato scientifico veterinario dell'Unione europea aveva espresso il parere che la presenza della scrapie non si potesse escludere in nessuno Stato membro. Il rischio legato alla BSE era molto meno elevato negli Stati membri diversi dal Regno Unito, ma era comunque reale. Il comitato aveva inoltre raccomandato che i tessuti denominati "materiale specifico a rischio" (MSR) fossero ritirati da tutte le catene alimentari (umana o animale) dei paesi e delle regioni in cui era stato individuato un rischio potenziale. Tali tessuti comprendevano essenzialmente cervello, midollo spinale e occhi di bovini, ovini e caprini di età superiore ad un anno nonché la milza di ovini e caprini.

Sulla base di tali raccomandazioni e pareri, la Commissione ha elaborato una proposta di decisione volta a proibire l'impiego del MSR, adottata il 30 luglio 1997 (decisione 97/534/CE). Tale decisione vieta, a decorrere dal 1° gennaio 1998, qualsiasi impiego di MSR e contiene disposizioni intese a proibire le importazioni di prodotti derivati da tali tessuti, o che ne contengano, provenienti da paesi terzi. L'entrata in vigore della decisione è stata rinviata al 1° gennaio 2000. 
Alcuni Stati membri hanno del resto già adottato provvedimenti di divieto volti a tutelare i consumatori: il Regno Unito nel 1989, la Francia nel 1996, i Paesi Bassi nel 1997 e il Belgio nel 1998. 

I paesi terzi, ad eccezione della Svizzera, si considerano indenni dalla BSE e non accettano che la Comunità applichi una sia pur minima restrizione alle loro esportazioni. Eppure, ad eccezione forse dell'Australia e della Nuova Zelanda, tutti i paesi terzi in cui si allevano ovini sono colpiti dalla scrapie.

Farine animali
Sin dalle prime manifestazioni della BSE gli scienziati britannici hanno sospettato che il consumo di farine di carne e ossa da parte dei bovini fosse responsabile dell'epizoozia. Per questo dal luglio 1988 nel Regno Unito e dal giugno 1994 in tutta l'Unione europea è vietato l'impiego di farine ottenute da mammiferi nell'alimentazione dei ruminanti. L'UE ha inoltre introdotto norme di fabbricazione obbligatorie in tutti gli Stati membri (decisione 96/449/CE) per migliorare la qualità delle farine destinate all'alimentazione animale.

Nella prima relazione semestrale di verifica della BSE [COM(97) 509 def.] la Commissione ha proposto che il Centro comune di ricerca svolga studi sulla omologazione dei test di individuazione delle farine di carne e ossa negli alimenti.

Nell'ottobre 1998 il Regno Unito ha annunciato l'intenzione di procedere nel primo trimestre del 1999 all'incenerimento di 255 000 tonnellate di farina di carne e ossa [seconda relazione semestrale di verifica della BSE, COM(98) 598 def.].

Sicurezza di altri prodotti derivati da ruminanti
Dalla sua istituzione nel settembre 1997, il comitato scientifico direttivo (CSD) ha rivolto particolare attenzione alla sicurezza dei prodotti derivati da ruminanti potenzialmente infetti dalla BSE (gli animali effettivamente infetti o ad alto rischio vengono distrutti), quali la gelatina, le farine di carne e ossa, il sego e i suoi derivati, il fosfato bicalcico, gli idrolizzati proteici e i fertilizzanti organici. Per ciascuno di questi prodotti è stato adottato un parere scientifico in cui vengono specificate le condizioni necessarie affinché il prodotto in questione possa essere utilizzato come alimento, prodotto farmaceutico o cosmetico, mangime o prodotto tecnico/industriale. Tali condizioni riguardano l'origine geografica dei materiali (la situazione del paese di origine in relazione alla BSE), il livello di infettività eventuale dei tessuti utilizzati (ad esempio, sistema nervoso, cranio, occhi, ossa, pelle, ecc.), i processi di produzione e la destinazione finale del prodotto. Sempre al fine di garantire la massima sicurezza dei prodotti, il CSD ha adottato nei mesi di luglio e settembre 1999 due pareri concernenti la destinazione e il trattamento delle carcasse e del materiale sequestrato nei macelli, nonché i rischi potenziali connessi con il riciclo di suini, volatili e pesci per l'alimentazione animale.

La BSE negli ovini e nei piccoli ruminanti
Il CSD, nel suo parere del settembre 1998, ritiene possibile che la BSE sia stata trasmessa a popolazioni di ovini e caprini dell'Unione in seguito al consumo di farine di carne e ossa contaminate, confermando l'opportunità di applicare anche ai piccoli ruminanti le misure di gestione del rischio già previste per gli altri ruminanti (ad esempio, esclusione del materiale specifico a rischio, sardigne che rispettano requisiti molto precisi, ecc.). Nel maggio 1999 il CSD ha inoltre raccomandato una serie di azioni di ricerca da intraprendere in linea prioritaria, nonché l'attuazione di idonei sistemi di sorveglianza epidemiologica in tutti gli Stati membri. Il CSD prevede infine di procedere a una valutazione del rischio di presenza della BSE nei piccoli ruminanti nelle diverse regioni geografiche dell'Unione.

Programmi di ricerca
Dal 1990 la ricerca sulla BSE è sostenuta finanziariamente dall'Unione europea nel quadro di programmi di ricerca e sviluppo tecnologico, soprattutto dopo l'annuncio, fatto dalle autorità britanniche il 20 marzo 1996, della comparsa di una nuova variante della malattia di Creutzfeldt Jakob (nvMCJ). La Commissione ha adottato un piano d'azione per ricerche sulle encefalopatie spongiformi trasmissibili (EST), che tiene conto delle raccomandazioni della relazione del gruppo Weissmann (costituito nell'aprile 1996) e del Comitato scientifico pluridisciplinare, nonché delle ricerche in corso a livello nazionale e comunitario. Tale piano d'azione comporta due aspetti:

coordinamento delle attività degli Stati membri, per armonizzare i metodi di raccolta dei dati e dei criteri diagnostici, il che è indispensabile ai fini della comparabilità dei dati; 
inviti a presentare proposte specifiche, per stimolare le ricerche a livello comunitario. 
A partire dal 1990 sono stati pubblicati diversi inviti a presentare proposte per attività di ricerca nel settore delle EST. Questi inviti rientrano nel quadro dei programmi comunitari di ricerca nei settori della biomedicina e della sanità (BIOMED), della biotecnologia (BIOTECH), nonché dell'agricoltura e della pesca (FAIR).

Le attività di ricerca concernono in particolare:

la valutazione dei rischi di EST; 
la cura delle EST; 
il coordinamento delle attività nazionali di ricerca degli Stati membri. 
Sempre dal 1990 e nell'ambito dei programmi BIOMED, BIOTECH e FAIR la Commissione finanzia ricerche anche per quanto riguarda l'identificazione dell'agente della BSE e delle nuove varianti di tale malattia nonché la possibilità di prevenire e di curare la nuova variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob.

È stato avviato un coordinamento tra i programmi comunitari succitati e i programmi nazionali di ricerca.

Di recente, nell'ambito generale dei lavori sulle malattie trasmissibili, si è venuta a creare una stretta cooperazione con organismi internazionali quali l'OMS e l'ufficio internazionale delle epizoozie (U.I.E.).

Strategia di prevenzione a livello legislativo
La Commissione si concentra attualmente su una strategia di prevenzione delle EST e dell'BSE con la sua proposta di regolamento COM(98) 623 def. (GU C 45 del 19.2.1999) destinata ad evitare il ripetersi di crisi come quella della BSE. 
Tale proposta è intesa segnatamente a definire una base giuridica in materia di eradicazione di tutte le EST, nonché le condizioni applicabili agli scambi per impedire la propagazione dell'BSE attraverso i movimenti di bovini, ovini e caprini vivi.

© Comunità europee, 1995-2000

Note sintetiche sulla macellazione (a cura di FlaiCgil Emilia Romagna)

Le esigenze, da parte dei clienti, di salubrità ed igiene degli alimenti e la “crisi della mucca pazza”, hanno profondamente cambiato, e stanno cambiando, i rapporti fra clienti e fornitori. La distribuzione moderna sta assumendo sempre più un ruolo strategico e predominante, per il suo marchio, i suoi prodotti e le garanzie che riesce a dare ai suoi clienti. Il “totale” controllo di qualità della carne, inteso non solo nel gusto e nell’igiene dei prodotti, deve interessare tutto il processo di filiera con precise informazioni su allevamento, razza, alimentazione ed eventuali malattie. La grande distribuzione, con le sue richieste ed esigenze, per garantire la genuinità e salubrità dei prodotti che vende segmenta il mercato. La nuova sfida è il controllo totale del processo, cioè la tracciabilità!
La tracciabilità dovrà diventare il punto di forza dell’industria di macellazione e diventerà un’importante frontiera competitiva. Attualmente la tracciabilità garantita dagli allevatori, nella fase di allevamento, rischia di disperdersi all’entrata del macello. L’impossibilità di dimostrare, in maniera sicura, l’origine degli animali, la loro razza, il tipo di allevamento e tutto ciò che è richiesto dalle normative comunitarie, dai consumatori e dai grandi distributori costituisce elemento di esclusione dal mercato a vantaggio di chi è in grado di dare tali dimostrazioni. 

Distribuzione
Il distributore essendo il più “forte” detta le condizioni, e se si considera che la carne viene considerato un prodotto civetta, quindi non viene “valorizzata” economicamente, si ha un effetto di compressione sui margini di guadagno dei macelli.
I circuiti distributivi vivono una profonda rivoluzione:
- Nascono e si incrementano nuove formule distributive (Super e Ipermercati), si hanno fenomeni di concentrazione delle imprese e delle centrali di acquisto;
- Aumentano i processi di internazionalizzazione, tanto da far temere che in pochi anni la maggior parte dei centri distributivi sarà sotto il controllo di imprese estere (francesi e tedesche) con ulteriori effetti sulle politiche di autoapprovvigionamento.

Problematiche della filiera italiana
alcuni elementi che caratterizzano il nostro mercato:
- Nel 1996 l’avvento della “mucca pazza” a fortemente contratto i consumi e i volumi prodotti;
- Considerando il biennio 97/98 confrontandolo con il 96 si è avuto un incremento dei consumi (+6.2%) quindi una situazione di recupero;
- Sempre riferendosi al biennio 97/98 si nota però un calo dei capi macellati (-5.8%);
- Contestualmente l’autoapproviggionamento nel 1996 era al 71.8% passa nel 98 al 62%, quindi un drastico calo;
- Il disvanzo agro-alimentare nel 98 era di 15.580 miliardi, il comparto bovino rappresenta una quota del 22%;
La parte alta della filiera non riesce a rispondere in modo adeguato ed efficace alle sollecitazioni del mercato, inoltre si deve considerare il caso “diossina” nelle carni belghe che ha ulteriormente appesantito la situazione. Fattori “shock”, diossina e mucca pazza, che producono importanti fenomeni su tutta la filiera, il mercato finale ed i consumatori richiedono maggiori garanzie e certificazioni, ed inoltre hanno maggiori esigenze.

L’industria della macellazione
si presenta particolarmente polverizzata, tecnicamente e tecnologicamente arretrata rispetto ad altri Paesi europei.Nonostante una progressiva diminuzione degli impianti dal 1993 al 1999, da 6000 a 2200 a cui si devono aggiungere 700 impianti per la macellazione di altre specie animali, non siamo ancora ai livelli degli altri Paesi europei. Occupati in questo settore sono 10.200 La maggior parte dei macelli di dimensioni superiori ai 6000 capi per anno si trova in Emilia e nel Veneto, nel Piemonte è presente una forte polverizzazione. Il 72% dei capi è macellato in sole 4 Regioni: Lombardia (21.7%), Veneto (19.7%), Emilia-Romagna (18.1%) e Piemonte (12.5%). Solo 10 macelli si pongono a livelli industriali assorbendo il 22% delle macellazioni, di questa percentuale il 12% è riferito al gruppo Cremonini. Esistono anche 440 macelli pubblici, fra i citati 2200, che funzionavano a capacità ridotta ed in deroga alle normative igeniche e sanitarie. Solo il 15% degli impianti è in possesso del bollo CEE, cioè 330 macelli; un numero 16 volte superiore a quello olandese e 7 volte a quello irlandese. La Francia con 270 macelli realizza una produzione dell’ 80% superiore a quella italiana. Utilizzando come riferimento la situazione degli altri paesi europei, per quanto riguarda il rapporto dimensioni medie/capi annui e il numero di autorizzazioni Cee, sarebbero sufficienti 244 macelli in base al modello francese e soltanto 40 in base la modello olandese. Ovviamente si tratta solo di una simulazione, che tuttavia è significativa del processo che riaffermerà nei prossimi anni, ma che in alcuni casi è già partito con le concentrazioni e le politiche di acquisizione che hanno interessato le realtà di maggiori dimensioni, appartenenti sia al settore bovino che a quello suino.

Macelli nazionali ad elevata polverizzazione
2200 imprese di macellazione bovina con 10.200 addetti di cui il 21% è manodopera indiretta, cioè rapporti contrattuali con imprese terze (esternalizzazioni) che possono avere in gestione la macellazione ed il disosso. 
Il 30% di queste strutture è esclusivamente dedicata alla macellazione di bovini.
2900 strutture di macellazione di carni rosse, più di ¾ degli impianti totali sono impegnati nella macellazione di carni bovine.
Decremento degli impianti di macellazione bovina: nel 93 6000 impianti, nel 96 3000 e nel 98 2200. Decremento prodotto dalla crescente concorrenza e dai vincoli sanitari.
Le prime 10 imprese detengono il 22% del mercato, di queste le prime tre macellano il 12%. Livello di concentrazione alto ma ancora distante dai livelli europei.
Fra i 2200 impianti di macellazione 440 sono pubblici, in essi sono presenti 2310 occupati (il 22.6% del totale) ed hanno una quota di mercato pari al 18% (2° in graduatoria).
L’84% (1750) macelli è fuori normativa comunitaria (Bollo CEE), la stragrande maggioranza macella meno di 1000 capi all’anno. In questo 84% sono occupati 5990 operai (58.7%) e producono il 60.2% della carne che va sul mercato. Il 50% di questi impianti è collocato in Lombardia ed in Piemonte.
Il 15% degli impianti ha il bollo CEE
L’1% degli impianti, in prevalenza pubblici, opera ancora in deroga alle normative comunitarie.
Capi macellati distribuiti territorialmente
Il 72% dei capi  viene macellato in 4 Regioni: Lombardia (21.7%), Veneto (19.7%), Emilia-Romagna (18.1%) e Piemonte (12.5%). Veneto ed Emilia-Romagna hanno impianti con dimensioni di macellazione superiori ai 6000 capi/anno; Piemonte e Lombardia 1200 capi/anno. Nel resto dell’Italia sono presenti impianti inferiori alla media nazionale.

Graduatorie nella macellazione
Italia è al terzo posto nella graduatoria, come peso, dei bovini macellati con il 14.7%, in Europa.
Nel 1997 Italia ed Olanda hanno avuto un calo della produzione, mentre Spagna ed Irlanda hanno ottenuto un incremento del 25% dal 94 al 97. Questi sono gli effetti prodotti dalla PAC del 1992.
Differenze con gli altri Paesi europei
? Abbiamo il maggior numero di impianti di macellazione
? Il Bollo CEE è presente solo nel 15% degli impianti
? 6° posto come numero di capi macellati/macello
Il bollo CEE è presente in tutti gli impianti presenti in Olanda, Irlanda, Germania, Danimarca, mentre in Francia nell’80% dei casi. Per capacità di macellazione, capi/anno, l’Olanda è la prima, solo tre imprese Italiane sono a quel livello.
Conclusione: sono dati che non producono solo una debolezza competitiva, ma anche inefficienze con l’allevamento e con i consumatori per quanto riguarda le sicurezze e le garanzie alimentari che si devono dare.
Smaltimento parti che non si possono più utilizzare
Midollo, cervello, intestino sono le parti del bovino che non si possono più utilizzare, come conseguenza della “mucca pazza” e devono essere distrutte da imprese specializzate. Ciò costituisce per le aziende di macellazione un ulteriore costo che penalizza ulteriormente la loro competitività.

Esternalizzazioni
La prima forma di esternalizzazione conosciuta è stato il decentramento di fasi produttive, dovute inizialmente alle fluttazioni di mercato, parallelamente si sono avuti decentramenti funzionali cioè forme di collaborazione fra più imprese per la produzione di uno stesso prodotto con la creazione di veri e propri distretti industriali.
Negli anni 80 e 90 assistiamo ad una molteplicità di soluzioni organizzative come ad es: fusioni, acquisizioni, joint-venture ecc.
Questi sono gli anni della “globalizzazione economica”e della Moneta unica, le imprese private sono spinte a riorganizzarsi continuamente ed a ridefinire la propria collocazione strategica sul mercato, con una continua ricerca delle proprie attività strategiche da mantenere o da ricercare e quali da espellere.
Anni in cui vengono abbandonate le politiche keynesiane a favore di politiche e misure economiche più restrittive sui bilanci pubblici, vengono introdotte politiche strutturali di deregolamentazione strutturale nel mercato del lavoro e le imprese avanzano esigenze, ed in parte ottengono, di flessibilità (licenziamenti, assunzioni..) Queste pressioni per una maggior flessibilità, inserite in questo contesto economico, producono una ricaduta sul piano legislativo.
Le imprese nella loro ricerca di una nuova collocazione strategica puntano l’attenzione sui seguenti punti, a volte adottandone uno solo o più contemporaneamente:
1) riduzione dei costi
- sul lavoro con aumento dei ritmi ed anche con l’introduzioni di innovazioni tecnologiche per razionalizzare la manodopera;
- ricercano modalità contrattuali più flessibili;
- prestano scarsa attenzione all’innovazione di prodotto e alla professionalità della forza lavoro;
- le relazioni industriali sono poco partecipate e/o più conflittuali, oppure paternalistiche;
-) innovazione ed investimento sulla qualità dei prodotti
- si presta attenzione alle risorse umane ed alla loro professionalità;
- si investe sulla ricerca e sulla innovazione del prodotto curandone la qualità;
3) esternalizzazioni o terziarizzazioni
- per ridurre i costi;
- per scelta strategica;
- per acquisire competenze tecniche non presenti all’interno dell’azienda.

Esternalizzazioni
Con questo termine possiamo anche intendere, alla luce di quanto sta accadendo oggi,  non soltanto uno spostamento all’esterno ma anche un mantenimento, una perdurante appartenenza.
E’ necessario fare alcune riflessioni sulla nozione di “azienda”. Se consideriamo la giurisprudenza italiana e quella comunitaria tende ad una costante evoluzione. Sulla scia di alcune pronunce comunitarie la nozione impresa non è più caratterizzata dai beni, bensì dall’esistenza di un’attività identificabile come identità economica a se stante. Quindi uno degli strumenti per considerare un appalto lecito cioè il non inserimento nei processi produttivi risulterebbe di difficile applicazione.
Cessioni di rami d’azienda, con l’affitto dei locali e degli impianti, a società, consorzi e cooperative, controllate direttamente è lo strumento che si sta utilizzando per mascherare degli appalti che possono essere considerati illeciti.
Operazione di facciata per riacquisire, tramite un contratto commerciale di fornitura, ciò che è uscito dalla titolarità dell’impresa. 
Questa nuova forma di esternalizzazione e quelle più tradizionali costituiscono un vero e proprio elemento che “droga” il mercato e la concorrenza fra le imprese.
Il 21% degli addetti alla macellazione ha rapporti di lavoro indiretti, prevalentemente sono soci-lavoratori di cooperative. Per effetto del DpR 602, con la deroga al rispetto dei minimi contrattuali e il pagamento dei contributi previdenziali sul salario convenzionale, si stanno creando situazioni difficilmente controllabili e, in molti casi, oltre alla legalità.

Sintesi economica
Tutta la filiera nel suo complesso ha prodotto in tutto il settore delle carni bovine: 17.500 miliardi di consumi finali e 320.000 occupati. L’agricoltura italiana nel 1998 ha prodotto 68.000 miliardi di cui 15.500 di produzione di carni. La carne bovina ha prodotto il 40% del valore complessivo delle produzioni di carni, con 6000 miliardi, rimanendo ancora il principale comparto.
La forza della filiera
Nel 1998 i consumi di carne bovina, domestici ed extra-domestici, hanno raggiunto i 17.500 miliardi di lire. Dal punto di vista occupazionale:
- 200.000 imprese interessate, di cui 116.000 nella produzione del bovino da carne ed 80.000 imprese occupate nella distribuzione (ingrosso e dettaglio) e macellerie;
- da aggiungere altre 100.000 imprese occupate nell’allevamento di vacche da latte, le quali a fine carriera entrano nel circuito della macellazione;
- 320.000 addetti nelle imprese che si occupano della produzione di bovino da carne, occupati a tempo pieno 170.000 di cui 70.000 negli allevamenti,10.000 nelle industrie di macellazione e 90.000 nella distribuzione,ingrosso, dettaglio e servizi.

Grado di attivazione
E’ il coefficiente che esprime la ricchezza nazionale prodotta come conseguenza di un incremento unitario della produzione di un determinato settore produttivo. Il settore delle carni bovine ha un importante livello di Grado di Attivazione con una produzione lorda vendibile di 6.000 miliardi di lire che ha attivato 15.000 miliardi di lire di prodotto interno lordo. Si è determinato che 1.000 miliardi di lire di incremento della produzione lorda vendibile possono generare un incremento di 31.000 unità di lavoro e 2.500 miliardi di lire di prodotto interno lordo.
Ovviamente, importi di tali intensità, ma di segno opposto si scaricano sul sistema economico in uguale misura.
Altri settori ad esempio hanno Gradi di Attivazione inferiori ( alimentari, tessile e legno 25/30%, l’industria petrolifera 50%.
Quindi il settore delle carni è un comparto che in caso di crisi o contrazione determina impatti economici molto rilevanti, ma anche settore che se opportunamente sostenuto da idonee politiche di consolidamento e rilancio, può fornire (specialmente in alcune aree del paese) un contributo determinante allo sviluppo economico ed occupazionale.

Consumi di carni e prezzi
Nel 1998 il consumo totale di carni è stato di 82,6 kg/pro-capite, 40% di carni suine (fresche, lavorate e stagionate), 30% bovine (primo in graduatoria se riferito alle carni fresche), 23,1% avicole e 8,2 % cunicole, ovicaprine ed equine.
Per quanto riguarda i prezzi la carne suina mantiene i prezzi medi più alti, anche grazie al ruolo dei prodotti valorizzati, la carne bovina distanzia ulteriormente quella avicola.
I consumi di carne si sono stabilizzati, dopo anni di costante crescita, quindi sviluppi di mercato avvengono solo sottraendo spazio ad altri prodotti. Le carni avicole, in particolare, hanno avuto dal 1980 un incremento maggiore del 30%, mentre quelle bovine sono diminuite del 10%.
I consumatori sono orientati verso una più attenta ricerca del rapporto qualità/prezzo e alla ricerca di servizi (elaborazioni, conservabilità porzionature e garanzie- informazioni e strumenti-). Richieste che sono già state avanzate anche per altre carni, vedi il sistema di certificazione e controllo nelle industrie salumiere, ora in fase di sviluppo anche per il bovino.

Esigenze dei consumatori. Conseguenze:
- Ricerca di carni più magre e tenere, conseguenza produzione di vitelloni più teneri;
- Valorizzazione di razze tipiche italiane per produzione carne di qualità, esempio catene di distribuzione per la razza Chianina e Romagnola;
- Tracciabilità del prodotto, come conseguenza dei noti avvenimenti su mucca pazza e carne alla diossina;
Il consumo finale è il principale fattore che determina gli stimoli sulla filiera
La fase distributiva (dettaglio ed ingrosso) nell’ultimo decennio ha accresciuto il suo peso relativo a scapito dell’industria e dell’agricoltura, settori, questi ultimi, che hanno un ruolo strategico e possono dare un notevole valore aggiunto all’interno della filiera.

Panorama dei circuiti distributivi e dell’utilizzo della carne bovina
- La distribuzione moderna, Iper/Super, Discount, distribuisce il 35% della carne bovina, sviluppo che ha ridotto i margini operativi delle industrie e imprese agricole. Le imprese di dimensioni piccole e piccolissime hanno notevoli difficoltà a soddisfare le esigenze e le richieste della Distribuzione moderna per i rapporti di qualità/prezzo e per gli standard di servizio richiesti. La Grande Distribuzione privilegia sempre di più le grandi industrie ed i distributori moderni;
- Il dettaglio tradizionale detiene il 33% della distribuzione, in questa percentuale vi è una rete di 40.000 macellerie. In questo segmento prevale il rapporto di fiducia fra negoziante e consumatore;
- L’industria alimentare di trasformazione (tagli disossati, III e IV lavorazioni, preparazione sughi, surgelati, carne in scatola, bresaole…) utilizza il 18% della carne bovina;
- Il Catering ristorazione sociale e collettiva (mense, ospedali, scuole) e la ristorazione commerciale (bar, ristoranti, alberghi, fast-food) utilizza il 6% della carne.

Conclusione: 
La distribuzione ed il consumo sono sempre di più interlocutori privilegiati e punti di riferimento delle fasi a monte della filiera, specialmente oggi con una politica comunitaria orientata ad un progressivo abbandono dei meccanismi di intervento diretto sui prezzi e sul mercato.
Quindi particolari attenzioni per:
- Maggiori sforzi per la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti, capaci di incorporare nuovi servizi;
- Maggiore attenzione al canale Catering, settore che presta attenzione alle carni bovine e che da oltre un decennio, per l’evolversi dei consumi extra-domestici,  è in costante crescita con tassi significativi di sviluppo, in controtendenza rispetto al mercato alimentare complessivo;
 Costruzione percorsi di valorizzazione e tipicizzazione (come negli altri comparti agro-alimentari) che possano coniugare qualità e garanzia;
- Priorità di intervento alla costruzione di un sistema di garanzie sulla qualità e salubrità delle carni per fornire al consumatore italiano tutte le garanzie e le certezze sulla carne che mangia, partendo da un efficiente e trasparente sistema di anagrafe dei capi allevati che deve interessare, in tutte le fasi lavorative, industria di macellazione e circuiti delle catene distributive.
Se così non fosse il settore vedrebbe aumentare ulteriormente la sostituzione di quote di mercato con carne estera e, forse ancor peggio, con alimenti succedanei alle carni.
Note a cura di FlaiCgil Emilia Romagna
 

LE DECISIONI DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI UE  IN SINTESI (20 NOVEMBRE 2000)

Nuove misure

estensione di test veloci e concordati di controllo dal 1° gennaio 2001 per tutti i bovini a rischio, di più di 30 mesi (carcasse, animali abbattuti d’urgenza e animali che presentano segni clinici nelle ispezioni ante mortem); 

Alla luce di questa prima decisione e secondo modalità da precisare,  l’introduzione dei suddetti test rapidi, a partire dal 1° luglio 2001 per i bovini di più di  30 mesi che entrano nella catena alimentare, 

L’esclusione dei prodotti di origine animale impropri per il consumo umano (cadaveri e sequestri di macello) dall’alimentazione degli animali da  allevamento. 

Le suddette proposte saranno presentate al prossimo Comitato veterinario permanente ( il 21/22 novembre 2000) per decidere anche le modalità di attuazione.
Il Consiglio ha sottolineato la necessità di reperire risorse finanziarie al fine di assicurare  il cofinanziamento a livello comunitario dei programmi relativi ai test.
Il Consiglio ha inoltre preso atto dell'impegno da parte della Francia  - oltre alla distruzione degli MRS - a non esportare i prodotti che sono vietati sul suo territorio, e cioè,  bistecche con l'osso, farine animali e grassi di ossa, fino ad una completa valutazione della situazione a livello comunitario. In attesa di questa valutazione e qualora si tratti di carcasse esportate  non disossate e di bovini vivi, il Consiglio conviene sul fatto che gli Stati membri  di destinazione  possano applicare sul loro territorio le stesse misure di precauzione  (disossatura delle carcasse e ritiro degli MRS) applicate in Francia. In tale contesto il Consiglio e la Commissione  insistono  sugli Stati membri  che hanno preso misure nazionali, affinchè tolgano tali misure.
Il Consiglio ha inoltre predisposto i lavori relativi alle proposte della Commissione  volte alla creazione dell'Autorità alimentare europea e relative all'impiego dei sotto prodotti animali nell'alimentazione degli animali da stalla, ai fini di una decisione entro il più breve termine. 

Rafforzamento delle misure già adottate 

Misure di vigilanza per la verifica, il controllo e l’eradicazione della BSE, 

Divieto delle farine di carne e di ossa di mammiferi per i ruminanti, 

Trattamento degli scarti animali a 133 gradi, per 20 minuti, 3 bar al fine di ridurne il grado di infettività, 

Ritiro dei materiali a rischio specificati delle razze bovine, ovine e caprine,

Attuazione di un programma di sorveglianza mediante test rapidi sulle categorie di animali a rischio. 

Il Consiglio ha ricordato che spetta agli Stati membri vigilare sulla rigida applicazione  delle suddette misure ed ha preso atto dell’intenzione della Commissione  di effettuare  velocemente  i controlli necessari a tale scopo. 

Impegni 

Alla luce delle informazioni fornite dagli Stati membri  e delle ispezioni dell'Ufficio alimentare e veterinario, il Consiglio ha invitato la Commissione a redigere un rapporto per la sua prossima sessione  circa l'applicazione delle norme comunitarie  in materia di lotta alla BSE, compreso il divieto  delle farine nell'alimentazione dei ruminanti, nonché a sottoporgli  proposte complementari utili al fine di garantire  il rispetto e l'applicazione delle suddette norme. Nell'ambito del suddetto rapporto, la Commissione  esaminerà gli aspetti sanitari di impiego o di non impiego  delle farine animali  in tutta l'Unione europea, tanto per gli erbivori che per le altre specie.  Detto esame affronterà inoltre  gli aspetti economici ed ambientali. 
 

Dipartimento alimenti nutrizione e sanità pubblica veterinaria 
Uffici III e VIII

Decreto: misure sanitarie di protezione contro le encefalopatie spongiformi trasmissibili.
 

Il Ministro della sanità

Visto il Regio decreto 20 dicembre 1928, n. 3298;

Visto il decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508 e successive modifiche; 

Visto il decreto legislativo 30 gennaio 1993, n. 28 e successive modifiche ;

Visto il decreto legislativo 18 aprile 1994, n. 286 e successive modifiche; 

Visto il decreto legislativo 1° settembre 1998, n. 333;

Visto il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 80;

Visto l’articolo 115 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112

Visto il decreto interministeriale 26 marzo 1994 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 3maggio 1994,n 101;

 Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n.626;
 

Vista la propria ordinanza 15 giugno 1998 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, Serie generale n. 171 del 24 luglio 1998 come modificata dall’ordinanza 16 marzo 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, Serie generale n. 70 del 24 marzo 2000;

Visto il decreto del Ministro della sanità 7 gennaio 2000 pubblicato nel supplemento ordinario n.59 dell'11 marzo 2000 ;
Vista  la decisione della Commissione europea 2000/418/CE;

Ritenuto necessario adottare un provvedimento che consenta una uniforme applicazione della  sopracitata decisione  sull’intero territorio nazionale ; 
 
 
 

DECRETA
 

Articolo 1
(Definizioni e disposizioni generali)

1. Il presente decreto stabilisce le misure sanitarie che devono essere applicate nei confronti del materiale specifico a rischio di cui al comma 2 lettera f), relativamente alla produzione e immissione sul mercato di prodotti di origine animale provenienti da animali della specie bovina, ovina e caprina o contenenti materiali provenienti da tali specie.

2. Ai fini del presente decreto valgono le seguenti definizioni:

a) encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE) : tutte le TSE ad eccezione di quelle che si manifestano nell’uomo;

b) prodotti di origine animale: tutti i prodotti ottenuti da un animale o contenenti tali prodotti;

c) materiali di base: le materie prime o altri prodotti di origine animale dai quali, o mediante i quali, sono ottenuti i prodotti di cui al comma 3;

d) fertilizzanti: qualunque sostanza contenente prodotti di origine animale da spandere sul terreno per favorire la crescita della vegetazione, compresi i residui di digestione derivati dalla produzione di biogas o di compost;

e) autorità competente: le regioni e le province autonome e le autorità da esse incaricate per le attività di vigilanza, di controllo ed esecutive; il Ministero della sanità per le attività di coordinamento e verifica dell’uniformità applicativa delle misure di cui al presente decreto;

f) materiale specifico a rischio: 
1) i tessuti di cui all’allegato I°;
2) l’intero corpo degli animali morti o abbattuti della specie bovina di età superiore a dodici mesi e delle specie ovina e caprina di qualunque età;
3) qualsiasi prodotto derivato od ottenuto dal materiale di cui ai numeri 1) e 2) fino a quando non sia stato distrutto; 

g) discarica: come definita nella direttiva 1999/31/CE del Consiglio.

3. I cosmetici, i medicinali e i dispositivi medici , i prodotti  non destinati ad essere utilizzati in alimenti per il consumo umano o mangimi o fertilizzanti, nonché i loro materiali di base o prodotti intermedi restano disciplinati dalle norme specifiche; qualora queste ultime autorizzino l’utilizzo del materiale specifico a rischio come definito al comma 2 lettera f) per l’ottenimento dei citati prodotti, la raccolta e il trasporto del materiale specifico a rischio devono essere preventivamente autorizzati dall’Autorità sanitaria competente sullo stabilimento di rimozione e raccolta di detto materiale specifico a rischio, previo parere favorevole dell’Autorità sanitaria competente sullo stabilimento di produzione dei richiamati prodotti. La richiesta di autorizzazione deve indicare il quantitativo del materiale specifico a rischio da prelevare, i dati identificativi e gli estremi delle autorizzazioni all’esercizio dell’attività relative allo stabilimento presso il quale sarà utilizzato detto materiale. 

4.I servizi veterinari delle A.S.L. sono autorizzati alla rimozione del materiale specifico a rischio ai fini dell'invio all'Istituto Superiore di Sanità e agli Istituti zooprofilattici sperimentali per fini diagnostici, di ricerca e didattici. 

5. Il Ministero della Sanità può autorizzare, su richiesta, la rimozione e l'utilizzo del materiale specifico a rischio per fini diagnostici, di ricerca e didattici di Istituti ufficialmente riconosciuti, diversi da quelli di cui al comma 4.
 

Articolo 2
(Rimozione) 

1. Il materiale specifico a rischio di cui all’articolo 1 comma 2 lettera f) numero 1), di animali destinati al consumo umano, deve essere distrutto previa rimozione al momento della macellazione;  se l’asportazione dell’ileo avviene nel locale di macellazione deve essere effettuata previa doppia legatura dei punti di resezione.

2. Qualora si proceda all’asportazione delle porzioni muscolari della testa le relative operazioni devono essere effettuate al macello in un locale o in uno spazio apposito che garantisca idonee condizioni di separazione rispetto alle altre operazioni di macellazione. 

3. Il midollo spinale delle carcasse degli ovini e caprini può essere asportato anche negli stabilimenti di sezionamento a condizione che il servizio veterinario garantisca la sorveglianza durante dette operazioni e che sia evitata qualsiasi contaminazione. 

4. Le regioni e le province autonome, tenuto conto di particolari esigenze di consumo, possono consentire, nel rispetto delle prescrizioni della presente decreto e comunicando le specifiche misure adottate al Ministero della sanità, l’invio delle teste, per i fini di cui al comma 2, ad impianti di sezionamento appositamente individuati nell’ambito della medesima regione o, previo accordo tra le regioni e le province autonome interessate, di quelle contermini.

5. Tutte le operazioni di cui al presente articolo sono effettuate, sotto la sorveglianza del veterinario ufficiale, da personale appositamente addestrato messo a disposizione dal titolare dello stabilimento. 
 
 
 
 

Articolo 3
(Animali morti o abbattuti)

1. Il materiale specifico a rischio di cui all’articolo 1 comma 2 lettera f) numero 2 deve essere distrutto senza rimuovere o asportare parti o tessuti ancorché diversi da quelli di cui all’allegato I°.
 
 

Articolo 4
(Stoccaggio temporaneo)

1. In attesa dell’invio del materiale specifico a rischio alla distruzione, detto materiale può essere stoccato temporaneamente presso: 
a) lo stabilimento nel quale è avvenuta la sua rimozione;
b) un impianto di pretrattamento approvato di cui all’articolo 7;
c) un deposito temporaneo autorizzato ai sensi del decreto interministeriale 26 marzo 1994;
d) uno stabilimento di cui all’articolo 6 comma 2.

2. In considerazione di particolari esigenze , anche geografiche, nella raccolta e stoccaggio del materiale specifico a rischio, le regioni e le province autonome possono autorizzare :
a) il deposito temporaneo di cui al comma 1 lettera c) anche all’interno di uno stabilimento ad alto rischio riconosciuto ai sensi del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508;
b) uno o più contenitori dislocati sul territorio, a condizione che la conservazione del materiale specifico a rischio avvenga mediante l’impiego del freddo.

3. Nei casi di cui al comma 2 le regioni e le province autonome forniscono al Ministero della sanità i dati identificativi e la localizzazione del deposito e dei contenitori. 
 

Articolo 5 
(Prescrizioni generali)

1.  Il materiale specifico a rischio di cui all'articolo1,comma2, lettera f) deve  essere:
a) colorato o marcato, subito dopo la rimozione, mediante un colorante o marcatore che consenta l’individuazione di detto materiale anche dopo l’eventuale trasformazione preliminare e fino alla sua distruzione; l’obbligo di colorazione o marcatura non si applica  nelle ipotesi di cui al comma 2, lettera f) numero 2), dell’articolo 1 ai commi 4 e 5 del medesimo articolo 1 nonché all’articolo 6 comma 3. Nel caso in cui non vi sia la certezza del mantenimento della colorazione o della permanenza del marcatore dopo la  trasformazione preliminare, la colorazione o la marcatura deve essere ripetuta sul prodotto ottenuto dalla citata trasformazione preliminare;

b) raccolto e stoccato separatamente, oltre che da qualsiasi altro prodotto, anche da altro materiale ad alto e basso rischio, in contenitori identificati mediante una targhetta recante la dicitura "Materiale Specifico a rischio" sui quali, trasversalmente ad uno dei lati lunghi, deve essere apposta una striscia inamovibile di colore rosso, alta almeno 15 centimetri; qualora il materiale specifico a rischio rimosso non sia asportato quotidianamente dal luogo in cui è stato prodotto, deve essere immagazzinato in un locale o contenitore per la conservazione mediante l’impiego del freddo, identificati secondo le descritte modalità;

c) trasportato in contenitori o automezzi per il trasporto di materiale ad alto rischio ai sensi del decreto interministeriale 26 marzo 1994, relativo alla raccolta e trasporto di rifiuti di origine animale, ulteriormente autorizzati e identificati mediante una targa da apporre sui due lati del mezzo di trasporto recante la dicitura <<Materiale specifico a rischio>> di dimensione non inferiore a cm 50 x 35; sul contenitore o sull’automezzo deve inoltre essere apposta una striscia inamovibile di colore rosso alta almeno 15 cm; 

d) accompagnato, fino al luogo di destinazione, dal documento di trasporto previsto dal decreto di cui alla lettera c), controfirmato dal veterinario ufficiale. 

2. Nel caso in cui la raccolta, lo stoccaggio o il trasporto del materiale specifico a rischio non sia stato effettuato separatamente da qualsiasi altro prodotto, o da altro materiale ad alto e basso rischio, tutto il materiale o prodotto interessato è considerato materiale specifico a rischio. 

3. Gli impianti  e i depositi che procedono allo stoccaggio del materiale specifico a rischio, ad eccezione dei macelli e sezionamenti, per poter effettuare tale attività devono essere in possesso di una specifica autorizzazione  rilasciata dall’Autorità sanitaria locale, anche limitata ad una parte  purché adeguatamente separata dal resto della struttura. 

4. Nelle strutture di rimozione, stoccaggio, trattamento e distruzione del materiale specifico a rischio, comprese le discariche,  é obbligatoria la tenuta di uno specifico registro di carico e scarico, timbrato e firmato dal servizio veterinario della Azienda sanitaria locale , sul quale deve essere annotato, secondo le operazioni effettuate, il quantitativo del materiale rimosso, movimentato, trattato e distrutto, unitamente ai dati identificativi delle strutture di provenienza e , di destinazione; nei macelli può essere utilizzato il registro di cui all’articolo 17 del Regio decreto 20 dicembre 1928, n. 3298, opportunamente integrato. 

5. Entro sette giorni lavorativi successivi alla ricezione del materiale specifico a rischio il destinatario di esso invia copia del documento di trasporto di cui al comma 1 lettera d) allo stabilimento da cui proveniva il materiale specifico a rischio, con la dichiarazione dell’avvenuta ricezione da lui sottoscritta. Il veterinario ufficiale incaricato della vigilanza sullo stabilimento di provenienza del materiale specifico a rischio verifica il rispetto di tale procedura; in caso di mancato rispetto di detta procedura il veterinario ufficiale informa tempestivamente l’Autorità competente sullo stabilimento di ricezione del materiale specifico a rischio per le necessarie verifiche e i conseguenti provvedimenti. 

6. I titolari delle strutture  di distruzione del materiale specifico a rischio, compresi i titolari delle discariche, inviano semestralmente  alle regioni e province autonome un prospetto riepilogativo del materiale specifico a rischio distrutto.
 
 
 

Articolo 6
(Distruzione)

1. Il materiale specifico a rischio di cui all'articolo1,comma2, lettera f)  deve essere distrutto: 
a) senza trasformazione preliminare, mediante incenerimento; 
b) previa trasformazione preliminare negli impianti di cui al comma 2 e all’articolo 7 e successivo incenerimento  o co-incenerimento  del materiale ottenuto, a condizione che il colorante o il marcatore sia individuabile anche dopo detta trasformazione preliminare. 

2. In alternativa al comma 1, fermo restando l’obbligo della colorazione, il materiale specifico a rischio  può essere interrato in una discarica autorizzata a condizione che sia stato sottoposto al trattamento di cui all’allegato I° alla decisione della Consiglio 1999/534/CE del 19 luglio 1999, presso stabilimenti già riconosciuti ai sensi del decreto legislativo 14 dicembre 1992,n.508 e che abbiano ottenuto dal Ministero della Sanità, per il tramite delle Regioni e Province Autonome, la riconversione dell’attività con le medesime modalità previste per gli impianti di cui all’articolo 7 comma 1 lettera b) .

3. Ferme restando le disposizioni in materia di sorveglianza e protezione contro le encefalopatie spongiformi trasmissibili di cui al decreto del Ministro della sanità 7 gennaio 2000, nei casi di cui all’articolo 3 comma 3, lettere a), c) e d) del decreto legislativo 14 dicembre 1992,n.508 è consentito derogare alle modalità di distruzione delle carcasse di animali morti o abbattuti applicando quanto in essi previsto. 

4. Fermo restando il divieto dell’impiego del materiale specifico a rischio, anche quale prodotto intermedio, in alimenti per il consumo umano, mangimi e fertilizzanti, il ministero della sanità può individuare sistemi di utilizzo di detto materiale, alternativi alla distruzione da effettuare ai sensi dei commi 1, 2 e 3, fissando  le relative prescrizioni.
 

Articolo 7
(Impianti di pretrattamento)

1. Gli impianti di pretrattamento, per poter ottenere il riconoscimento  del Ministero della sanità, devono: 
 a) se nuovi, avere i requisiti sanitari di cui all’allegato III° del  presente decreto;
 b) se già riconosciuti ai sensi del decreto legislativo 14 dicembre 1992,n.508 quali stabilimenti ad alto rischio, ottenere la riconversione dell’attività .
2. Per i fini di cui al comma 1 le domande devono essere inoltrate al Ministero della sanità per il tramite dell'Assessorato regionale alla sanità ai fini dell’acquisizione del parere dei servizi veterinari regionali..

3. Agli impianti di cui al comma 1 è interdetta ogni altra attività di trasformazione dei rifiuti di origine animale ad alto o basso rischio. 
 
 
 

Articolo 8
(Divieti )

1. Fermi restando gli obblighi di rimozione e distruzione del materiale specifico a rischio, è vietato:

a) utilizzare le ossa della testa e le colonne vertebrali di bovini, ovini e caprini per la produzione di carni separate meccanicamente;
b) introdurre nel territorio nazionale, in provenienza da altri Stati membri, il materiale specifico a rischio ancorché destinato all’incenerimento o già sottoposto a trasformazione preliminare;
c) trasformare o trattare il materiale specifico a rischio negli impianti riconosciuti ai sensi del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, fatte salve le ipotesi di riconversione di cui all’articolo  6 comma 2 ed all’art. 7  comma 1 lettera b).

2. Resta fermo il divieto di utilizzare tecniche di stordimento e macellazione dei bovini, ovini e caprini diverse da quelle previste dal decreto legislativo 1° settembre 1998, n. 333.
 

Articolo 9
(Restrizioni all’importazione)

1. A decorrere dal 1° aprile 2001:
a) è vietato importare da Paesi terzi il materiale specifico a rischio di cui all’allegato I°;
b) i prodotti di origine animale di cui allegato II°, importati da Paesi terzi o parti di essi e contenenti materiale ottenuto da bovini, ovini e caprini, devono essere accompagnati dal certificato sanitario ad essi relativo, integrato dalla seguente dichiarazione, firmata dalla competente Autorità del Paese di produzione: 
<<Prodotto di origine animale che non contiene né è derivato da materiale specifico rischio ai sensi dell’allegato I°, numero 1, lettera a) della decisione 2000/418/CE della Commissione europea del 29 giugno 2000, elaborato dopo il 31 marzo 2001 o carni separate meccanicamente dalle ossa della testa e dalla colonna vertebrale di bovini, ovini o caprini, prodotte dopo il 31 marzo 2001. La macellazione degli animali dopo il 31 marzo 2001 non ha comportato lo stordimento tramite iniezione di gas nella cavità cranica o l’abbattimento istantaneo con lo stesso metodo, né la lacerazione, previo stordimento dell’animale, del tessuto nervoso centrale per mezzo di stilo inserito nella cavità cranica >>.

2. Le restrizioni di cui al comma 1 non si applicano alle importazioni da Paesi terzi o parti di essi che offrono, a giudizio della Commissione, adeguate garanzie per ciò che riguarda i potenziali fattori di rischio; il Dipartimento degli alimenti, della nutrizione e della sanità pubblica veterinaria del Ministero della sanità adotta i provvedimenti necessari a dare applicazione a quanto stabilito in proposito in sede comunitaria.

3. Per <<prodotti di origine animale>> di cui al comma1 lettera b)si intendono quelli di cui all’allegato II°, con esclusione di altri prodotti di origine animale derivati da, o contenenti, i citati prodotti di origine animale.
 

Articolo 10
(Controlli) 
1. Fermi restando la vigilanza e i controlli previsti dalla normativa vigente, le regioni, le province autonome e le aziende sanitarie verificano che i titolari degli stabilimenti di cui all'articolo 4, comma1, delle discariche e delle strutture d'incenerimento e coincenerimento , adottino le misure necessarie a  evitare qualsiasi contaminazione con il materiale specifico a rischio in ogni fase della lavorazione e che il  materiale specifico a rischio qualora utilizzato per l’ottenimento dei prodotti di cui all’articolo 1 comma 3. Le verifiche devono inoltre riguardare l’osservanza delle disposizioni di cui al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e successive modifiche, nelle operazioni di rimozione e manipolazione del materiale specifico a rischio, tenendo conto di quanto riportato nell’allegato IV al presente decreto.

2. Il ministero della sanità e l’Istituto Superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro procedono a verifiche ispettive per accertare la corretta e uniforme applicazione sul territorio nazionale delle misure di cui alla presente decreto.
 
 

Articolo 11
(Sanzioni)
1. La violazione delle prescrizioni del presente decreto comporta la sospensione del provvedimento che consente lo svolgimento dell’attività per un periodo di:
a) minimo 7 giorni e massimo 15 giorni, per le violazioni di cui all’articolo 2, articolo 5 comma 1 lettere a), b) e d), e commi 5 e 6 del medesimo articolo 5;
b) minimo 30 giorni e massimo 90 giorni, per le violazioni di cui all’articolo 5 comma 1 lettera c) e commi 3 e 4 del medesimo articolo 5;
c) minimo 60 giorni e massimo 120 giorni, per le violazioni di cui all’articolo 6 comma 1 lettera a);
d)  minimo di 90 giorni e massimo di 180 giorni, per le violazioni di cui all’articolo 8.
 

Articolo 12
(Abrogazioni)

1. Sono abrogati gli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8 comma 2 della Ordinanza  del Ministro della sanità 15 giugno 1998 modificata dall'Ordinanza del  16 marzo 2000 citata in preambolo.
 
 

Il presente decreto, inviato alla Corte dei Conti per la registrazione, entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. 
 

Il Ministro 

F.to Veronesi

29-settembre 2000
 
 
 

Allegato I°
(Materiale specifico a rischio)
1. E’ materiale specifico a rischio:
a) il cranio, inclusi il cervello e gli occhi, le tonsille , il midollo spinale e l’ileo di bovini di età superiore a dodici  mesi;
b) il cranio, inclusi il cervello e gli occhi, le tonsille , il midollo spinale di ovini e caprini di età superiore a dodici mesi o ai quali è spuntato un dente incisivo permanente e la milza di ovini e caprini di tutte le età.
2. Oltre al materiale specifico a rischio cui al numero 1 sono materiale specifico a rischio nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e Portogallo, ad eccezione della Regione autonoma delle Azzorre, i seguenti tessuti:
a) l’intera testa, ad eccezione della lingua, incluso il cervello, occhi, gangli  trigeminali e tonsille; il timo; la milza; gli intestini dal duodeno al retto e la colonna vertebrale di bovini di età superiore a sei mesi;
b) la colonna vertebrale, inclusi  i gangli spinali, di bovini di età superiore a trenta mesi. 
 
 
 

Allegato II°
(Restrizioni all’importazione)
1. Sono soggetti a restrizioni all’importazione ai sensi dell’articolo 9 comma 1 lettera b):
a) le carni fresche di cui al decreto legislativo 18 aprile 1994 n. 286 recante attuazione delle direttive 91/497/CEE e 91/498/CEE del Consiglio;
b) le carni macinate e preparazioni di carni  di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1998 n. 309 recante attuazione della direttiva 94/65/CE del Consiglio;
c) i prodotti a base di carne di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 537  recante attuazione della direttiva 92/5/CEE del Consiglio;
d) le proteine animali trasformate di cui al decreto legislativo 13 dicembre 1996 n. 674 recante attuazione della direttiva 92/118/CEE. 
Allegato III°
(Impianti di pretrattamento)
Capitolo I
Requisiti per il riconoscimento degli stabilimenti di pretrattamento di rifiuti di origine animale.
1. I locali e gli impianti devono essere conformi almeno ai seguenti requisiti:
a) i locali dello stabilimento devono essere adeguatamente separati dalla pubblica via e da altri locali; e' vietato l'accesso allo stabilimento a persone non autorizzate od animali; 
b) lo stabilimento deve comprendere una zona coperta per la ricezione dei rifiuti di origine animale e deve essere costruita in modo da facilitare la pulizia e la disinfezione. I pavimenti devono essere concepiti in modo da facilitare l'evacuazione dei liquidi. Lo stabilimento deve comprendere gabinetti, spogliatoi e lavabi per il personale; 
c) lo stabilimento deve disporre, ove occorra, di una capacità e di una produzione di acqua calda e di vapore sufficienti per la trasformazione dei rifiuti di origine animale conformemente al capitolo II; 
d) lo stabilimento deve, se del caso, essere munita di un impianto di compressione dei rifiuti di origine animale e di dispositivi per il trasporto dei rifiuti compressi nell'unita' di trasformazione. 
2. Lo stabilimento di trasformazione deve essere munito di installazioni appropriate per la pulizia e la disinfezione dei recipienti o contenitori utilizzati per i rifiuti di origine animale e dei veicoli usati per il trasporto. 
3. Lo stabilimento di trasformazione deve disporre di dispositivi adeguati che consentano di disinfettare immediatamente prima della loro uscita le ruote dei veicoli. 
4. Lo stabilimento di trasformazione deve essere dotato di un sistema di eliminazione delle acque luride conforme ai requisiti di igiene. 

Capitolo II
Norme di igiene relative alle operazioni negli stabilimenti di trasformazione di rifiuti di origine animale 
1. I rifiuti di origine animale devono essere trasformati al piu' presto dopo il loro arrivo nello stabilimento ed essere adeguatamente stoccati fino al momento della trasformazione. 
2. I recipienti, i contenitori e i veicoli utilizzati per il trasporto di rifiuti di origine animale devono essere puliti, lavati e disinfettati dopo ogni utilizzazione. 
3. Le acque luride devono essere trattate in modo che siano eliminati gli organismi patogeni. 
4. Devono essere prese sistematicamente misure preventive contro roditori, uccelli, insetti o altri parassiti. 
5. Il materiale specifico a rischio deve essere trasformato conformemente ai sistemi descritti nei Capitoli da I a IV, VI e VII dell’Allegato al D.M. 15 maggio 1993 relativo ai sistemi di trattamento alternativi o ad altri sistemi di trattamento espressamente autorizzati dal Ministero della Sanità. Il titolare dello stabilimento nella richiesta di autorizzazione dell’impianto di pretrattamento deve specificare il tipo di trattamento utilizzato.
6. Gli impianti e le attrezzature devono essere tenuti in buono stato di manutenzione e di dispositivi di misurazione devono essere tarati ad intervalli regolari.
 

ALLEGATO IV
Considerato che il decreto interministeriale 12 novembre 1999  classifica nel gruppo 3 (**) le TSE,  devono essere messi in atto tutti gli interventi di prevenzione-protezione , di tipo collettivo ed individuale , che la tecnologia e le acquisizioni scientifiche in materia consentono.
Ai fini della protezione dei lavoratori, le operazioni di rimozione e manipolazione del materiale specifico a rischio, devono essere condotte nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 626 e successive modifiche ed integrazioni, con particolare riguardo a quanto previsto al Titolo VIII  del suddetto decreto legislativo. 
Al riguardo si segnala di prestare la dovuta attenzione, ad esempio, alle operazioni connesse al sezionamento  della carcassa ed alla successiva estrazione del midollo spinale, alla separazione meccanica della porzione del cranio stabilita ed all’asportazione dell’ileo utilizzando i seguenti dispositivi di protezione individuale (DPI):
? Guanti – devono possedere la marcatura CE quali DPI di terza categoria e l’ottemperanza ai requisiti della norma tecnica EN 374, rilevabile da opportuna documentazione e certificazione rilasciata dal produttore e dall’organismo notificato.
? Indumenti di protezione – devono essere classificabili quali DPI e possedere la marcatura CE, il produttore deve essere in grado di documentare che gli indumenti sono stati sottoposti a  test che prevedono nella metodologia di analisi l’impiego del batteriofago Phi X 174 (esempio delle metodologie di analisi sono quelle inerenti gli ASTM F 1670-97, F 1671-97d, F 1819-97).
? Dispositivi di protezione degli occhi e del viso – devono essere del tipo a visore ed essere classificati quali DPI, possedere la marcatura CE come dispositivi per “protezione da gocce e spruzzi liquidi” ,in ottemperanza alla norma tecnica EN 166, rilevabile da opportuna documentazione e certificazione rilasciata dal produttore e dall’organismo notificato.
? Dispositivi per la protezione delle vie respiratorie – devono essere classificati quali DPI di terza categoria e nell’ambito del possesso dei requisiti essenziali di sicurezza e salute, previsti dall’Allegato II del D.Lgs. 475/92, devono assolvere con particolare riguardo ed inderogabilità alla funzione di protezione ad agenti infettivi ed a tal proposito le aziende produttrici devono presentare all’utente idonea documentazione specifica al riguardo. 
 
 

 

Consiglio dei Ministri n.36 del 17 novembre 2000 
 
 

 La Presidenza del Consiglio dei Ministri comunica:
il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi, alle ore 9,55 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuliano Amato.
Segretario, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Enrico Micheli.

Su proposta del Presidente del Consiglio, Amato, del Ministro della Sanità, Veronesi, e del Ministro delle Politiche Agricole, Pecoraro Scanio, il Consiglio ha approvato un decreto-legge che reca misure per il potenziamento della sorveglianza epidemiologica della encefalopatia spongiforme bovina. In particolare, viene intensificato il sistema dei controlli al fine di individuare rapidamente l’eventuale presenza di agenti patogeni negli animali, anche d’importazione, destinati alla macellazione e prima di essere immessi nel circuito commerciale. Il decreto prevede inoltre una più ampia dislocazione sul territorio ed una maggiore efficienza operativa dell’Ispettorato centrale repressione frodi presso il Ministero delle Politiche Agricole, allo scopo di meglio fronteggiare, in sede di controllo, le esigenze di sicurezza alimentare e di tutela del consumatore. Con provvedimento amministrativo si provvederà anche al completamento della dotazione organica.
Nel quadro di tali interventi a garanzia dei consumatori, il Ministro Veronesi adotterà tre ordinanze relative al:
- blocco dell’importazione dalla Francia di bovini vivi di età superiore a 18 mesi;
- blocco dell’ importazione di carni non disossate dalla Francia;
- divieto di somministrare ai mammiferi erbivori qualunque tipo di farine contenenti proteine animali e moratoria sulle farine animali in tutti gli allevamenti.
 

 

Legislazione italiana sulle carni

 DM  / 29.09.2000 - Misure sanitarie di protezione contro le encefalopatie spongiformi trasmissibili
Pubblicato sulla G.U. n° 263 del 10 novembre 2000
 DM  / 30.08.2000  Sistema obbligatorio e facoltativo di etichettatura della carne bovina 
      Proposta della Commissione U.E. sulla rintracciabilità e sull'etichettatura delle carni bovine:
 DM  / 25.05.2000 - Modalità di applicazione del Decreto 16 marzo 2000, recante disposizioni in materia di premi zootecnici. 
 DM  / 16.03.2000 - Decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali recante  modalità per la gestione nazionale dei regimi di premio a favore dei detentori di bovini maschi e vacche nutrici, nonché per la concessione del premio alla estensivizzazione, alla macellazione e dei premi supplementari. 
 D Lvo 71 / 25.02.2000 - Attuazione della direttiva 97/76/CE recante norme in materia di carni macinate, di preparazione di carni e di taluni prodotti di origine animale 
 Circolare   24.02.2000 - Linee guida per l'applicazione dei regolamenti comunitari sul miglioramento della produzione e commercializzazione del miele. 
 Comun.    - Sintesi del contenuto del provvedimento per i diversi regimi di premi zootecnici fruibili dagli allevatori di animali identificati ai sensi del Regolamento 820/97

 DL 196 / 22.05.99 - Attuazione della direttiva 97/12/CE che modifica e aggiorna la direttiva 64/432/CEE relativa ai problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di animali delle specie bovina e suina 
 Circ. 4/99 / 10.05.99 - D.L. n.11 del 31.1.1997 convertito nella legge del 28.3.1997 n.81 - Misure straordinatie per la crisi del settore lattiero caseario art.1, commi da 1 a 8. 
 DL 123 / 13.04.99 - Attuazione della direttiva 95/69/CE 
 Legge 213 / 8.07.97 - Classificazione delle carcasse bovine in applicazione di regolamenti comunitari 
 

Fonte ilsole24ore

CONFERENZA STAMPA FLAI CGIL E FEDERCONSUMATORI 
EMILIA ROMAGNA SU MUCCA PAZZA 
MARTEDI' 23 GENNAIO
Bologna, 23 gennaio 2001 


SINTESI DELLA CONFERENZA STAMPA 

MUCCA PAZZA: FACCIAMO APPELLO AL SENSO DI RESPONSABILITA’ DI TUTTI I SOGGETTI
COINVOLTI. PASSIAMO DALLA GESTIONE DELL’ EMERGENZA AL PROGETTO DI UNA
AGRICOLTURA COMPATIBILE E SOSTENIBILE AMBIENTALMENTE ED ETICAMENTE. 
La BSE è la punta di un iceberg che rappresenta un sistema di sviluppo che è ormai alle corde. Nell’obbligato processo di
riorganizzazione di tutta la filiera i lavoratori/consumatori possono e devono esprimere il loro parere e le loro proposte 

Stiamo assistendo ad un “impazzimento” collettivo che non fa che aumentare gli allarmismi e isterie collettive che in parte sono
giustificate da sottovalutazioni del passato sulla portata di questo morbo. Oggi non possiamo ignorare che è necessario una
profonda e drastica “rivoluzione” del settore che deve essere riorganizzato e deve fondarsi sulla certezza della salubrità delle
carni. 
Le prese di posizione, a tratti isteriche, di molte categorie non consentiranno una profonda e seria riflessione sulla conversione
del settore. Notiamo che troppo frequentemente prevalgono corporativismi ed egoismi di categoria e di settore. Le richieste di
contributi, indennizzi e aiuti economici devono essere finalizzati ad una reale volontà di rimetterci tutti in discussione. Il
sindacato non intende per ora cadere in queste dispute, come lavoratori e consumatori crediamo di avere pieno titolo ad
intervenire su questo tema. Con pacatezza e senso di responsabilità chiederemo di essere ascoltati dalle Istituzioni locali e
nazionali, lo pretenderemo qualora le nostre richieste non vengano accolte. 
Lo stato di crisi degli allevamenti italiani, delle attività di macellazione e di quelle di commercializzazione della carne bovina; i
provvedimenti emessi per lo smaltimento delle parti bovine ritenute nocive; i test preventivati sui capi da macellare e la
certificazione da introdurre; sono elementi che porteranno ad un mutamento dei fattori di competitività ed a riorganizzazioni
produttive e del lavoro, che ridefiniranno anche il rispettivo “peso” dei vari pezzi della filiera ed i suoi centri decisionali. 
La tracciabilità, l’etichettatura, lo smaltimento e l’obbligo dei test potranno aumentare notevolmente i costi nei vari settori della
filiera che, a fronte del permanere del ruolo predominante della grande distribuzione, potrebbero causare effetti di
compressione sui margini di guadagno fino a mettere i soggetti più deboli del comparto fuori mercato. 
L’elevata polverizzazione di macelli ed allevamenti; il numero limitato di impianti di macellazione a Bollo CEE con il
conseguente minor grado di competitività rispetto alla media delle strutture di macellazione europee; la fragilità dimostrata
dall’intera filiera di fronte all’emergenza BSE, possono avere effetti sconvolgenti nel settore. 
L’intervento del Governo e delle Regioni a sostegno di tutta la filiera sono quindi, secondo noi, necessari per evitare la perdita
di molte attività, blocco delle produzioni e di un ulteriore aggravamento del nostro deficit agro-alimentare. Riteniamo tuttavia
che gli interventi di sostegno economico e finanziario debbano essere finalizzati a reali politiche di innovazione,
razionalizzazione e sviluppo, non solo per gestire l’emergenza. 
L’emergenza BSE deve quindi essere l’occasione per rilanciare una politica dell’intera filiera, recuperare i ritardi
nell’innovazione ed anche un opportunità per porre al centro il tema del lavoro e della sua valorizzazione come condizione
essenziale per puntare sulla qualità, la tipicità e la sicurezza alimentare. A questo scopo proponiamo di : 

1. incentivare ed anticipare le riorganizzazioni produttive che introducono il sistema della tracciabilità, elemento di garanzia sulla
salubrità, igenicità e tipicità dei prodotti. Tracciabilità ed etichettatura, monitoraggio degli alimenti sono infatti elementi dai quali
non si potrà prescindere per dare fiducia e sicurezza ai consumatori. In particolare per la nostra Regione si può pensare di
promuovere un “Marchio Etico e di Qualità” dall’allevamento alla tavola, che si fondi su prodotti, sistemi produttivi e del
lavoro certificati, controllati e basati sulla qualità sociale ed ambientale; 
2. aumentare la dimensione aziendale e recuperare situazioni di destrutturazione del settore, avvenuti in questi anni attraverso
processi di esternalizzazione ed appalti, che hanno prodotto meccanismi di concorrenza sleale fra le imprese e disarticolazione
del sistema di tutele e di diritti ( contrattuali e di legge) dei lavoratori occupati (vedi posizione assunta delle segreterie nazionali
contro le deroghe introdotte sul DPR 602 anche per le attività di macellazione). Infatti la gestione dell’emergenza
occupazionale, dovuta a “mucca pazza”, con il probabile ricorso agli ammortizzatori sociali, porrà il problema della mancanza
di tutela per i soci-lavoratori ed il rischio del determinarsi di conflitti tra questi ed i dipendenti dell’impresa appaltante; 
3. ridefinire una più equilibrata catena del valore che oggi penalizza i produttori ed il prodotto a favore della GDO che
considera la carne come “prodotto civetta”. Nuovi prodotti e con più alto valore aggiunto (dai macelli esce oltre il 75% di
carne con osso, mentre si devono sviluppare i porzionati, preparati e i servizi) vanno quindi promossi e sostenuti anche al fine
di ottenerne un riconoscimento nei prezzi al consumo; 
4. favorire, anche attraverso un rinnovato ruolo delle Associazioni degli allevatori e delle Associazioni di razza, le politiche per
il rinnovo ed il potenziamento del “parco” zootecnico, l’implementazione dell’anagrafe bovina nella Regione Emilia-Romagna e
sua istituzione in quelle Regioni dove non è ancora attivata in quanto, oltre ad essere uno degli strumenti per contrastare il
morbo della BSE, potrà servire per rafforzare le razze italiane e conseguentemente i prodotti nazionali e locali. In tale quadro,
oltre a bandire l’uso delle farine animali, va favorito il ritorno a sistemi di alimentazione tradizionali e rispettosi del benessere
dell’animale; 
5. migliorare i monitoraggi ed i controlli sia istituendo l’Agenzia Italiana per la Sicurezza Alimentare che coordini le politiche di
prevenzione, qualità e sicurezza degli alimenti, sia attraverso un potenziamento ed un maggior coordinamento delle competenze
tra ministeri ed autorità locali in modo da stroncare importazioni clandestine, frodi alimentari e commerci illeciti. 

Bologna, martedì 23 gennaio 2001 
CONFERENZA STAMPA 
FLAI-CGIL e FEDERCONSUMATORI 
Emilia Romagna 
DATI DEL COMPARTO ZOOTECNICO REGIONALE A CONFRONTO CON QUELLI
NAZIONALI 
Rilevanza strategica del settore zootecnico nell’agroalimentare nazionale 

La produzione lorda vendibile (PLV) dell’agricoltura nazionale ammonta a 68.000 miliardi di Lire di cui 15.500 di produzione
di carni; il settore bovino rappresenta il 40% (6.000 miliardi di Lire) del valore complessivo, rimanendo quindi il principale
comparto. 200.000 imprese, di cui 116.000 nella produzione del bovino da carne ed 80.000 nella distribuzione (ingrosso, 
dettaglio e macellerie); a queste vanno aggiunte 100.000 imprese nell’allevamento di vacche da latte, le quali a fine carriera
entrano anche loro nel circuito della macellazione. 
L’Italia è il terzo produttore di carne bovina dopo la Francia e la Germania, mentre si colloca al quinto posto, nell’UE, per il
numero di bovini allevati. 

Settore zootecnico in Emilia Romagna 

La PLV regionale agricola è di 6.600 miliardi di Lire; il 44 % proviene dal settore zootecnico (dato nettamente superiore alla
media nazionale che si aggira attorno al 40%); in particolare, di questo 44%, il latte e i sui derivati detengono il 47% del PLV
zootecnico mentre, carni suine, avicole e bovine detengono percentuali che vanno dal 18 al 12%. 
In Emilia Romagna è allevato l'11% dei capi complessivamente allevati sul territorio nazionale. Metà del patrimonio bovino
appartiene ad allevamenti con oltre 100 capi. 
L’80% del patrimonio bovino è allevato nelle Province di Reggio E., Parma, Modena e Piacenza. 
Gli allevamenti trainano lo sviluppo della cerealicoltura e dell’industria mangimistica, oltre che una vasta rete di imprese
industriali ed artigiane impegnate nella macellazione, nella trasformazione salumiera e lattiero casearia, fino alle imprese della
commercializzazione all’ingrosso ed al dettaglio. 

Macellazione bovina in Italia 

L’industria della macellazione bovina (4.2 milioni di capi abbattuti in Italia), si presenta ancora particolarmente polverizzata,
tecnicamente e tecnologicamente arretrata rispetto ad altri Paesi europei; con una capacità di auto-approvvigionamento di
poco superiore al 60% (50% se si considerano gli animali importati alla nascita ed ingrassati in Italia) ed in forte calo. 
Nonostante una progressiva diminuzione degli impianti dal 1993 al 1999, da 6000 a 2200 a cui si devono aggiungere 700
impianti per la macellazione di altre specie animali, non siamo ancora ai livelli degli altri Paesi europei. In Italia solo il 15% degli
impianti è in possesso del bollo CEE, cioè 330 macelli, la Francia ha il 77% (270) del totale, la Spagna ha il 38.1% (554) del
totale, mentre l’Olanda, Germania, Danimarca ed Irlanda sono al 100%. Da ricordare che il possesso del Bollo CEE concede
l’autorizzazione ad operare in ambito comunitario, in mancanza di ciò è possibile operare solo nel territorio nazionale. 
Utilizzando come riferimento il rapporto dimensioni medie/capi annui e il numero di autorizzazioni Cee, in Italia sarebbero
sufficienti 244 macelli in base al modello francese e soltanto 40 in base al modello olandese. Ovviamente si tratta solo di una
simulazione, che tuttavia è indicativa del processo cui assisteremo nei prossimi anni. La maggior parte degli impianti di
macellazione bovina di dimensioni superiori ai 6000 capi per anno si trova in Emilia, Veneto e Lombardia. Il 73% dei capi è
macellato in sole 4 Regioni: Lombardia (19%), Veneto (23%), Emilia-Romagna (18%) e Piemonte (13%). Solo 10 macelli si
pongono a livelli industriali assorbendo il 22% delle macellazioni, di questa percentuale il 12% è riferito ai primi tre gruppi
italiani. 

Macellazione in Emilia-Romagna 

Nella nostra Regione stiamo assistendo al consolidamento di veri e propri poli industriali, nella trasformazione lattiero casearia
e nella trasformazione delle carni. In questo ambito operano circa 1.000 imprese della produzione e lavorazione di carne e
derivati con oltre 15.000 addetti. Fra queste imprese sono presenti circa 180 macelli di cui il 29% a tipologia mista, per il
27% a prevalente macellazione bovina, per il 24% suina e per il 19% avicola. 

Occupazione 

Nella sola macellazione bovina, in Italia, si contano circa 10.200 addetti di cui il 21% è manodopera indiretta, cioè rapporti
contrattuali con imprese terze ( appalti e/o esternalizzazioni) che possono avere in gestione la macellazione ed il disosso.
Essendo dati del 1998 la percentuale della manodopera indiretta è da considerarsi in difetto per l’aumento dei processi di
esternalizzazione che hanno coinvolto importanti industrie di macellazione. L’industria delle carni muove, tuttavia, circa
110.000 allevamenti ed un’occupazione agricola di oltre 70.000 unità di lavoro equivalenti a tempo pieno. 

Nel territorio regionale sono presenti imprese, che operano nella filiera, di notevole rilevanza: 
nei mangimifici, PROGEO e RAGGIO di SOLE che occupano rispettivamente 350 e 250 dip.ti.; 
nella macellazione, INALCA ed UNICARNI rispettivamente con 600 e 200 occupati; 
nel lattiero caseario operano oltre 900 imprese con circa 7.500 addetti (qui vi si trovano aziende leader come PARMALAT,
GRANAROLO, GRANTERRE ed anche un distretto come quello della produzione del Parmigiano Reggiano con oltre 500
caseifici sociali). 

Come evidenziato in precedenza operano circa 1.000 imprese della produzione e lavorazione di carne e derivati con oltre
15.000 addetti; Il tessuto delle quasi 2.000 imprese dell’industria delle carni, del latte e dei suoi derivati si contraddistinguono
per una diffusa polverizzazione, tanto che solo 150 di esse superava nel 1996 i 20 addetti. 

AGENZIE STAMPA SU CONFERENZA FLAI CGIL E FEDERCONSUMATORI SU MUCCA
PAZZA 

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MUCCA PAZZA: FLAI-CGIL LANCIA ALLARME OCCUPAZIONE INDUSTRIA 

(ANSA) - BOLOGNA, 23 GEN - L' emergenza mucca pazza, che 
negli ultimi giorni ha in media ridotto al 60% l' attivita' 
delle industrie di lavorazione della carne, mette a rischio 
anche i posti di lavoro degli addetti del comparto. 
I primi a fare le spese della contrazione produttiva - ha 
detto in una conferenza stampa a Bologna il segretario regionale 
della Flai-Cgil Giordano Giovannini - sono stati i ''soci 
lavoratori'' delle molte cooperative impiegate in Emilia e in 
Lombardia dai grandi gruppi che appaltano all' esterno la 
macellazione. ''Sappiamo che Inalca (gruppo Cremonini) e 
Unicarni (gruppo Unibon) - ha spiegato - hanno gia' allontanato 
queste cooperative'', costituite da gruppi di lavoratori (spesso 
immigrati) 'tuttofare' che pero', figurando come soci, non 
costano all' azienda che li ingaggia quanto i dipendenti. 
Ma anche per questi ultimi sono in atto misure 'soft', come 
l' utilizzo di permessi residui e ferie, comprese quelle del 
2001, misure che ''non fanno presagire nulla di buono''. 
Infatti, dato che nel medio periodo e' impensabile un ritorno ai 
livello produttivi ante-emergenza, c'e' preoccupazione per 
possibili tagli nei macelli (che in Emilia contano circa 2.500 
dipendenti) con ricorso a mobilita' e cassa integrazione. ''Il 
commissario anti-Bse Alborghetti ha incontrato tutti meno che il 
sindacato'', ha detto Giovannini, annunciando la richiesta di un 
incontro nazionale da parte della Flai. 
''Mentre ogni categoria va a caccia di sussidi, in alcuni 
casi anche con comportamenti irresponsabili - ha affermato 
ancora - con il sindacato non e' stato aperto alcun tavolo. Non 
vorremmo doverci rivolgere soltanto al ministro Salvi''. Secondo 
la Flai emiliana, oltre a una riorganizzazione produttiva che 
garantisca la qualita' (introducendo anche un 'marchio etico' 
con tracciabilita' della carne), occorre ''superare la 
frantumazione aziendale e recuperare situazioni di 
destrutturazione del settore''. 
Tra l' altro, ''la gestione dell' emergenza occupazione 
dovuta a 'mucca pazza' porra' il problema della mancanza di 
tutela per i soci lavoratori e il rischio di conflitti tra 
questi e i dipendenti dell' impresa appaltante''. (ANSA). 

GAG 
23-GEN-01 13:45 NNNN 

MUCCA PAZZA: FLAI-CGIL LANCIA ALLARME OCCUPAZIONE INDUSTRIA (2) 

(ANSA) - BOLOGNA, 23 GEN - Alla conferenza stampa ha 
partecipato anche la presidente della Federconsumatori 
regionale, Paola Savigni. ''L' emergenza mucca pazza - ha detto 
associandosi al sindacato nella richiesta di riconversione del 
comparto - deve essere utilizzata per modificare profondamente 
il settore, ripulendolo dalle presenze e dalle operazioni 
speculative, incentivando e sostenendo economicamente le 
iniziative della sua qualificazione e di tutte le misure che 
servono a dare sicurezza al consumatore e a tutelare la 
salute''. In questi giorni la Federconsumatori sta ricevendo 
molte telefonate e lettere di cittadini, molti dei quali 
preoccupati per l' assenza di certificazione delle carni servite 
nelle mense scolastiche. 
In Emilia-Romagna il 44% della plv agricola (6.600 miliardi) 
proviene dal comparto zootecnico e la regione conta l'11% dei 
capi allevati sul territorio nazionale. L'80% del patrimonio 
bovino e' concentrato nell' area da Modena a Piacenza. Nella 
trasformazione di latte e carne operano un migliaio di imprese 
con oltre 15.000 addetti. I macelli sono 180. Diverse le aziende 
importanti delle filiera: tra i mangimifici, Progeo e Raggio di 
Sole (rispettivamente, 350 e 250 dipendenti); nel lattiero 
caseario aziende leader come Parmalat e Granarolo. Le imprese di 
lavorazione della carne sono circa 1.000, con oltre 15.000 
addetti. (ANSA). 

GAG 
23-GEN-01 14:31 NNNN 




DIR0074 4 REG 0 R02 / BOL 

(ER) MUCCA PAZZA. CGIL-FEDERCONSUMATORI: EMERGENZA LAVORO= 

15.000 GLI ADDETTI IN REGIONE- NEL REGGIANO CHIUDE UN MACELLO 
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(DIRE)- BOLOGNA- L'EMERGENZA MUCCA PAZZA RIGUARDA ADESSO ANCHE I 
POSTI DI LAVORO. E' GIORDANO GIOVANNINI, SEGRETARIO REGIONALE 
FLAI-CGIL, A LANCIARE L'ALLARME: "IL RISCHIO DI UN'EMERGENZA 
LAVORO E' REALE, CI SARANNO TAGLI STRUTTURALI A PARTIRE DAI 
MACELLI. FINORA PER SCONGIURARE IL PROBLEMA SI E' FATTO RICORSO 
A STRUMENTI EXTRA, COME L'USO DI FERIE E PERMESSI INDIVIDUALI; 
SI E' INOLTRE PROVVEDUTO AD ALLONTANARE I LAVORATORI DELLE 
COOPERATIVE IN APPALTO CHE LAVORAVANO PRESSO I MACELLI". 
DEI RISCHI OCCUPAZIONALI DOVUTI AL BANDO DELLE CARNI BOVINE 
GIOVANNINI NE HA PARLATO OGGI ASSIEME ALLA LEADER DI REGIONALE 
DI FEDERCONSUMATORI PAOLA SAVIGNI. "ABBIAMO CONVOCATO QUESTO 
INCONTRO INSIEME- SPIEGA GIOVANNINI- PERCHE' RITENIAMO CHE IN 
QUESTA PARTITA CONSUMATORI E ALLEVATORI DEBBANO RIMANERE UNITI, 
PERCHE' UN'ALTA GARANZIA DEL PRODOTTO SI OTTIENE SOLO CON 
UN'ALTA GARANZIA DEL LAVORO". AVETE DATI PRECISI SULLE PERSONE 
CHE RISCHIANO IL POSTO DI LAVORO? SAPPIAMO AD ESEMPIO- DICE 
GIOVANNINI- CHE C'E' IL MACELLO VILLAROTTA DI REGGIO EMILIA STA 
PENSANDO DI CHIUDERE I BATTENTI E LI' CI SONO TRENTA LAVORATORI. 
IN REALTA' PERO' QUELLO ERA UN MACELLO CHE GIA' ERA IN 
DIFFICOLTA' E L'EMERGENZA MUCCA PAZZA GLI HA SOLO DATO IL COLPO 
DI GRAZIA. PER ORA- PROSEGUE IL SINDACALISTA- NON SIAMO A 
CONOSCENZA DI NESSUNA PROCEDURA DI MOBILITA' MA SIAMO CONVINTI 
CHE LE MISURE TAMPONE COME L'UTILIZZO DELLE FERIE ANTICIPATE FRA 
UN PO' NON BASTERANNO PIU'". 
(ORO/ SEGUE) 
14:52 23-01-01 

DIR0075 4 REG 0 R02 / BOL 
(segue 0074) 
(ER) MUCCA PAZZA. CGIL-FEDERCONSUMATORI: EMERGENZA LAVORO (2)= 

(DIRE)- BOLOGNA- NEL SETTORE DELLA MACELLAZIONE IN 
EMILIA-ROMAGNA CI SONO CIRCA 1.000 IMPRESE CHE IMPIEGANO CIRCA 
15 MILA ADDETTI; IN QUESTO SETTORE CI SONO DUE GRANDI AZIENDE, 
'INALCA' E 'UNICARNI' (NELLE QUALI OPERANO RISPETTIVAMENTE 600 E 
200 DIPENDENTI) CHE SONO PURTROPPO LE PIU' INTERESSATE A 
PROCESSI DI APPALTO ESTERNO DEL LAVORO. LA FILIERA COMPRENDE 
ANCHE I MANGIMIFICI 'LA PROGEO' E 'LA RAGGIO DI SOLE' CHE 
OCCUPANO RISPETTIVAMENTE 350 E 250 DIPENDENTI E IL SETTORE 
LATTIERO CAESEARIO CON OLTRE 900 IMPRESE E CIRCA 7.500 
DIPENDENTI". 
IN EMILIA ROMAGNA INOLTRE IL 44% DI TUTTA LA PRODUZIONE LORDA 
VENDIBILE PROVIENE DAL SETTORE ZOOTECNICO. IN REGIONE VIENE 
ALLEVATO CIRCA L'11% DEI CAPI COMPLESSIVAMENTE ALLEVATI NEL 
TERRITORIO NAZIONALE E SI MACELLANO 4 MILIONI E 200 MILA BOVINI 
ALL'ANNO. TRA LE PROPOSTE DI FLAI-CGIL C'E' QUELLO DI PROMUOVERE 
UN "MARCHIO ETICO E DI QUALITA'" CHE SI FONDI SU SISTEMI 
PRODUTTIVI E DEL LAVORO CERTIFICATI. ANCHE PAOLA SAVIGNI DI 
FEDERCONSUMATORI SOTTOLINEA L'ESIGENZA DI "UN'ALLEANZA TRA 
LAVORATORI E CONSUMATORI: "STIAMO RICEVENDO TELEFONATE E MOLTE 
LETTERE DI GENITORI CHE SI DICONO PREOCCUPATI PER QUELLO CHE 
MANGIANO I LORO FIGLI A SCUOLA". 
(ORO/ DIRE) 
14:52 23-01-01 


Convegno Nazionale 

MUCCA PAZZA 



"Qualità e Controlli per 
Garantire i Consumatori, 
Sviluppare e Tutelare il Lavoro" 

LE PROPOSTE DELLA FLAI CGIL 


Lunedì 5 Marzo 2001 
CENTRO CONGRESSI RAFFAELLO 
Strada per Cognento, 5 - MODENA - 
Ore 14.30





Introduzione: Giordano GIOVANNINI 
Segretario Generale FLAI-CGIL Emilia Romagna 

Interventi: Giuseppe AMBROSIO 
Direttore politiche agricole agroindustriali del Ministero 

Elena MONTECCHI 
Sottosegretario Presidenza del Consiglio 

Silvestro MONDINI 
Università Ancona e Membro Comitato Scientifico U.E. 
per la salute animale 

Conclusioni: Franco CHIRIACO 
Segretario Generale FLAI-CGIL Nazionale 



Segreteria Organizzativa del Convegno: FLAI-CGIL E/R Tel. 051/294797-e-mail: er_flai@er.cgil.it