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I RISCHI SUL LAVORO NEL SETTORE AGROALIMENTARE

RISCHI NEL SETTORE, INDICAZIONI DI PREVENZIONE, ESPERIENZE TERRITORIALI

 

CANTINE

AMIANTO CARNI

 

 

                                                                                                      CANTINE  

 DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE

 

 

 

 

SERVIZIO PREVENZIONE E SICUREZZA

AMBIENTI DI LAVORO

     Distretto di Reggio Emilia

 

 

 

Prot. n. 12/3124

Reggio Emilia,12/8/1997

  

VERBALE DI PRESCRIZIONE in materia di sicurezza sul lavoro:

RISCHIO DI INGRESSO IN LUOGHI CONFINATI CON ATMOSFERE PERICOLOSE

 

Introduzione.

 l recente (e purtroppo non primo a livello provinciale) infortunio mortale accaduto a Montecchio E., rende necessario richiamare le aziende interessate ed i lavoratori delle stesse, all’utilizzo di tutte le procedure operative ed ai mezzi atti a lavorare in regime di massima sicurezza all’interno di vasche o cisterne con atmosfere pericolose.

 I luoghi di lavoro interessati riguardano tutte quelle attività lavorative nelle quali sono presenti locali, cisterne contenitori interrati, come ad esempio:

_   cisterne interrate, seminterrate o fuori terra ma con accesso dall’alto contenenti prodotti o sottoprodotti di lavorazione del vino ed altri fermentati, soggetti pertanto a riempirsi di gas pesanti e/o tossici (anidride carbonica, anidride solforosa).

_   cisterne interrate, seminterrate o fuori terra ma con accesso dall’alto contenenti prodotti o sottoprodotti di altre lavorazioni  di tipo organico, alimentare, zootecnico comunque soggette a fermentazioni di ciclo produttivo (ad es. silos per foraggi) o di origine accidentale o comunque indesiderata (ad es. infiltrazioni d’acqua in silos per sfarinati).

_   tombini di fogne e di smaltimento di liquami sia di origine civile che zootecnico (fosse settiche ed altro).

_   cavità, fosse, trincee, scavi profondi con ristagno di liquidi ( e/o vapori) di varia natura compresa acqua piovana.

 

Occorre sottolineare che le normali maschere antigas, pur dotate di filtri specifici per sostanze tossiche, non sono assolutamente adeguate alle operazioni in oggetto. Infatti il problema non riguarda (solo) la difesa contro sostanze irritanti, tossiche o nocive, ma essenzialmente la carenza di ossigeno nel posto di lavoro.

 

E’ indispensabile che i lavoratori addetti a tali operazioni vengano preventivamente formati ed addestrati all’uso dei sistemi di protezione indicati (maschera ventilata ovvero autorespiratore, cinture). A tale scopo le ditte devono periodicamente simulare situazioni di rischio, facendo sì che i lavoratori eseguano materialmente le operazioni secondo le corrette procedure.

 

 

ATMOSFERE POVERE DI OSSIGENO

PER PRESENZA DI ANIDRIDE CARBONICA o ALTRI FATTORI

 

L’anidride carbonica è un gas incolore, inodore (non bisogna quindi fidarsi del “fiuto” per capire se è presente o no in atmosfera) e dal sapore acido.

Esso ha una densità di 1,98 (densità dell’aria = 1), è cioè più pesante dell’aria e tende quindi a ristagnare in basso.

L’anidride carbonica è un gas pericoloso in quanto tossico per l’organismo anche a piccole concentrazioni e in ambienti confinati, occupa il posto dell’ossigeno nell’aria che respiriamo.

In verità le prime alterazioni del benessere insorgono quando il CO2 nell’aria inspirata viene a trovarsi in concentrazioni dello 0,8 - 0,9 %. Si ha allora mal di testa, lieve nausea e vertigini.

Quando la concentrazione sale al 2 - 3 % si manifesta difficoltà di respiro con senso di soffocamento.

Per valori del 4 - 6 % insorge intenso mal di testa, vertigini, ronzii alle orecchie, sudorazione, difficoltà di respiro sempre più marcata, quindi cianosi (colore blu delle mucose), torpore e sonnolenza fino allo stato comatoso e successiva morte in assenza di soccorso tempestivo.

La percezione di questo rischio da parte dei lavoratori è bassissima mentre esso costituisce un rischio gravissimo come è dimostrato dagli infortuni mortali plurimi di cui frequentemente si ha notizia. Frequente è il caso di compagni di lavoro o familiari morti nell’intento di salvare persone svenute sul fondo di locali interrati o cisterne.

 

Norme di comportamento per asfissia da anidride carbonica.

Compito del soccorritore:

Non scendere o entrare nel luogo pericoloso se non dotato di mezzi artificiali di respirazione (Autorespiratore);

Insufflare aria pura il più vicino possibile al viso dell’infortunato (ad es. con un tubo collegato a un compressore d’aria);

Sottrarre la vittima all’imminente pericolo di asfissia;

Far chiamare i soccorsi di emergenza. Massima urgenza!

Se la vittima è inanimata, valutare la necessità di rianimazione cardio-respiratoria.

Dove si trova

L’anidride carbonica si forma principalmente nei seguenti luoghi:

- vasche di depurazione

- cisterne di fermentazione

- silos per foraggi

- pozzi minerali

- nei fumi, quale componente parziale degli stessi

Proprietà

L’anidride carbonica è più pesante dell’aria e forma, dove si raccoglie, un “lago” invisibile. La superficie di questo “lago” si trova, in genere, nettamente delimitata dall’aria sovrastante.

Intensi movimenti d’aria creano, fra i due strati, una zona dove aria e anidride carbonica sono miscelati.

L’anidride carbonica è inodore e non è esplosiva.

Pericolo

Morte per asfissia.

Causa

Nel “lago” di anidride carbonica vi è totale assenza di ossigeno: nessuna possibilità quindi di inspirare, in quella zona, una benchè minima quantità di ossigeno.

Come conseguenza si ha la morte immediata per asfissia.

Cosa fare

- Far chiamare il soccorso di emergenza (tel. 118)! Massima urgenza! Necessario l’autoprotettore a riserva di ossigeno o di aria.

- Salvataggio: solo da parte di personale esperto che, salvaguardato dall’autoprotettore, operi in condizioni di sicurezza.

- E’ severamente proibito prendere iniziative personali senza attenersi alle norme di sicurezza prescritte nel particolare ambiente di lavoro.

- Primo soccorso dopo il salvataggio: portare l’infortunato all’aria esterna, risparmiandogli qualsiasi sforzo muscolare, e chiamare il soccorso di emergenza del Pronto Soccorso (Tel. 118); nell’attesa, in caso di arresto delle funzioni vitali, praticargli la respirazione artificiale e il massaggio cardiaco, eventualmente somministrando successivamente ossigeno (valutare la necessità di avere in azienda una bombola d’ossigeno d’emergenza). Le manovre di rianimazione devono essere praticate da persone addestrate con apposito corso di formazione sul Pronto Soccorso, designate dal datore di lavoro ai sensi delle norme vigenti.

 

PRESCRIZIONI E DISPOSIZIONI

IN MATERIA DI SICUREZZA E IGIENE DEL LAVORO

PER ATMOSFERE POVERE DI OSSIGENO

A CAUSA DELLA PRESENZA DI ANIDRIDE CARBONICA

O ALTRI FATTORI

 

Procedure da attuare prima dell’ingresso in luoghi confinati.

 

1) Il datore di lavoro deve definire le procedure corrette per l’esecuzione dei lavori in luoghi confinati.

Di seguito vengono riportate le prescrizioni/disposizioni di riferimento indispensabili per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Il datore di lavoro potrà far proprie tali procedure o altre che garantiscano il medesimo livello di sicurezza, tenendo conto delle specificità della sua azienda e delle particolarità degli interventi e delle lavorazioni che in essa sono necessari.

Le procedure dovranno essere contenute in un documento scritto portato a conoscenza di tutti i lavoratori. Quelli che saranno direttamente interessati a tali procedure dovranno ricevere adeguata formazione con simulazioni di attività e interventi di emergenza almeno una volta all’anno.

Le procedure scritte dovranno essere inviate a questo Servizio entro i termini stabiliti nell’ultima parte di questo verbale.

 

2) Il datore di lavoro deve nominare un Responsabile della procedura che autorizzerà per iscritto su apposito registro gli interventi in luoghi confinati nonchè l’ingresso degli operatori dopo verifica dell’attuazione della procedura di bonifica stabilita.

 

3) Il Responsabile della procedura provvede alla valutazione dei possibili gas presenti all’interno del luogo confinato e alla scelta degli eventuali controlli strumentali da effettuare.

 

Quando sia esclusa la presenza di gas e vapori infiammabili e/o tossici, si procede comunque a:

4) Lavaggio in corrente d’aria delle vasche mediante idonei ventilatori collegati a un adeguato tubo di immissione a proboscide da calare sul fondo della cisterna per effettuare un sicuro lavaggio degli strati inferiori della atmosfera.

Indicativamente il ventilatore deve avere una portata compresa tra i 1800 e i 3600 m3/h per locali/cisterne fino a 50 m3  e proporzionalmente maggiori per locali di dimensioni superiori.

Il ventilatore, preferibilmente carrellato, dovrà avere un condotto di immissione di lunghezza tale da soddisfare due esigenze contrapposte: da una parte mantenere il ventilatore vicino all’apertura del locale da bonificare per limitare le perdite di carico, dall’altra di avere la bocca di aspirazione lontano da zone contaminate. In generale non è possibile fornire indicazioni numeriche più precise.

I ventilatori assiali che durante l’immissione dell’aria nel locale vengono posizionati in modo da ostruire l’apertura di ingresso non vengono ritenuti idonei.

Per consentire un efficace ricambio dell’aria le cisterne interrate con rapporto tra le dimensioni in pianta superiore a 3 devono essere dotate di due aperture verso l’esterno.

E’ consigliabile prevedere per i lavori prolungati una pausa di almeno 10 minuti ogni mezz’ora, intervallo in cui è da effettuarsi un nuovo lavaggio dell’ambiente con aria pulita.

 

5) Controllo della percentuale di O2 presente all’interno della vasca con apposito strumento misuratore; il misuratore di O2 deve essere dotato di un dispositivo che consenta di calarlo agevolmente nelle vasche interrate o nelle cisterne fuori terra fino a raggiungere quasi il livello del pavimento del locale in questione.

 

6) Assistenza continua e a vista da parte di lavoratore esterno alla vasca che deve avere, per tutto il tempo necessario, unicamente questo compito di sorveglianza.

 

7) L’ingresso nel luogo confinato può avvenire solo dopo che il controllo strumentale abbia rilevato un percentuale di ossigeno superiore al 20%.

 

8) Vige il divieto assoluto di ingresso in luoghi confinati che abbiano percentuali di O2 <18%.

 

9) Ingresso nella vasca da parte di lavoratore munito di imbragatura completa con attacco sulla schiena collegato mediante una fune ad apposito argano per consentire di estrarlo velocemente dalla vasca al primo sintomo di malore mediante l’uso di un mezzo di sollevamento (ad es. un treppiede detto anche tripode - certificato a norma UNI EN 795 - da collocare sopra l’apertura delle cisterne interrate).

Il lavoratore deve portare con sé l’apparecchio portatile di misurazione in continuo della percentuale di ossigeno.

 

10) Rispetto al caso delle cisterne interrate, in quelle fuori terra la presenza di due passi d’uomo ad altezze diverse permette una naturale circolazione d’aria diminuendo il livello di rischio, purchè la ventilazione naturale non sia impedita ed in particolare il passo d’uomo inferiore sia libero da materiali di deposito. Verificate queste ipotesi è possibile una maggiore possibilità di scelta nelle procedure da adottare. Tenendo fermo l’obbligo del lavaggio forzato con aria della atmosfera interna, si ritiene di indicare un obbligo alternativo tra l’utilizzo di uno strumento di rilevazione in continuo portatile, indossato dall’operatore all’interno della cisterna, e l’adozione di un sistema di respirazione forzata.

E’ consigliabile prevedere per i lavori prolungati una pausa di almeno 10 minuti ogni mezz’ora, intervallo in cui è da effettuarsi un nuovo lavaggio dell’ambiente con aria pulita.

 

11) Nel caso di ingresso in cisterne interrate o nei casi in cui la lavorazione lo richieda (rinnovo sorgente) il lavoratore che entra nella vasca deve indossare Dispositivi di Protezione Individuale conformi a quanto indicato al punto successivo (maschera ventilata con aria pulita o prelevata da ambiente non inquinato tramite ventilatore oppure alimentata con aria compressa attraverso un gruppo riduttore di pressione - filtro disoliatore, o in alternativa un autorespiratore).

 

Dispositivi di Protezione Individuale.

 

12) I Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) di emergenza devono essere del tipo necessario in atmosfere povere di ossigeno, mantenuti in contenitori posti nelle immediate vicinanze delle postazioni critiche, noti a tutti i lavoratori, in involucri facilmente apribili, montati per un uso immediato e manutenzionati frequentemente per garantirne l’efficienza in caso di necessità; gli accessi ai locali devono essere adeguati per consentire l’ingresso coi D.P.I. alla squadra di soccorso.

 

13) Ogni lavoratore deve avere a disposizione una semimaschera (racchiude completamente la zona naso-bocca) oppure preferibilmente una maschera a pieno facciale che consenta la protezione anche degli occhi dalla eventuale presenza di gas irritanti.

Tali dispositivi devono in entrambi i casi essere del tipo a respiratore isolante ad adduzione di aria compressa (alimentato con aria proveniente da una sorgente di aria compressa attraverso un gruppo riduttore di pressione - filtro disoliatore) oppure respiratore isolante a presa d’aria esterna (alimentato da una sorgente esterna con l’ausilio di un dispositivo a motore) (UNI EN 132). Occorre che ogni lavoratore abbia disponibile il proprio D.P.I.

 

14) In azienda devono essere presenti e pronti all’uso almeno due autorespiratori facilmente accessibili in apposito armadietto segnalato per utilizzo sia in condizioni di lavoro particolarmente gravose che in occasione di necessità di soccorrere lavoratori in situazioni di emergenza.

 

15) Il personale dovrà essere addestrato con apposito corso all’uso di tutti i dispositivi citati in precedenza e in particolare degli autorespiratori.

 

Informazione e formazione dei lavoratori.

 

16) L’Azienda deve rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti e portare a loro conoscenza le norme essenziali di prevenzione mediante affissione, negli ambienti di lavoro, di estratti delle norme legislative e tecniche vigenti.

In particolare l’Azienda deve informare e formare ogni singolo lavoratore sui rischi specifici cui è esposto e delle misure necessarie per eliminarli o ridurli nonchè deve indicare per iscritto ai lavoratori quali siano le procedure stabilite che devono essere utilizzate per entrare nei luoghi confinati e luoghi con pericolo di ristagno di gas e vapori pesanti che si sostituiscono all’aria.

 

Emergenze e pronto soccorso.

 

17) Le procedure di emergenza e pronto soccorso devono essere scritte e rese note ai lavoratori.

 

In caso di soccorso a persona colpita è necessario:

_   il personale di soccorso deve entrare nella cisterna soltanto quando ha indossato l’autorespiratore ed eventualmente deve far indossare l’autorespiratore alla persona soccorsa;

_   portare l’infortunato all’aria esterna, risparmiandogli qualsiasi sforzo muscolare, e chiamare il soccorso di emergenza del Pronto Soccorso (Tel. 118); nell’attesa, in casi estremi di cessazione delle funzioni vitali, praticargli la rianimazione cardio-respiratoria; le manovre di rianimazione devono essere praticate da persone addestrate con apposito corso di formazione sul Pronto Soccorso, designate dal datore di lavoro ai sensi delle norme vigenti;

_   nel caso risulti impossibile estrarre il lavoratore dal luogo confinato, avvicinare alla sua zona di respirazione il tubo di immissione dell’aria collegato al ventilatore, in modo da fargli respirare nel più breve tempo possibile aria pulita prelevata dall’esterno del locale.


 

 

ATMOSFERE CON PRESENZA DI ANIDRIDE SOLFOROSA

 

L’anidride solforosa (SO2) è un gas incolore non infiammabile, dall’odore pungente, di sapore acido; si inumidisce e si ossida facilmente per formare acido solforoso e poi, più lentamente, acido solforico. La densità del gas è 2,92 (densità dell’aria = 1), è quindi più pesante dell’aria e tende a ristagnare in basso. L’anidride solforosa è un gas irritante il cui effetto si determina a causa della formazione di acido solforoso e solforico a contatto con le mucose umide. Nell’organismo è assorbita prevalentemente per via respiratoria, ma anche, come acido solforoso, per via digestiva.

L’intossicazione acuta risulta dall’inalazione di concentrazioni massicce. E’ caratterizzata da forte irritazione delle congiuntive (occhi) e delle mucose del naso, faringe, laringe (vie aeree superiori) con difficoltà di respiro, cianosi (labbra blu) e disturbi della coscienza.

Soffocamento per spasmo laringeo riflesso, arresto improvviso della circolazione nei polmoni e choc possono provocare la morte. E’ da temere anche l’edema polmonare.

Primo soccorso.

In caso di incidente grave conviene evacuare prontamente l’infortunato portandolo all’aria pura, risparmiandogli ogni sforzo muscolare, facendogli inalare ossigeno, sottoponendolo a qualificata assistenza sanitaria (valutare la necessità di avere in azienda una bombola d’ossigeno d’emergenza).

Se è colpito agli occhi, si procederà al lavaggio prolungato degli occhi e del naso con una soluzione al 2 % di bicarbonato di sodio.

 

PRESCRIZIONI E DISPOSIZIONI

IN MATERIA DI SICUREZZA E IGIENE DEL LAVORO

PER ATMOSFERE CON PRESENZA DI ANIDRIDE SOLFOROSA

 

18) Il datore di lavoro deve definire le procedure corrette per l’esecuzione dei lavori in luoghi confinati.

Di seguito vengono riportate le prescrizioni/disposizioni di riferimento indispensabili per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Il datore di lavoro potrà far proprie tali procedure o altre che garantiscano il medesimo livello di sicurezza, tenendo conto delle specificità della sua azienda e delle particolarità degli interventi e delle lavorazioni che in essa sono necessari.

Le procedure dovranno essere contenute in un documento scritto portato a conoscenza di tutti i lavoratori. Quelli che saranno direttamente interessati a tali procedure dovranno ricevere adeguata formazione con simulazioni di attività e interventi di emergenza almeno una volta all’anno.

Le procedure scritte dovranno essere inviate a questo Servizio entro i termini stabiliti nell’ultima parte di questo verbale

 

19) Il datore di lavoro deve organizzare l’attività in modo che l’SO2 possa essere utilizzata solo da parte di personale autorizzato e dotato di regolare patente rilasciata dal Sindaco.

 

20) In caso di presenza di deposito di bombole di SO2 è necessario che la ditta si doti di un idoneo locale o contenitore nonché di regolare autorizzazione del Sindaco per detto deposito. Tale autorizzazione non è prevista per le cantine.

 

21) Le bombole di SO2 in utilizzo devono essere ancorate, in analogia a quelle contenenti gas compressi ad uso saldatura, a strutture fisse oppure poste su idonei carrelli provvisti di apposito ancoraggio.

 

22) Il collegamento della tubazione in gomma dalla bombola di SO2 alla parte fissa dell’impianto di insufflazione deve avvenire mediante un dispositivo di attacco rapido a baionetta o simile per evitare la necessità di dover predisporre la fascettatura di un raccordo in gomma o plastica ad ogni collegamento.

 

23) Tutti i luoghi in azienda posti al di sotto del piano di campagna devono essere assimilati a luoghi con atmosfere pericolose per possibilità di accumulo di SO2.

 

Procedure da attuare prima dell’ingresso in luoghi confinati:

Devono essere individuate e rese note ai lavoratori procedure scritte per i seguenti casi:

a) prima e durante l’ingresso nelle vasche, e nel vano posto sotto le vasche stesse;

b) durante le lavorazioni nelle quali si faccia uso di SO2;

c) nei casi di emergenza da attuarsi in caso di fuga di SO2 e in caso di soccorso.

a) Prima e durante l’ingresso nei luoghi confinati si deve seguire la seguente procedura:

24) Il datore di lavoro deve nominare un Responsabile della procedura che autorizzerà per iscritto su apposito registro degli interventi in luoghi confinati, l’ingresso degli operatori dopo verifica dell’attuazione della procedura di bonifica stabilita.

 

25) Il Responsabile della procedura provvede alla valutazione della concentrazione di SO2 con apposito misuratore; quando la concentrazione risulti superiore a 100 ppm è necessario procedere a un lavaggio dell’atmosfera mediante abbattimento con pioggia d’acqua o, meglio, con acqua nebulizzata.

L’abbattimento dell’SO2 comunque non esclude che nell’ambiente vi possa essere carenza di ossigeno e pertanto va attuato quanto indicato al paragrafo precedente.

 

Quando sia esclusa la presenza di gas e vapori infiammabili, si procede a:

26) Controllo della percentuale di O2 presente all’interno della vasca con apposito strumento misuratore; il misuratore di O2 deve essere dotato di un dispositivo che consenta di calarlo agevolmente nelle vasche interrate o nelle cisterne fuori terra fino a raggiungere quasi il livello del pavimento del locale in questione.

 

27) Lavaggio in corrente d’aria delle vasche mediante idonei ventilatori collegati a un adeguato tubo di immissione a proboscide da calare sul fondo della cisterna per effettuare un sicuro lavaggio degli starti inferiori della atmosfera. Per le caratteristiche del ventilatore e della tubazione vale quanto indicato al punto 4). Per consentire un efficace ricambio dell’aria le cisterne interrate con rapporto tra le dimensioni in pianta superiore a 3 devono essere dotate di due aperture verso l’esterno.

E’ consigliabile prevedere per i lavori prolungati una pausa di almeno 10 minuti ogni mezz’ora, intervallo in cui è da effettuarsi un nuovo lavaggio dell’ambiente con aria pulita.

 

28) Evacuazione dell’acqua eventualmente utilizzata per l’abbattimento dell’SO2 e suo smaltimento ai sensi della normativa vigente.

 

29) Assistenza continua e a vista da parte di lavoratore esterno alla vasca che deve avere, per tutto il tempo necessario, unicamente questo compito di sorveglianza.

 

30) L’ingresso nel luogo confinato può avvenire solo dopo che il controllo strumentale abbia rilevato un percentuale di ossigeno superiore al 20%.

 

31) Vige il divieto assoluto di ingresso in luoghi confinati che abbiano percentuali di O2 <18%.

 

32) Ingresso nella vasca da parte di lavoratore munito di imbragatura completa con attacco sulla schiena collegato ad una fune sufficientemente lunga per consentire di estrarlo velocemente dalla vasca al primo sintomo di malore mediante l’uso di un mezzo di sollevamento (ad es. un tripode); il lavoratore deve portare con sé l’apparecchio di misurazione in continuo della percentuale di ossigeno.

 

33) Nel caso in cui la lavorazione lo richieda (rinnovo sorgente) il lavoratore che entra nella vasca deve indossare una maschera (facciale completo a causa delle proprietà irritanti dell’SO2) ventilata con aria pulita (o prelevata da ambiente non inquinato tramite ventilatore o alimentata con aria compressa attraverso un gruppo riduttore di pressione - filtro disoliatore o infine in alternativa un autorespiratore).

b) Durante le lavorazioni nelle quali si faccia uso di SO2:

34) Nel reparto di lavorazione in continuo deve essere assicurato un buon ricambio dell’aria per garantire la diluizione dell’inquinante emesso. Nel caso in cui vi sia la possibilità che i portoni vengano chiusi, occorre predisporre ventilatori per una adeguata ventilazione forzata.

 

35) Per ridurre i rischi nella manipolazione delle bombole e per ridurre l’esposizione dei lavoratori la ditta deve preferibilmente introdurre un sistema centralizzato (con tubazioni fisse) di distribuzione dell’SO2 che consenta di non avere una presenza diffusa di più punti di erogazione e quindi di rischio. In questo modo l’approvvigionamento dell’SO2 avverrebbe in un locale separato con un carrello multiplo per le bombole e questo locale potrebbe essere dotato di sistemi di allarme e di abbattimento a pioggia su un opportuno pavimento vascato.

 

36) Gli addetti alla solforazione devono essere sottoposti a sorveglianza sanitaria, ad opera di un medico competente a totale onere del datore di lavoro secondo quanto disposto dal punto 21 della tab. allegata al DPR 303/56.

 

37) Poiché l’SO2 è utilizzata prevalentemente con metodi dispersivi (irrorazioni, gorgogliamenti, ecc.) devono essere previste la protezione delle vie respiratorie dei lavoratori con maschere con filtri intercambiabili specifici per SO2 (E2 colore giallo) nonché tutte le misure (collettive o individuali) necessarie per eliminare il rischio di caduta dentro le vasche e simili oggetto dei trattamenti.

 

38) Deve essere effettuata una formazione dei lavoratori nella scelta di un DPI rispetto a un altro soprattutto in riferimento alla presenza di ossigeno, nella manutenzione e addestramento all’uso pratico dei Dispositivi di Protezione Individuale a seconda dei vari tipi di atmosfere pericolose; deve essere previsto un addestramento specifico pratico nell’uso degli autorespiratori.

Di tale formazione e addestramento deve essere mantenuta documentazione in azienda.

c) Durante le fasi di emergenza da attuarsi in caso di fuga di SO2 o in caso di soccorso:

39) In caso di fuga rilevata con strumentazione e allarme ad essa collegato la zona dovrà essere evacuata, tutti i lavoratori dovranno indossare la maschera per SO2, dovrà essere iniziata la procedura di abbattimento con pioggia d’acqua, e intercettata e messa in sicurezza la fuga dalla squadra di emergenza dotata di autorespiratori.

 

40)       Le procedure di emergenza e pronto soccorso devono essere scritte e rese note ai lavoratori.

In caso di soccorso a persona colpita (occhi, pelle, apparato cardio-respiratorio) è necessario:

_   per gli occhi: irrorare con appositi prodotti neutralizzanti utilizzando lavaocchi di emergenza (che devono essere presenti in vari luoghi dello stabilimento);

_   per la pelle: lavare con acqua abbondante;

_   per l’apparato cardio-respiratorio: portare l’infortunato all’aria esterna, risparmiandogli qualsiasi sforzo muscolare, e chiamare il soccorso di emergenza del Pronto Soccorso (Tel. 118); nell’attesa, in casi estremi di cessazione delle funzioni vitali, praticargli la rianimazione cardio-respiratoria; le manovre di rianimazione devono essere praticate da persone addestrate con apposito corso di formazione sul Pronto Soccorso, designate dal datore di lavoro ai sensi delle norme vigenti.

_   Nel caso risulti impossibile estrarre il lavoratore dal luogo confinato, avvicinare alla sua zona di respirazione il tubo di immissione dell’aria collegato al ventilatore, in modo da fargli respirare nel più breve tempo possibile aria pulita prelevata dall’esterno del locale.

 

Principali riferimenti legislativi e normativi:

RD 147/27

DPR 547/55 Artt. 4, 6, 235, 236, 241, 254, 367, 374, 377, 386, 387

DPR 303/56 Art. 20

D.Lgs. 475/92

D.Lgs. 626/94 e successive modifiche Artt. 4, 5, 21, 22, 42, 43

UNI EN 132 e seguenti (DPI)

UNI EN 795 (treppiede)

DISPOSIZIONI FINALI

Si fa presente che:

a) Il datore di lavoro dovrà attuare le prescrizioni e le disposizioni impartite nel più breve tempo possibile e comunque non oltre il termine di 45 giorni dalla data di ricevimento del presente verbale.

Dovrà inoltre fornire allo scrivente Servizio assicurazione scritta di aver adempiuto a tutte le prescrizioni e disposizioni del presente verbale e in particolare:

n   di aver divulgato le procedure definite a tutti i lavoratori con particolare attenzione agli avventizi e ai neo-assunti;

n   di aver effettuato la formazione e l’addestramento previsti;

n   di aver acquistato gli strumenti di misura e i DPI necessari;

Alla lettera dovranno essere allegate le procedure di sicurezza definite all’interno dell’azienda di cui ai punti 1 e 18.

b) nel caso in cui, durante le verifiche che verranno effettuate dai SPSAL, non risulti attuato quanto prescritto, verrà inoltrata comunicazione all’Autorità Giudiziaria per i provvedimenti del caso. Nei casi di maggiore gravità l'Organo di Vigilanza disporrà misure urgenti quali ad esempio il sequestro preventivo dell'oggetto del reato ai fini di salvaguardare la sicurezza e l'igiene del lavoro.

c) la responsabilità di eventuali incidenti dovuti a carenze prevenzionistiche anche prima dell’adempimento alle prescrizioni del presente Verbale, rimangono, comunque, a carico del datore di lavoro per quanto di sua competenza.

d) quando, a causa della particolare complessità o della oggettiva difficoltà dell'adempimento, non fosse possibile rispettare i termini della prescrizione, il datore di lavoro può richiedere proroga alla scadenza fissata nel presente verbale. In nessun caso la scadenza del Verbale potrà superare i 6 mesi dal momento del suo ricevimento. Tuttavia, quando specifiche circostanze non imputabili all’azienda determinino un ritardo nella regolarizzazione, il termine di 6 mesi può essere prorogato per una sola volta, a richiesta del datore di lavoro, per un tempo non superiore ad ulteriori 6 mesi, con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al Pubblico Ministero.

e) copia della presente viene inviata alle Rappresentanze dei lavoratori affinchè possano esercitare il diritto sancito dall'articolo 9 L. 300/70. In assenza della rappresentanza dei lavoratori, copia del verbale deve essere affissa, leggibile in ogni sua parte, in bacheca e/o luogo stabilmente utilizzato dai lavoratori.

 

Inviata d’ufficioIL RESPONSABILE DEL s.p.s.a.l.

 

 

 

 legato

            SCHEMA DEL REGISTRO PER IL CONTROLLO DEGLI INTERVENTI

IN LUOGHI CONFINATI CON ATMOSFERE PERICOLOSE

 

Nome e cognome del Responsabile della “procedura”:  ......................................................................

Qualifica:  ..................................................................................

 

Data intervento:  ..............................................

 

Identificazione del luogo confinato:  .............................................................Volume: ............m3.

 

Materiale contenuto:  ......................................................................................................................

 

Inquinanti presunti:  ........................................................................................................................

 

Lavorazione da effettuare nel luogo confinato:  .............................................................................

 

Controlli preventivi effettuati:   O2 :  ..........%;    SO2:  ............ppm;   Altro:...................................

 

Interventi di bonifica da effettuare prima dell’ingresso

     ventilazione necessaria: .............minuti         portata ventilatore: .............................m3/h

     lavaggio a spruzzo con acqua: ...........................................................

     estrazione liquidi e materiali contenuti:  ...........................................

     altro:  ..................................................................................................

 

Controlli effettuati dopo la bonifica

     O2 :  ..........%;           SO2:  ............ppm;    Altro:  ..........................................

 

Interventi di bonifica da effettuare durante la lavorazione

     ventilazione forzata continua:  .................................................................

sospensione ogni..............minuti per ventilazione forzata

            altro:  .........................................................................................................

 

DPI e attrezzature da utilizzarsi:

m  autorespiratore

m  semimaschera ventilata

m   maschera ventilata

m   maschera con filtro intercambiabile

m  cintura di sicurezza

m   treppiede

m   misuratore di ossigeno

m   misuratore di anidride solforosa

m   guanti

m   stivali

m   occhiali

m   casco

m   altro........................................

 

Persona/e incaricata/e della lavorazione: .............................................................................................

 

Persona/e incaricata/e della assistenza esterna:  ..................................................................................

 

Ora in cui viene data autorizzazione all’ingresso:  .....................................

 

Osservazioni e note a fine intervento:  ................................................................................................

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Firma del Responsabile della procedura di ingresso:  .........................................................................

 

 

 CARNI


 
 
 
 
Riconoscimento del tunnel carpale come malattia professionale

Un caso aziendale
Anamnesi lavorativa:

Illustriamo qui di seguito la modalità con cui deve essere redatta l’anamnesi lavorativa nell’istruire la pratica INAIL se si desidera avere qualche possibilità di successo nel riconoscimento del caso:

Tunnel carpale:
A tutt’oggi (dicembre 2000) sono stati presentati all’INAIL una quarantina di casi di tale patologia di cui uno respinto, il 50 % accolto ed il restante in attesa di giudizio.

L’azienda ove il lavoratore è occupato  effettua la lavorazione delle cosce suine per ottenere prosciutti stagionati, prosciutti cotti, e altri prodotti minori.

Nell'azienda sono occupati circa 140 dipendenti divisi in due turni da circa 70 persone.

Le 70 persone sono distribuite principalmente su tre linee di lavorazione:

1) linea rifilatura prosciutto. crudo, (che può essere suddivisa in 

   tre fasi - rifilatura, sgranello e filetto)

2) linea rifilatura prosc. cotto, (rifilatura, sgranello, filetto)

3) disosso prosciutti 

La lavorazione delle prime due linee consiste nella rifilatura delle cosce suine in modo che il "pezzo" assuma la forma ottimale per poter poi  essere stagionato (prosciutto crudo) o cotto (prosciutto cotto).

Per effettuare la rifilatura (ossia togliere i lembi di carne non necessari) si utilizza in talune posizioni un coltello manuale e in altre posizioni un coltello elettrico, che produce microvibrazioni. 

Le operazioni da compiere comportano in generale, movimenti di flesso-estensione delle dita e di rotazione, lateroversione e flesso-estensione del polso. 

Le operazioni col coltello elettrico comportano la flessione forzata del quarto e quinto dito che assieme al primo dito sostengono l'impugnatura, mentre il secondo ed il terzo dito sono mantenuti in tensione, agendo come guida dell'utensile, e il polso viene posto in linea con l'asse principale del coltello eseguendo così movimenti di flesso-estensione e di laterali….

Taluni operatori, per mantenere più salda la presa del coltello elettrico flettono anche il secondo ed il terzo dito.

Nella linea rifilatura prosciutti crudi si rifilano circa 1000 pezzi all'ora, con una frequenza di circa 18 pezzi al minuto.

Ogni "pezzo" comporta circa 3-4 movimenti contro resistenza sia di lateroversione che di rotazioneq, uesto equivale a circa 21.000 movimenti nell'arco delle 6,30 ore giornaliere mediamente lavorate.
Su questa linea lavorano circa 22 persone per turno di cui 7 utilizzano il coltello elettrico e le restanti il coltello manuale. (44 e 14 se si considerano i due turni). I coltelli elettrici sono di diverso tipo a seconda che si stia effettuando la rifilatura vera e propria o l'operazione detta dello sgranello, (pulitura dell'anca)  o l'asportazione del filetto.

Nella linea rifilatura prosciutti cotti si rifilano circa 1200 pezzi all'ora con una frequenza di circa 22 pezzi al minuto.
ogni pezzo comporta a seconda della parte da rifilare da un minimo di un movimento ad un massimo di 3 movimenti di lateroversione, e rotazione,questo equivale ad una media di circa 18.000 movimenti di lateroversione nell'arco delle 6,30 ore giornaliere mediamente lavorate.
Su questa linea lavorano circa 10 persone per turno di cui 7 utilizzano il coltello elettrico. (20 e 14 se si considerano 2 turni). Anche in questo caso i coltelli elettrici sono di diverso tipo a seconda del tipo di operazione che si effettua.

Il tipo di lavoro comporta anche un certo sforzo contro resistenza a carico delle strutture muscolo tendinee dell'arto superiore; è infatti necessario imprimere una certa forza al coltello per poter rifilare  il "pezzo" che si sta lavorando.

Si ritiene pertanto che per gli elementi su esposti l‘origine della patologia debba essere ricondotto in ambito professionale.
 
 
 

 


 
 
Riconoscimento della tubercolosi bovina trasmessa all'uomo, come malattia professionale
Un Caso Aziendale
anamnesi lavorativa

Nel febbraio 1991 la FLAI di Modena nell'ambito del progetto Tecnologia & Salute segnalava all' INCA-CGIL il caso di una lavoratrice affetta da tubercolosi, verosimilmente derivante da un contagio da Mycobacterium bovis, contagio che si supponeva essersi verificato nel macello bovino in cui la signora lavorava .
La lavoratrice ricoverata presso l'istituto di Tisiologia di Modena, aveva effettuato 6 mesi di malattia, dopodiché aveva richiesto un periodo di aspettativa (in tutto 8 mesi) non retribuita.
Nell'aprile 1992 L'istituto di Tisiologia del Policlinico di Modena, dichiarava che la malattia si era stabilizzata e la lavoratrice poteva riprendere il lavoro
La segnalazione all'INCA-CGIL era volta alla richiesta di riconoscimento quale infortunio sul lavoro da contagio con mycobacterium bovis.

La FLAI-CGIL aveva pensato che il caso fosse sostenibile in quanto:

- Nell'arco di 8 anni si erano verificati nella medesima azienda;  7 casi di brucellosi (altra patologia che può essere trasmessa  dal bovino all'uomo N.d.R.) ed altri 5 casi di tubercolosi,   questi ultimi indennizzati come malattia comune.

- L'azienda aveva l'autorizzazione a macellare bestiame infetto;  le normative veterinarie dispongano infatti che gli animali   infetti debbano essere avviati alla macellazione; anche  se la mattanza deve avvenire in un macello contumaciale separato  dal macello principale oppure deve avvenire all'inizio o alla   fine del turno di macellazione normale previa disinfezione degli   strumenti e degli ambienti di macellazione; inoltre ognuno degli   animali deve essere sottoposto a visita veterinaria sia ante-  mortem che post-mortem.  Nessuna di queste disposizioni veniva attuata regolarmente,  inoltre ai lavoratori non venivano forniti nè guanti, nè mascherine, nè schermi protettivi contro eventuali schizzi,   nemmeno nel momento in cui si macellavano le bestie infette.
Il patronato INCA-CGIL allegava alla pratica, tutta la documentazione che la FLAI-CGIL di Modena forniva e precisamente:
- lettera dei sindacati alla Usl competente per richiesta di   incontro al fine di valutare le condizioni di salubrità 
  dell'ambiente di lavoro.
- Verbale dell'incontro tenutosi con la Usl in cui il sindacato chiede che vengano condotti degli accertamenti sulle condizioni
di salubrità delle lavorazioni e sul rispetto delle norme veterinarie.
- Lettera del Responsabile del SMPIL della Usl competente in cui si prescrive all'azienda di acquistare guanti, mascherine e/o schermi facciali in vetro trasparente
- Lettera del Responsabile del Servizio Veterinario della Usl 
  competente che prescrive al veterinario dell'azienda di: "provvedere affinché la macellazione dei bovini positivi alle prove diagnostiche per tubercolosi e brucellosi venga eseguita al termine della macellazione quotidiana".
- Lettera di risposta del veterinario aziendale che comunica al responsabile veterinario della Usl di: " aver dato disposizione affinché  la macellazione dei bovini positivi alla e prove diagnostiche venga effettuata  in attuazione dei piani di Profilassi obbligatoria, al termine della giornata.
- Lettera di risposta del responsabile per la sicurezza dell'azienda  in cui comunica alla Usl di aver provveduto affinché vengano acquistati opportuni schermi facciali trasparenti che saranno messi a disposizione dei lavoratori non appena perverranno.
- Traduzione in lingua italiana e originali in lingua inglese di bibliografia internazionale che documenta l'elevata incidenza della tubercolosi nei macellatori. 
- materiale bibliografico tratto dal Trattato di Medicina dei lavoratori del Sartorelli 1981- Piccin Editore ove la tubercolosi viene individuata tra i fattori di rischio dei macellatori.
- sentenza della Cassazione in cui si ribadisce che quando la lavoarzione è a rischio, il contagio è da considerarsi infortunio sul lavoro, ed esiste comunque presunzione legale del nesso di causalità (Cass. Sez Lavoro - 21/02/91 - 13/03/92); definendo in quella circostanza che l'epatite virale è sempre infortunio sul lavoro per gli infermieri.
Nonostante ciò l'INAIL respingeva il riconoscimento del caso asserendo che  mancava la causa violenta ed essendo pure mancata all'epoca del ricovero la tipizzazione del batterio, ossia l'accertamento di laboratorio che avrebbe inequivocabilmente dimostrato se trattavasi di mycobacterium bovis (contagio da bovino) o da mycobacterium tubercolisis (contagio non da bovino).
L'azione giudiziaria conseguentemente intrapresa dall'INCA-CGIL ha indotto il pretore del lavoro a nominare un Consulente Tecnico d'ufficio  che potesse valutare la sussistenza degli estremi medico-legali per il riconoscimento del caso.
 In data 23/3/95 il CTU nominato dal giudice emette parere favorevole inordine al riconoscimento del caso, basandosi sulla valutazione della documentazione fornita e della bibliografia allegata, sostenendo che, pur
mancando la tipizzazione del batterio che avrebbe tolto qualsiasi dubbio,  l' elevato numero di casi registrati in quell'azienda in rapporto alla popolazione non a rischio, fa ritenere che esisita la presunzione legale
per il riconoscimento del caso.Il giudice ha successivamente accolto il caso , in conformità al parere
espresso dal CTU,  come malattia contratta in ambito lavorativo.L'INAIL si è appellata contro il parere espresso dal giudice di primo grado, ma pure in appello ha perso il ricorso; si è successivamente appellata al giudice di Cassazione il quale nel giugno 2000 si è definitivamente pronunciato a favore del Patronato INCA-CGIL che aveva originariamente ricorso contro il diniego dell'INAIL al riconoscimento della malattia professionale.
Attualmente è quindi stata riconosciuta, per decreto del Giudice di Cassazione, una rendita INAIL a favore dei superstiti poiché l'assistita è nel frattempo deceduta. 
Se ci è consentito un breve commento, possiamo dire che la richiesta all'INAIL  di riconoscimento  di patologie non tabellate, deve essere molto ben  documentata e circostanziata; in caso diverso, ottenere il riconoscimento è "fatica sprecata"; soprattutto quando la patologia potrebbe essere derivata anche da causa extralavorativa.

 


 
 
 
Riconoscimento delle verruche alle mani, come malattia professionale

La lesione cutanea da papilloma virus, volgarmente chiamata verruca è un patologia che sembra trovare terreno fertile fra i lavoratori del comparto lavorazione carni( bovine e suine, manca conferma del fenomeno nel comparto avicolo) sia fra coloro che maneggiano carne fresca appena macellata che fra coloro che manipolano carne già  trattata (cotta, stagionata, ecc.).
Non esiste evidenza scientifica del meccanismo del contagio, poiché‚ il tipo di virus individuato sull'animale è diverso da quello rilevato sull'uomo, tuttavia i dati statistici da noi raccolti sembrano contraddire l'evidenza scientifica.
In base ai dati raccolti dal Medico competente di una delle aziende in causa, il fenomeno colpisce in media circa il 30% dei lavoratori del comparto contro una media del 4-5% nella popolazione normale.
L'anamnesi lavorativa da noi condotta ci porta a mettere in evidenza i seguenti dati:

- Ogni lavoratore interessato rileva di "avere cominciato ad avere le verruche da quando lavora nel comparto carni". Non ha mai avuto verruche prima di quel momento, tranne un solo caso per il quale si era verificato un episodio in età giovanile.

- Alcuni denunciano di avere ereditato nel corso di 15 anni di carriera lavorativa anche 40/60 verruche. Dichiarano inoltre che pur essendo frequentatori di piscine, non hanno mai contratto verruche ai piedi. La media comunque si assesta sulle 12-15 verruche estirpate nel corso di circa 15 anni di lavoro.

- I lavoratori ormai "contagiati" sembrano comunque essere i più sistematicamente e frequentemente colpiti, mentre si osserva che le prime verruche compaiono solo dopo 2-3 anni di lavoro, come se l'epidermide impiegasse un certo periodo a "sensibilizzarsi".

A tutt'oggi l'INAIL di Modena dopo aver attivato il contenzioso con il patronato ha perso numerose cause in cui tentava di respingere la verruca come “malattia di origine professionale”; possiamo pertanto dire che in presenza di verruche alle mani va sempre attivata la pratica INAIL e non la pratica INPS.