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Dar Es Salaam

Oggi al risveglio sono andato in città con John, un simpatico ragazzo locale. Abbiamo incontrato un suo conoscente, un insegnante norvegese con la moglie keniota ed il loro “wachman” con i quali abbiamo passato tutto il resto della giornata così svoltasi:
- Discorsi in relax prima in terrazzo poi al bar del Kilimangiaro Hotel situato sulla panoramica del porto della città;
- Visita al mercato del pesce, luogo caratterizzato dall’incredibile povera originalità, densi ed anche nauseanti odori. Gente che mercanteggia, danza, canta, cucina, nuota nel canale del porto e gioca a pallone davanti ad un folto e divertito pubblico locale in un campo di sabbia che del calcio l’unica sembianza è solo una palla di vecchia pelle;
- Cena in un ristorante cinese. Per un italiano non trovare il pane al ristorante, è come andare in un pub e non trovare la birra.
Forse è presto per delle deduzioni, o del parlare del così citato mal d’Africa, ma la sensazione che ho avuto nel frequentare queste prime persone incontrate, mi hanno subito fatto riflettere. Non c’è bisogno di dare del “lei”, anzi quasi offendi, perché questa gente è qui per un qualcosa che sentono e non vogliono delle inutili riverenze. Se con te si sono trovati bene, non hanno bisogno di scambiarsi l’indirizzo, probabilmente perché sanno che dove andranno ci saranno altre persone semplici e serene. Ma la cosa che più mi ha colpito nelle poche coppie che ho conosciuto, è il saper ridere, schernirsi e scherzare fra marito e moglie, in quel modo che io ho sempre visto fare e fatto, solo quando devi conquistare una donna o è da poco che l’hai conquistata.
Ch’io possa far tesoro di come si può mantenere un rapporto così sereno.

 
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Ultima modifica: lunedì 08 ottobre 2007 21.06

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