Sono
ormai due giorni che sono arrivato in questa città africana.
Appena sceso dall'aereo, nel tragitto fatto in taxi che
dall'aeroporto porta alla missione dove ho cercato ospitalità, mi
sono chiesto:
Ma questa è l'africa? Dov'è
tutta quella bellezza così menzionata?
Ovunque ho visto un tale stato di degrado che senza fare tanta
strada, avrei visto in un qualsiasi sobborgo di basso rango di una
grande città. Anzi peggio. Passato questo primo impatto, non dei
più felici, arrivato alla missione ho conosciuto le prime persone
quasi tutte italiane. La presentazione è stata molto elementare:
Ciao, come ti chiami, da dove
vieni, stop.
Tutto questo mi è sembrato discreto, conciso ed educato, così da
non dover ripetere ad ogni nuovo volto, un disco noioso, monotono
ed al quanto fastidioso. Poi ho conosciuto il responsabile di
questa missione, padre Aldo Pellizzari, che dopo
averlo messo a conoscenza sul perché ero lì in consolata, mi ha
consegnato, senza troppi indugi, le chiavi di una camera con
bagno. Dopo pranzo (ci si siede e ci si alza sempre dopo una
brevissima preghiera) sono andato al mare con due medici
meridionali, una signora veronese incinta ed il marito anche lui
veronese. In loro compagnia ho passato una piacevolissima
giornata. Ho fatto il mio primo bagno nell’Oceano Indiano
dall’acqua deliziosamente calda e poco salata. Abbiamo parlato
del più e del meno spaziando in tutti i campi in serena armonia.
Dopo un breve salto al mercato dell’artigianato locale e
riaccompagnato alla missione, ho cenato e sono andato a dormire
per ristabilirmi. Questa è la prima volta che tengo un diario e
quindi non sò ancora bene se devo scrivere un resoconto delle
giornate od un resoconto delle impressioni. Penso sia la miglior
cosa, inserire in queste pagine quello che mi attraversa la mente.
Di qualunque genere esso sia anche senza un filo logico o
narrativo.
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