Aspetti storici e legali
 
Home
Cos'è il DTT
Aspetti storici e legali
Aspetti economici
Versioning dei decoder
Considerazioni finali

 

 

La storia della TV digitale è lunga e appassionante, ma sarebbe più giusto chiamarla nascita della “compressione nella televisione”, che parte dalla necessità di un segnale digitalizzato o numerizzato, che con successivi processi di carattere numerico viene trasformato in un segnale in cui vengono eliminate tutte le ridondanze.

L'avvento dell'era digitale si ebbe intorno agli anni '86-87, quando ci fu un accordo fra la RAI e la società TELETTRA per studiare delle forme di processamento numerico che avrebbero potuto notevolmente ridurre la "bit rate", o la velocità del segnale televisivo. Questo studio, che iniziò in previsione di realizzare qualcosa per i campionati del mondo di calcio del 1990, fu applicato inizialmente come spinta all'alta definizione, perché già la numerizzazione per i segnali normali arrivava ad un segnale di velocità molto elevata; per un segnale di alta definizione si arrivava a velocità di 1000 Megabit e non c'era nessun sistema trasmissivo allora in grado di trasmettere una velocità così elevata. In quel periodo si pensò di applicare degli algoritmi numerici che associavano al segnale televisivo due forme di compressione: una era l'eliminazione della cosiddetta ridondanza spaziale, l'altra era l'eliminazione della ridondanza temporale.

La rivoluzione digitale è il fattore dominante di uno scenario caratterizzato dalla convergenza fra i settori della radiodiffusione, delle telecomunicazioni e delle nuove tecnologie dell’informazione. Nel campo della radiodiffusione televisiva le specifiche tecniche dei nuovi sistemi sono sviluppate dal Consorzio europeo DVB (Digital Video Broadcasting), che raccoglie oggi più di 300 partner di oltre 30 Paesi, e sono adottate nell’intero contesto internazionale.

Tali specifiche, che una volta approvate dall’ETSI diventano standard europei, coprono globalmente tutti gli anelli della catena di diffusione digitale televisiva  dalla generazione dei programmi alla distribuzione all’utente. I sistemi della famiglia DVB adottano come nucleo comune la codifica video MPEG-2  che estende le prestazioni dell’algoritmo di compressione DCT sviluppato da RAI e Telettra alla fine degli anni ’80.

L’introduzione della televisione digitale negli standard DVB, iniziata in Europa nel 1994 con la diffusione diretta da satellite (DTH), sta cambiando profondamente gli scenari della comunicazione e del mercato. Si stima oggi che oltre 22 milioni di utenti, pari a circa il 72% dell’intero mercato della televisione digitale, acceda ai nuovi servizi distribuiti dai canali satellitari di Eutelsat e Astra, attraverso sistemi di ricezione individuali, installazioni comunitarie condominiali e grandi reti in cavo.

Un ruolo importante sarà assunto dal quadro di regolamentazione all’interno del quale le imprese si troveranno ad operare. Sul piano normativo nazionale, importanti passi sono stati effettuati nell’ultimo quinquennio a partire dalla emanazione della Legge n.249/1997 che ha istituito l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ed ha affrontato per la prima volta le problematiche relative alla conversione del sistema radiotelevisivo terrestre dalla tecnologia analogica a quella digitale. La Legge n. 66/2001, del 20 marzo 2001, ed il Regolamento per la introduzione della DTT approvato dalla Autorità il 21/11/2001, danno certezza al quadro normativo e pongono le premesse per l'avvio dei nuovi servizi attraverso una fase iniziale di sperimentazione.

Nell'ambito Europeo, il Palamento sta elaborando una Direttiva che copre globalmente il nuovo quadro normativo dello scenario delle telecomunicazioni, della radiodiffusione, dei media e delle tecnologie dell’informazione, con particolare attenzione all’accesso alle reti e ai servizi di comunicazione elettronica ed al servizio universale. Fra le varie proposte, un tema importante riguarda l’impiego di una interfaccia aperta (ad es. la common Interface DVB) nei ricevitori digitali immessi sul mercato a partire dal gennaio 2002, che consenta la connessione di dispositivi periferici e l’accesso a servizi criptati attraverso l’utilizzazione di moduli CA esterni al ricevitore.

Un secondo obiettivo della Direttiva è assicurare l’interoperabilità dei servizi e dei terminali nel mercato della televisione digitale interattiva a tutela dell’utenza e degli operatori del settore. A questo scopo si incoraggia l’utilizzo, nei nuovi servizi, di soluzioni API ed EPG aperte e si promuovono le iniziative volte a favorire il passaggio dalle attuali soluzioni proprietarie a quelle aperte, attraverso l’emanazione di “Memoranda of Understanding” sottoscritti dai vari operatori.

In questo contesto, lo standard DVB-MHP assume una grande valenza strategica in particolare nei Paesi, come l’Italia, che si apprestano ad introdurre la televisione digitale terrestre senza i vincoli di piattaforme proprietarie già esistenti.

In Italia la televisione digitale si è sviluppata via satellite con una ricca offerta di canali  tematici in gran parte a pagamento. Attualmente sono oltre 4 milioni le parabole installate, con un parco di ricevitori di oltre 2,5 milioni di unità. La conversione del sistema radiotelevisivo dall’analogico al digitale in atto nel contesto europeo è una tappa necessaria ed essenziale anche per il nostro Paese per l’avvio di un progetto globale che consenta di accrescere la competitività sui mercati internazionali e garantisca positive ricadute sul comparto occupazionale interno. Su queste linee strategiche si è mossa l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che, secondo le indicazioni della Legge n. 249 del 31 luglio 1997, ha pubblicato nel settembre 2000 il “Libro Bianco” sulla televisione digitale terrestre nel quale si individuano gli scenari per l’introduzione della DTT in Italia.

La “Legge n. 66/2001”, approvata il 20 marzo 2001, delinea il passaggio in tempi rapidi – nel quinquennio 2002-2006 – del sistema televisivo italiano dal regime analogico al regime digitale e richiede alla Autorità l’attuazione entro il 31/12/2002 del Piano Nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale, che costituirà lo strumento essenziale per rendere disponibili le necessarie risorse in frequenza nella attuale situazione di occupazione caotica dello spettro nelle bande di radiodiffusione terrestre VHF/UHF.

Un ruolo cruciale assume il “Regolamento sulla DTT”, approvato dall’Autorità il 21 novembre 2001, che definisce le norme di applicazione di quanto specificatamente previsto dalla Legge n. 66/2001 per l’introduzione della nuova tecnologia attraverso una fase transitoria di sperimentazione.

La Legge n. 66 del 20 marzo 2001, nata sulla scia del vecchio Ddl 1138, ispirandosi alle indicazioni del Libro Bianco definisce il quadro istituzionale per l’introduzione nel mercato italiano della tecnologia digitale terrestre e fissa al 31/12/2006 il definitivo passaggio dell’intero sistema televisivo dall’analogico al digitale. Questa data, sebbene da molti ritenuta troppo prossima per essere realisticamente rispettata, stante l’attuale occupazione dello spettro radioelettrico destinato alla diffusione televisiva terrestre, accelera di fatto l’avvio di un processo di investimenti e di sviluppo di un settore industriale strategico e pone la basi per una trasformazione radicale dell’intero sistema televisivo nazionale.

La Legge indica che su ciascun “blocco di diffusione” vengano irradiati almeno tre programmi televisivi, destinando la capacità rimanente a servizi multimediali. Raccomanda che l’Autorità nella predisposizione dei piani di assegnazione delle frequenze per la DTT adotti il criterio di migliore e razionale utilizzazione dello spettro radioelettrico prevedendo per i servizi nazionali l’impiego di reti isofrequenziali (SFN) su macro aree di diffusione. te

Il Regolamento sulla DTT introduce la distinzione fra i soggetti operanti nel nuovo mercato:

bullet

il fornitore di contenuti,

bullet

il fornitore di servizi 

bullet

l’operatore di rete

I rispettivi compiti sono definiti nel pieno rispetto dei principi del pluralismo dell’informazione, di trasparenza, di tutela della concorrenza e di non discriminazione. Il fornitore di contenuti ha la responsabilità editoriale del palinsesto dei programmi; il fornitore dei servizi gestisce in particolare la configurazione del multiplex, l’accesso condizionato e l’EPG; l’operatore di rete provvede alla diffusione del segnale in conformità con le norme tecniche di emissione.

Nell'ambito economico, la conseguenza di questa scelta operata dal legislatore dovrebbe portare all’abbassamento delle barriere e dei costi all’ingresso, potendo ciascun operatore specializzarsi e concentrarsi sulla specifica attività che costituisce il proprio punto di forza.

Il lancio della DTT prevede una fase iniziale di sperimentazione. Le abilitazioni possono essere richieste dagli operatori televisivi, eventualmente riuniti in consorzi e con la partecipazione di editori di prodotti e servizi multimediali, fino al 30 marzo 2004.

A partire dal 31 marzo 2004, i soggetti abilitati potranno richiedere al Ministero delle Comunicazioni la conversione della abilitazione in licenza di operatore di rete limitatamente ai bacini e alle frequenze per i quali erano titolari di abilitazione. A tal fine, dovranno assumere determinati impegni quali, ad esempio, investire in infrastrutture, promuovere accordi commerciali con i fornitori di servizi per agevolare l’utenza relativamente alla diffusione degli apparati riceventi, comunicare eventuali variazioni circa le aree interessate dalla sperimentazione, i siti prescelti per la diffusione e le frequenze utilizzate.

Analogamente, i fornitori di contenuti e di servizi (in chiaro e ad accesso condizionato) dovranno richiedere al Ministero delle Comunicazioni il rilascio delle rispettive autorizzazioni secondo le modalità previste dal Regolamento.

Il Regolamento definisce norme intese a favorire il pluralismo dell’informazione, allargando la partecipazione alla sperimentazione a tutti i soggetti che ne hanno i requisiti. Allo scopo i titolari di almeno due concessioni televisive analogiche hanno l’obbligo di riservare, in ciascun blocco (multiplex) di programmi e servizi, almeno il 40% della capacità trasmissiva alla sperimentazione di altri soggetti a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie.

Un terzo della capacità trasmissiva prevista dal PNAF, dovrà essere riservata ai soggetti titolari di autorizzazione alla fornitura di contenuti che operano in ambito locale.

Inoltre, ad uno stesso soggetto non potranno essere rilasciate autorizzazioni per irradiare, in chiaro o criptato, più del 20% dei programmi digitali nazionali, né gli sarà consentito di irradiare più di un blocco (multiplex) di programmi DTT su una stessa area, in ambito locale.

Il Regolamento, nella fase attuale, definisce solo linee normative di fondo intese a disciplinare gli aspetti essenziali del passaggio dal regime analogico a quello digitale; a successivi provvedimenti, che potranno essere emanati alla fine del periodo di sperimentazione, sarà lasciato il compito di determinare un più specifico quadro normativo adeguato all’evoluzione del sistema e del mercato.

 

 

Home | Cos'è il DTT | Aspetti storici e legali | Aspetti economici | Versioning dei decoder | Considerazioni finali