Home

foto e itinerari

Storia e leggende della battaglia di Montaperti

Storia e leggende della battaglia di Montaperti

 

 

Monteaperti è una bellissima collina , immersa nel verde tra i colli senesi  e il chianti dove si è consumata la famosa battaglia del 1260 tra ghibellini e guelfi . Il fulcro della leggenda è proprio il colle ossario, in cui sono sotterrati migliaia di soldati. Le tracce di muri crollati stanno a testimoniare che prima vi sorgeva il Castello di Montaperti, edificato nel 1023 da Berardenghi.

 

Agli inizi del XIII sec. le tensioni tra le città di Siena e Firenze si fecero più accese a causa della lotta per la conquista dei mercati finanziari francesi e inglesi e ovviamente anche per questioni territoriali:, infatti 

il confine più a sud di Firenze arrivava quasi alle porte di Siena.
La causa che scatenò la guerra (che il 4 settembre del 1260 condusse allo scontro di Montaperti che ritardò di circa 3 secoli, fino 17 aprile 1555, il dominio di Firenze sullo stato di Siena) fu il mancato rispetto da parte di Siena degli accordi stipulati tra i due comuni nel 1255 alla fine di una guerra che ebbe esito sfavorevole per Siena e nei quali si sanciva l’alleanza con Firenze e l’impegno a non dare asilo politico a chiunque fosse stato bandito da Firenze, Montepulciano e Montalcino.
I senesi però erano legati al contempo con un patto di mutua assistenza risalente al 1251 con i ghibellini fiorentini e così quando nel 1258 essi furono scacciati da Firenze, Siena li accolse venendo meno così al trattato stipulato tre anni prima.
La risposta  fu immediata con la ripresa della guerra che si svolse, all’ inizio,  tra alterne vicende nella maremma coinvolgendo i comuni di Grosseto Montemassi e Monteano, dei quali i guelfi erano riusciti a fomentarne la rivolta contro Siena.
I senesi, grazie al trattato di alleanza con il Re Manfredi del 1259, ricevettero in forza alcune compagnie di cavalieri tedeschi al seguito del Conte Giordano d’Anglano, cugino del Re di Napoli e così, nel febbraio 1260 avevano riottenuto la fedeltà di Grosseto e nel successivo mese di Marzo iniziarono le operazioni per la riconquista di Montemassi e Monteano.
Nell’aprile del 1260 a lega si mosse in soccorso dei guelfi di maremma muovendo un esercito di circa 30.000 uomini che il 18 maggio pose campo nelle vicinanze del monastero di Santa Petronilla, a poca distanza dalla porta settentrionale di Siena, porta Camollia.
I cavalieri tedesco-senesi attaccarono il giorno stesso il campo nemico.
Il 20 maggio l’esercito guelfo tolse l’assedio a Siena.
L’attività dei Senesi invece si riaccese verso le sue due principali minacce: Montepulciano che diede resa in luglio e Montalcino che a causa della sua posizione strategica sulla via francigena rappresentava per il sistema di commercio e militare della repubblica una vera e propria spina nel fianco.
I guelfo-fiorentini allestirono nuovamente, verso la fine di Agosto, un grande esercito di circa 30.000 fanti e 3000 cavalieri per portare aiuto e rifornimenti a Montalcino e i comandanti fiorentini sicuri della loro forza militare scelsero il loro itinerario di marcia in maniera che si accostasse il più possibile a Siena.

Il 2 settembre dal campo posto a Pieve d’Asciata, due ambasciatori furono inviati a consegnare un’ ultimatum al consiglio dei ventiquattro, governo della città di Siena, che si trovava riunito nella chiesa  di   S.Cristoforo.
La risposta del governo senese, anche se all’interno del consiglio alcuni fossero propensi alla trattativa con Firenze, fu che l’esercito senese avrebbe risposto sul campo all’offesa ricevuta.
E la successiva decisione del consiglio fu di corrispondere ai cavalieri tedeschi una paga doppia per motivarli alla battaglia, vista la loro preziosa forza all’ interno dell’esercito Senese. I fondi per questo sforzo finanziario furono stanziati dal nobile
Salimbeno dè Salimbeni che fece arrivare la somma di ben 18.000 fiorini  su un carro coperto da un purpureo panno.
In qualità di sindaco che accentrasse i poteri del governo e amministrasse i beni della repubblica, fu nominato Bonaguida Lucari.
Il 3 settembre l’esercito ghibellino-senese composta da circa 20.000 uomini di cui 1800 cavalieri uscì dall’attuale porta Pispini dirigendosi verso il poggio delle Ropole.
Dal campo dei guelfi, che era stato spostato in parte sul poggio delle Cortine era possibile osservare in parte i movimenti dei ghibellini che, essendo consapevoli di essere osservati e secondo quanto  racconta la leggenda, fecero sfilare tre volte il loro esercito davanti al nemico facendo indossare ad ogni giro all’intero esercito casacche con i colori dei terzi di Siena e dando quindi  l’impressione che ogni terzo cittadino era composto da un numero di soldati che in realtà era quello dell’intero esercito ed esibendo quindi una superiorità numerica in realtà non posseduta.
La mattina del 4, mentre i guelfi iniziavano a smontare il campo, l’esercitò ghibellino, superato il fiume Arbia si disponeva per la battaglia.
L’esercito ghibellino era suddiviso in 4 divisioni:

  • La prima comandata dal conte d’Arras che ebbe  il compito di aggirare il poggio di Monselvoli in modo da trovarsi alle spalle dei guelfi.

  • La seconda  guidata dal conte Giordano d’Anglano costituiva l’avanguardia

  • Le milizie senesi erano capitanate dal conte Aldobrandino Aldobrandeschi e costituivano la terza divisione.

  • La quarta  comandata da Niccolò da Bigozzi ed era predisposta per la  guardia del Carroccio.

Il piano dei ghibellini era di impiegare la seconda e la terza divisione contro l’esercito guelfo con lo scopo di tenere  impegnati i guelfi nonostante il sole e la pendenza fossero a loro sfavore, dopodiché al momento opportuno e al grido del nome di S.Giorgio la divisione del conte d’Arras sarebbe sopraggiunta dalle spalle del nemico cogliendolo di sorpresa.
L’ordine impartito da Aldobrandino Aldobrandeschi era stato chiaro, avrebbero dovuto trattenere il nemico finché il sole non fosse girato loro favore, battendo al nemico negli occhi, non avrebbero dovuto prendere prigionieri ma uccidere tutti i nemici.
Tra le leggende di Montaperti vi è la figura del Cavaliere Tedesco Gualtieri d’Astimbergh, che, ottenuto dallo zio Arigho e dallo stato maggiore ghibellino la possibilità e il privilegio di attaccare per primo l’esercito guelfo, riuscì ad avvicinarsi lentamente al nemico ed appena giunto a poca distanza, abbassando la lancia e spronando il cavallo, uccise il capitano dei lucchesi passandolo da parte a parte con la lancia e dopo averla recuperata trucidò altri due cavalieri. La leggenda dice che ripresa la lancia fece scempio di guelfi.
Il gesto del cavaliere fu imitato sia dallo zio Arigho che precedette l’assalto della prima divisione ghibellina contro l’ala destra guelfa, e dalla terza divisione ghibellina dell’Aldobrandeschi.
La fanteria ghibellina attacco senza successo le posizioni guelfe che favorite dal terreno e dalla superiorità numerica non solo superarono lo scontro ma contrattaccando diedero luogo ad un furibondo scontro ai piedi del poggio di Monselvoli.
A causa dello sfavorevole rapporto numerico la prima fase della battaglia fu molto critica per i ghibellini.. infatti i 1600 cavalieri dovettero reggere lo scontro con 3000 cavalieri della parte guelfa.
In soccorso della cavalleria ghibellina sopraggiunse Niccolò da Bigozzi con i suoi 200 cavalieri, contravvenendo agli ordini di custodia del Carroccio.
In questa fase della battaglia vi fu il tradimento di Bocca degli Abati 
(
ricordato su una delle lapidi della piramide) e dei ghibellini fiorentini schierati nelle file guelfe.
Bocca degli Abati come segnale del suo cambiamento di schieramento tagliò di netto la mano del suo compagno d'arme Jacopo de' Pazzi, portatore del vessillo della cavalleria Fiorentina. La perdita dello stendardo gettò i Fiorentini nel panico e fu il segnale che incitò i Ghibellini che combattevano per Firenze a rivoltarsi contro i loro stessi compatrioti. Nello stesso tempo la caduta del vessillo Fiorentino incitò l'armata Senese a lanciare la sua feroce offensiva. Nel tardo pomeriggio dalle file ghibelline sì levò il grido “S.Giorgio”, segnale per il conte d’Arras che con i suoi 400 uomini si precipitò alle spalle dei fiorentini. La lancia del conte d’Arras trapassò la gola del comandante fiorentino Iacopino Rangoni da Modena. Questa perdita per l’esercito guelfo segnò la sua rotta e i fiorentini cominciarono a fuggire nelle varie direzioni inseguiti dai ghibellini che fecero scempio dei nemici e secondo la leggenda tinsero l’erba di rosso.
Giunta la sera i comandanti ghibellini diedero ordine di salvare la vita di coloro che si fossero arresi e si limitassero ad uccidere solo i fiorentini e fu a questo punto che i fiorenti rimasti prontamente rinnegarono le loro vesti e si mescolarono tra le file dei loro alleati.
Il campo dei guelfi venne saccheggiato e vennero catturati 9000 cavalli e 9000 animali da soma e buoi; non venne risparmiato nessun stendardo o bandiera fiorentina.
Le perdite dell’esercito guelfo si aggirano intorno ai 10.000 morti e circa 15.000 prigionieri. I ghibellini invece perdettero 600 uomini con 400 feriti.
Dopo la battaglia di Montaperti Siena, divenuta roccaforte dei ghibellini, venne scomunicata con tutti i cittadini, e molti stranieri e alcuni capi guelfi fecero di questo episodio un motivo per non pagare più i debito contratti con i mercanti senesi, sferrando così un gravissimo colpo all’economia senese.
Montaperti fu un’episodio di poco peso nella storia: i guelfi nel giro di pochi anni ripresero infatti il controllo della regione e Siena  nel 1269 dovette subire a Colle Val D’Elsa una grave sconfitta nella quale cadde Provenzano Salvani uno dei capi simbolo della battaglia di Montaperti.


Molte leggende aleggiano intorno a Montaperti e certo non potevano mancare quelle che narrano di spiriti e anime vaganti nel sanguinoso teatro degli scontri, come quella di Bocca degli Abati che ricerca la pace e come quella di un solitario cavaliere che sul suo cavallo cavalca il campo di battaglia….

Leggende di Montaperti:


Già nel Medioevo, a cominciare proprio dal secolo XIV°, si raccontava che il campo di battaglia fosse percorso da strane figure evanescenti che si mostravano preferibilmente nelle notti di plenilunio.
Ma la visione più completa è, in epoca recente, quella di due camionisti, che passando per la strada che conduce ad un colle, videro apparire danti ai loro occhi un cavaliere, a galoppo di un cavallo bianco, per poi scappare e rifermarsi poco più in là. I due increduli scesero dal camion e si misero a guardare quel cavaliere che a sua volta li guardava, scappando poi verso la pianura e scomparendo a fondovalle. Sul bordo della strada nessuna impronta di zoccoli, mentre la buona fede dei due è rafforzata dal fatto che, non essendo toscani, non conoscevano né Montaperti e nemmeno l'accenno di una battaglia avvenuta sette secoli prima. Ma la vera leggenda nasce dal 4 settembre, cioè l’anniversario della battaglia.
In particolare il cavaliere in questione sarebbe stato notato da due camionisti che, non essendo del posto ed ignorando gli eventi che si svolsero sulla piana, rimasero a dir poco sconcertati.
Tale testimonianza incuriosì anche alcuni seri parpapsicologi che si ripromisero di recarsi in loco per condurre qualche indagine (non ancora svoltasi secondo gli usuali protocolli).
Fatto sta che tra i senesi sono ben pochi coloro che non abbiano mai sentito parlare di questi strani fenomeni....
Ancora più d'effetto pare essere il fenomeno sonoro rievocante una fase degli scontri: qualcuno ha infatti affermato di aver udito rullare un tamburo unitamente ad un inequivocabile rumore di zoccoli equini a cui facevano seguito urla umane.
Ma a Montaperti si parla anche delle apparizioni di branchi di cani che, scendendo dal colle con grandi ululati, si disperdono nella piana.
I fenomeni sembrano verificarsi prevalentemente nelle notti di burrasca e del 4 di settembre probabilmente a causa della suggestione, che rende immortale  questi luoghi e fa in modo che queste leggende si tramandino di generazione in generazione.