La frizione: generalità

             La frizione è un dispositivo importante in continua evoluzione per rispondere al meglio alle richieste delle case costruttrici impegnate nel mettere a punto moto sempre più confortevoli ed agevoli nella guida, anche se ad elevate prestazioni. La frizione deve rispondere ad alcuni requisiti fondamentali: essere poco ingombrante e silenziosa, funzionare con la massima progressività, non surriscaldarsi, non perdere efficienza, essere progettata in modo tale da richiedere poche regolazioni del sistema di comando per recuperare usure e cambiamenti dimensionali ed inoltre, per le moto ad alte prestazioni o da competizione, offrire affidabilità anche nelle condizioni peggiori, essendo molto sollecitate. Contrariamente a quanto si possa pensare, la frizione è, dunque, un dispositivo complesso frutto di un lungo lavoro di ricerca e di sperimentazione, ed anche di progresso tecnologico, portato avanti da ditte specializzate che si avvalgono dei suggerimenti delle case motociclistiche con le quali collaborano.  

 in figura sono raffigurati i dischi conduttori o d'attrito per  frizioni multidisco  

Di solito vengono usate frizioni multidisco; più spesso quelle dette: in “bagno d’olio”, anche se non mancano, specialmente sulle moto ad elevate prestazioni quelle a “secco”. Queste ultime, oltre ad essere più costose, sono anche più rumorose e tendono a surriscaldarsi tanto che le case costruttrici evitano di impiegarle sulle moto da cross; a queste peculiarità va aggiunta un’usura sensibilmente alta tanto che in esse si utilizzano in genere, dischi conduttori in materiale metallico sinterizzato. La frizione “in bagno d’olio” si presenta silenziosa e progressiva nell’innesto, garantendo partenze “dolci” e senza strappi, anche se talvolta dà luogo ad un rendimento della trasmissione peggiore di quella a “secco”, (dovuto sia allo sbattimento, altrimenti detto freno olio, sia trascinamento della pompa dell’olio, che alimenta la frizione, che parte dal motore) e trasmette coppie minori a parità di diametro esterno; presenta un’usura minima poiché le superfici di lavoro dei dischi guarniti sono protette dal lubrificante, anche se essi si assottigliano dopo chilometraggi elevati. E’ da segnalare che sull’esterno della sua campana, in condizioni estreme di lavoro, si sono rilevate temperature tra i 150 °C e i 200 °C, ( circa la metà dei valori rilevati in quelle “a secco”), caratteristica questa tanto più importante se si considerano i danni che le temperature elevate possono causare ad una frizione: “vetrificazione” dei dischi di attrito, deformazione di quelli di acciaio, pronunciata usura delle molle con perdita delle caratteristiche elastiche. Per una buona manutenzione della frizione “in bagno d’olio” occorre usare tra disco e disco una quantità piuttosto ridotta di lubrificante e non trascurare le variazioni di viscosità dell’olio nella fase di messa a punto; non va dimenticato, infatti, che è il lubrificante a determinare la tendenza all’incollamento a freddo che spesso si verifica. L’olio poi va scaricato attraverso una serie di intagli radiali, che in alcuni casi si presentano con un andamento ad elica o tangenziale, praticati sulle superfici di lavoro dei dischi guarniti o conduttori. E’ da notare che, alla tendenza di aumentare il numero degli intagli radiali, va contrapponendosi la soluzione che prevede appendici periferiche dallo spessore maggiore di quello dei dischi conduttori per avere maggiori superfici di appoggio e limitare così il rischio di tacche o scalini sugli spigoli degli intagli della campana, (effetto “lama”) realizzata sempre più spesso in lega leggera. Da quanto detto si evince l’importanza della scelta dei materiali di attrito.

Abolito l’amianto contenuto negli “impasti” per le frizioni tradizionali, perché le fibre sono cancerogene se inalate, la Case costruttrici, mantenendo su di essi uno stretto segreto, preferiscono materiali con “matrice” in resina, nella quale sono utilizzate fibre di varia natura impastate con specifici leganti. Questi nuovi materiali, pur conservando un coefficiente d’attrito analogo ai precedenti, reagiscono meglio all’elevarsi della temperatura e presentano maggiore stabilità dimensionale e geometrica. Una nota a parte va fatta per i materiali di attrito sinterizzati, che, formati da particelle metalliche saldate tra loro a temperature elevate e sotto pressioni molto alte, sopportano bene temperature eccessive e non “bruciano”, trovando impiego nelle frizioni “a secco”. La complessità di costruzione di una frizione si riscontra anche nella realizzazione di dischi di acciaio o condotti. I dischi devono, infatti mantenersi piani anche a temperature molto elevate e le loro superfici di lavoro richiedono una serie di trattamenti termici e termochimici, senza parlare della “durezza” che occorre per quelli impiegati nelle frizioni “a secco” per evitare una rapida usura quando i dischi conduttori (guarniti) sono in materiale sinterizzato. Non meno importanti le molle, spesso a nastro ondulato, inserite tra due dischi metallici a frenare un disco ammortizzante di gran lunga più largo degli altri, per modulare il carico e rendere più dolce l’innesto; altre volte a tazza di limitato spessore radiale contro le quali si poggia uno dei dischi. Complessità di realizzazione, dunque che sottende e richiede studio, ricerca, sinergia di vari settori operativi: anche la frizione è un piccolo capolavoro di meccanica che, ad uno studio più approfondito, ha rivelato un certo fascino ed ha suscitato ammirazione per gli uomini sconosciuti che giorno dopo giorno si adoperano per migliorare sempre più i progressi della tecnologia di cui sfruttiamo i benefici senza rendere conto del lavoro e dell’impegno che essi richiedono.

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