Martin HEIDEGGER

Nietzsche e il compimento della metafisica
(da Cioffi.., Corso di filosofia.., cit., pp.723-24)


Il confronto tra Nietzsche e Heidegger

Il confronto con il pensiero di Nietzsche è avviato da Heidegger nel capitolo "Temporalità e storicità" di Essere e tempo, ma raggiunge il momento di massima intensità nei corsi universitari tenuti a Friburgo a partire dal 1936, quando si volge a una riflessione glo-bale sulla storia della metafisica, at-tuando quella svolta speculativa che i risultati dell'opera del 1927 gli sembravano imporre.

Nietzsche come compimento della metafisica occidentale
Secondo la lettura di Heidegger, nel pensiero di Nietzsche si raccoglie e trova il suo compimento l'intera storia della filosofia occidentale. Tale storia, che era iniziata con il massimo di rivelazione dell'essere nel pensiero greco delle origini, si conclude con il massimo di occultamento nel pensiero della volontà di potenza. Fra questi due momenti vi è un legame profondo, perché entrambi delimitano una stessa "epoca" e condividono la struttura di un medesimo "destino" dell'essere, come vicenda del suo svelamento e occultamento.
All'inizio di tale storia, nel pensiero pre-socratico, prima che prevalessero le classiche distinzioni di essere e divenire, essere e apparenza, essere e pensie-ro, l'essere si deterrninava a partire dalla physis, termine che si usa tradurre con "natura", ma che indicava il processo per cui l'ente entrava nel non-nascondimento; nondimeno restava allora già impensato il collegamento di svelatezza e nascondimento. Nel pensiero di Nietzsche, dove quelle classiche distinzioni sono nuovamente revocate, l'erra-mento della metafisica, come oblio dell'essere, perviene al suo momento estremo. Interpretare la "metafisica" di Nietzsche è anche un modo per ridestare una comprensione dell'inizio di questa epoca della storia dell'essere, e per attingere ulteriori possibilità che si celano all'interno d tale inizio.

I cinque titoli fondamentali della metafisica di Nietzsche
L'aspetto saliente dell'approccio di Heidegger al pensiero nietzscheano che, com'è noto, era consegnato a una forma di esposizione aforistica e frammentaria - sta nell'interpretarlo come una metafisica coerente, suddivisibile in cinque titoli fondamentali, tra di loro strettamente connessi: volontà di potenza, nichilismo, eterno ritorno dell'uguale, superuomo, giustizia.

La volontà di potenza
Secondo questa lettura, la volontà di potenza non dev'essere concepita psicologisticamente, ma come "l'essenza intima dell'essere", stando alle parole dello stesso Nietzsche, per il quale "essere" significava ancora soltanto la totalità di ciò che è, vale a dire la totalità dell'ente.
La volontà di potenza è attività che pone valori, quali condizioni della conservazione e dell'accrescimento della "vita", ossia ancora di se stessa. Arte e conoscenza ne sono i principali valori orientativi: la prima è il valore che determina ogni potenza di accrescimento, la seconda è la condizione di conservazione della verità.
Quest'ultima non è più l'adeguazione a un essere oggettivo, come nel pensiero antico e medievale, non è neppure la certezza del soggetto, come per Cartesio, ma è soltanto una condizione posta dalla volontà, la quale soltanto stabilisce e giustifica quanto per essa vale o non vale come vero (da cui il titolo "giustizia" per intendere l'essenza della verità).
Viene così alla luce che, caduto ormai ogni riferimento a un mondo "in sé" eternamente presente, lo stesso essere è degradato a "valore", vale a dire a ciò che è posto dalla vo-lontà come condizione della propria esplicazione vitale. La volontà diventa quel carattere fondamentale di tutto l'ente per il quale non siamo più rinviati a nulla, al di là di ciò che è disponibile per essa.

Il nichilismo
Si rivela qui, per Heidegger, l'intreccio della volontà con l'essenza del nichilismo, che è "un non lasciar essere l'essere stesso nel suo sorgere e dischiudersi di fronte all'uomo". Pensando l'essere come valore, Nietzsche, nota Heidegger. pensa fino in fondo il senso della dottrina platonica del Bene come idea suprema che fa essere tutto ciò che è: da qui nasce l'affermazione heideggeriana - che fuori di questo contesto apparirebbe sorprendente - secondo cui Nietzsche è "il più sfrenato platonico della storia della metafisica".

L'eterno ritorno dell'uguale
In quanto volontà che vuole essenzial-mente se stessa, la volontà di potenza nietzscheana è, secondo Heidegger, volontà di volontà, che si adempie in un eterno ritorno su se medesima; in questo modo la volontà non è riferita ad alcun obiettivo che la trascenda, ma esaurisce l'intera realtà. Così il superuomo non può essere caratterizzato da alcuna meta determinata del suo volere, poiché tutte le mete sono già sorpassate dalla volontà che vuole se stessa. Tale volontà, pensata metafisicamente, costituisce l'essentia della realtà, la cui existentia è data dall'"eterno ritorno dell'eguale".
Secondo il punto di vista interpretativo di Heidegger, volontà di potenza ed eterno ritorno definiscono l'"ente in quanto ente", cui si è sempre rivolto l'interrogativo della metafisica; ma proprio perché ora l'essenza e l'esistenza vengono a coincidere nel processo per cui la volontà fa ritorno eternamente su se stessa (quale ultimo approdo della metafisica che pensa l'essere come presenza costante), viene meno la stessa distinzione fra tali determinazioni ontologiche, la quale, pur nell'oblio dell'essere, testimoniava ancora della differenza di essere ed ente.

Il ritorno ai presocratici
Con ciò però la metafisica ha esaurito le sue possibilità essenziali: non v'è più un "al di là" dell'ente verso cui tendere nella prospettiva di ricercatèT un fondamento dell'ente in una realtà più profonda. Se l'erramento della metafisica perviene, nel pensiero di Nietzsche, alla sua forma estrema, allora si apre la possibilità di ripensare l'essenza di tutta la metafisica, cioè quella velatezza che è sia l'oblio dell'essere sia il "mistero" che accompagna l'appari-zione dell'ente.
Ciò esige per Heidegger di volgersi al primo pensare filosofico, quale traspare dai frammenti di Anassimandro, di Eraclito e di Parmenide. allo scopo di attingere di nuovo quell'evento inizia-le della storia dell'Occidente, da cui potrà sorgere un giorno "un altro desti-no dell'essere", in vista di cui è necessario preparare il pensiero.



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