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Letture
La Riforma del collocamentoApproderà a
giorni alla Camera, dopo aver superato il vaglio della Commissione Lavoro, il
DdL 3193 (già DdL 848) che contiene i provvedimenti di riforma del mercato
del lavoro annunciati dal "Patto per l'Italia". Tra le molte
novità, il decreto elimina la cosiddetta "clausola di esclusività
dell'oggetto sociale", che non consentiva alle società di lavoro
interinale di svolgere le altre attività tipiche dell’intermediario
(collocamento a tempo indeterminato, selezione, formazione professionale). In sostanza,
tra poche settimane, potranno operare degli intermediari privati legittimati
a fornire ai lavoratori e alle imprese tutti i servizi relativi all'incontro
tra domanda e offerta di lavoro. Le strategie di collocamento delle società interinali Con ogni probabilità
il legislatore aveva introdotto la clausola nel timore che nel momento in
cui, con la legge Treu, si fossero aperte le porte del mercato del lavoro
all'intermediazione privata si sarebbe imposto sul mercato un intermediario
polifunzionale in grado di assumere una posizione dominante, a danno
dell'efficienza e con il rischio di creare posizioni monopsonistiche
svantaggiose per i lavoratori. In realtà (e
in assenza di sanzioni che rendessero operativa la clausola), le società di
lavoro interinale hanno già svolto in questi anni, soprattutto per quanto
riguarda il collocamento a tempo indeterminato, buona parte delle funzioni di
un intermediario. E lo hanno fatto con buoni risultati, come indicano
gli elevati tassi di trasformazione delle missioni interinali in contratti di
lavoro stabile. D'altro
canto, chi esamini il modus operandi delle società interinali scoprirà
l'esistenza di strategie di collocamento differenziate: da un lato si
assiste ad una vera e propria attività di reclutamento, selezione e collocamento
per i lavoratori con i profili professionali meno generici; dall'altro,
queste società procacciano anche occupazioni temporanee di contenuto
professionale medio-basso, per coloro che si rivolgono alle agenzie in cerca
di lavoro (1). Cosa possiamo attenderci dall'intermediario unico? In queste
condizioni, l'abolizione della clausola di esclusività sembra solo ratificare
una situazione di fatto. Tutto bene, dunque? Probabilmente no: dalla
liberalizzazione del mercato del collocamento possiamo infatti attenderci,
nel medio periodo, un aumento della concentrazione del mercato dell’intermediazione e l’integrazione, presso lo stesso soggetto, dei servizi offerti alla forza
lavoro (ivi compresa la formazione professionale). Proviamo a valutarne le
conseguenze assumendo come indicatori il grado di efficienza del
mercato e il benessere dei lavoratori. Concentrazione del mercato. Il comparto
dei fornitori di manodopera interinale presenta già oggi un elevato grado di
concentrazione: le prime cinque società detengono circa i due terzi del
mercato e ulteriori episodi di acquisizione si sono verificati in tempi
recenti. Le imprese maggiori, inoltre, stanno creando o acquisendo società
specializzate nelle attività che la rimozione della clausola di esclusività
rende ora accessibili (selezione, collocamento permanente, formazione, outplacement).
Alcune società puntano poi a favorire processi di outsorcing delle
funzioni delegabili all'intermediario, creando rapporti di partecipazione con
le imprese clienti. I costi che
in termini di efficienza vengono solitamente addebitati a un mercato molto
concentrato rispetto a una situazione competitiva sono relativi a una
riduzione del volume degli scambi e a un aumento dei prezzi, anche come
conseguenza di fenomeni di collusione fra imprese. Nel caso del mercato
occupazionale, tuttavia, il rischio maggiore di un mercato non concorrenziale
è la "scrematura" dei lavoratori da collocare: l’intermediario
privilegia i lavoratori su cui l'investimento in formazione e orientamento
sembra essere più giustificato dalle attese di profitto, mentre di fatto
lascia scoperta la fascia di mercato più bassa, dove già oggi i lavoratori
interinali svolgono missioni di durata inferiore e con ridotte opportunità di
assunzione stabile. L'effetto
sul benessere dei lavoratori è dunque incerto: da un lato possiamo attenderci
da intermediari che offrono servizi integrati un migliore job matching,
ovvero una maggiore capacità di collocare il lavoratore giusto al posto
giusto. D'altro canto però il rischio che le categorie svantaggiate vengano
trascurate dall'intermediario unico non è affatto virtuale e in certa misura
già si intravede nell’operato delle società interinali maggiori. Integrazione dei servizi e formazione professionale. Per le
medesime ragioni, l'avvio delle attività di formazione e riqualificazione
professionale - soprattutto dopo lo sblocco (tardivo) del Fondo speciale
per la formazione previsto dalla legge Treu sul lavoro interinale -
porterà verosimilmente benefici per il capitale umano e i livelli di
qualificazione dei lavoratori ma, come abbiamo visto, intermediari unici con
elevato potere di mercato potrebbero penalizzare gli investimenti sul
capitale umano dei meno qualificati. In questo caso non solo l'effetto netto
sul benessere dei lavoratori appare incerto, ma ne risulterebbe amplificata
la disuguaglianza nelle opportunità tra lavoratori qualificati e non,
e verrebbe in parte vanificato l'obiettivo - dichiarato in tutti i recenti
documenti di politica economica, a partire dal Libro bianco - di stimolare i
tassi di partecipazione della forza lavoro migliorando le abilità
professionali dei lavoratori marginali. Proviamo a guardare lontano: il Job Network australiano E’ possibile pensare a interventi che, fornendo adeguati incentivi agli intermediari, sostengano i livelli di concorrenza e combattano i fenomeni di scrematura? Un esempio interessante di competizione fra pubblico e privato ci viene dall’Australia: si chiama Job Network ed è stato varato nel 1998 all’interno di un’ampia riforma dei servizi di sostegno all’occupazione. Il Job Network è costituito da circa 300 organizzazioni pubbliche e private che - in regime di concorrenza - favoriscono il collocamento delle categorie svantaggiate di lavoratori. Le agenzie appartenenti al Network ricevono risorse pubbliche commisurate al numero e alla tipologia di lavoratori collocati con sufficiente stabilità: la competizione tra i fornitori del servizio - la cui trasparenza è controllata e garantita dall’autorità pubblica - ha generato risultati che sono valsi al modello australiano il plauso dell'OECD (2). Lettura tratta dal sito de “la
voce.info” |
damsal@libero.it |
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