Graffitari comaschi: vandali o artisti?

 

Arrivano in tre. Sono giovani, appena diciottenni, uno di loro veste i classici pantaloni a falde larghe stile hip hop. Parlano piano per non farsi sentire e non ci rivelano la loro identità, tanto meno i loro pseudonimi. Però hanno gentilmente accettato di parlare con noi del loro "impegno" preferito: il writing. Non è stato facile avvicinarli perché in genere diffidano della stampa ma noi abbiamo cercato di capire, senza pregiudizi, le loro motivazioni, il loro linguaggio, eventuali messaggi sociali celati dietro a uno stile ermetico e ormai sempre più perfezionato e uniformato, diffuso in tutto il mondo. Il Writing, dipingere su superfici esposte al pubblico, quando non è specificatamente autorizzato dagli organi competenti è considerato reato di imbrattamento e come tale perseguibile dalla legge.
Negli ultimi anni il fenomeno è stato studiato ampiamente dal punto di vista sociologico e artistico. È internazionalmente riconosciuto il talento di molti graffitisti moderni e il loro contributo all'evoluzione formale della cultura visiva. Apprezzati sia dal pubblico sia dalle autorità, sempre più spesso vengono loro offerte delle occasioni e degli spazi per esprimersi liberamente e nella legalità. Anche il settore privato inizia ad interessarsi a loro. Ci confermano infatti i nostri interlocutori, che chiameremo convenzionalmente Alfa Crew in omaggio all'imprinting fantascientifico che caratterizza molti lavori murali, di essere stati contattati da alcuni proprietari di bar della provincia per eseguire disegni sulle pareti interne dei locali. E ormai la loro passione ribelle è diventata anche una moda che di riflesso alimenta un considerevole spazio commerciale: riviste e negozi specializzati, vendita per corrispondenza di bombolette spray, abiti, gadget e kit per ogni gusto e per tasche piene.

"A Como saremo in tutto una quindicina attivi", raccontano. "Si lavora da soli o in crew (equipaggio), in questo caso ogni membro del gruppo fa un pezzo e lo sigla con la propria firma personale più quella del crew , il tutto, naturalmente, codificato" .
Di notte si lavora sui treni e sulle superfici "abusive" mentre di giorno si eseguono i lavori legittimi, quelli cioè commissionati dalle Circoscrizioni e dal Comune. "I sottopassaggi per esempio, a Como sono quasi tutti legali", ci assicurano gli Alfa Crew. Legali sono anche i pannelli esposti in piazza San Fedele e lungo la passeggiata a lago in prossimità del Tempio voltiano. Legali sono anche i 45 metri di tela, in tutto sei striscioni, che il Teatro Sociale ha fatto recentemente dipingere in strada, via Vittorio Emanuele, su ispirazione della "Tosca" rielaborata e rivisitata in chiave moderna. I quadri sono stati a lungo esposti sulle pareti esterne del teatro, in via Bellini, e gli amministratori contano di utilizzarli anche in future manifestazioni culturali.

Sembra insomma che la città si stia adeguando al ritmo imbrattatore degli scatenati writers comaschi. Anche l'Assessorato alle politiche giovanili, dal canto suo, che l'anno scorso per carnevale aveva commissionato dei pannelli scenografici, cerca di offrire loro con assiduità nuove opportunità di sfogo e nel contempo più legittimazione. Mentre le autorità cercano nuovi spazi da mettere a disposizione dell’incontenibile estro creativo della gioventù di casa, anche le Ferrovie Nord sono corse ai ripari rivestendo i treni con una pellicola plastificata: la vernice spruzzata può essere facilmente lavata via e le scritte cancellate. Niente di più gradito agli insaziabili pittori della notte che in questo modo hanno continuamente a disposizione nuove superfici da coprire in un minuetto che forse non finirà mai.
"A volte abbiamo perfino l'impressione di essere usati" si lasciano sfuggire gli Alfa Crew, "perché ad alcune società industriali può far comodo rinnovare il parco macchine o investire soldi pubblici nel recupero edilizio con l'apparente scopo di ripulire l'ambiente dalle nostre contaminazioni, salvo poi non intraprendere ulteriori azioni di prevenzione e custodia del patrimonio. Così il ciclo si ripete con benefici per entrambi".

Come si comincia? "È la passione per l'arte figurativa che ti spinge, ma anche la curiosità, gli amici che frequenti e... l'ambizione". L’ambizione? Sogghigni, cenni di consenso e di approvazione, i membri dell'Alfa Crew sono tutti d'accordo: "Sì, il nostro scopo è quello di diventare famosi. Più distribuisci la tua firma in giro e più acquisti prestigio, insomma, ti fai notare". Sono tutti liceali, uno di loro studia perfino grafica e "lettering", cioè composizione creativa del linguaggio. Perché apprendiamo che in definitiva è questo il writing: scrivere il proprio nome. E dietro ci sta una personale ricerca di espressività, un'evoluzione stilistica costante. Le strane parole, spesso incomprensibili ai profani, stampigliate sui muri, nei sottopassaggi pedonali, in metropolitana o sui mezzi di trasporto pubblici, non sarebbero in effetti altro che "tags": autografi. Elaborati, graficizzati, evoluti segni personalizzati di conquista territoriale.
I treni sono in questo senso i più ambiti perché i lavori sono meglio esposti e visibili da tutti. Una marcatura su un vagone o addirittura sulla locomotiva di testa, è un ottimo guadagno per il writer che acquista popolarità e cresce di "casta".

A questo punto viene naturale domandarsi se ci sia competitività fra gang, pardon crews, e se l'ambiente non sia violento. "Sì a volte ", ci confermano gli Alfa Crew che sono stati anche picchiati, "noi le abbiamo prese all'inizio della carriera quando non sapevamo ancora bene come ci si muove nel giro, però se si rispettano le regole", concludono, "non ci sono problemi e nessuno ti infastidisce".
E quali sono le regole? "Per esempio è fondamentale il rispetto: non si disturba un lavoro altrui, non si copre un pezzo già fatto e non lo si rovina. E se uno ha dei propri spazi non glieli si va a occupare senza aver chiesto prima il permesso. Poi un writer non scriverà mai sui monumenti storici e le opere d'arte: è assolutamente vietato. Proibito anche intervenire sui mezzi privati, anche se a volte è capitato che sia stato preso di mira qualche furgoncino".

Regole civili. Eppure mentre la critica internazionale li studia e redige libri, mostre, cataloghi con i loro disegni, l'opinione pubblica spesso li liquida in fretta e "furia" sotto tre stereotipi comuni: vandali = drogati = balordi. Niente di più superficiale e errato. Tra loro c'è, ovvio, chi si impasticca e chi no, chi studia e chi lavora, chi è figlio di buona famiglia e chi no, chi è politicamente impegnato e chi no, chi sogna di diventare un grande artista e chi aspira a diventare famoso. Ma ricordiamoci che la strada non è uno stereotipo. È un luogo comune dove convivono emozioni e disperazioni, speranze e delusioni di migliaia di uomini e donne. Sui muri delle strade compaiono infatti scritte di tutti i tipi: sedimenti stratificati di sentimenti diversi. I bombers, imbrattatori armati di bombolette spry, hanno una connotazione propria: li si riconosce dallo stile sofisticato, dalla ricercatezza strutturale, dall'accuratezza di esecuzione, specie nei paesaggi, e dal misticismo. Molti di loro traggono ispirazione dai fumetti, da ambienti spaziali e futuristi o dalla cinematografia, ma quasi ovunque si possono intravedere messaggi spirituali, riferimenti precisi alla cristianità autentica, mitologia e segni di armonia cosmica. Questa è l'arte aerosol, meglio conosciuta come writing. Ma sui muri delle città appaiono spesso anche scritte politiche, motti anarchici, slogans pubblicitari e le solite locuzioni scurrili e volgari immancabilmente accompagnate da eloquenti raffigurazioni anatomiche. Tutto ciò ha a che fare con la strada ma non col writing.

Secondo alcuni l'aerosol art vera e propria sarebbe nata a New York negli anni settanta come uno dei quattro elementi essenziali dell'Hip Hop: musica rap, aerosol art, break dance e djing. Si tratterebbe di un vasto movimento spirituale che rifacendosi a culture indigene, dalle radici dell'umanità tenderebbe a elevare l'uomo fino alla perfezione cristica. Uguaglianza etnica, rispetto, pensieri positivi, energie cosmiche di amore e fratellanza fra i membri dei crew hiphop. E la missione di comunicare al mondo, partendo dalla strada, il risveglio e la liberazione del sé. Il governo, in questa ottica, in quanto permeato di potere e controllo sulle masse, è visto come il principale fattore di rallentamento e impedimento al processo evolutivo. Ecco perché le istituzioni e ciò che le riguarda sono in primis le più bersagliate dal vandalismo aerosol.

"If graffiti is a crime, let God forgive us" era scritto su un muro di New York nel 1989 dove erano raffigurati alcuni nanetti di biancaneve in lotta contro delle bombolette giganti di insetticidi chimici. "No eroina" e "No drug no police" reclamano altri graffiti milanesi fotografati e pubblicati da Ivo Balderi e Livio Senigalliesi nel 1988. "Open your mind and use it" c'è scritto adesso sul muro decorato di una scuola media di Tradate, in via Sopranzi, accanto a "I want to be free" con esaurienti immagini di siringhe reiette e alla scritta "my soul fly". In realtà sono sempre meno i "messaggi" dei writers i cui esponenti attuali tendono perlopiù, come si è detto, a perfezionare la firma. Lo studio del "lettering" ripescherebbe, secondo alcuni studiosi, antichi segni dell'alfabeto gotico e altri geroglifici mescolandoli insieme a interpretazioni moderne di culture maya, egizie, ma anche greche e romane. Ne risulterebbe una "visione antica del mondo in chiave futuristica".

La vera origine del graffito si perde però nella notte dei tempi. "I veri e propri graffiti rompono non soltanto la grammatica della lingua ma anche la grammatica della scrittura: segni disarticolati, scomposti, strascicati, distorti, deviati, che si accavallano gli uni sugli altri, quasi sessi che si coniugano, come sono visti dall'inventiva audace di un Plauto. Domina un'anarchia della disposizione che contesta continuamente programma, ordine, geometria delle iscrizioni pubbliche e private di rango istituzionale..." non è la descrizione moderna di un "tag" dei nostri giorni, piuttosto la prefazione di Luca Canali e Guglielmo Cavallo al loro saggio "Graffiti latini" che riporta moltissime frasi risalenti al periodo augustiano, rinvenute sui muri di Pompei ed Ercolano e anche sulle antiche mura romane della capitale stessa... oltre duemila anni fa.

Sebbene ammettano di sentirsi gratificati per esempio quando vedono che un loro pezzo colorato può contribuire alla riqualificazione di un quartiere degradato, i giovani Alfa Crew da noi intervistati dichiarano di non avere scopi specifici che non siano il divertimento e il desiderio di affermarsi. Eppure dipingere costa. Un "masterpiece" completo e sufficientemente elaborato può richiedere anche uno o due milioni di spese tra bombolette spry e pennarelli.
Cerchiamo a tutti i costi una motivazione, abituati a credere che ce ne debba essere per forza una. La marcatura del territorio, da animali metropolitani, ci soddisfa poco così come l'aspetto bandistico di sfida e supremazia. Insistiamo allora sulla connotazione sociale: il vostro non è in qualche modo un messaggio politico o filosofico, una presa di posizione contro le istituzioni? "Ma cosa vuoi che importi di politica o di impegno sociale ad un ragazzino di quindici, massimo vent'anni?" Ma, eppure se chiedi loro se gradirebbero un riconoscimento ufficiale storcono il naso. Benché i lavori commissionati dalle amministrazioni pubbliche siano bene accetti perché valorizzano le loro potenzialità espressive riconoscendone le qualità artistiche e aiutano anche a coprire le spese, un po' di illegalità è irrinunciabile e come farebbero sennò a impressionare la gente? Abbiamo chiesto loro a bruciapelo come si definirebbero scegliendo tra artisti, ribelli, emarginati, riformatori, vandali. La risposta è arrivata all’unisono, altrettanto a bruciapelo. I membri dell'Alfa Crew non hanno dovuto nemmeno consultarsi: vandali artisti. Vandali e basta sono invece per molti concittadini che non vedono di buon occhio la graffiatura della città. Sappiamo che in alcuni casi la polizia ha addirittura sparato, anche a Como.
Ma se vandalismo è disegnare paesaggi solari e paradisiaci, fiori e stelle e raggi di luce che entrano nelle teste delle persone spaccando i muri e spezzando le catene per portare pace e verità... allora forse sarebbe meglio andare a guardare di meno le vetrine e di più la strada: si potrebbero vedere degli angeli che spruzzano parole colorate. Magari sono proprio i nostri figli o i figli dei nostri amici, i figli della Como per bene, insospettabile e rispettabile, che di giorno fanno finta di sopportare... ma poi di notte dispiegano le ali esplodendo tutto il loro bisogno di umanità.

 

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Broletto n. 60 inv.99/2000