Alla scoperta del Batik: dall'esperienza di un viaggio in India, uno studente universitario di Guanzate ha portato a casa la tecnica manuale di stampa Batik e ha avviato in casa propria un minilaboratorio ove sta addestrando anche altri giovani alla produzione artigianale dei Batik e presto entrerà nelle scuole con corsi di formazione

 

Diplomato perito chimico al Setificio, operaio a tempo pieno alla Lechler e studente universitario, il giovane Alex Torricini di Guanzate è in realtà un vulcanico ventitreenne frutto della moderna era cosmopolita. Studia filosofia alla Statale di Milano ma ha in programma di trasferirsi presto alla facoltà veneziana di Lingue e Letterature Orientali. E' un socio fondatore del CAG Guanzate che raggruppa giovani dai 20 ai 30 anni e che presto si autodeterminerà a statuto semiautonomo col nome di KAM (Konnettivo Attiva Mente). Tanto per intenderci, è anche uno di quelli che si ritrovano ai giardini, tra amici, per tambureggiare un po' i derbouka e fare della buona musica insieme; dove lo troverà poi il tempo? Nel tempo libero, che evidentemente quando si vuole si trova, si dedica ai suoi batik. Ora ha due allieve, diplomate disegnatrici tessili, che imparano da lui la tecnica e ha in programma di effettuare dei corsi di formazione storico-culturale dell'arte batik anche alle scuole dove ritiene che ci sia una carenza, soprattutto a livello empirico, della materia. Il batik è un'antichissima arte, pare giavanese, per colorare i tessuti che consiste nel creare un disegno con cera liquida su fondo bianco e immergere poi la tela in un bagno colorante in modo che una volta tolto lo strato di cera, con acqua bollente, il disegno risulti chiaro su fondo colorato. Per lo più tradizionalmente femminile, questa tecnica si è diffusa e consolidata nel mondo e ancora oggi, dopo migliaia di anni e dopo molte rivoluzioni tecnologiche, mantiene intatta la sua grazia e la sua freschezza.

"... e fu così che, camminando tra le vie tortuose della melodica Benares, avvolto dalle urla dei mercanti, sommerso da odori e profumi di incenso, accarezzato da innumerevoli stoffe colorate che volteggiavano dai soffitti delle botteghe, incontrai il mio primo batik. Batik è un termine di origine malese-indonesiano, usato per definire una forma espressiva tessile che sta fra pittura, disegno e scrittura, infatti significa: "punto". Questa forma di pittura ha la particolarità di essere applicata sul tessuto e si avvale dell'uso di materiale impermeabilizzante che impedisce alla tintura di fissare : la cera. Si tratta in pratica di una tecnica di tintura a riserva che, grazie alle sue innumerevoli variabili applicative, ha dato sfogo a molteplici interpretazioni che l'hanno resa una vera e propria forma d'arte. Una recente ricerca archeologica ha determinato una mappa dei ritrovamenti di batik. I più antichi, reperiti in Egitto, furono in lino e risalgono al V sec.d.C. anche se si ipotizza che questa tecnica, nata in Indonesia in tempi remotissimi, venisse utilizzata in Persia e in Egitto in epoche antecedenti la venuta di Cristo. In Cina i batik in seta apparvero alla fine del 500 e successivamente furono introdotti in Giappone nel 700. Non è risultato nessun ritrovamento di batik in India a causa del clima particolarmente umido, anche se abiti disegnati con questo metodo sono raffigurati negli affreschi della caverna di Ajanta (VI, VII sec.)"

Alex è andato per la prima volta in India, in Andrapradesh, nel 1994 ad insegnare disegno nella Missione Fatima Nagar di padre Colombo. Insieme a lui c'erano altre due ragazze comasche, Daniela e Maria, inviate da Felice Albonico, un imprenditore olgiatese che si adopera da anni al servizio dei disabili e portatori di handicap e collabora assiduamente con la Missione di padre Colombo. Lasciata la Missione per problemi amorosi con un'indigena, Alex ha poi girovagato per la regione assetato di novità. Ha vissuto alcuni mesi con un maestro Guru da cui ha appreso le tecniche fondamentali dello yoga e della meditazione. Si guadagnava da vivere suonando il sitar nelle strade, ma racconta di avere trascorso momenti difficili a causa della ristrettezza economica. Ha visitato numerose tessiture locali cercando di carpire più segreti che poteva e, una volta rientrato a Guanzate, dopo molta pazienza e molti esperimenti falliti è finalmente riuscito a riprodurre in casa i tanto sospirati batik. Per lui, sospeso fra due mondi e proiettato in due diverse realtà, costruirsi il suo piccolo laboratorio di decò indiano in casa è stato di fondamentale aiuto per non sentirsi straziato dal cambiamento, per sopravvivere alla quotidianità della vita occidentale coi suoi valori materialistici così diversi da quelli mistici vissuti in Oriente, vibranti sul piano spirituale e umano. A parte gli istituti d'arte, alcune scuole del tessile e l'Accademia delle Belle Arti, non è a conoscenza di laboratori artigianali in provincia dove vengano eseguiti manualmente i batik con le tecniche originali. Per Alex, fortemente appassionato di viaggi esotici, affrontare la lavorazione di un batik equivale ad incamminarsi per un lungo viaggio.

"La forza che ci spinge ad intraprendere un viaggio porta spesso allo scioglimento di questa forza nel viaggio stesso o alla creazione di altre forze come i desideri, le illusioni o, più semplicemente, i ricordi. Il viaggio del batik invece inizia da un ricordo, passa da un desiderio e sfocia nella concretezza di una realizzazione. E così, come un viaggio, il batik parte dalla preparazione puntigliosa del tessuto, il quale deve essere preventivamente lavato e sbiancato. l'anima di quest'arte, cioè la cera, si fa fondere fino a raggiungere le temperature sufficienti affinché possa penetrare il tessuto. L'applicazione della cera fusa si può eseguire utilizzando un semplice pennello oppure strumenti di precisione. Tra questi uno dei più conosciuti è il canting, che risale al XVII sec, composto da un manico di bambù e da un serbatoio di rame dove viene raccolta la cera che viene fatta colare attraverso uno o più beccucci. Il principio è quello di una penna e consente di ottenere disegni molto fini e precisi. Attualmente il procedimento più diffuso è quello di eseguire un disegno 'nascosto' che sarà poi risaltato dalla tintura. Questa operazione va eseguita a freddo, per non sciogliere la cera, e con i coloranti adatti al tipo di fibra. La quantità di colore e il tempo di posa stabiliscono il tono della colorazione. Le increspature che si formano sulla cera al momento dell'immersione determinano quell'effetto caratteristico del disegno a batik, cioè le crepe, causate dal colore che penetra attraverso le rotture della cera solidificata. Una volta ultimata l'operazione pittorica, si procede all'esportazione della cera che avviene stirando il tessuto avvolto nella carta o in altri prodotti che ne determinano l'assorbimento. Le parti riparate risulteranno bianche. Come ogni viaggio, anche il batik può essere semplice o complesso, grossolano o raffinato, ciò che conta è che esso rappresenta comunque una forma espressiva di notevole bellezza, tanto che anche gli eventuali difetti possono rivelarsi decorativi, come quando si guarda qualcosa con la coda dell'occhio e ci si accorge che esistono anche i dubbi".

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ecomail 26/06/1997