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La struttura della riscossione fiscale

La riscossione avveniva in sostanza per mezzo di una ``talia'' o ``talea'' (taglia) che il Consiglio Generale di Gambolò stabiliva di tempo in tempo a seconda delle esigenze: la taglia era una manovra finanziaria irregolare che si poteva decretare a distanza di sei mesi come di tre anni a seconda dell'effettiva richiesta di denaro che cadeva sulla comunità.

Se originariamente l'incombenza di approvare la taglia toccava al consiglio generale dei capi di casa, in seguito quest'importantissimo compito veniva trasferito per brevità esecutiva ai Sessanta. Da una petizione al proposito del 1628, di Marco Calvo, troviamo magnificamente riassunta la complicata struttura rappresentativa e politica di Gambolò a inizio Seicento:

essendo stato esposto in detto consiglio generale per il sig. Marco Calvo, sì come saria bene per la confusione che ogni hora si vede seguire nelli consegli generali in adimandar tutti in conseglio li capi di casa far eletione di persone numero sesanta quali habbiano la carica di far quel tanto farà bisogno per detto commune in luogo del consiglio generale [...] con quell'autorità istessa et per rispetto di quelli hanno da reger annualmente deputare se non dodeci [...] et con l'istessa autorità, et l'eletione de detti sessanta s'habbi da fare per le parentele secondo il solito che si serve nel deputar li vintiquattro, et il simile haverano da far li detti sessanta ogni anno in deputar li ventiquattro [...] si come faceva il detto Consiglio Generale e capi di casa2.12

Secondo la piramide parentele-Sessanta (i quali venivano nominati dalle parentele) che poi discuteremo meglio, con un consiglio di dodici ``di provvisione'' di carattere esecutivo2.13.

I Sessanta approvavano un ``Capitolato'' che prescriveva i compiti del ``thesorero'' incaricato della riscossione. Questi era una figura analoga al ``commissario'' provinciale, e che su base locale svolgeva gli stessi compiti con mezzi spesso molto simili. Sia i contadi come le comunità, infatti, pur avendo strutture amministrative differenti dovevano combattere sul fronte fiscale con uguali problemi.

L'importanza della figura era enorme, dato che gestiva la finanza locale nel suo complesso: nella taglia rientravano infatti tutte le voci di spesa della comunità e i suoi pagamenti, che poi vedremo dettagliatamente. Di conseguenza, all'esattore veniva richiesta una serie abbastanza serrata di garanzie, cioè un' ``idonea sigurtà''(un mallevadore che garantisse per lui) da presentare entro otto giorni dopo l'incanto, una copertura finanziaria della comunità per le spese più urgenti e il fatto di dover riscuotere ``a suo resigho et pericolo''2.14. Nel caso di ``differenze'', cioè di liti fra il tesoriere e la comunità si prescriveva un rimando al Podestà di Gambolò, con l'importante eccezione rappresentata dal fatto di poter «rimettere amicabilmente a due amici comuni», clausola non presente nei contratti provinciali di scossa e derivata invece dai patti tra privati.

Ci sarebbe alquanto da discutere sul fatto se a livello locale venissero concessi o meno all'esattore minori poteri di ``esecuzione'' e in generale di ritorsione fiscale di quanto non accadesse in provincia. Se, per esempio, consideriamo una manovra finanziaria del 1637 di sorprendente entità, 60.000 lire imperiali (di cui solo 30.000 per alloggiamenti), con una riscossione costruita pressoché interamente sulle teste e non sugli estimi, troviamo una clausola piuttosto esplicita che afferma come «detto Thesorero possa far fare ogni opportuna essecutione alli debitori quali havrà in scossa nel medemo modo e forma che può far la Regia Camera contro li suoi debitori per il qual effetto la comunità sia obligata ottenergli e dargli l'opportuna e solita patente dell'Ill. Magistrato Ordinario»2.15. Lo Stato, concedendo alle comunità poteri uguali a quelli del fisco centrale, assegnava in pratica la gestione del fisco ai governi locali. Punti centrali di controllo del meccanismo erano il Podestà, cui era demandata una sorta di garanzia e vigilanza super partes delle operazioni e l'osteria, dove venivano depositati e poi incantati i pegni morti e vivi ``essecutati''2.16.

Ma, contrariamente in questo alle ``scosse'' del contado l'armatura giuridica dei ``Capitoli'' cambiava poco nel tempo, tanto che la delega del potere regio alle figure locali del fisco era presente anche nel Cinquecento. Quello che infatti per la provincia era l'elemento di maggior cambiamento del contratto, cioè la durezza o meno delle esecuzioni, poteva riproporsi solo in parte per la comunità. Qui non era possibile, per esempio, estendere indiscriminatamente i poteri dell'esecuzione «in solidum» a quelli che erano i ``corpi sociali'' (oltre che politici, nel caso di Gambolò) della comunità, cioè le parentele2.17. Si raccomandava infatti sempre ai ``Thesoreri'' di basarsi sulla lista dei debitori individuali che veniva consegnata dalla comunità; questo procedimento generava una lista di ``retrodatti'', cioè di debitori insolventi, la cui ``scossa'' veniva riappaltata2.18. In alcuni contratti si parla, più ambiguamente, di ``parti debitorie''2.19, ma non saranno mai presenti capitoli espliciti su (per esempio) ``heredi e successori'', come avveniva invece per i fittabili dei terreni comunali, i cui patti prescrivevano l'obbligatorietà della prosecuzione per i parenti.

Questo discorso ne porta naturalmente a un altro che qui non affronteremo, e cioè alla profonda differenza che sussisteva fra un organo come il contado e la comunità per quel che concerne gli elementi non fiscali, di ``rapporto con le basi'', per così dire. Pur con alcune strutture simili per il fisco, i compiti di quest'ultima, oltre alle relazioni sociali che la sorreggevano, erano diversissimi: basti dire che le comunità organizzavano servizi assai disparati, primi fra tutti quelli religiosi e assistenziali, aspetti che non potevano non influire sulla gestione finanziaria.

Ma a cambiare nel tempo, dalla fine del Cinquecento agli anni trenta del Seicento, era stato l'importo complessivo delle manovre locali, e cioè le esigenze che con esse si dovevano soddisfare. Si pensi che da ``taglie'' attorno alle 3.000-6.000 lire della fine del Cinquecento si passò con disinvoltura a richieste di 40.000-60.000 lire negli anni Trenta. Di fronte a quest'impeto, le strutture base della comunità, contrariamente a quelle provinciali, cercavano di resistere e di mantenersi coerenti: ma era ovviamente improbo, almeno fino a quando le richieste non si stabilizzarono nel corso del Seicento. Questo non portò, peraltro, a un ritorno ai valori del '500, ma a un complessivo adeguarsi su richieste medie assai più alte, ma normalizzate.

Disponiamo per esempio di un ristretto di bilancio per il decennio 1654-1665 stilato dal cancelliere i Gambolò Gio. Stefano Cassini che ben evidenzia questo aspetto2.20:

Tabella 2.1: Ristretto carichi 1654-65
Anno Carichi Ordinari Carichi Straordinari Entrate Gambolò
1654 15.495 8.594 4.006
1655 10.500 8.495 3.966
1656 4.400 6.367 4.779
1657 5.500 2.141 5.097
1658 8.250 742 4.705
1659 10.800 16.168 3.693
1660 4.144 3.399 3.925
1661 4.692 3.790 3.899
1662 9.358 5.441 4.002
1663 12.509 9.986 3.938
1664 20.932 9.547 4.109
1665 17.120 3.249 3.642

Come si può vedere, assistiamo ad una tassazione assai disordinata, con un unico dato costante (le entrate comunali) e richieste assai mutevoli da anno ad anno sia per quel che riguarda le spese ordinarie che per le straordinarie; la differenza tra queste era piuttosto netta: le prime riguardavano ogni tipo di tassazione proveniente dal Centro, mentre le seconde erano relative ai pagamenti richiesti per i soldati alloggiati. Le paghe di questi sottostavano ad una complessa casistica di voci, minutamente descritta dall'Oppizzone2.21.

Dato che i pagamenti dovevano essere celeri, questo causava l'ampio ricorso della comunità a censi, vista la mancanza di tempo per organizzare una ``taglia'' in tempo utile; questa veniva, invece, stilata a fine anno calcolando i vari importi. La ``taglia'' relativa agli alloggiamenti aveva la precedenza, e veniva discussa e incantata prima dell'altra dal Consiglio2.22; questo provocava a sua volta, naturalmente, la mancanza di liquidi per il soddisfacimento dei carichi ordinari e la continua richiesta di moratorie al Magistrato Ordinario, oltre a ulteriori proliferazioni nel ricorso a censi.

In attesa della compensazione, cioè di un' «egualanza» che abbiamo visto quanto fosse aleatoria e difficoltosa nel Vigevanasco (se non addirittura inattuabile), le spese per la logistica militare erano così demandate totalmente alle strutture locali. L'unica forma di garanzia tutoria proveniente dall'alto fu la riduzione degli interessi sui censi del 1636, che li uniformava a un 5% di massima, in cambio della qual riduzione le comunità dovevano versare annualmente allo Stato la cosiddetta ``mezza per cento'', cioè lo 0,5% d'interesse sul capitale2.23. A sua volta, il Centro vendeva poi le cartelle della mezza per cento ai suoi «Reddituarii», creando un'ulteriore serie di creditori nei confronti degli enti locali2.24. Per Gambolò la riduzione era avvenuta nel 1637, uniformando tutti gli interessi su censi (sostanzialmente, l'unico strumento creditizio utilizzato dalla comunità) non al 5% ma al 2%, con l'aggiunta dello 0,5% a titolo di ``mezza per cento''. Anche così, tuttavia, in virtù della notevole consistenza del debito, Gambolò si trovava già a metà degli anni Quaranta in forte ritardo nei pagamenti della ``mezza per cento'', tanto da dover patteggiare col Regio Fisco in proposito2.25.

Si prenda un anno come il 1645, per cui venivano conteggiati 56.718 lire di debiti per soli alloggiamenti: diveniva impossibile, considerando la priorità che si dava a quest'ultimi, pagare qualsiasi altro tipo di debito2.26.

Fin dagli anni Trenta la priorità degli alloggiamenti e il modificarsi della contribuzione avevano portato alla nascita di nuove strutture di controllo fiscale e di organizzazione complessiva, e soprattutto alla figura del ``bollettario''. Costui era incaricato di tenere i rapporti fra le truppe e la comunità e, soprattutto, di riportare le ``bolette'' d'alloggiamento, vale a dire i documenti che comprovassero i servizi forniti alle truppe con i relativi costi (che erano, come abbiamo già sottolineato, costi standard). Il ``bollettario'' doveva seguire passo passo i soldati segnalandone gli spostamenti e annotando, per ciascuna spesa, una ``boletta''; aveva inoltre il difficile compito di gestire gli aspetti per dir così ``sociali'' connessi alla presenza dell'esercito: riportare le denunce dei delitti, segnalare le accuse dei campari (i guardiani comunali dei campi), rogare tutti gli atti criminali riguardanti militari che si tenessero davanti al podestà di Gambolò. Si trattava, dunque, di competenze piuttosto complesse, che andavano dal rendiconto economico alla giurisdizione militare locale2.27. Ma a partire dalla metà degli anni Trenta venivano creati nuovi ``servizi'' in rapporto alla costante presenza delle truppe: per la gestione dei ``letti e utensili'', per il magazzino del fieno, per l'affitto di alcune case di privati da destinare a caserme2.28. Tutti elementi, ancora una volta, che sottolineano l'assenza del Centro non solo per le compensazioni ma per tutta la materia, ivi compreso il rapporto generico con la popolazione.

Parallelamente al crescere dei ``carichi'' diminuiva la redditività della terra, o meglio della terra peggiore, la quale veniva progressivamente abbandonata; non solo infatti sarebbe stato troppo oneroso pagare la tassa del perticato su terreni rovinati dalla guerra, ma le stesse condizioni del mercato dei prodotti agricoli spingevano verso il basso. Questo aveva a sua volta provocato il problema (comune, per la Lombardia del tempo) dei ``terreni derelitti'', quella terra cioè che una volta abbandonata più nessuno voleva2.29. Anche per Gambolò era infatti accaduto che in relazione a tali beni «per non essere mai comparso alcuno a far oblatione di pigliarli, et far acquisto, nè pure di minima parte, nè tam poco di venire alla detta divisione», si decidesse di ripartirli fra i vari estimati o assegnarli in altro modo, creando un ``quinternetto'' (quaderno) relativo2.30.

Mentre quindi alloggiamenti e stato di guerra provocavano un aumento ipertrofico della tassazione a livello locale, oltre a problemi di organizzazione non indifferenti, la base imponibile invece si riduceva, con il diminuire della popolazione, l'aumento del ``nomadismo'' e il problema dei fondi derelitti, terreni quest'ultimi in sostanza non tassabili perché non remunerativi. Diveniva così sempre più complicato riunire le varie voci in un unico bilancio: abbiamo già visto come gli alloggiamenti dovessero essere considerati come una vera e propria ``tassa'' a sé, vista anche la complessità della loro gestione. Tanto più si tendeva, negli anni di maggiore ``crisi'' fiscale, a separare le varie voci di spesa e a generare un ampio numero di taglie per ciascuna voce piuttosto che ad accorparle in manovre finanziarie mostruose e complesse, che sarebbero divenute ingestibili. Tanto più dunque risulta e risultava difficile calcolare per questi anni i bilanci comunali, i quali finiscono per essere una serie ampia e disorganica di manovre piuttosto che un rendiconto economico riassuntivo.

Senza contare che una simile condizione, di continue richieste di esborso alla popolazione e di scarso ordine dei registri potevano favorire errori, manomissioni e malversazioni; a questo proposito ci si richiamava alla necessità di un maggiore controllo sugli organi deputati alla riscossione, in primo luogo il ``Thesorero'' ma anche consoli e consiglieri. In particolare, alcuni «Ordini et regole per il buon governo d'essa comunità, et obviare alle fraudi, che si sono riconosciute nella pratica della divisione de maneggi passati con notabile danno del publico»2.31, imposte dal questore del Magistrato Ordinario, Leonardo Calderaro, prescrivevano una serie di norme che permettessero una certa vigilanza sulla fiscalità locale. Gli ``Ordini'' volevano sottoporre in pratica i conti del ``Thesorero'' alla supervisione e approvazione del Magistrato Ordinario, nonché di tre particolari di Gambolò, due dei primi estimi e uno degli estimi minori «d'esperimento, zelo et prudenza», elette dal Consiglio Generale2.32. Si prevedeva inoltre, per evitare accordi dei ``Reggenti'' con le truppe, che nelle taglie riguardanti queste figurasse solo, rigidamente, la paga dovuta ai soldati secondo le regole stilate dall'Oppizzone per l' «egualanza».

E' quindi piuttosto arduo ricostuire un bilancio organico, dato che questo non obbediva ad una logica complessiva ma piuttosto al soddisfacimento dei bisogni del momento. La forte imprevedibilità dei carichi rendeva d'altro canto difficile il perseguimento di un ``piano razionale'': le richieste dello Stato come anche gli alloggiamenti erano elementi fondamentalmente imprevedibili per le comunità2.33, almeno fino all'istituzione del ``Rimplazzo'', sulla reale efficacia del quale ci sarebbe peraltro molto da discutere. A livello generale, il bilancio comunale della comunità si componeva innanzitutto delle entrate, provenienti dal fitto dei dazi e dei terreni comunali, oscillanti fra le 8.950 di entrate del 16282.34 e le 4.000 circa di media degli anni Cinquanta-Sessanta. Di fronte al continuo crescere dei carichi, l'incidenza di queste si era però proporzionalmente ridotta in modo notevole. Vi erano, poi, le uscite, a proposito delle quali il discorso è ovviamente assai più complesso a causa delle innumerevoli voci e della suddetta politica di bilancio. Senz'altro, come abbiamo mostrato, il grosso cambiamento rispetto al Cinquecento (economico, sociale, finanziario) è riassumibile nell'enorme aumento delle spese derivanti da alloggiamenti, e nella generale crescita delle contribuzioni di carattere militare richieste dal Centro alle comunità, o sotto forma di imposta tesa a finanziare le operazioni o per l'organizzazione a livello locale della logistica. Accanto alle spese per gli alloggiamenti stavano le altre spese straordinarie, anch'esse comunque in grossa parte riportabili a tributi militari (come si è mostrato per il contado), e le spese ordinarie, cioè la richiesta del ``Mensuale''. Vi erano poi gli interessi dovuti ai titolari di censo, la ``mezza per cento'', e una serie fittissima di spese locali, sostanzialmente di carattere religioso e per gli stipendi dei ``salariati'' della comunità.

Presento qui i dati relativi a due liste di ``creditori locali'' della comunità nel 1652 e nel 1680 allo scopo ancor più che di un confronto o per tentare una quantificazione (impossibile o molto impervia data l'estrema frantumazione del carico fiscale) per mostrare la notevole gamma di servizi gestiti dalla comunità2.35:

Tabella 2.2: Spese locali a Gambolò nel secondo Seicento
Titolo spesa 1654 1680
Stipendio Cancelliere 400 400
Consoli   288
Signori Prevosti per processioni cantanti   18
Servitore Pubblico 150 100
Procuratore a Milano 120 120
Procuratore a Vigevano 90 90
Canonici, per le Decime   68
Canonici vari 29  
Capitoli di S. Pietro in Roma 10  
Messe di S. Felice e S. Bartolomeo   36
Campari 87 379
Podestà, per salario e fitto di casa 350 275
Cera per le parrocchie 300 300
Messe da morto 300 300
Buon Governo   1.500
Deputati per i negozi della comunità 1.000  
Padri di S. Ambrogio Milano per censo   200
Medico 640 650
Cerusico 300  
Reverendi Romania e Milio per la messa   66
Orologista 20 24
Sotterratori 67 40
Sacrista di S. Gaudenzio   24
Padre predicatore per la Quaresima 150 90

Non bisogna d'altro canto intendere le singole voci o la stessa struttura di spesa locale come una lista fissa e ripetuta serialmente nel tempo. Venivano immesse nelle ``spese locali'' e spalmate a vario titolo sul ``personale'', di anno in anno, voci differenti: come la milizia (si pagavano fanti per sostituire il prelievo locale di uomini), le spese per le esecuzioni, e altro. Parimenti, non sussisteva certo la cultura di uno ``stipendio fisso'' e preciso in relazione alla carica occupata: anche questo variava nel tempo, in funzione ad esempio della situazione di bilancio della comunità o dei servizi prestati dal funzionario.

Il legame economico fra parrocchia e comunità appare inoltre evidente. Gambolò pagava diversi servizi religiosi, come la cera pasquale, le messe da morto, il sacrestano, il padre predicatore, e costituiva anche benefici in favore di religiosi del luogo2.36, chiaro sintomo della necessità della comunità di accaparrarsi un elevato numero di ``devozioni''2.37.


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2005-06-27