next up previous contents
Next: La comunità di Gambolò Up: Il Contado Previous: La garanzia del debito:   Indice

L' ``affare Guazzi''

In quello che abbiamo deciso di chiamare, per brevità, ``affare Guazzi'' prendono corpo, a metà degli anni trenta, numerose tendenze di lungo periodo, alcune delle quali rimontano fino ai ``caratteri originari'' della costituzione del contado, nel 1532. La controversia, decisiva non solo per quella che sarà l'evoluzione del contado, ma soprattutto come riassunto e punto di sfogo di molteplici forze in atto già da tempo, risulta di difficile trattazione proprio per il notevole numero di elementi in gioco. Vi confluiscono, innanzitutto, molti attori: in sostanza, tutte le figure preminenti del contado. Tipicamente, le parti coinvolte generavano in proposito una vasta produzione giuridica (o "latamente" giuridica): citazioni, suppliche, memoriali presso organi del Centro. Quest'ultimo, paradossalmente e come cercheremo di mostrare, fu uno degli attori più ininfluenti, se non al limite come cassa di risonanza delle varie parti. Certo, contò in maniera decisiva il potere già acquisito e, per così dire, consolidato degli attori: ma questo è un elemento piuttosto eccentrico rispetto al tema dei rapporti col Centro; si tratta, infatti, di un potere più sociale che politico, quindi in un certo qual modo indipendente dagli organismi milanesi (quelli di Madrid non furono interpellati, e non entrarono nel merito).

Oltre a un gran numero di ``protagonisti'' concorrono nella vicenda un corrispondente numero di ``temi'' conduttori che, si ha l'impressione leggendo la documentazione, prima ancora che essere estratti e fatti valere dalle parti si presentarono essi stessi come frutto di un'evoluzione del sistema o come sue, necessarie, conseguenze. Come vedremo, ad esempio, la proposta di alcune terre che si votasse in congregazione per estimo (cioè sommando le lire d'estimo delle comunità) e non per numero di deputati era un'idea politica che nasceva, ancor più che per calcolo (tanto che, paradossalmente, i suoi formulatori proponevano una misura per loro stessi svantaggiosa), da tutto un passato comportamento politico interno e, in realtà, anche da disposizioni del Centro, che muovevano in questo senso1.87.

I vari attori si trovavano così a confrontarsi con una serie di complesse problematiche derivanti, da una parte, da una feroce evoluzione del sistema fiscale, che sconvolgeva molti dei risultati che si credevano acquisiti e che venivano invece rimessi in gioco in tutta la loro virulenza (uno per tutti, i rapporti con gli ``Interessati civili''); dall'altra, si facevano manifeste e operative le modalità stesse con cui si era costituita la provincia, vale a dire, in sostanza, la sua ``artificialità'' e disomogeneità.

La forte evoluzione fiscale a cui si trova di fronte, impreparato, il contado negli anni Trenta è riassumibile, alla fine, in un unico ampio concetto: l' «egualanza». E' impossibile, qui, tracciare anche un semplice schizzo a livello generale del sistema. L' «egualanza», peraltro, pur essendo il maggior tema fiscale (e, probabilmente, sociale) del Seicento lombardo, non ha ricevuto fino a pochissimo tempo fa alcuna attenzione storiografica. Fortunatamente, disponiamo ora di un ponderoso studio di Mario Rizzo, cui rimandiamo, che tratta in modo esauriente la questione, soprattutto in relazione alle sue origini (il sistema fu istituito nel 1597) e alle sue prime applicazioni secentesche1.88. Questo per un ``argomento'' che si discuteva a ogni livello della società, come ci ricorda in esergo alla sua opera il maggior trattatista della questione, Ambrogio Oppizzone:

Una stimata più difficile, e pure più maneggiata, e non da tutti bene intesa al nostro tempo, è la materia delle Egualanze, che delli alloggiamenti de' soldati, e spese da essi dependenti si formano. Stimata più difficile, per la negligenza con la quale abbracciata da i pochi, viene negletta da i molti [...] Non da tutti bene intesa d'alcuni [...] li quali giudicano perdita di tempo l'applicarsi non meno a questa, che ad altra virtù politica, sono fatti poi [...] prontamente apparsi, e con prudente sagacità volpeggiar con le volpi [...]. Ho più volte stupito, che occorrendomi trattare di questa materia con persone non volgari, vi giuro, Signor mio, che più gratiosa, e cordialmente mi sarebbe stato corrisposto, s'havessi loro trattato delle facetie di Bertoldo, o delle astuzie di Guimanilio, che di questa materia, che per la poca pratica n'havevano, li rendevano sì aridi e noiosi1.89.

L'estrema complessità della materia, così, originava una scienza giuridica complicata in cui i vari ``corpi'' si gettavano a capofitto con i loro esperti. Considerata, poi, l'onnipresenza e, ormai, lo stato di normalità degli alloggiamenti nella società del tempo, la materia che ne discuteva, in maniera sottilmente teorica, la logica e la distribuzione, era divenuta la scienza par excellence della descrizione del territorio. Già in questo possiamo notare un notevole spostamento di significato nella percezione per così dire ``fiscale'' (ma, data l'alta capacità del fisco spagnolo di compendiare svariati aspetti della società, potremmo anche dire ``sociale'') della terra, dal sentimento cinquecentesco che la considerava, piuttosto staticamente, come ``terra estimata'' a quello secentesco che la vedeva come ``terra alloggiata''.

Per comprendere quanto questa sia tutt'altro che una considerazione di carattere metafisico si può prendere come riferimento l'andamento del «mensuale», cioè (generalizzando) della contribuzione ordinaria nel corso del secolo1.90 paragonato a quello dell' «egualanza» e delle contribuzioni straordinarie in genere. Un esempio fra i tanti a disposizione (la materia, data la ricchezza di dati a disposizione, si presterebbe bene anche ad un'analisi meramente quantitativa), può essere la già citata ``Informatione'' al Pertusati del 1680. Nel 1680 era già in vigore il «Rimplazzo» (istituito nel 1662), che sostituiva per la maggior parte delle spese e dei calcoli militari l' «egualanza», che continuò comunque a essere compilata per le spese minori fino a buona parte del settecento. Semplificando, se l' «egualanza» calcolava la compensazione fra le varie «parti» in tema di alloggiamenti e spese connesse, il «Rimplazzo» cercava di agire a monte del problema affidandone la gestione a un «impresaro» centrale nominato dallo Stato. L' «egualanza» agiva quindi dopo, e senz'alcuna pretesa a livello organizzativo, ma calcolando le spese compiute delle parti in causa per alloggiare e cercando di compensarle con la situazione delle altre parti che non avevano alloggiato o avevano alloggiato relativamente meno; il «Rimplazzo» interveniva invece prima dell'alloggiamento, facendo contribuire le parti in una cassa generale a livello statale, da cui si recuperavano i fondi per una gestione centrale del sistema. Con l'istituzione del «Rimplazzo» terminava un'epoca, ma si manifestava appieno anche il trend secolare di evoluzione del sistema fiscale.

Secondo l' ``Informatione'' al Pertusati1.91, dunque, nel 1680 abbiamo nel contado una lista di spese del genere:

Tabella 1.6: Estratto del bilancio 1680 del contado
Voce di spesa Entità in lire
Mensuale 16.895 : 14
Soccorsi e paghe dell'esercito 55.815
Rimplazzo 16.000
Censo del sale e tasse 9000
«Appossiente» 500
Mezza per cento 567
Censi 2.883 : 10 : 6
Salari e liti 5.600

Da questi scarni dati possiamo trarre alcune considerazioni interessanti, assumendo che la situazione possa esser presa come punto d'arrivo d'un trend secolare d'evoluzione del sistema fiscale. Innanzitutto, appunto, la scarsità del «mensuale», dicitura entro la quale rientravano i carichi ``ordinari''. La relativa imposta era così ridicola, e tenuta in così poco conto per le esigenze di cassa del Centro, oberate pressoché esclusivamente da contributi militari, che «detto mensuale si compensa al contado sopra il carico sostiene de soccorsi e paghe dell'esercito», per cui lo scoperto effettivo derivante dalla compensazione assommava a 38.919 lire, 5 soldi e 2 denari, dopo la qual operazione si procedeva come se il «mensuale» non fosse mai esistito. Sulla, tutto sommato, scarsa rilevanza dei censi (il totale si ottiene capitalizzando al 2% gli interessi), abbiamo già accennato, ma appare comunque un elemento notevole e, come abbiamo sottolineato e ribadiremo nella trattazione del caso di Gambolò, antitetico alla situazione delle comunità. Resta da sottolineare come il «Rimplazzo» fosse ben lungi dal convogliare al suo interno il grosso delle spese militari, contrariamente all' «egualanza», che nei decenni centrali del secolo raccoglieva le somme di gran lunga maggiori nei bilanci comunali e provinciali. Il motivo è, probabilmente, da far risalire alla perdita d'importanza relativa degli alloggiamenti nei confronti delle contribuzioni per così dire standard all'esercito, e che venivano anch'esse evidentemente demandate al locale.

Tornando al primo Seicento occorre sottolineare però subito un importante elemento. L' «egualanza» era una scienza che (tutto sommato abbastanza tipicamente) ragionava per ``strati'' e, all'interno degli ``strati'', per ``parti'' (o, se si preferisce, ``corpi'', i quali tendevano per la natura stessa della materia a diventare ``parti'' giuridiche). Gli ``strati'' entro cui si compilava l' «egualanza» erano tre: l' «Egualanza Generale è quella che si fa fra tutte le Città, Provincie e terre separate di tutto lo Stato di Milano. E' detta generale perché comprende tutti gli alloggiamenti»1.92; l' «egualanza provinciale», fra tutti i ``corpi'' (``corpi'', si badi bene, non comunità) del contado; e quella «terrera» che quotava in sostanza i contributi dovuti per ciascun tipo di terreno (civile, rurale e massarizio). Lo ``strato'' per noi interessante è quello provinciale, internamente a cui vi erano poi i singoli ``corpi'' ammessi (ma sarebbe meglio dire costretti) a partecipare all' «egualanza». La domanda che segue, quali fossero questi ``corpi'', è tutt'altro che banale. Tutt'altro che banale perché la definizione di ``corpo'' ammesso a partecipare all' «egualanza» fu, in buona parte, proprio la materia del contendere di quello che abbiamo chiamato ``affare Guazzi''.

Come ``parti'' ammesse all' «egualanza» provinciale si costituirono, infatti, di volta in volta, le comunità, i cosiddetti ``Interessati civili'' e, infine, un certo gruppo di comunità (le «quattro terre»). La questione ha una sua complessa genesi proprio prendendo come punto di vista gli ``Interessati'' in quanto ``corpo''. Gli «Interessati» erano i grandi possessori civili di terre nel contado1.93, che dopo la «transattione» del 1594 e gli ordini della Giunta dei Cinque Delegati del 1600 erano stati assegnati al contado per la riscossione dei carichi. Successivamente veniva eletta una commissione, a composizione mista (civile e rurale) per la valutazione dei terreni civili e, dunque, il loro inserimento nell'estimo1.94.

Queste operazioni, però, erano state relative solo alla sistemazione dell'estimo e della contribuzione ordinaria, cioè del «mensuale». Abbiamo visto, tuttavia, come quest'ultimo si fosse impoverito nel corso del secolo, fino a divenire una vera e propria contribuzione minore nel 1680. Non era stata però trattata nelle «transattioni» di fine Cinquecento la materia relativa all' «egualanza», tanto che non vi erano regolamenti chiari e specifici per le contribuzioni degli ``Interessati''. Così poco chiari che gli ``Interessati'' ebbero buon gioco a dichiararsene esenti, e questo proprio nel bel mezzo di un'evoluzione del prelievo fiscale lombardo che dava sempre più importanza alla materia connessa agli alloggiamenti rispetto al «mensuale». Come ben ricordava un questore del Magistrato Ordinario, Gabriele Colonna, presente alla congregazione generale di Robbio del 1628:

La prima che l'anno 1619 si fece l'egualanza provinciale delli alloggiamenti de soldati di detto contado nella quale risultan debitori de somma molto egregia li Interessati Vigevanaschi con detto contado quali inhibirono subito la scossa d'essa egualanza sotto varij pretesti, con in specie [...] perche pretendono di fare un corpo separato e di sostenere le gravezze a loro tocanti apartamente dal contado, e per essere detti Interessati potenti non s'è mai finito la lite1.95

Il fatto di autoproclamarsi, in materia di «egualanza», corpo separato e non annesso al contado, era il prodromo per poi protestarsi esenti. Nella prima grande compilazione del 1619, gli ``Interessati'', che erano stati quotati nel riparto dell'egualanza provinciale, figuravano dunque come debitori, e nei fatti non avrebbero mai pagato. Non solo: ma il fatto che dal 1619 non si era poi più compilata l' «egualanza» per un ventennio, unito ai pesanti alloggiamenti che si erano verificati nel frattempo, negli anni Venti e Trenta, in concomitanza con la seconda guerra del Monferrato, rendevano ancor più esplosiva la materia. La questione era infatti, ora, se compilare l' «egualanza» includendo ancora gli ``Interessati'', come nel 1619, oppure più realisticamente tener fuori questi ultimi e spalmare la compensazione solo sulle comunità, come sottolineavano nella congregazione di Confienza del 23 agosto del 1634 i deputati di Confienza, Robbio e Cilavegna, facendo notare che occorre togliere la «portione» degli ``Interessati'', «stando che detto credito non è liquido per le inhibitioni magistrali che obstano, et la dichiaratione fatta dal Sr. Oratore Sachetti à favore delli sig. ri Arconato e Torniello con la inteligenza che si debba finir tutto e finito che sarà quello si scoderà da detti SSRi ceda a benefitio universale di tutto il contado»1.96.

Una simile resistenza del ``corpo'' degli ``Interessati'' muta radicalmente l'opinione che «Il contado, da parte sua, tenuto conto che i beni civili erano stati affidati alla sua amministrazione, poteva sembrare la parte maggiormente avvantaggiata»1.97. Il tentativo era quindi quello, immediatamente seguente, di «haver fede dal Ragionato Caresana che li Interessati del Stato sono quotizati separatamente dalle loro Città e contadi»1.98; di renderli, dunque, un corpo sì separato dal contado ma sovralocale, ``provinciale'' quasi, in modo tale che se ne occupasse lo Stato e non restasse più ``adossato'' al contado per la compensazione dell' «egualanza». Tuttavia queste manovre non approdarono a nulla, dato che lo Stato aveva tutto l'interesse a lasciare al contado l'esazione di un tributo che esso stesso, vista la ``qualità'' delle famiglie in gioco, avrebbe avuto difficoltà a riscuotere.

Infatti alcuni dei maggiori ``Interessati'' in lite col contado, come i Crotti, erano stati già teoricamente condannati a pagare il loro debito, soprattutto grazie al sindaco, Felice Custodi1.99.

Quando nel 1639 veniva infine stilato un bilancio dell' «egualanza», e in realtà quando anche i giochi (che poi ricostruiremo) erano fatti, si era prodotta una situazione del genere, di per sé assai significativa1.100:

Tabella 1.7: Bilancio egualanza 1639. Valori espressi in lire imperiali
Debito Credito
Gambolò 27.507 Robbio 168.441
Nicorvo 3.355 Palestro 55.612
Cassolvecchio 17.471 Confienza 106.715
Cassolnovo 8.258 Gravalona 3.618
Villanova 12.937 Cilavegna 86.586
Signori Interessati 386.882 Vinzaglio 35.438
Totale 456.410 Totale 456.410

Era chiaro che, essendo gli ``Interessati'' esenti da alloggiamenti effettivi, ma non dall' «egualanza» (secondo una delle numerose aporie del sistema), si trovavano in quest'ultima unicamente in una posizione debitoria, un debito pari a oltre l'80% di quello complessivo: quello di tutte le altre comunità, sommato, ascendeva a sole 69.528 lire contro le 386.882 degli ``Interessati'': quest'ultimi infatti non alloggiando ma essendo ammessi alla compensazione si trovavano in carico la maggior parte dei risarcimenti per gli alloggiamenti.

Dall'altra parte troviamo come grandi creditori cinque comunità: Robbio, Palestro, Confienza, Vinzaglio e Cilavegna. Quattro di queste (Robbio, Palestro, Confienza, Vinzaglio) erano conosciute come «le terre al di là dell'Agogna» perché si trovavano tutte a ovest del corso del fiume. Esse erano anche geograficamente separate dal resto del contado, che risultava spaccato in due tronconi in mezzo a cui stavano i territori di alcune grosse comunità del Novarese (Vespolate, Borgo Lavezzaro, Terdobbiate) e della Lomellina (Albonese). Una simile disomogeneità era di ordine prettamente politico, e derivava dalla complessa operazione di formazione del Vigevanasco, nel 1532, quando se ne ritagliò il territorio con fatica dallo spazio circostante, allora facente capo al Principato di Pavia e al contado di Novara.

La fondazione era dovuta a Francesco Sforza II, l'ultimo sovrano degli Sforza, con un tale criterio che sin «da principio non s'usarono le regole, ne s'habbero i riguardi, con i quali si sogliono piantare le Città maggiori, ma con la sola mira al diletto, essendo stato scielto per luogo di ricreatione e riposo del Principe»1.101, come ci informa in un suo celebre memoriale Carlo Stefano Brambilla, archivista di Vigevano. Se pure le parole del Brambilla possono anche sembrare sospette, cercando di sminuire il ruolo della Città tanto da bollarla come luogo né «mercantile ne di concorso», è certo che la decisione del Principe di erigere a Città Vigevano era basata su un antico favore ducale verso la Città, nonché su un insieme di diritti e proprietà che il Duca manteneva entro il territorio cittadino (il castello; il diritto di caccia, e soprattutto la ``Sforzesca'', possessione che fu per tutta l'età tardo-medioevale e moderna un esempio di conduzione aziendale).

Da una parte, quindi, Vigevano mancava delle tipiche strutture cittadine e di una soddisfacente storia dei rapporti con le ``proprie'' campagne, verso cui i cittadini non si erano mai espansi, ma accontentandosi del territorio cittadino che era abbastanza vasto, ascendendo a 77.651 pertiche nel 16251.102. I maggiori proprietari terrieri del contado non erano così vigevanesi ma civiles nobili perlopiù di Milano e Novara. D'altra parte, invece, si costituiva un contado artificiale, senza particolari punti di contatto tra le varie terre, neppure dal punto di vista ecclesiastico dato che le terre appartenevano a differenti diocesi, o da quello dei rapporti commerciali. La stessa tipologia ``sociale'' dei ceti dominanti poteva essere l'ultimo degli elementi unificanti, con una mescolanza di comunità a fortissima prevalenza rurale (Gambolò) con altre dominate da nobili cittadini (Cassolnovo, Villanova) e altre ancora da grandi nobili di campagna (i Barbavara di Gravellona).

Ne seguivano, di conseguenza, accordi molto differenti del contado con gli ``Interessati'', cioè appunto i grandi proprietari civili di cui sopra. Sostanzialmente, ci furono accordi separati. Innanzitutto con i Marchesi di Caravaggio, grandi proprietari di Villanova, Cassolnovo e Cassolvecchio. Qui si decideva che i Marchesi pagassero separatamente dal contado per il «mensuale» (quindi con la Città), mentre avrebbero dovuto essere compresi nell' «egualanza» provinciale. Accordo singolare, che prevedeva la presenza in estimo delle tre comunità solo per quel che riguarda gli «huomeni», cioè i rurali, e, quindi, un metodo di riparto anche differente: non sulla base del reale ma del personale. Questo aveva sollevato varie proteste, innanzitutto contro l'adozione di un simile sistema, che finiva per impedire non solo una qualsiasi forma di tassazione del contado sui terreni civili1.103, ma persino una qualunque certificazione della proprietà1.104. Soprattutto, non pareva opportuno ad alcune comunità (cioè le più danneggiate dall' «egualanza», le «quattro terre» e Cilavegna) che Cassolnovo, Cassolvecchio e Villanova avessero un rappresentante ciascuno in congregazione, a fronte del criterio di ripartizione loro toccato, tanto più che in congregazione si discutevano in grossa parte proprio questioni fiscali che avevano come base l'estimo, cioè una tassazione sul ``reale''1.105. Senza contare che un simile accordo per il «mensuale» concedeva la possibilità ai Caravaggio di protestarsi esenti anche per l' «egualanza», una volta verificata la notevole consistenza di quest'ultima1.106.

Un accordo differente era stato raggiunto con i Crotti, grandi proprietari di Vinzaglio e Robbio. Qui si era stabilito che, per i carichi ordinari essi dovessero pagare con il contado, ma separatamente dalla comunità di appartenenza. Dunque essi facevano un ``corpo'' separato da Vinzaglio e Robbio, ma gestito fiscalmente dal contado. Se a livello di «mensuale» non erano sorti problemi, visto anche il suo ridursi, per l' «egualanza» si trascinò una lunghissima controversia, la cosiddetta «causa Crotta». Le ``liti'' in materia si succedettero costantemente, allargandosi anche ai successivi feudatari di Vinzaglio, i Borromeo1.107.

Diversamente, ancora, ci si era accordati col terzo grande ``Interessato'', cioè i Barbavara di Gravellona. Se in origine si trattava di un ``corpo'' separato dalla comunità ma gestito dal contado, come nel caso dei Crotti, nel 1622 si giunse alla decisione di incorporare i Barbavara entro la comunità di Gravellona1.108. A questo nuovo punto di vista aveva contribuito un atteggiamento verso il contado da parte dei Barbavara del tutto diverso da quello degli altri ``Interessati''. Se questi ultimi, in sostanza, si tenevano in disparte dagli affari del contado e anzi si chiudevano ermeticamente ad ogni sua iniziativa protestandosi estranei, un comportamento opposto seguivano i Barbavara, che invece si ingerirono fin da subito nelle politiche rurali1.109. L'inclusione dei Barbavara nell'estimo di Gravellona, avveniva nel 1621, quando si faceva notare ai Barbavara di non poterli più accettare in congregazione per non aver essi interessi «a pagar le gravezze» col contado1.110. Di fronte al rifiuto, essi ``ruralizzavano'' quindi i loro terreni l'anno seguente, sottoponendoli alla comunità. Una simile scelta aveva generato un vero e proprio paradosso, dato che toccava agli ufficiali della comunità riscuotere le gravezze dai Barbavara, pur essendo che «la maggior parte d'essi sig.ri Interessati sono feudatarij et patroni di detta terra di Gravalona»1.111. I ``padroni'' della maggior parte della terra, e di altre importanti strutture come forni e mulini, dovevano così sottostare ai funzionari comunali per l'aspetto più importante, quello fiscale. Fu quindi giocoforza tornare, dopo il 1634, alla situazione precedente, con i Barbavara presenti in estimo come ``corpo'' separato dalla comunità ma gestito fiscalmente dal contado.

Si era nel complesso prodotto un organismo, il contado, separato al suo interno sia geograficamente come socialmente e commercialmente, e che era per la Città come un territorio estraneo, su cui non poteva estendere un potere realmente unificante. Questi ``caratteri originari'' si ripercuotono e presentano tutti assieme negli anni Trenta del Seicento, favoriti dai cambiamenti strutturali del sistema fiscale e della stessa società. La separazione interna, geografica, provoca innanzitutto condizioni assai diverse in merito ai due grandi temi degli alloggiamenti e della riscossione forzata (cioè le «essecuzioni» personali «in solidum»), con le sette terre al di là dell'Agogna (Gambolò, Nicorvo, Gravellona, Cilavegna e in misura minore Cassolvecchio, Cassolnovo e Villanova) esposte alle esecuzioni ma non agli alloggiamenti1.112, e le altre quattro (Robbio, Vinzaglio, Confienza e Palestro) più aggravate di soldati per essere prossime ai confini, e meno alle esecuzioni per la lontananza della zona da Vigevano e la sua maggiore pericolosità1.113.

Da una parte, dunque, una ``sezione'' del contado vicina alla Città e a rischio di esecuzioni, e dall'altra, invece, la ``sezione'' a ovest dell'Agogna molto maggiormente ``alloggiata'' e, quindi, creditrice in «egualanza». Ma, appunto, tale credito non era liquido a causa degli ``Interessati'', e quindi, non esigibile. A fronte di una situazione così eterogenea fra le due ``sezioni'' della provincia, che era alle prese con la guerra e gli alloggiamenti ai confini, un pesante allargamento del debito e l' «egualanza» da compilare dopo più di dieci anni, le quattro terre avanzarono sostanzialmente due proposte. La prima, già accennata, riguardava una sostanziale razionalizzazione della compilazione, e cioè che «la portione delli sri Interessati si ritagliasse sopra tutto il contado con questo però che finita la lite [...] si riparta poi il credito recuperando da loro tra tutte le terre del contado alla rata dell'estimo1.114.

L'idea di dover escludere gli Interessati dall' «egualanza», per fare in modo che il credito delle quattro terre diventasse liquido, perché trasferito alle altre sette (le quali, contrariamente agli ``Interessati'', erano ``eseguibili'') non era però stata accolta da queste ultime. che avendo la maggioranza dei rappresentanti in congregazione continuava a votare per l'inclusione degli ``Interessati'', in modo tale da addossare le spese dell' «egualanza» solo alle quattro terre1.115.

L'altra proposta era invece di attuare una compensazione tra l'imposta ordinaria e l' «egualanza», cioè di effettuare una detrazione dei carichi ordinari dovuti dalle quattro terre direttamente dal credito che avevano nell' «egualanza». Ostava fortemente a questa ipotesi il fatto che l' «egualanza» non fosse stata ancora compilata dal 1619, mentre il sindaco Felice Custodi veniva accusato dai suoi antagonisti di «haver mandato fuori la detta imposta prima di haver mandato fuori l'Egualanza provinciale nella quale dette quattro terre dicono tenere tanto credito che sarebe bastato per sodisfar al debito dell'imposta»1.116.

Innestandosi su questi poli, il conflitto fino allora latente prese una sua dimensione politica, come scontro fra rappresentanze interne al contado. La costituzione in parte politica delle «quattro terre» si concretava in tre principali linee di azione e fondamenti della ``rappresentanza'', e cioè, per usare le parole di Gio. Antonio Cassini, il cancelliere, «che havessero maggior estimo del restante del contado, che havissero cassato detto Sindico Custodi dal Sindicato, e che dovesse esso sindico consegnar li libri dell'ugualanza alli detti agenti»1.117.

Innanzitutto l'estimo. I rappresentanti delle quattro terre avevano, in realtà, a questo riguardo una visione piuttosto articolata, ben più di quanto non possa sembrare procedendo a una mera somma dell'estimo delle quattro terre, che, come sottolineava il Custodi, era inferiore nettamente a quello delle altre sette1.118. Il punto di vista delle «quattro terre» sembrava paradossale: esse fondavano grossa parte della propria autolegittimazione su un principio che era palesemente, numeri alla mano, errato. Ma la questione, più complicata, aveva la sua genesi nei contrasti relativi all' «egualanza», in merito a cui secondo alcune ordinazioni del Magistrato Ordinario degli anni Venti non doveva valere il principio della votazione per numero di teste, ma quello appunto del ``maggior estimo''1.119.

La maggiore quota d'estimo si riferiva in origine non alle sole «quattro terre», ma alle terre «che più alloggiarono», cioè le quattro più Cilavegna e Gambolò. Secondo un simile computo l'estimo di queste sei sarebbe notevolmente superiore a quello delle altre, senza contare che le tre comunità ``civili'' infeudate alla Marchesa di Caravaggio dovevano secondo il Guazzi essere direttamente escluse dal calcolo in quanto «sono come cassinaggi»1.120. Questo senza contare che nel contado il voto per estimo era implicitamente ammesso in molte questioni, come nel 1631, quando per sostituire un rappresentante della congregazione ristretta Gio. Guglielmo Ravasino, deputato di Robbio faceva notare come «gli pareria cosa giusta e ragionevole che dilli quatro deputati del contado si elegesse una persona di Robbio per haver detta terra il secondo estimo»1.121. Un discorso che non rimase tale, visto che poco dopo Gio. Marco Grande, deputato di Confienza, veniva sostituito in favore dello stesso Ravasino 1.122.

Il sindaco Custodi travisava però questi elementi, sostenendo che la votazione secondo l'estimo era «pretensione impraticabile e non praticata in alcuna Congregatione, e per questo anco reietta dal Magistrato, e dal Senato»1.123, interpretando la ``pretensione'' come relativa a ciascun negozio, e non come metodo specifico dell' «egualanza».

Le quattro terre, tuttavia, sulla base del maggior estimo come metodo in «egualanza», però non rispettato, arrivarono a fare il passo decisivo, presentandosi come precisa parte politica, come ``corpo separato''1.124. In seguito, impugnavano l'imposta, formando un fronte delle alleanze piuttosto netto col Commissario Recalcati e col procuratore del contado a Milano Alessandro Maestri e «contro al governo del detto Custode hora senza nome, hora con nome supposto [...] elessero in sindico particolare il Guazzi, il quale hora pretende [...] che la revocatione delle quattro terre del Sindico General sia dichiarata efficace e valida»1.125, con il qual atto si ponevano esplicitamente come ``rappresentanza rurale'' autonoma e alternativa rispetto a quella solidificata attorno al sindaco Felice Custodi.

Da questo momento in avanti, il ``discorso'' delle rappresentanze si svolge da un lato in una continua opera di autolegittimazione (e delegittimazione dell'avversario), e dall'altro nel consolidamento di un fronte delle alleanze. Le sette terre avevano il loro principale esponente nel sindaco, Felice Custodi. L'accusa rivoltagli dal Guazzi, «che fosse più partiale dele sette che delle quattro»1.126 è in effetti ravvisabile nel fatto che favorì, di gran lunga, la «scossa» ordinaria rispetto a quella dell' «egualanza». In particolare, aveva dato mano alla compilazione dell' «egualanza», con l'aiuto di Gio. Antonio Cassini, già nel 16321.127, ma per tutto il tempo della ``lite'' col Guazzi e fino al 1639 essa non venne pubblicata. La richiesta di visione di tali conti da parte del Guazzi era stata pressante, ma senza risultati1.128.

Il Custodi rifiutava però la visione dei conti al Guazzi, passandoli invece al «contador della Real Revisione» e facendosi firmare delle fedi di ``buon governo'' da parte di alcuni esponenti del contado, due delle quali particolarmente importanti da parte di Gio. Antonio Cassini, cancelliere e ``ragionato'' del contado, e di Gio. Batta Remotto, visitatore generale nel 1635-36. Questo spaccato ci chiarisce il fronte di alleanze su cui si basava il Custodi. Felice Custodi era stato eletto sindaco del contado nella congregazione generale di Nicorvo del 5 gennaio del 1629, per morte di Gio. Stefano Ferrari, inizialmente per tre anni1.129. Tuttavia, rimarrà sindaco fino alla morte, nel 1674, quando gli subentrerà il Renoglio1.130.

L'alleanza più solida che il Custodi mostra di avere è quella con la parentela dei Cassini, famiglia rurale di notai di Gambolò, e per loro tramite con la comunità. Come bene aveva rilevato il Guazzi «il notaro che li fece dette fedi [sui conti, cioè il Cassini] è suo famigliarissimo, e si scorge notoriamente troppo affettato, e captioso in quelle»1.131. I membri della famiglia maggiormente implicati nelle ``cose'' del contado, e alleati col Custodi sono tre notai: Agostino, uno dei quattro deputati prima e procuratore a Vigevano poi; Gio. Antonio, che risulta il grande alleato in occasione della scissione interna del 1636-37, nonché cancelliere del contado; e Gio. Stefano, successore dalla metà del secolo in poi di Gio. Antonio nel ruolo di cancelliere. Gio. Antonio risulta un prezioso alleato del Custodi negli anni critici del 1636-37, sostenendo il sindaco con fedi, redazione di conti, ricapitolazioni per «contraddittioni»1.132. Assieme al sostegno dei Cassini, il Custodi può contare su due dei quattro deputati della congregazione ristretta: Gio. Maria Carnevale, di Gambolò e Gio. Batta Barbavara, confeudatario di Gravellona. La congregazione dei quattro appare spaccata perfettamente a metà con, da una parte, i due deputati di Gambolò e di Gravellona e, dall'altra, i due di Robbio (Gio. Guglielmo Ravasino) e di Palestro (Antonio Ghellero). Questi ultimi due, a partire dalla fine del '35 disertano le congregazioni, riconoscendosi solo nel ``corpo'' separato delle quattro terre capitanato dal Guazzi1.133. Il Custodi poteva dunque contare, internamente, oltre che su Gambolò, comunità col maggior estimo e che riforniva la provincia di svariati funzionari, sul grande ``Interessato'' più attivamente partecipe delle attività dei rurali, Gio. Batta Barbavara.

Dall'altra parte, invece, la coalizione di forze attorno al Guazzi poteva contare su Alessandro Maestri, procuratore del contado a Milano, ma che non avrà la forza necessaria per contrastare il Custodi presso gli organi del Centro1.134 e, soprattutto, sul Commissario, Gioanni Recalcato. Questi, secondo le parole del Custodi

mentre dovrebbe attendere a riscuotere li debiti camerali dalle terre creditrici [...] ha fatto una collusione solenne con quatro delle terre più aggravate di debiti del detto contado, che sono Palestro, Confienza, Robbio e Vinzaglio, gli agenti delle quali per non pagare il debito si fanno lecito ogni sorte di mala attione, e congiunti con detto Recalcato procurano di opprimere Felice Custodi sindico generale di detto contado1.135

Il commissario, una figura in genere non politica ma atta alla riscossione con mezzi militari o quasi-militari, diventa qui un importante polo del conflitto politico. Il Recalcati si trova a essere commissario in un periodo assai duro, pochi anni dopo il contagio e con la guerra alle porte, con le «quattro terre» costantemente alloggiate, e senza più ormai beni di valore1.136. Il Recalcati invocava allora il ventesimo ``Capitolo'' del contratto di ``scossa'', che prevedeva la nullità della stessa in caso di guerra guerreggiata, presa di posizione però rifiutata dal Custodi: secondo la spiegazione fornita da quest'ultimo, essendo il Recalcato quindi costretto al pagamento faceva «collusione manifesta» con Alessandro Maestri, Antonio Ghelleri, Gugliermo Ravasino, Cesare Paleari e Giulio Guazzi «preteso procuratore di Palestro, Robbio, Confienza e Vinzalio»1.137. Il nocciolo del ``rifiuto'' del Custodi è costruito attorno a quella che deve essere, secondo lui, la ``natura'' del commissario, ovvero di non fermarsi di fronte alle «appellattioni» delle terre:

e però se in questa matteria si admettono liti, formali, processi, appellationi, e se non si procede esecutivamente e sommariamente tutta quella puoca sostanza delle povere terre avanzata dalle guerre si andera consumando in spese con l'ultima rovina loro, e senza utile dei creditori1.138

Quindi, ``scansare le liti'' e procedere per via esecutiva. Il Recalcati fa l'esatto opposto, associandosi invece ad una parte politica, le «quattro terre», e indirizzando artatamente alcune esecuzioni su Gambolò, subito identificato come il maggior rivale, il sostenitore delle politiche del sindaco1.139. Sempre sfruttando l'arma delle esecuzioni contro le «quattro terre», inoltre, già nel 1635 il Custodi conduceva un'ampia manovra «contra quelle terre sole, che l'hanno cassato da detto Sindicato», facendo in modo che Stefano Cadolini, creditore per presidi, dirigesse la sua esecuzione contro di esse, e «habbi mandato una mano de' soldati alle sodette terre sole, facendo ivi alla peggio, e con ordine che non partino se non è seguita la sodisfattione, ma dicono gli agenti di dette Communità che questa è un'oppressione manifesta»1.140.

Si ha, poi, un'azione speculare, da entrambe le parti, di delegittimazione, consistente nel tentativo di spezzare il legame fra rappresentanza e rappresentati. Nella fase finale della causa il Custodi nega, una volta ancora, come il Guazzi possa essere «procuratore spetiale delle sodette terre», perché due di queste gli avrebbero ritirato il mandato. Non solo: ma non esiste, sostiene, in una simile materia, un ``tacito rinnovo'': occorre, di volta in volta, presentare la propria procura:

e per tutte tacitamente si presume estinta, ogni volta, che non l'habbiano rinovata, che non si crede, et in ogni caso si doverà esibire perche in questa materia la principal cosa consiste in legitimar la persona del Actore1.141

Possiamo vedere all'opera questa sorta di rasoio di Ockham da parte del sindaco in occasione anche della risposta a un precedente memoriale del notaio Dell'Acqua che non lo riconosceva al sindacato. Il Custodi agisce a due livelli: negando che sia stato presentato un ordine espresso al Dell'Acqua da parte dei consoli; e, in caso contrario, sostenendo che gli stessi consoli sono da punire perché «bisogna necessariamente credere che le Communità siano state ingannate in fatti et in ragione». Oltre che nei fatti, falsi, anche in ragione «perchè le sodette quattro terre non posino fare corpo separato dalle altre nel contado»1.142. Si arrivava quindi al nocciolo della questione: la negazione della rappresentanza, che, se in qualche modo ammessa, avrebbe formato un «corpo separato» dal punto di vista politico e, quindi, anche fiscale. Il Custodi contesta la capacità dei suoi avversari di farsi legittimare dalla base (la comunità), e in tal modo, come egli stesso afferma, tiene «più tosto risposta criminale che civile» dato che giudica dell'illegalità dell'atto di rappresentarsi senza ``consenso'' e non del merito delle richieste altrui.

Una prospettiva analoga aveva animato il Recalcati quando procedeva nel senso di «far studiare se si poteva procedere criminalmente contro al Sindico per poter venir alla difinitione di tal negotio, perche con questa strada pensa il Recalcato far cessare il civile»1.143. Il commissario tentava infatti di far giudicare la materia non dai tribunali fiscali ma dal Capitano di Giustizia di Milano1.144. Ma il Custodi interveniva subito, conscio del pericolo che una simile linea di azione poteva comportare scrivendo vari memoriali assieme a uno dei migliori avvocati del contado, il Dugnano, «aciò il capitano di giustitia non s'intromettesse in alcune cause pendenti nanti al Magistrato contro detto Recalcato»1.145. Il tentativo del Recalcato e del Guazzi non era quindi andato a buon fine, e il Custodi poteva ben definirsi, più tardi, «in quieto e legitimo possesso del detto Sindicato conosciuto e approbato per tale da tutti li Tribunali e altri trattanti negotij per detto contado, ò con detto contado senza alcuna oppositione, o contradittione, come è notorio»1.146.

Tribunali che, invece, avevano finito per non riconoscere proprio il Guazzi: quelli fiscali (il Magistrato Ordinario) in seguito alle fedi e ai conti firmati dal Cassini e dal Remotto; quelli ``criminali'' perché il Custodi aveva anticipato l'azione del Guazzi, scindendo poi il nesso che la legava alla ``fonte'' della legittimazione, le comunità, in modo tale che non ci fosse più ``rappresentanza'' e, quindi, ``corpo separato''. In questo, pare che i Tribunali centrali si fossero limitati a essere una cassa di risonanza dell'azione interna, senza, in un certo senso, ``imporsi'' ma aspettando i risultati dell'elaborazione locale. Il Magistrato Ordinario è, nel corso della vicenda, solitamente silente; si limita solo a ordinare, nel 1636, i conti del contado, dopo che la scissione era già avvenuta e le sue ``nervature'' presenti da diversi decenni. Per il resto, si presenta come istanza decisoria e polo di riferimento agli occhi delle parti, ma per proprio conto non ordina inchieste, non manda funzionari sul posto e, insomma, influenza e partecipa alla vita locale frantumata in misura minima. Il Centro accetta, dunque, il gioco delle parti, tanto che col suo attendismo fa prolungare la scissione fino al suo estremo, alla costituzione in parte politica delle «quattro terre», e si ha l'impressione che sia anche disposto ad accettare un simile risultato se non ci fosse, di mezzo, «la sagacità e potenza di detto Custode»1.147.

E' il Custodi infatti a far accettare al Centro il proprio punto di vista e a mostrargli come tale scissione in seno al contado sarebbe stata rovinosa per il sistema, sconvolgendo le regole della rappresentanza (la congregazione) e impedendo il governo (identificato nel potere esecutivo, decisorio, di un unico sindaco):

E se fosse in libertà delle terre particolari alterare, e revocare li stabilimenti della Congregatione Generale, quella Congregatione servirebbe di vento, e sarebbero superflue le regole, che nella elettione de officiali habbiano da intervenire la maggior parte di tutta la Congregatione [...] Ma quello che più importa [...] persistendo le quattro terre nella elettione del suo preteso Sindico, e per consequenza nella revocatione del Sindico Custode, e persistendo le altre sette nella elettione del detto Custode restarebbe il contado di Vigevano senza Sindico Generale, e per il generale servirebbero due particolari dal quale non si deve recedere.1.148


next up previous contents
Next: La comunità di Gambolò Up: Il Contado Previous: La garanzia del debito:   Indice
2005-06-27