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Tomahawk
di Wu Ming 1, Wu Ming 2 e Wu
Ming 4
-1-
- A m'arcmand, pôc pugnàtt! -
disse Mr. Fantastic mentre varcavamo il portone di via Milza
9, sede del gruppo editoriale Il Sarchiapone (trimurti composta
dal Sarchiapone medesimo, da Mario Maratea Editore e da Fràciche
Editrice).
Era un giorno di fine estate. Noi Cinque, scrittori ormai affermati
dopo il successo di "Uh?", ci recavamo all'incontro
con Maratea. In testa, tanti dubbi e una proposta.
Ma com'era cominciato tutto?
Qualche mese prima, per uno scherzo del caso, avevamo conosciuto
Valente Ravaleo Jr., sanguigno romagnolo plurisessantenne, reduce
della guerra d'indipendenza di Capo Verde (conclusasi nel 1975
con la fine del dominio coloniale portoghese). Ravaleo era un
guerrigliero con una bella storia da raccontare, e noi volevamo
raccontarla mescolando memorialistica e fiction. Un'operazione
fortemente politica. "Chi potrebbe pubblicarla, a parte
Mario Maratea?", c'eravamo chiesti senza trovare risposte.
Quest'ultimo, spregiudicato editore, pubblicava una folla di
romanzieri catalani di sinistra (tra cui "La banda dei
Ferdi": Ferdi L. Punyatt, Ferdi Bouquin e Ferdi Graugne).
Da giovane aveva militato in un gruppo politico devoto a Eric
Honecker, tetro presidente della RDT. In seguito s'era affermato
come scopritore di talenti presso grosse case editrici, poi
era entrato come socio nel Sarchiapone, nel frattempo finito
in mano ai tre gemelli Granaglia, noti dilapidatori di eredità
e protagonisti delle cronache mondane. Affetti da rinite acuta,
aggiungevano i più maliziosi.
Il nostro agente, il temuto Heriberto Cienfuegos, ci aveva messi
in guardia:
- Compadres, l'unico editore buono è quello morto. Maratea
è come tutti gli altri se non peggio, in più è
un ex-agente della Stasi. Nel '75 ha trascorso un'intera vacanza-studio
sul Muro, fucilando chi cercava di passare all'Ovest. Si comporta
allo stesso modo coi libri e gli scrittori.
Poi ci aveva raccontato un aneddoto:
- Un mio autore ha rotto con lui per un'orrida copertina appioppata
a un suo romanzo: un gambero con in testa un cappello a cilindro,
e l'Himalaya sullo sfondo. E il romanzo parlava di una grande
truffa bancaria! Siccome il contratto prevedeva il diritto di
veto da parte mia e dell'autore, gli ho detto che quella copertina
poteva arrotolarla e poi...
- Ma che c'entrava il crostaceo? Come ha giustificato la scelta?
- Ho proprio qui il suo fax di allora.
Ne leggemmo uno stralcio:
<<[...] Sono amareggiato e deluso nel
constatare che sei una faccia di merda. Ci vuole un pirla come
te per non capire cosa vuole comunicare il mio Ufficio Grafico:
il gambero rappresenta l'andare indietro, l'Himalaya e il cilindro
sono il desiderio d'innalzarsi, l'orizzonte è l'altrove
da raggiungere, e tutto questo rimanda simbolicamente agli spostamenti
di capitale. O qualcosa del genere. Solo uno stronzo potrebbe
non essere d'accordo. Tu sei uno stronzo? Evidentemente sì,
e ti assicuro che lo scrivo a malincuore, perché questa
è anche una mia sconfitta, avrei dovuto capirlo prima.
Ma del resto io e te non si è mai legato molto, e non
certo per colpa mia: tra noi due c'è uno che non capisce
un cazzo, e non si tratta di me. Che tristezza. Non mi sarei
mai aspettato una simile pugnalata nella schiena. Sei un deficiente
integrale. Non t'immagini con quale rammarico te lo scrivo.
Vaffanculo. Sporco maiale. Io ti rovino. E' un vero peccato
[...] Firmato: Maratea.>>
- Ho giurato a me stesso che non gli avrei
mai più rivolto la parola, impegno che mantengo da ben
dodici anni.
Però Cienfuegos non aveva saputo indicarci un editore
per un'opera oltranzista come quella che avevamo in mente, una
non-fiction novel anti-imperialista che affondasse le mani nel
ventre della Storia per tirarne fuori manciate di vermi.
L'intenzione era scriverla in "tu narrante" coniugato
al futuro anteriore, tipo: "Nel frattempo tu sarai stato
a Capo Verde e, con quella baionetta che ti piace tanto, avrai
fatto carne di porco di chiunque ti si sarà parato innanzi..."
Il tutto condito con bestemmie (l'incipit era già deciso:
"Madonna volpe inseguita da cento Dio Cani!!!") e
spezzato da intere pagine di dialoghi in dialetto ravennate.
Titolo di lavoro: "Tomahawk".
Il nostro editore, Heynoughty, era troppo serio e compassato
per dare alle stampe una cosa del genere. Ci voleva un occhio
di falco per intravederne il potenziale commerciale. Tuttavia,
Noi Cinque eravamo sicuri che i lettori di "Uh?" si
sarebbero precipitati a comprarlo.
Qualche sera dopo avevamo incontrato Maratea a un cocktail party
letterario in cui c'eravamo infiltrati tramortendo i vivandieri
e indossandone le divise. Lo spregiudicato editore ci aveva
colti sul fatto mentre orinavamo all'unisono nel punch, prima
di portarlo in tavola.
- Uè, pirloni, e voi chi cazzo siete? - ci aveva chiesto.
- Ehm... Siamo gli autori di "Uh?" - avevamo risposto
noi.
Aveva la panza enfia d'alcol. Siliconata, pareva. Occhio sporgente
e vitreo, nemmeno una venuzza che non fosse esplosa. Capelli
grigi arruffati e una sinistra somiglianza con Cherubino Monatti,
presidente dell'Ambrosiana Calcio. Rinfoderando gli arnesi nei
calzoni, ci togliemmo dall'imbarazzo improvvisando che sì,
proprio lui volevamo incontrare, per sottoporgli un progetto.
Nel corso della serata, gliel'avevamo esposto a grandi linee,
mentre lui berciava apprezzamenti. Datoci il biglietto da visita
aveva concluso:
- Telefonate alla mia segretaria e fissate un appuntamento.
A proposito, chi è il vostro agente?
- Ehm... Heriberto Cienfuegos.
- Ah, sì? Ma lo sapete che con me non ci parla, quel
bauscia? Solo perché gli avevo mandato un fax, peraltro
molto accomodante e interlocutorio...
L'entrata dei gemelli Granaglia con un seguito di discinte nigeriane
ci aveva fornito il diversivo per squagliarcela. Incontro interessante,
però. Ne avevamo chiacchierato un po':
- Non so, a me sembra un etilista all'ultimo stadio.
- Però ha espresso curiosità, cosa che un altro
editore non farebbe mai e poi mai, nemmeno da sbronzo.
Il commento di Cienfuegos era stato:
- Compadres, io faccio come volete voi. Se davvero Maratea è
disposto a pubblicare un libro folle come il vostro, fissate
questo appuntamento. Alternative non ce n'è. Non appena
si comincia a parlare di pecunia subentro io, e stavolta, se
non rispetta ogni virgola del contratto, troverò il modo
di infliggergli dolore fisico. Però vi ho avvisati.
Ravaleo aveva accolto la notizia con perplessità:
- Putana d'na madona, mo cosa mi dite? Siete stati a una festa
piena di pezzi di figa, montagne di figa africana, con tutta
quella carne e quelle coscione gigantesche, e non mi avete chiamato
anche me che a Capo Verde ne ho battezzate centinaia? Dio boia,
qui non ci siamo mica capiti! Siamo o non siamo una squadra?
- Valente, non è questo il punto. Ti abbiamo raccontato
questa storia perché Maratea sembra interessato alla
tua vicenda e al nostro progetto.
- Mo ‘sto Maratea è un compagno sì o no?
- Ehm... Più o meno. E c'ha la pilla. Di sicuro il nostro
agente Cienfuegos può farti guadagnare più di
quello che prendi con la minima dell'INPS.
Che è o che non è, s'era fissato un appuntamento.
Giunti in via Milza, sulle scale incontrammo un giovanotto robusto
con un giaccone blu. Scendeva imprecante con le mani affondate
nelle tasche, e ripeteva:
- Mai più, cazzo. Mai più. Dovevo licenziarmi
molto prima. Mi risparmiavo d'ingurgitare libbre e libbre di
merda, e m'allungavo la vita di qualche anno. Mai più.
- Lavurér qué l'a da èser cunpâgn
a cavèr la gramaggna coi dént. - commentò
Mr. Fantastic.
Non certo di buon auspicio. Ci fermammo perplessi.
- Oh, massimo massimo gli ‘guriamo un cancro e avremo
perso una mezz'ora. - fu l'unanime conclusione.
Bussammo alla porta. Ci aprì un tremolante vecchietto
in divisa da Waffen-SS. Al nostro legittimo trasalire, trasalì
anch'egli, si buttò una mano al cuore, divenne cianotico,
rantolò qualcosa d'incomprensibile e, caduto, rese l'anima.
- Porco dio! Mo chi cazzo è lui qua? - Fu la prima frase
che pronunciai nella sede de Il Sarchiapone. Arrivò una
segretaria: - Oh, non preoccupatevi. E' Sergio Livornò,
reduce della Repubblica di Salò. Ha appena consegnato
il manoscritto delle sue memorie, che Il Sarchiapone pubblicherà
nella sua collana "Molotov-Ribbentropp". Voi siete
i Senza Nome, immagino.
- Sì, Noi Cinque.
- Accomodatevi pure, Mario Maratea vi riceverà tra pochissimo.
- 2 -
Dietro la scrivania di Maratea c'erano i ritratti
di Iosif Stalin e Armando Cossutta. Al lato c'era Alessandro
Cecchi Paone, sorridentissimo. Rimanemmo attòniti, prima
di renderci conto trattarsi di una sagoma life-size di cartone
pubblicizzante la raccolta de "La Marcia del Tonto",
nota trasmissione in cui squadre di ritardati mentali venivano
fatte scontrare a gironi, per il sollazzo dei borghesi per bene.
Avevo sempre ritenuto il programma roba da nazisti alla dott.
Mengele, e mi stupii di trovare il Cecchi Paone a figura intera
in quello studio. Ma tant'è, del resto il nostro ingresso
in casa editrice era stato salutato dallo schiatto in diretta
di un fascistone come Livornò (cazzo, neanche il tempo
di stupirsi che fosse ancora vivo, e già ci era crepato
davanti!).
- Avanti, avanti! - ci accolse Maratea, tossendo e scatarrando,
rovesciando la cenere della sigaretta nel bicchiere di whisky
e ribaltandolo, così che quello allagasse la moquette
e raggiungesse il calorifero, si incendiasse, e lui lo spegnesse
rovesciandogli sopra il posacenere e pestando col piede.
Tutto questo riuscendo intanto a stringere le nostre cinque
mani e a baciarci tutti su ambo le guance.
- Ma non eravate quattro? - chiese, quando ci fummo seduti in
mezzo al puzzo di alcol bruciato e cenere.
- Si è aggiunto l'Uomo Ragno - risposi indicando il nostro
socio.
- Ah, bene, bene. E questo Ravaleo, dov'è? Non sarà
un'altra delle vostre burle?
- No. E' qui di sotto in macchina.
- E perché non lo fate salire?
- Monta di guardia. La macchina è sua e dice che di lasciarla
per strada non si fida in una città piena di terroni
come questa.
- Ma potevate dirlo! C'è un garage qui poco distante,
su, coraggio, scendiamo, così recuperiamo il Ravaleo
e andiamo a mangiare tutti insieme.
E via pacche sulle spalle, e buffetti, e finte al basso ventre,
al punto che giungemmo in corridoio tutti e cinque con le mani
sui maroni e l'aria circospetta.
Dopo l'ammazzacaffé Valente si tolse
la P38 dalla fondina ascellare, perché gli dava fastidio,
e l'appoggiò sul tavolo. Sfilò anche il coltello
da caccia dalla cintura e si decise finalmente ad appendere
le bandoliere di proiettili all'attaccapanni alle sue spalle.
Così riuscì a rilassarsi.
La prima domanda che l'Uomo Invisibile lasciò cadere
sulla mesa, fu quella prestabilita: - Ma perché il tuo
socio Zoratzkij non è venuto a pranzo?
Maratea si esibì in un'espressione contrita: - Purtroppo
il rinnegato Zoratzkij si è rivelato un agente al servizio
della concorrenza, si è lasciato comprare da una casa
editrice di destra, dimostrando così una degradazione
morale di cui non potevo sospettare. Mi dicono che sia fuggito
in un paese della Brianza. E forse da là, cercherà
ancora di tramare contro la mia casa editrice. Ma non preoccupatevi:
siamo vigili e attenti.
- Sòccmel! - commentò Mr. Fantastic a nome di
tutti noi.
Era un brutto colpo. Avevamo sentito parlare di Pavel Zoratzkij
come di un bravo professionista: uno che riusciva contemporaneamente
a corteggiare una bella donna, tradurre in simultanea dallo
spagnolo e parlare al telefono con Caracas. E tutto questo senza
perdere un briciolo di savoir faire. Non avremmo mai sospettato
una cosa del genere.
- Eh, sapete, gli editori coraggiosi e spregiudicati come me
sono molto odiati dai grandi mafiosi dell'editoria. Fanno di
tutto per mettermi i bastoni tra le ruote. Ma noi possiamo essere
amici, tra compagni ci si intende. Se non avete programmi particolari
per i prossimi vent'anni, penso che potremmo fare parecchie
cose insieme. Ahr! Ahr! Ahr!
- Ehm... - intervenne la Cosa - ma se Zoratzkij non c'è
più, chi hai adesso come ufficio stampa?
- Avevo preso un giovanotto, un certo Paulo Benço. Sembrava
in gamba, ma poi ho scoperto che era un subdolo agente sionista,
lavorava per il Mossad, lo Shin Beth o qualcosa del genere.
Stava organizzando qualcosa alle mie spalle, ma l'ho cacciato
via prima che passasse all'azione!
- Ah. E chi ha preso il suo posto?
- Il meglio sulla piazza: Amanda Pitali.
- E chi sarebbe?
- Il miglior ufficio stampa d'Italia: se ti faccio i nomi di
alcuni dei clienti che ha in carico ti caghi addosso... - Maratea
contò sulle dita: - Chantal Menard, la Donna Cinghiale,
Topo Gigio, Claudio Baglioni e il poeta Brunello Robertetti!
Oggi pomeriggio dovete conoscerla assolutamente.
La sua fiducia e il suo entusiasmo erano travolgenti.
Il pranzo fu offerto dai gemelli Granaglia in forma di carta
di credito.
Ci avviammo all'incontro con Amanda Pitali. Il vino che avevo
in corpo era sufficiente a farmi rivolgere domande importune:
- Senti, Mario... Chi era il tizio che abbiamo incrociato sulle
scale, uno che s'era appena licenziato...
Maratea si girò di scatto, i capelli dritti e lo sputazzo
a innaffiagiardino: - Chi, quel traditore scansafatiche? Ai
miei tempi l'avrei fatto fucil... ehm, cioè, insomma,
cosa vi ha raccontato? Sono tutte balle! Tutte cazzate, non
lo dovete ascoltare!
- Ma... Non ci ha detto proprio niente. Smadonnava tra sé
e sé.
- Non vi immaginate che delusione! Sembrava un ragazzo promettente,
poi si rivela un infiltrato nemico. Una pugnalata alla schiena.
Lavorava per conto di Ottaviano Trappista, lo conoscete, no?
Non sarete mica amici suoi?! Chi è suo amico è
mio nemico!
Ottaviano Trappista era un autore di polizieschi, ex-militante
dei Collettivi Armati per il Comunismo - Commando Hegeliano
Europeo (CACCHE: acronimo infelice), fuggito in Quebec nell'81
dopo una spettacolare evasione dal carcere speciale di Alcatrace
degli Abruzzi. Non indagammo i motivi per cui Maratea lo odiava,
né chiedemmo particolari sul presunto tradimento del
"ragazzo promettente".
Mentre Maratea parlava con l'Uomo Invisibile e la Cosa, Valente
mi bisbigliò all'orecchio:
- Mo com'è che a sentirlo, lui qui c'ha tutti ‘sti
nemici che lo infiltrano?
- Boh! Però il libro gli interessa...
- Ah beh, sì, il libro gli interessa... essa... essa...
Non mi sentivo molto lucido. Avevo le gambe pesanti e la saliva
rovente. Che qualcuno avesse messo qualcosa nel mio vino? Che
pensiero ridicolo, mezz'ora con Maratea mi aveva già
reso paranoico? Dopo un po' cominciai a vedere doppio: due Maratea,
due Valente, quattro gambe che mi trasportavano a fatica, due
Mr. Fantastic che dicevano:
- An capéss pió un azidóll... Ai ò
un prilån...
E due Uomini Invisibili che gli urlavano:
- Chi siete voi due? Che lingua parlate? Siete agenti nemici,
vero, razza di bastardi??!
I due Valente puntavano la P38 in tutte le direzioni, senza
mai puntarsela l'uno addosso all'altro.
I due Marii Maratea sghignazzavano: "Ahr! Ahr! Ahr! Ahr!
Ahr!"
Dell'incontro con Amanda Pitali non avrei ricordato nulla. Esisteva
davvero?. E chi cazzo era la Donna Cinghiale?
Quando mi risvegliai, eravamo sull'autostrada. Valente guidava
scancherando contro i camionisti. Tutti gli altri dormivano
sul sedile posteriore.
- Cos'è successo? Dove siamo?
- Torniamo a casa. Persona interessante, Maratea! Ci siamo voluti
bene subito. Abbiamo parlato a lungo. Adesso non mi ricordo
bene quello che abbiamo detto, però gli interessa la
mia storia.
Che cazzo di mal di testa... Ricordi confusi... "Ahr! Ahr!
Ahr! Ahr! Ahr!"
- Già, gli interessa la tua storia... Dove siamo?
- Tra Longobardia ed Etruria.
- Gira a sinistra dopo quei dolmen. Andiamo da Cienfuegos.
Entrando nella tenuta del nostro agente, travolgemmo un gregge
e il suo pastore. Valente tirò il freno a mano ed eseguì
un impeccabile testacoda. Le portiere posteriori si spalancarono
e l'Uomo Invisibile fu sbalzato in mezzo alle pecore. Risveglio
brusco. Valente si gettò fuori, rotolò per terra
fino a un cespuglio, poi si sporse puntando un'Uzi contro il
pastore. Ma non era il pastore.
- Fermati Valente! Tranquillo! E' il nostro agente!
Cienfuegos, in tenuta da trekking, ci squadrò uno dopo
l'altro:
- Compadres, vi vedo intossicati. E' evidente che siete stati
da Maratea. Com'è andato l'incontro?
- Questa sì è una buona domanda. Però la
storia gli interessa.
- Già, la storia gli interessa - ripeterono tutti.
Che cazzo di mal di testa, però.
-3-
Nonostante il voto del silenzio, Cienfuegos
condusse le trattative in modo brillante, fino a strappare un
buon contratto. Poco prima della firma, Maratea ci telefonò
e, in viva voce, fece il seguente annuncio:
- Non dovete preoccuparvi di niente. Per questo libro mi spenderò
io personalmente.
Lo stesso promise a Ravaleo Jr.
Attaccammo a scrivere "Tomahawk", sbobinando conversazioni-fiume
con Valente. La stesura durò dieci mesi, e a giugno consegnammo.
L'uscita era prevista per settembre nella collana "Le Bronze".
Dopo qualche giorno ci arrivò l'impaginato da correggere,
con allegata la prova di copertina. Telefonammo immediatamente
a Cienfuegos:
- Sì, cazzo, un granchio. No, non è una foto,
è un disegno. Bianco e nero. No, non c'è niente
sullo sfondo. Sì, c'è scritto: "Senza Nome
e Valente Ravaleo Jr. - Tomahawk - romanzo." Poi c'è
‘sta minchia di granchio, e una frase: "Un romagnolo
agli ordini del Capo Verde"! Come se ‘sto Capo Verde
fosse una persona invece che un arcipelago! E che c'entra il
crostaceo? Cos'è, fissato coi crostacei? Sì, per
favore. Mandagli un'e-mail incazzata. Facci sapere. Grazie mille.
Hasta la victoria siempre!
Agganciai la cornetta e confiscai la mazza da baseball all'Uomo
Invisibile, pompierando in maniera vergognosa, dicendo che era
ancora troppo presto per uno scazzo, che potevamo proporre noi
una copertina, che tutto si sarebbe chiarito...
I fatti mi diedero ragione. Dopo lungo questionare, grazie alla
tenacia di Mastino Cienfuegos, la querelle si risolse in nostro
favore. Il granchio sprofondò nella fogna da cui era
venuto e Wonder Woman realizzò per noi un'immagine strepitosa,
ottenuta dall'intreccio tra antichi tatuaggi di indigeni capoverdiani
e la mappa stradale del paesino natale di Valente. Inviammo
il tutto all'attenzione del dottor Sbandieratori, boss dell'Ufficio
Grafico con sede a Davao, Filippine, che produceva le copertine
per Maratea. Il suddetto, ideatore del famoso granchio ("perché
Valente è duro fuori ma tenero dentro, come un crostaceo"),
tentò fin da subito di boicottarci con ogni mezzo. Arrivò
persino a sostenere che un'iguana si era mangiata il nostro
file, pur di non darci soddisfazione. Alla fine, dovette cedere.
Tomahawk fece la sua comparsa in libreria. I sospetti sull'inesistenza
di Amanda Pitali si rafforzarono, visti i brillanti risultati
ottenuti dal suo ufficio stampa: una segnalazione su "La
Cucina Italiana" e un trafiletto per "Quattroruote".
Maratea cercò in tutti i modi di tranquillizzarci, evocando
lo spirito della donna nel corso di una seduta mediatica.
- Cazzo, ragazzi, non sentite? - insisteva battendo con le nocche
sotto il tavolo - Amanda è il miglior ufficio stampa
d'Italia, che v'avevo detto?
Provai a trattenere Mr. Fantastic, ma fu tutto inutile. -Di'
bän sò, fantèsma, - esclamò ad un
tratto - l'èt mai ciapè in dal cul?
Senza ufficio stampa, l'unica speranza di vendere "Tomahawk"
era il commercio porta a porta o, con nome più pretenzioso,
il tour di presentazioni. Moltissime librerie, centri sociali,
biblioteche, condominii, associazioni rionali e di difesa della
Foca Monaca ci avevano contattato. Tracciammo al Maratea un
rapido quadro delle quasi 30 date che ci attendevano e lui,
per tutta risposta, si rabbuiò:
- D'accordo ragazzi, bravi, va bene tutto. Però dovete
lasciare un po' di spazio anche per me, checcazzo, ci sono posti
dove sarei molto contento di farvi andare. Ad esempio Reggio
Emilia, il 9 di questo mese, e poi Chialamberto di Groscavallo,
dal maestro Brahmacara...
L'Uomo Invisibile consultò l'agenda: - Per il 9 ci sarebbe
già un altro impegno a Rimini, non si potrebbe...
- Uè, ragazzi, allora cosa parlo a fare? Si sposta Rimini
e tanti saluti. Questa di Reggio è una data fon-da-men-ta-le.
Per i Ferdi, due anni fa, c'era il pienone, teatro stracolmo,
quasi trecento persone.
E allora? Vuoi fare uno sgarbo così al coraggioso editore
di "Tomahawk"? Giammai! E già che eravamo lì,
accettammo pure Chialamberto, dove Manuel Tromberrey, in concomitanza
con la Festa del Bue Muschiato, aveva richiamato folle oceaniche.
Alla serata di Reggio parteciparono sì e no dieci persone,
quei pochi ardimentosi che, muniti di bussola, sestante, astrolabio
e cannuccia per bere dalle pozzanghere, riuscirono a trovare
l'entrata del famoso Teatro Sùcale. Fa niente, una serata
storta può sempre capitare. Ci ritirammo in buon ordine
mentre Mr.Fantastic ci deliziava con le sue classiche battute
su Entro Modena Esco Modena, Entro Reggio EscoReggio....
Per raggiungere Groscavallo di Chialamberto ( e non viceversa)
ci toccò tagliare la nebbia col collo e fendere la neve
con le ghette al ginocchio. Trainati da un camion di mangimi
animali che aveva perso l'imboccatura del Frejus, riuscimmo
ad inerpicarci fino ai 1100 metri di quota del monastero lamaista
tibetano di Brahmacara, uomo molto gioviale e pieno di iniziativa,
nonostante l'isolamento forzato. Il suo teatro 88, ci spiegò,
era un punto d'incontro per le anime assetate di cultura nelle
valli tra il Soana e la Stura. Purtroppo, neve e nebbia congiurarono
contro di noi. Raggiunsero Groscavallo solo tre uomini e uno
yeti. La cena a base di bucce di tofu, alghe e castagne d'acqua
si rivelò tuttavia una vera delizia. Lo yeti, una persona
squisita. Sfuggendo le dita ossute della morte, facemmo ritorno
a casa alle prime ore del mattino.
Per fortuna, gli altri incontri ebbero molto più successo
e, dopo tre mesi dall'uscita, raggiungemmo il traguardo delle
venti presentazioni. Il libro vendette 20.000 copie, andò
in ristampa, le cose sembrarono mettersi per il meglio.
Nel frattempo, Maratea non aveva ancora organizzato uno straccio
di presentazione nella sua città, Milano.
- Strano - commentò la Cosa mentre puntavamo verso la
libreria "Unisci i puntini numerati" di Lucca - Di
solito Milano è una di quelle date che fanno tutti, non
la si rifiuta a nessuno, come mai Maratea ha tante difficoltà?
- Io me lo ricordo bene - aggiunse Valente - Ha detto che si
sarebbe speso personalmente. Adesso cos'è che fa, tira
il culo indietro?
- Beh, sai - gli risposi - devi tenere conto che quella città
è peggio della Cambogia, e Maratea non fa che litigare
a destra e a sinistra quindi...
- Quindi un cazzo - si agitò l'Invisibile - Diamo via
libera a quelli dell'Hulk e smettiamola di aspettare i comodi
di Maratea.
La mozione invisibile fu approvata all'unanimità. Valente
espresse la sua preferenza con un sonoro boia-ad-dio! ed evitò
per un pelo il rimorchio di un'autocisterna. Guidava sempre
lui, sennò gli veniva il mal d'auto.
Hulk, uno dei Centri Sociali più scalcagnati d'Italia,
si era fatto avanti subito, e con vero entusiasmo, per organizzare
la presentazione di "Tomahawk". Problema: Maratea
non li poteva sopportare, due simpatizzanti del posto avevano
lavorato per lui ed erano stati licenziati in tronco e, non
da ultimo, uno dei leader era amico di vecchia data del barbiere
del lattaio che si scopava la moglie di un collega di Maratea
ai tempi della Stasi. Per non urtare la sensibilità del
coraggioso editore di "Tomahawk", avevamo chiesto
all'Hulk di mettersi in stand-by: Maratea avrebbe organizzato
una cosa più ufficiale, mentre il Centro Sociale, in
seconda battuta, poteva puntare sull'evento militante e underground.
"Ahr! Ahr! Ahr! Ahr! Ahr!"
Ma ormai lo schema era saltato. Non restava che scatenare Hulk.
A Lucca, intanto, fioccavano brutte notizie. Mentre io e Mr.Fantastic
ci ingozzavamo di appetizer, un'avvenente libraia spiegò
agli altri le sue disavventure con Maratea:
- ...Telefono e chiedo: Mercoledì vengono i Senza Nome
a presentare "Tomahawk". Noi siamo una piccola libreria.
Ci date una mano in qualche modo? Risposta: "Eh, vedi,
anche noi in fondo siamo una piccola casa editrice, non so,
potremmo pagare agli autori il taxi dalla Stazione alla libreria,
di più non credo proprio..." Va bene, dico, restiamo
d'accordo così...Tirchi di merda, penso tra me. Mi richiamano
poco dopo: "Pronto? Ascolta, gli autori vengono in macchina,
quindi per il taxi non c'è più bisogno..."
Ok, allora che fate, pagate la cena? "La cena? Nonononono,
quelli a cena mica ci restano, vogliono partire subito, immediatamente,
anche perché di recente hanno litigato di brutto, quindi
verranno solo in due e anche tra quei due non corre buon sangue!"
- Coooosa? Ti hanno detto così?
- Lo giuro sulla tomba di mia mamma. Poi mi fa: "Tutto
a posto ci sentiamo." Riesco a bloccarla prima che agganci.
Scusa, allora: niente taxi, niente cena. Che contributo date
alla fine? Potete farci uno sconto sui libri, regalarcene qualcuno...
"Ah, non chiedere a me, risponde, per quello devi sentire
il responsabile nazionale delle vendite". Va bene, dico,
d'accordo, e il giorno dopo lo faccio chiamare dal rappresentante
Sarchiapone per la Toscana. Chiama da qui, dalla libreria, fa
la proposta e dall'altra parte del filo sento uno che ride a
squarciagola: Non se ne parla nemmeno. E dire che Heynoughty,
quando siete venuti a presentare "Uh?" ci regalò
una decina di copie...Quand'è che tornate a lavorare
per loro?
Mentre eravamo a tavola, quelli dell'Hulk ci richiamarono: la
data era fissata. La resa dei conti si avvicinava.
- 4 -
Hulk, sulla falsa riga della presentazione
di Bologna alla Topaia Polivalente Occupata, voleva invitare
a prendere parte alla serata alcuni arzilli vecchietti che,
come Valente, avessero combattuto per la libertà di altri
popoli. Si poneva però il problema del riscaldamento:
come evitare che qualcuno dei suddetti non schiattasse d'infarto
tra le gelide macerie del Centro Sociale? Ebbero un'idea: affittiamo
tre quattro di quei funghi riscaldanti da bar all'aperto anche
d'inverno e sentiamo da Maratea se ci aiuta con le spese.
La risposta fu la consueta risata. - Ué, baùscia,
già sgancio di tasca mia per le locandine, volete ridurmi
sul lastrico?
Certo, di solito non è l'editore a doversi preoccupare
dell'agibilità della sala dove si presenta un suo libro,
ma, insomma... - presi a pensare ad alta voce - Non è
riuscito in tre mesi ad organizzarci un cazzo, adesso potrebbe
anche tirarsela di meno. Questa sera gli scrivo un'e-mail e
provo a convincerlo.
Tornato a casa dall'ennesima trasferta, scrissi.
La risposta non fu proprio come l'aspettavo. Si ribadiva il
no al finanziamento. E si difendeva la Mario Maratea Editore
che, se non aveva organizzato nulla a Milano, tuttavia continuava
a seguirci nelle nostre derive in giro per l'Italia, tutte date
scelte da noi, non dalla casa editrice, e che per questo rendevano
il lavoro particolarmente faticoso.
Tra le righe, si poteva leggere una sorta di rimprovero perché
ci stavamo sbattendo troppo, costringendoli a darsi da fare.
- Ancora una volta si conferma la nostra teoria - commentò
la Cosa - In questo paese l'obiettivo degli editori non è
vendere i libri. Se vendi, gli dai fastidio. L'unico obiettivo
che hanno è fallire e/o farsi comprare da Berlusconi.
- Giusto! Come dice Cienfuegos: sono una razza inferiore, bisogna
solo spaccargli le gambe.
Mentre ci lasciavamo andare a queste amare considerazioni, ci
giunse, via cellulare, una richiesta del Maratea: - Ué,
ragazzi, ci sarebbe la Fustagnelli di Milano che chiede se,
prima di andare all'Hulk, passate da loro per gli autografi.
- Autografi? Noi non facciamo autografi, scusa, abbiamo il nostro
simbolo su normografo e lo usiamo solo alle presentazioni...
- Oh, cazzo, vi sto dicendo che è una roba importante!
Da Fustagnelli state vendendo l'ira d'Iddio, bisogna tenerseli
buoni, e poi questo simpatico happening l'ha organizzato l'amico
del pollivendolo del pedicure del nostro rappresentante per
la Brianza, mica potete dire di no!
- Ascolta, Mario, non ti diciamo di no, però scusa, ci
eravamo organizzati in modo diverso, mancano tre giorni ...Potrebbe
venire Mr.Fantastic, che è lì dalla mattina...
- Uè, belli, mica vi sto chiedendo la luna! Com'è
che non recepite il discorso? Si tratta solo di arrivare qui
un paio d'ore prima. E almeno Valente deve venire a firmare...
E come fai a dire di no all'unico editore che ha avuto il coraggio
di pubblicare un romanzo ostico come "Tomahawk" ?
Valente e Mr.Fantastic si accordarono per la firma libri.
Poi, arrivò il gran giorno. Presentazione di "Tomahawk"
a Milano e, a seguire, musica cerebro con Little Toni Negri
dj, l'alias con cui l'Uomo Ragno si accostava ai piatti.
Prima di entrare all'Hulk, rapida scappatella in un bar insieme
al Maratea, per far luce sulle reciproche incomprensioni.
Per tutta la nostra requisitoria, Maratea guardò il pavimento,
facendo nessun viso a cattivo gioco. Disse solo due frasi:
"Cosa volete, insegnarmi il mio mestiere?"
"Amanda Pitali è il miglior ufficio stampa d'Italia".
Al termine della chiacchierata l'unico a sentirsi rassicurato
sembrò essere Valente, che confidò alla Cosa:
- Secondo me, Maratea oggi ha capito molte cose. Le incomprensioni
erano solo frutto del suo amore per il whiskey e della distanza
geografica. D'altra parte, è o non è un comunista?
Ci ha fatto delle promesse, dioboia, le manterrà!
Dietro di loro, Mr.Fantastic scuoteva la testa: - Mocché,
mocché: al s'è brisa acòrt ch'l'ha fâtt
al stranz piò gross dal bûs, da' retta a me!
Nonostante i caloriferi sparsi per la stanza e il calore umano
di oltre cento persone, l'Hulk si rivelò per quello che
era: una gelida stamberga. Nonostante gli interventi di disturbo
di un sedicente collaboratore della libreria Ca' Losca, la serata
filò via liscia.
Al termine, Maratea ci abbracciò e baciò tutti
quanti, propose a Wonder Woman di metter su un business con
le magliette griffate NoName, ricordò all'Uomo Ragno
di mandargli in lettura il manoscritto della sua ultima fatica
"Maputo Punk" e si dileguò come un vampiro
nella notte meneghina.
Little Toni Negri dj riuscì a suonare la sua fantastica
cerebro per soli venti minuti. Nonostante la gente ballasse
a più non posso, i dj dell'Hulk non potevano sopportare
interruzioni alla loro inarrestabile progressione musicale di
reggae, ragga, roggo e ruggu. Per un'ora, sembrò che
ripetessero lo stesso pezzo all'infinito. Infreddoliti, chiedemmo
ai nostri ospiti di portarci in branda.
Per la strada, squillò il mio cellulare.
Era un SMS di Maratea.
<<Cari Senza Nome, purtroppo questo pomeriggio
mi sono dimenticato di dirvi che siete delle teste di cazzo.
Ne ho avuto la conferma con l'intervento sullo schiavismo portoghese
a Capo Verde: i riferimenti al mio modo di intendere l'editoria
erano fin troppo chiari. Per cui, vaffanculo. Non vi voglio
più vedere. Cancellerò le vostre facce dalle foto
che ci hanno fatto insieme. Non ci siamo mai conosciuti. Sono
offeso. Sono dispiaciuto. Siete solo dei fighetti e non avete
futuro. Mario Maratea. >>
Questa volta, l'Uomo invisibile non si lasciò
trattenere. Sgattaiolò nel bagagliaio ed afferrò
la mazza da baseball.
- Andiamo - disse con un ghigno.
- Why not? - rispondemmo tutti.
In un batter d'occhio arrivammo sotto le finestre di casa Maratea.
Mr. Fantastic si allungò fino al terzo piano, ruppe il
vetro e fece da pertica per la Cosa più un paio di ex-dipendenti
del Sarchiapone che si erano uniti a noi per la rumba finale.
Io accesi il mio corpo e volai fino al davanzale. Lo stesso
fece l'Invisibile mentre l'Uomo Ragno si arrampicava sul muro
con agilità.
Anche in "Tomahawk", libro crudo ed estremo, ci siamo
astenuti dal descrivere le scene più raccapriccianti.
Vi basterà sapere che, dieci minuti dopo, da una finestra
del terzo piano di Viale Umbria volava nel cielo di Milano un
grumo informe di carne, ossa e merda che, colpito in pieno da
una raffica di Valente Ravaleo Jr., si frantumava in aria assumendo
le sembianze di un mangime alimentare altamente tossico per
colombi e piccioni.
E questa fu la fine di Mario Maratea.
Epilogo
Una sera di relax, qualche settimana dopo la resa dei conti,
me ne andavo in giro per Felsina con gli auricolari ai padiglioni,
camminando a ritmo come uno sborone, tipo Shaft, ascoltando
Mc Solaar e Guru rappare insieme, "Jazzmatazz vol. 1",
© 1993. Entrai in uno dei locali più cool della
città, il Sunshine Superman, e ordinai un caffè
d'orzo in tazza grande corretto con alcol puro. Mentre lo sorseggiavo,
lo vidi entrare: Pavel Zoratzkij in persona. Abito bianco di
lino, inconfondibile taglio Cifonelli di rue Marbeuf 31, Parigi
(c'ho un cazzo di occhio, per certe cose!). Polo Ralph Lauren
amaranto. Scarpe bicolori Florsheim, bianche e testa-di-moro.
Si appoggiò al banco e ordinò il mio stesso drink.
- Ehi, Zoratzkij! Ti ricordi di me? Sono la Torcia Umana dei
Senza Nome, ex-Joe Jordan. Ci siamo visti qualche anno fa a
una presentazione di "Uh?"
- Carissimo! - disse stringendomi la mano - Ho perso i vostri
numeri, sennò vi avrei chiamati subito dopo l'uscita
di "Tomahawk", per farvi i complimenti. Gran bel libro,
davvero.
- Già. Peccato averlo dato a quello stronzo di Maratea,
Che Non Riposi In Pace.
- Che strana morte, vero? Aggredito in casa sua e maciullato!
A dire il vero, potrebbe essere stato chiunque. I nemici non
gli mancavano.
- Un vero enigma, quel tale. Paranoie su paranoie su paranoie
e un'etica da purghe del '37, il tutto coniugato alla sciatteria
più invereconda. Vedeva complotti dappertutto eppure
era circondato da un serraglio di inaffidabili: i Granaglia,
Sbandieratori, Amanda Pitali...
- Amanda Pitali? Ma perché, tu l'hai vista?
- Credo di sì, ma non ricordo nulla. Devo aver avuto
un malore.
- Senti, ti rivelerò una cosa che al Sarchiapone cercano
di tenere insabbiata... Nemmeno Cienfuegos ne è al corrente.
- e si sporse verso di me non prima di essersi guardato intorno.
- Amanda Pitali non è mai esistita. Era solo un'allucinazione
di Maratea, una delle tante.
- Cosa? Ma...
- Aspetta, non ho finito. Tanto vale che ti dica tutto. Ti hanno
mai raccontato della vacanza-studio a Berlino, nel '75? Sì?
Beh, lo sai cosa faceva Maratea in quei giorni?
- Sì, faceva la sentinella sul Muro e...
- No, no, questa è la versione di comodo. In realtà
lo usarono come soggetto di esperimenti. Esperimenti sul controllo
mentale. Stalinisti da tutto il mondo si offrivano volontari,
per la Causa. Somministrazione di farmaci, programmi di condizionamento...
Esperienze da cui non si è mai più ripreso. I
servizi segreti della RFT hanno scoperto tutti i documenti dopo
la Riunificazione.
- E uno come lui era a capo di un'azienda? Uno che vedeva i
fantasmi?
Abbassò ulteriormente la voce e si chinò fin quasi
a toccarmi la fronte col naso:
- Non era a capo di niente. La sua sotto-casa editrice era solo
una facciata. Gli facevano credere di essere un editore, lo
assecondavano, perché non desse in escandescenze.
- Ma come? I libri uscivano! Tu eri suo socio! Siamo stati nel
suo ufficio!
- Io non ero suo socio. Io sono un paramedico. Dovevo stargli
dietro e reggere la messinscena, stipendiato dai Granaglia.
Col tempo è diventato sempre più aggressivo nei
miei confronti, e mi sono dovuto licenziare. All'inizio funzionava
così: i Granaglia dirottavano su Maratea i libri impubblicabili
da un marchio prestigioso come Sarchiapone o raffinato come
Fràciche. Te li ricorderai i primi titoli: "Psicopatologia
della fonduta", "101 modi di leccare la fregna purché
sia pulita"... Poi fecero un grave errore: cominciarono
a dare a Maratea opere valide ma molto rischiose e di nicchia,
come quelle della Banda dei Ferdi: "Su due piedi",
"Il rinomato elisir", "Il triciclo di Keplero"...
Libri che ebbero un successo inaspettato, facendo credere a
tutti che Maratea fosse un vero editore. Questo è successo
una quindicina di anni fa, ed è stato l'inizio dei veri
guai. Maratea, galvanizzato, cominciò a contattare autori,
organizzatori di eventi, agenti letterari come Cienfuegos...
Un effetto-valanga di equivoci, aumento dello stress, psicosi
del complotto...
- Ma... Non capisco... Perché i Granaglia tenevano in
piedi tutto quel...
- Maratea era il loro fratellastro. Figlio illegittimo di Eustachio
Granaglia, il vecchio patriarca spirato nel '71. Cercavano di
accontentarlo, di non farlo soffrire... In fin dei conti mi
fa un po' compassione. Aveva sofferto molto. Capisco che facesse
perdere le staffe, ma non meritava una fine così atroce.
Ehi, dove vai? Ti senti male?
Infilai la porta a folle velocità, intorno a me il mondo
danzava, danzava nel fuoco, un fuoco freddo e bianco, e strisciate
di luce s'infilavano sotto le palpebre come piedi di porco intenti
a scassinare una serranda, e il mio stomaco suonava la sirena
delle ambulanze, e le gambe correvano davanti a me, simili a
mulinelli, come nei cartoni animati, e i suoni si affastellavano
nei condotti del dolore, "Ahr! Ahr! Ahr! Ahr! Ahr!",
e cercavo di vomitare, e cercavo di raggiungere casa mia.
Mi trovò Mr. Fantastic, riverso sotto una panchina di
Piazza Aliprandi. Non mi chiese niente, ma chiamò un
taxi per riportarmi a casa.
La vettura fendeva la notte etrusca, mentre gruppi di biasanòt
ridevano e cantavano sotto i portici, e le puttane, pugni sui
fianchi, cavalcavano i pedonali come antiche amazzoni. La città
era bella, e "Jazzmatazz" era tornato a spingermi
nelle orecchie: never no time to play / gotta keep workin' every
day / never no time to play...
- Qual è la via giusta? - chiesi a Mr. Fantastic.
- So brîsa mé.
Neanch'io.
No ©. Scritto di Wu Ming 1, Wu Ming 2 e Wu Ming 4, prima
settimana di febbraio 2001. Qualsiasi riferimento a personaggi
e situazioni realmente esistenti non è per niente casuale.
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