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54
2002 Einaudi, 666 pag. |
Primavera 1954. Stefano Zollo, italoamericano
di Brooklyn, braccio destro di Salvatore Lucania alias "Lucky
Luciano" è in Dalmazia... il suo destino è
legato a quello di un televisore McGuffin Electric trafugato
in una base militare americana... ma in Dalmazia c'è
anche Robespierre Capponi, barista bolognese, e gran ballerino,
in cerca del padre, disertore dell'esercito italiano, partigiano
in Jugoslavia e amico del dissidente Milovan Djilas... e c'è
anche Cary Grant, ritiratosi dal cinema un anno e mezzo prima,
e ora in missione per i servizi segreti inglesi... le chiacchiere
del bar Aurora di Bologna... il Casinò di Cannes... il
contrabbando sul confine italo-francese... Kociss, Ettore, Angela,
Frances Farmer, la guerra fredda, l'avvento della televisione,
Trieste e il caso Montesi... tutto quell'anno: 1954.
- per
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***
l'inizio...
Non
c'è nessun "dopoguerra".
Gli stolti chiamavano "pace" il semplice allontanarsi
del fronte.
Gli stolti difendevano la pace sostenendo il braccio armato
del denaro.
Oltre la prima duna gli scontri proseguivano. Zanne di animali
chimerici affondate nelle carni, il Cielo pieno d'acciaio e
fumi, intere culture estirpate dalla Terra.
Gli stolti combattevano i nemici di oggi foraggiando quelli
di domani.
Gli stolti gonfiavano il petto, parlavano di "libertà",
"democrazia", "qui da noi", mangiando i
frutti di razzie e saccheggi.
Difendevano la civiltà da ombre cinesi di dinosauri.
Difendevano il pianeta da simulacri di asteroidi.
Difendevano l'ombra cinese di una civiltà.
Difendevano un simulacro di pianeta.
***
frammenti...
Tre
uomini fanno naufragio su un’isola deserta. Un americano,
un tedesco e un napoletano. Dopo alcuni giorni hanno bisogno
di cibo, energia, vitamine. Decidono di dividersi e cercare
della frutta. Chi porterà il frutto più buono,
nutriente e benefico alla salute, sarà il capo.
Dopo alcune ore tornano. L’ americano, senza esitare,
sfodera il suo raccolto: - This is banana. It’s good to
eat. But it’s good for sex, too - . Buona per mangiare,
buona per chiavare.
Il tedesco lo guarda perplesso, poi sorride e mostra fiero il
suo frutto :- Das ist ananas. Buono da manciare, molto buono
per fostri reni. Pulisce organismo.
Tocca al napoletano, che li guarda entrambi, poi, trionfante,
schiaffa sulla sabbia il suo bottino :- Mi dispiace per voi,
signori, ma avete senza dubbio perso. Anche questo frutto è
molto buono, e in più fa bene a due cose assolutamente
fondamentali. Mango p’ a capa e Mango p’ o cazzo.
***
…Sai
una cosa , Jo?
- Cosa?
- Io non voglio morire di tisi.
- Ma che dici? Tu hai solo bisogno di cure e di riposo.
- Riposo la cerchia di tuo padre. Ma chi vogliamo prendere per
il culo? Non ho quasi più i polmoni, e ho sempre la bocca
piena di sangue. Il male mi sta consumando, e io non voglio
morire così. Voglio morire in azione.
- In azione?
- Sì, Cristo santo, in azione. Contro i flics, contro
i terracotta, contro i marsigliesi o gli italiani, contro chiunque,
che importa? Ma voglio morire come un fottuto fuoco d’artificio,
compare. Non ho scelto questa vita per poi spegnermi come un
lumino, non ho fatto anni di galera per morire da coglione.
- Vuoi morire come Jean Fraiger! Cough! Cough ! Quello sì
era un rapinatore coi controcazzi. E ‘ un pezzo che non
lo sentivo nominare. Cos’è stato, nel ’49?
- Sì, fece irruzione da solo in un commissariato e aprì
il fuoco sugli sbirri, urlando “ Sparate a ‘sto
cazzo!” E gli diedero retta, lo colpirono al cazzo, due
o tre volte.
- Ma perché fece quell’irruzione?
- Una questione di figa, storia lunga e complicata. Me l’hanno
raccontata nei minimi dettagli, ma me la sono dimenticata. Insomma,
Toni, vuoi essere sparato nel cazzo come Fraiger?
- Bè, proprio al cazzo no! Ma voglio morire come un fuoco
d’artificio.
***
Capitolo
6
Palm Springs, California 18 gennaio
Affilare la lama sulla coramella fissata alla
parete, sciogliere il sapone nella ciotola con l'acqua calda,
togliere le setole caduche dal pennello in pelo di tasso, insaponarsi
il viso, passare il rasoio, rallentare in prossimità
della fossetta sul mento, rimuovere i residui di sapone con
la pezzuola calda, ispezionarsi il viso alla ricerca di peli
superstiti. Cary si radeva con la destra, apprezzando ogni istante
di quella liturgia mattutina, a cui seguiva la vestizione sacrale:
abito e camicia commissionati a Quintino di Beverly Hills, cravatta
intonata col calzino, niente reggicalze perché i calzini
di Cary non osavano scendere alla caviglia, Derby o Full-Brogues
ai piedi.
Archie, che era mancino, si sfiorò le guance col palmo
della sinistra chiuso a conchiglia. Due giorni senza radersi
e senza alcuna voglia di farlo. La peluria brizzolata, ispida,
scomoda.
Indugiando in quella posa, sentí contro il labbro inferiore
ciò che restava di uno dei vecchi calli d'acrobata, cunetta
quasi trentennale di tessuto secco e bianchiccio.
Ogni settimana le manicure piallavano e limavano, spargevano
unguenti, ammorbidivano le mani di Cary, mani che ogni donna
dell'universo mondo avrebbe voluto sotto la sottana o intente
a sbottonarle la blusa, ma il tessuto calloso riprendeva a escrescere,
souvenir della vita precedente, il passato di Archibald Alexander
Leach.
Mani sul pavimento in centinaia di capriole, attrito sulle funi
di mille volteggi, bagagli trasportati da una città all'altra,
centinaia di teatrini e music halls, truccarsi, saltare. Bob
Pender's Nippy Nine Burlesque Rehearsal. Funamboli, clown e
prestidigitatori, ogni sera e matinée di fronte alla
classe lavoratrice del Regno.
Pender diceva: "Su, ragazzo, te la devi guadagnare la pagnotta.
Non basta saper camminare sulle mani, per fare il teatro!"
Dalle quinte, mentre sul palco s'esibiva lo straordinario mago
Devant, Archie s'incantava a guardare gli occhi del pubblico
piú giovane, vibranti nel riverbero delle lampade. Archie
leggeva quegli occhi, la sorpresa, il sogno, la temporanea fuga
da una vita di merda e lavoro. Occhi di giovani già traditi
dal proprio avvenire ma pronti a reagire con un'alzata di spalle
e un chissenefotte, fasciati nel vestito buono un po' liso,
non rigidi né ingessati, sfrontati e sogghignanti in
coda per i biglietti, di nuovo bambini di fronte ai saltimbanchi
e ai trucchi di un illusionista.
Gli occhi del ragazzino di Bristol che, un fatidico pomeriggio
d'agosto del 1910, era rimasto ipnotizzato dalle pantomime e
acrobazie di Bob e Doris Pender, tanto da volerli seguire, essere
attore, allontanarsi da un padre evasivo e dal vuoto di una
madre scomparsa. Teatro Empire-and-Hippodrome, si spengono le
luci...
L'inglese
con le pezze al culo aveva solcato l'Atlantico per compiere
un'impresa titanica: inerpicarsi sulla montagna piú alta
dando l'impressione di affrontare una misera collinetta, anzi
un dosso, un gradino, muovi un piede dietro l'altro senza nemmeno
darti la pena di pensare.
Cary Grant.
Quant'era rimasto attonito, alla fine degli anni Trenta, l'uomo
del nuovo secolo! Lo stupore s'accompagnava alla consapevolezza:
chi non aveva mai desiderato quella perfezione, strappare all'iperuranio
l'Idea di "Cary Grant", donarla al mondo perché
il mondo cambiasse, e infine perdersi nel mondo trasformato,
perdersi per non riemergere piú? La scoperta di uno stile
e l'utopia di un mondo dove coltivarlo.
Nel mentre, faceva carriera e proseliti un imbrattatele austriaco
i cui discorsi centravano il cuore del Volk "a colpi di
maglio", e un lontano clangore di armi preannunciava il
peggio, lo scontro di due mondi.
Contro il mondo di Cary Grant, l'Imbrattatele aveva perso con
disonore, in una pozza di sangue e feci.
D'accordo, merito anche dell'inverno russo, ma una cosa era
certa: L'Uomo Nuovo, almeno per il momento, non avrebbe avuto
le braghe infilate in stivali di cuoio alti due piedi, per marciare
al passo dell'oca.
L'Uomo Nuovo, semmai, si sarebbe rispecchiato in Cary Grant,
perfetto prototipo di Homo Atlanticus: civile, ma non noioso;
moderato, ma progressista; ricco, certo, magari ricchissimo,
ma non arido né tantomeno imbolsito.
Persino alcuni tra i piú acerrimi nemici del capitalismo,
dell'America, di Hollywood, erano disposti a concedere che,
certo, un conto era il bambino e un altro l'acqua sporca.
Cary Grant, nato proletario, e per giunta con un nome ridicolo,
aveva sfidato la sorte con l'ardore dei migliori esponenti della
sua classe. Si era negato in quanto proletario, e ora faceva
sognare milioni di persone. Ciò che era stato ottenuto
da un individuo, a maggior ragione sarebbe stato ottenuto da
tutto il resto della classe operaia.
Cary Grant era la dimostrazione che il progresso esisteva e
andava nella direzione giusta almeno fin dall'Uomo di Cro-Magnon.
Il socialismo avrebbe coronato tale impressionante serie di
risultati con la giustizia sociale, l'armonia tra gli esseri
umani e la liberazione d'ogni energia creativa. Nella società
senza classi, tutti avrebbero potuto essere Cary Grant.
Be', non proprio. Questo è quanto avrebbero potuto raccontarsi
pochi intellettuali. Né ai proletari né ai borghesi
fregava granché del materialismo storico. Semplicemente,
ammiravano Cary Grant e volevano essere come lui.
Quel
giorno Archie Leach faceva cinquant'anni. Gli ultimi due erano
stati i peggiori.
E quant'erano stati duri per Cary! Tre flop consecutivi al botteghino.
La decisione di ritirarsi dalle scene. Una vacanza in estremo
Oriente insieme a Betsy, che non lo aveva ritemprato a sufficienza.
La sfiancante ricerca di palliativi, lo yoga, nuove letture,
la perenne intossicazione da self-improvement ma senza il momento
della verità, senza l'ingresso sul set. Un difficile
rapporto con Archie, che usava il suo stesso corpo e tornava
a reclamarlo nei periodi di crisi e disorientamento. Un difficile
rapporto con Elsie, ricomparsa a sorpresa quindici anni prima.
Quanto a Betsy, lei era innamorata pazza, faceva del proprio
meglio per tirarlo su, lo aveva ipnotizzato perché smettesse
di fumare, decisamente la miglior moglie che avesse avuto. Ma
non bastava. Non bastava mai.
Dopo un anno e mezzo che gli era parso interminabile, affiorava
cauto il desiderio di tornare a recitare, lanciare sguardi complici
agli spettatori, poter di nuovo improvvisare quelle superbe
battute. Ma il desiderio doveva combattere con gli effetti di
una lunga depressione, con l'assenza di copioni interessanti
e soprattutto con il disgusto di Archie per le scorribande di
Joe McCarthy e dei suoi tirapiedi. Senso di colpa e d'imbarazzo
per la propria indifferenza, per non aver protestato, difeso
il mondo libero come quindici anni prima, contro i tedeschi.
Per Archie, gli americani erano ormai i tedeschi di se stessi.
Chaplin in esilio. I migliori scrittori sulla lista nera.
Cary non era certo un radicale, figurarsi un comunista, ma come
sopportare tutte quelle intrusioni nella privacy della gente,
nelle loro idee politiche, "siete mai stato iscritto al
tale partito, al tale sindacato, al tale circolo...?" Che
gli era preso a tutti? Uno sapeva o non sapeva fare il proprio
lavoro, era o non era un bravo sceneggiatore, o regista, o attore.
Se le battute divertivano, se le scene d'amore appassionavano,
se la storia aveva un capo e una coda, e possibilmente il primo
davanti alla seconda, allora nient'altro contava.
Da
almeno un anno, Archie era tornato a rimuginare su Frances Farmer,
del cui destino riteneva colpevoli tutti quanti, anche Cary,
e soprattutto Cliff.
Dopo qualche settimana, Frances era tornata a visitarli. Avevano
con lei strazianti colloqui, dai quali uscivano devastati. No,
non la Frances del '54, sfiancata dal manicomio. Era la Frances
del '37, la nuova attrice bellissima e selvaggia, la ragazza
che non credeva in Dio ed era stata in Russia.
- Sai, Cary, io non ti capisco. Tutto quello che fai, come ti
muovi, come parli con quell'accento che non è né
inglese né americano... Lo vedo, lavori duro sul tuo
personaggio... No, non il personaggio di questo film, parlo
di un personaggio che interpreterai tutti i giorni per il resto
della tua vita. Sento che ci sei quasi ma... è una cosa
che non mi convince, sai?
Parlava cosí durante le pause caffè di The Toast
of New York, si rivolgeva a Cary ma parlava ad Archie, bozzolo
pronto a schiudersi.
- Se lo aspettano anche da me, immagino, se lo aspetta mia madre,
se lo aspetta Hollywood ma... Non ce la faccio. Perché
non essere semplicemente se stessi?
Povera ragazza di Seattle. L'avevano fatta a pezzettini, tutti
insieme: i produttori, i politicanti, la polizia, la stampa
scandalistica, gli strizzacervelli... e naturalmente Cliff.
Il grande drammaturgo Clifford Odets, amicone di Cary, intellettuale
del cazzo. L'aveva sedotta coi paroloni, le giuste cause (purché
lontane da casa e con McCarthy ancora da venire), il busto di
Lenin sul comodino, citazioni da libri. L'aveva sedotta e scacciata,
abbandonata alle vendette di Hollywood, alle rubriche di pettegolezzi
di Edda Hopper e Louella Parsons, a una madre carogna che l'avrebbe
fatta internare.
In manicomio, proprio come Elsie.
Archie non si dava pace, e faceva sentire colpevole Cary.
Uguale a diciassette anni prima, gli stessi capelli biondi,
le sopracciglia rasate, il corpo non ancora violato, avvolta
in una specie di sudario. Tornava a loro sorridente, ma rammentando
che non avevano detto una sola parola contro i suoi persecutori.
***
[...]
Titoli
di coda
Questi sono davvero i pensieri di tutti gli
uomini di tutte le epoche e terre, non hanno origine in me.
Se non sono tanto vostri quanto miei, sono nulla o poco piú.
Se non sono l'enigma e la sua soluzione, non sono nulla.
Se non sono tanto prossimi quanto distanti, non sono nulla.
Questa è l'erba che cresce ovunque ci siano la terra
e l'acqua, questa è l'aria comune che bagna il pianeta.
WALT WHITMAN, Song of Myself, XVII.
Su Cary Grant (1904-86).
Cary e Betsy si separarono nel 1958 e divorziarono
quattro anni dopo. Cary si sposò altre due volte. Abdicò
dal cinema nel 1966, dopo ben settantadue film. Diventò
un dirigente della multinazionale dei cosmetici Fabergé.
Mori nel 1986, fu cremato e le ceneri sparse al vento.
"Ho preso l'Lsd un centinaio di volte prima che diventasse
illegale" (C. G.)
Sul web vive e prospera una subcultura di fan di Cary Grant.
Il sito piú completo è: www.carygrant.net
È anche possibile iscriversi a Warbrides, la lista di
discussione tra i fan: www.carygrant.net/warbrides.html
Tra le numerose biografie e opere critiche, consigliamo senz'altro:
McCANN, G., Cary Grant: A Class Apart, Columbia University Press,
1997.
Immaginate che Cary si sia divertito a mettere nei suoi film
successivi riferimenti nascosti all'avventura jugoslava. Buona
ricerca!
Su Frances Farmer (1914-70).
Hollywood ha cercato di spegnere le fiamme
della propria coda di paglia dedicandole un film. Frances (1982)
è sorretto dalla mesmerica interpretazione di Jessica
Lange e descrive molto bene la progressiva caduta in disgrazia
e discesa agli inferi, anche se contiene diverse forzature.
Exempli gratia, non ci sono prove del fatto che Frances subí
una lobotomia transorbitale. Il film salta a pie' pari gli ultimi
vent'anni di vita e "carriera": due matrimoni, lavoretti,
trasferimenti da Seattle a S. Francisco fino all'approdo a Indianapolis,
dove condusse uno show televisivo e, prima di morire di cancro,
scrisse la propria autobiografia, Will There Really Be A Morning?,
uscita postuma nel 1972.
Frances riposa all'Oaklawn Garden Memorial Cemetery di Indianapolis,
Indiana.
I Nirvana le dedicarono una canzone, Frances Farmer Will Have
Her Revenge on Seattle, dall'album In Utero, 1993: "Lei
tornerà come fiamma / a bruciare tutti i bugiardi / e
lascerà una coltre di cenere sulla Terra".
La figlia di Kurt Cobain e Courtney Love si chiama Frances.
Siti dedicati:
www.geocities.com/~themistyone/index2.html
www.people.virginia.edu/~pm9k/libsci/FF/francesF. html
Su Lucky Luciano (1897-1962).
Nonostante gli sforzi di Charles Siragusa e
il coinvolgimento in diverse indagini, Salvatore Lucania non
fu mai mandato al confino. Morí d'infarto all'aeroporto
di Napoli il 26 gennaio 1962. È sepolto al St. John's
Cemetery del Queens, New York.
"Non sono mai stato un poveraccio e non sarò mai
un poveraccio" (L. L.)
Su Wilma Montesi (1932-53).
Non sono mai emersi elementi concreti per affermare
che Wilma Montesi avesse partecipato a un festino nella tenuta
di Capocotta, a Tor Vaianica. La vicinanza geografica tra la
tenuta e il tratto di spiaggia su cui fu trovato il cadavere
era l'unico, debolissimo collegamento con Montagna e il suo
amico Piero Piccioni.
Di fatto, l'ipotesi accusatoria si reggeva solo sui trascorsi
di Montagna come spia fascista, truffatore e (soprattutto) ruffiano,
e sul fatto che Piccioni fosse figlio del ministro degli Esteri
Attilio. Il caso fu farcito di false testimonianze e "confessioni"
a orologeria. Anna Maria Moneta Caglio inaugurò la moda
della "superteste", ancora oggi figura indispensabile
in ogni teorema giudiziario.
Il caso fu sfruttato dalla "sinistra" Dc di Amintore
Fanfani (col Pci e i suoi organi di stampa come "utili
idioti") per assumere il controllo del Partito (da poco
orfano di Alcide De Gasperi), facendo le scarpe alla corrente
di Piccioni, la cui carriera fu gravemente compromessa dallo
scandalo.
Il 27 maggio 1957 il tribunale di Venezia mandò assolti
tutti gli imputati. La sentenza descrisse la Caglio come una
testimone inattendibile e mitomaniaca.
Negli anni Sessanta e Settanta, Piero Piccioni divenne uno dei
massimi compositori italiani di colonne sonore. Negli anni Novanta,
con suo grande stupore, è diventato un nume tutelare
della cosiddetta lounge music e della sottocultura Exotica &
Sixties Revival.
Il caso è tuttora irrisolto. Chi ha ucciso Wilma Montesi?
Su Joe McCarthy (1908-57).
Nella seduta del 2 dicembre 1954 il Senato
degli Stati Uniti condannò ufficialmente l'operato di
McCarthy, con una maggioranza di sessantasette a ventidue. Questo
pose fine alla sua carriera di cacciatore di streghe. Il senatore
precipitò nel rancore e nell'etilismo. Morí di
epatite nel 1957. È sepolto nel cimitero cattolico romano
di Appleton, Wisconsin.
Su certi inspiegabili fenomeni medianici.
Steve Cemento è chiaramente visibile
nel film Lucky Luciano di Francesco Rosi (Titanus, 1973, colonna
sonora di Piero Piccioni).
Salvatore Pagano detto Kociss appare nel film Caccia al ladro
di Alfred Hitchcock (Paramount, 1955).
Il film sulla Quinta offensiva fu realizzato nel 1973: Sutjeska
(in Italia: La Quinta offensiva), con Richard Burton (nel ruolo
di Tito), Irene Papas, Milena Dravic, Ljuba Tadic e Bata Zivojinovic.
Colore, 87, la piú costosa produzione della cinematografia
jugoslava.
FINE
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