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Guerra
agli umani
2004 Einaudi, 318 pag. |
Personaggi
irresistibili, un intreccio magistrale, ritmo da film di Kitano,
comicità e suspense, sullo sfondo di una critica feroce
e sapiente a una civiltà che si autodivora e non sa rinnovare
le proprie risorse. Direttamente dal futuro, il primo romanzo
della nuova civiltà troglodita.
L'esordio di Wu Ming 2, uno dei cinque cervelli del collettivo
Wu Ming, autore di Q, 54 e Giap!
Le avventure di Marco -Walden-, aspirante
supereroe, che senza rinunciare al fidato walkman, lascia la
città-Babilonia per vivere in una caverna, epicentro
del futuro mondo primitivo, da qualche parte sui monti dell'Appennino.
Che sono però molto affollati. Di gangster albanesi,
palestrati nazisti, cacciatori, bracconieri, carabinieri -survival-,
giganteschi cantieri. E di ecoterroristi amici dei cinghiali
che hanno dichiarato una definitiva, spietatissima “guerra
agli Umani”, ispirati da un oscuro romanzo di fantascienza,
che svela come mai l'Homo sapiens è nato per distruggere
il Pianeta. Davvero troppo per un troglodita solo. E poiché
“nessun luogo vale un assedio”, Marco potrebbe anche
andare altrove, ma un piccolo evento - la scomparsa di un sanbernardo
di nome “Charles Bronson” - sta già rotolando
e presto si gonfierà a palla di neve, travolgendo lui
e la sua sgangherata “Compagnia dell'Anello”,: Gaia,
barista rabdomante, il fiume Rio Conco, ormai in fin di vita,
e Sidney, clandestino nigeriano, fuggito da un canile che un
canile non è.
***
2.
Perfect Day
E’ il primo giorno d'ottobre. Mattina. La gente parla
di clima estivo e cappotti ancora nell'armadio. Io sono senza
lavoro. Da una settimana.
Niente di strano. Inserivo dati nel computer di una ditta. I
dati sono finiti. Lo stipendio anche. Restano settecento euro
in banca, un mese d'affitto arretrato, la bolletta del telefono
e uno zaino, pronto da mesi, dietro la porta di cucina.
Prima dell'estate pulivo cessi al cimitero. Non era infame come
sembra. Il luogo è poco affollato e nessuno molla una
sepoltura per andare a cagare. C'erano fiori freschi per la
mia ragazza e certe mattine non bisognava nemmeno dare lo straccio.
L'azienda leader nel settore ne ha dedotto che il personale
era in forte esubero. S'imponeva il taglio di un addetto su
tre. Ho salutato le due colleghe bielorusse e coi soldi dell'ultima
settimana mi sono preso lo zaino.
Ora sento che ci siamo. Ho appena fatto provviste.
Fuori dall'ipermercato, carrelli e abbronzature mi circondano
minacciosi. Gente che guadagna. Vorrei aggrapparmi a un colletto
qualsiasi, e sussurrare parole indecenti all'orecchio del proprietario:
- Ehi, amico, senti un po' qua: il sottoscritto non fa un cazzo
da una settimana. Non è disgustoso ?
Una batteria di cabine telefoniche mi richiama all'ordine. Almeno
mia sorella la dovrei avvertire.
Parto, Sandra. E’ deciso. Se c'è riuscito Thoreau
posso farcela anch'io. La massa degli uomini conduce vite di
quieta disperazione. Siamo solo attrezzi dei nostri attrezzi,
assediati da eserciti di necessori. Questa civiltà si
basa su non-cicli ed è votata all'estinzione. Il futuro
è nelle attività silvopastorali.
L'apparecchio funziona solo a scheda. Uno su cinque accetta
anche monete, ma so già cosa mi aspetta. E’ fuori
servizio. Mangia i soldi oppure li sputa. Ha la cornetta spalmata
di resina.
Decido per un biglietto. Meno inconvenienti.
Arrivo a casa, appoggio la spesa, accendo una sigaretta e lo
stereo. Perfect Day, Lou Reed, versione noise dei Melt Banana.
Cara Sandra,
ormai da una settimana non telelavoro più.
Lungi da me l'idea di cercare un altro impiego qls. Ho preso
in odio ogni lavoro da me fatto sotto il sole. Ma non vengo
a dirti che tutto è vanità. Soltanto: il sottoscritto
ha già dato. C'è un tempo per ogni cosa, e quel
tempo è finito. Se uno è soddisfatto di questa
vita, s'accomodi. Per quanto, l'uomo che lavora per sopravvivere
non possa godere di una vera integrità. Da anni sorvolo
l'abisso della disoccupazione cronica a spasso su corde sottili.
Ho speso le migliori energie a mantenermi in equilibrio. Adesso
basta. E’ giunto il momento di dare un'occhiata di sotto.
Lo zaino e lì da quest'estate, lo sai. Ho un quaderno
fitto di appunti, stratagemmi copiati da diversi manuali. So
già dove andare, un luogo isolato e tranquillo che per
il momento non rivelerò a nessuno. Vorrei evitare che
una fila di persone si presenti ogni giorno davanti al mio rifugio
con l'intento di farmi rinsavire. Non sono impazzito, anzi,
mai stato più lucido. Voglio solo diventare ricco: se
questa è follia, la condivido con la maggior parte degli
uomini. Un individuo è tanto più ricco quanti
più sono gli orpelli che può trascurare. Vivrò
in una grotta, mangerò bacche, castagne e farina di formiche.
Mi scalderò col fuoco. Chi è il sultan del Brunei
in confronto al sottoscritto? Questo mondo non ha bisogno di
me, e viceversa. Pari e patta, il cerchio si chiude e il sottoscritto
parte per la tangente.
Mi farò vivo quando lo riterrò opportuno.
Saluta i nipoti,
Marco “Walden”, supereroe troglodita
Rileggo
il messaggio una decina di volte. Non è facile spiegare.
Voglio dire: mia sorella conosce la situazione, sa dello zaino
e di cosa significa. Tuttavia, non sono sicuro di essere stato
chiaro.
Il sottoscritto non condanna lo stile di vita comune. Sbattersi,
lavorare, amare una donna, prolificare, nutrire il cervello
con roba più o meno buona, nutrire il corpo con roba
più o meno biologica, frequentare centri commerciali,
abitare in una zona dignitosa. E’ un modello non ciclico,
prossimo al collasso, ma chi se ne frega del modello. Il collasso
del sottoscritto e molto più imminente. Tanti auguri
a chi si sente tranquillo.
Grazie al cielo, non tutto il mondo è qui. Puoi cambiare
aria. Diventare l'eroe della vita nei boschi. Non come alla
televisione, aspiranti Robinson su un'isola deserta, fai il
fenomeno due mesi, poi torni a casa. Questa vacanza da me stesso
è qualcosa di più serio. Tornare a casa non rientra
nei programmi.
Il punto è: non ho più una donna, sono orfano
e non ho nemmeno l'automobile. I lavori che dovrei desiderare
mi paiono intercambiabili. Gli amici anche. Bravissime persone,
per caritàà: è il sottoscritto che non
funziona. Quando passi il giorno a sbrogliare il groviglio della
tua vita, non ti restano molte energie per le relazioni. Cominciano
a farti schifo tutti. C'è un livello di guardia: oltre
quello, la nausea non si concentra più su un singolo
aspetto, tracima e inonda il resto, senza distinzione. Un lavoro
indegno sta ancora sotto il livello. Due no. Il sottoscritto
ne ha sempre avuti due: fare un lavoro merdoso, cercarne uno
decente. Troppo vecchio per questo, troppi titoli per quest'altro,
niente esperienza di carpenteria metallica.
Se avevo dei figli, era un'altra cosa. Non li trascinavo certo
in una situazione simile. Le comuni fricchettone non sono il
mio genere. Nemmeno gli eremiti, se e per questo. Il sottoscritto
non ha bisogno di ritrovare se stesso. E’ solo stanco
di calci nel culo, altro che new age. Un etto di Buddha, due
fette di Gesù. L'esistenza appronta già i suoi
fardelli. Lo zaino, meglio tenerlo leggero.
Per questo, quattro anni fa ho venduto l'automobile. Lavoravo
fuori città. Facevo il casellante. Ogni mattina, quaranta
minuti di coda per arrivare allo svincolo. La sera, stessa musica.
L'esaurimento nervoso non s'è fatto aspettare.
Cado in depressione ogni volta che il semaforo sgocciola auto
nel gorgo di un incrocio.
Il traffico metropolitano è un traffico d'armi. Guerra
umanitaria per difendere il sacro diritto al risparmio di tempo.
Ma pensando ai soldi, cioè ore di lavoro, spesi per acquistare
un'auto e rifornirla di carburante, per pagare lavaggi e pagare
posteggi, più il tempo bruciato nel portarla dal carrozziere,
e i soldi della manutenzione, e le giornate trascorse a scegliere
il modello adatto, mi sono chiesto dove sia finito il tempo
risparmiato. Una bella bicicletta me ne regalava di più.
Eppure, c'è voluto l'esaurimento per convincermi. Vendere
l'auto e spostarsi in bici. Morale: lacrime, bruciore agli occhi,
tosse cronica. Ho provato a tornare indietro - fermi tutti,
mi sono sbagliato - ma il nuovo stipendio non me lo permetteva.
Avevo cambiato lavoro: il casello dell'autostrada era troppo
lontano per la bicicletta. Da allora, niente più auto.
Ho pure disimparato a guidarla. Allo stesso modo, ho deciso
di vivere nei boschi perché quaggiù non vado bene
nemmeno come lavacessi. Allo stesso modo, non mangio carne perché
non posso permettermela. Poi, certo, trovo l'allevamento intensivo
una terribile crudeltà che riversa sul genere umano cascate
di karma negativo, vaste e imponenti quanto il Niagara degli
sciacquoni, l'Iguazù dei piatti sporchi, l'Oceano mare
dei bidet. Acqua potabile per pulirsi il culo: non conosco ingiustizia
più odiosa.
Tuttavia, pratico l'igiene intima con discreta attenzione.
Fossimo negli anni Cinquanta, mi metterei a rubare. Altri tempi.
Potevi svaligiare un appartamento senza essere armato. Rapinare
un gioielliere con destrezza. Svuotare un furgone portavalori
con un piano perfetto e senza colpo ferire. Una cosa alla portata
di tutti, bastavano fegato e cervello.
Oggi la vera delinquenza è roba da professionisti. Che
ci sta a dire il sottoscritto ?
Da lavacessi onesto a rapinatore di lavacessi non vedo un allettante
cambio di prospettiva.
A meno di incontrare Cristo nella cella a fianco, fargli una
bella sviolinata e convincerlo a portarmi in Paradiso. Sarebbe
un modo buffo per tornare alle origini, i primi approcci del
sottoscritto al mondo del lavoro. Sono laureato in Scienze religiose.
Ho scritto una brillante dissertazione su Disma, ladrone crocefisso
alla destra di Gesù e passato alla Storia come “buono”.
Eppure nessuno dei Vangeli, nemmeno quelli apocrifi, lo definisce
tale. Aveva trafugato i rotoli della Legge. Rubato il tesoro
di una sinagoga. Rapinato la moglie del sommo sacerdote Caifa.
La si smetta col buonismo: Cristo ha portato in Paradiso un
malfattore. Tra l'altro, non era nemmeno pentito.
Dopo una simile dimostrazione di acume intellettuale ero convinto
che le porte dell'accademia mi si sarebbero dischiuse. C'era
fila per entrare, ma il talento avrebbe prevalso. Per darne
prova ulteriore, decisi di impegnarmi in un dottorato senza
borsa di studio, durante il quale mi mantenevo con il lavoro
in un call center e intanto scrivevo un'opera straordinaria,
destinata al più alto riconoscimento nel premio internazionale
Alircea Eliade.
“Monoteismo e menzogna” esplorava la propensione
alla frode di Giacobbe, patriarca del popolo eletto, e di Pietro,
fondatore della Chiesa cristiana. Il primo inganno il padre
Isacco, mezzo cieco, fingendosi Esaù, suo fratello maggiore,
che per un piatto di lenticchie gli aveva venduto la primogenitura;
il secondo negò per tre volte di conoscere il Nazareno,
negli attimi concitati che seguirono al suo arresto. Cosa significano
i due episodi? Perché a Geova piacciono tanto i bugiardi?
Non dimentichiamo che Gesù si porto in cielo un ladro...
(a questo proposito, si veda la tesi di laurea: Santi &
furfanti. L'episodio del “buon ladrone” alla luce
del detto taoista : “Annientate i santi, liberate i briganti
e il mondo ritroverà l'ordine”).
Per la prima volta dalla morte del grande studioso rumeno, la
giuria del premio a lui dedicato usò la parola “deficiente”
(halfwit) per respingere una candidatura.
Il sottoscritto passò a occuparsi full time delle richieste
telefoniche dei clienti. Poi prese il lavoro da casellante,
convinto di potersi dedicare alla stesura di qualche opera fondamentale.
L'esaurimento nervoso glielo impedì.
Arriviamo a oggi. Rileggo il messaggio per mia sorella un'ennesima
volta. Può andare. Modifico l'annuncio sulla segreteria
telefonica, anche se spegnerla sarebbe più sensato.
“L'utente da lei desiderato è definitivamente assente.
La invitiamo a non riprovare più”.
Passo in cucina, controllo provviste. Qualcosa mi sarò
dimenticato, per forza.
Fiammiferi. Cento scatole dovrebbero bastare.
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