Charles Bukowski - POESIE


Charles Bukowski, disegnato da joenat

 

Loro e noi
Giorni come rasoi, notti piene di ratti
La morte si fuma i miei sigari
Una tapparella abbassata

 


pag1 - pag.2 - pag 3 - pag.4 - pag.5

 

 

 

 

 

LORO E NOI
stavano tutti fuori sulla veranda
a chiacchierare:
Hemingway, Faulkner, T.S. Eliot,
Ezra Pound, Hamsun, Wally Stevens,
E.E. Cummings e qualcun altro.
"senti", disse mia madre, "puoi
dirgli di starsi zitti?"
"no", dissi io.
"stanno dicendo solo fesserie", disse mio
padre, "dovrebbero trovarsi
un lavoro".
"ce l'hanno un lavoro", dissi
io.
"un accidenti", disse mio
padre.
"esattamente", dissi
io.
a quel punto Faulkner entrò
dentro barcollando.
trovò il whisky nella
credenza e se lo portò
fuori.
"una persona tremenda",
disse mia madre.
poi si alzò e sbirciò fuori
in veranda.
"c'è una donna con loro",
disse lei, "solo che sembra un
uomo".
"è Gertrude", dissi
io.
"c'è un altro tizio che sta facendo vedere i
muscoli", disse lei, "dice di
poterli battere a tre
a tre".
"è Ernie", dissi io.
"e lui", mio padre mi indicò,
"vuole essere come loro!"
"è vero?", chiese mia madre.
"non come loro", dissi io, "ma uno
di loro".
"trovati uno stramaledetto lavoro",
disse mio padre.
"statti zitto", dissi io.
"che?"
"ho detto, 'statti zitto', sto ascoltando
queste persone".
mio padre guardò sua moglie:
"questo non è figlio
mio!"
"spero di no", dissi io.
Faulkner entrò di nuovo nella stanza
barcollando.
"dov'è il telefono?",
chiese.
"a che diavolo ti serve?", chiese
mio padre.
"Ernie si è appena fatto saltare
le cervella", disse lui.
"lo vedi cosa succede alla gente
così?", urlò mio padre.
mi alzai
lentamente
e aiutai Bill a trovare
il
telefono.

 

GIORNI COME RASOI, NOTTI PIENE DI RATTI
quando ero molto giovane dividevo equamente il mio tempo tra
bar e biblioteche; come poi riuscissi a provvedere agli
altri miei normali bisogni resta un mistero; boh, semplicemente
non me ne preoccupavo più di tanto -
se avevo un libro o qualcosa da bere allora non pensavo troppo
a tutto il resto - gli scemi riescono a crearsi un paradiso
tutto loro.
quando stavo al bar, pensavo di essere un duro, spaccavo le cose, facevo a botte
con gli altri, ecc.
nelle biblioteche era un'altra storia: me ne stavo zitto, giravo
da una sala all'altra, i libri non li leggevo tanto per intero
ma a pezzetti: medicina, geologia, letteratura e
filosofia. psicologia, matematica, storia, e quelle cose lì mi
davano la nausea. e per la musica ero più interessato alla musica vera e propria e alle
vite dei compositori che agli aspetti tecnici...
comunque, era con i filosofi che sentivo un senso di fratellanza:
Schopenhauer e Nietzsche e, anche se era difficile da leggere, pure il vecchio Kant;
trovavo che Santayana, che al tempo era parecchio famoso, fosse
fiacco e noioso, con Hegel invece ti dovevi fare un vero mazzo, soprattutto
se la sera prima avevi bevuto; c'è tanta gente che ho letto e che mi sono scordato,
e probabilmente non mi sono perso niente, ma mi ricordo di un tizio che ha scritto un
libro intero nel quale dimostrava che la luna non c'è
e ci riusciva così bene che alla fine tu pensavi, quest'uomo
ha assolutamente ragione, la luna non c'è.
come poteva un ragazzo degnarsi di andare a lavorare
8 ore al giorno quando non c'era più nemmeno la luna?
cos'altro ti
potevano togliere?
e
non mi piaceva tanto la letteratura quanto piuttosto i critici
letterari; erano dei veri cazzoni, quei tizi; usavano
un linguaggio raffinato, a suo modo splendido, per dire agli altri
critici, agli scrittori, che erano dei rottinculo. mi
rincuoravano.
ma erano i filosofi che soddisfacevano
quel bisogno
che si celava da qualche parte nella mia testa confusa: immergendomi
nei loro eccessi e nel loro
farraginoso vocabolario,
spesso mi
incantavano
saltavano fuori
con affermazioni azzardate infiammate che mi sembravano
verità assoluta o maledettamente vicine
alla verità assoluta,
e questo tipo di sicurezza era quello che cercavo per la vita
di ogni giorno, che assomigliava molto di più
a un pezzo di cartone.
quei tizi erano dei grandi, mi hanno fatto sopportare
giorni come rasoi e notti piene di ratti; mentre le donne
tiravano sul prezzo come banditrici venute dall'inferno.
i miei fratelli, i filosofi, loro mi parlavano come
nessun altro per strada o in giro aveva fatto mai; riempivano
un vuoto immenso.
che bravi ragazzi, oh, davvero dei bravi
ragazzi!
eh sì, le biblioteche sono state utili; ma nel mio altro tempio, nei
bar, era un'altra storia, più semplificata, le parole
e i comportamenti erano
diversi...
i giorni in biblioteca, le notti al bar.
le notti erano simili,
hai qualcuno seduto vicino, e magari non è
neanche un tipo cattivo, ma a me non ispira per niente,
c'è un'orribile aria di morte lì dentro - penso a mio padre,
ai miei professori, alle facce che stanno sulle monete e le banconote,
ai sogni popolati da assassini con occhi spenti; be',
in un modo o nell'altro io e questo tizio prendiamo a scambiarci delle occhiate,
una rabbia violenta inizia lentamente a montare: siamo nemici, cane e
gatto, prete e ateo, acqua e fuoco; la tensione cresce,
mattone su mattone, in attesa del crollo; le mani
giunte e poi sciolte, beviamo, adesso, finalmente abbiamo uno
scopo:
si gira verso di me:
"amico, c'è qualcosa che non va?"
"come no, sei tu".
"e ci vogliamo fare qualche cosa?"
"sicuro".
finiamo di bere, ci alziamo, e usciamo sul retro del
bar, fuori nel vicolo; ci giriamo
e siamo uno di fronte all'altro.
io gli dico: "tra noi due non c'è altro che questa distanza: a te
ti va di
eliminarla?"
lui mi si getta addosso e in qualche modo è soltanto una parte della parte della
parte.

 

LA MORTE SI FUMA I MIEI SIGARI
sai com'è: sono qui ubriaco ancora
una volta
e ascolto Chajkovskij
alla radio.
Gesù, lo sentivo 47 anni
fa
quando ero uno scrittore morto di fame
ed eccolo qui
di nuovo
ora io sono uno scrittore con un po'
di successo
e la morte va
su e giù
per questa stanza
e si fuma i miei sigari
beve qualche sorso del mio
vino
mentre il vecchio Pietro continua a darci dentro
con la sua "Patetica",
ho fatto un bel pezzo di strada
e se ho avuto fortuna è
perché ho tirato bene
i dadi:
ho fatto la fame per l'arte, ho fatto la fame per
riuscire a guadagnare 5 dannati minuti, 5 ore,
5 giorni -
volevo soltanto buttare giù qualche
frase,
il successo, il denaro non importavano:
io volevo scrivere
e loro volevano che stessi alla pressa meccanica,
in fabbrica alla catena di montaggio
volevano che facessi il fattorino in un
grande magazzino.
be', dice la morte, passandomi accanto,
ti prenderò comunque,
non importa quello che sei stato:
scrittore, tassista, pappone, macellaio,
paracadutista acrobatico, io ti
prenderò...
okay, baby, le dico io.
adesso ci beviamo qualcosa insieme
mentre l'una di notte diventano
le 2
e lei solo sa
quando verrà il
momento, ma oggi sono
riuscito a fregarla: mi sono preso
altri 5 dannati minuti
e molto di
più.

 

UNA TAPPARELLA ABBASSATA
quello che mi piace di te
mi disse lei
è che sei rozzo -
ti guardo mentre stai seduto lì
con una lattina di birra in mano
e un sigaro in bocca
e guardo
la tua pancia zozza e pelosa
che ti sporge
da sotto la camicia.
ti sei tolto le scarpe
e hai un buco
nel calzino destro
riempito dal ditone
che esce fuori.
non ti fai la barba da
4 o 5 giorni.
hai i denti gialli
e le sopracciglia
ti penzolano
tutte attorcigliate
e hai abbastanza
cicatrici
da far cacare sotto
dalla paura chiunque.
c'è sempre
un anello di sporcizia
nella tua vasca da bagno
il tuo telefono
è coperto di
grasso
e
metà della robaccia
che hai in frigorifero
è marcia.
non lavi mai
la macchina.
sul pavimento
ci sono giornali
di una settimana fa.
ti leggi riviste
sconce
e non hai neanche
la tv
ma fai le
ordinazioni dal
negozio di liquori
e lasci una buona
mancia.
e la cosa migliore
è che non fai nulla per convincere
una donna a
venire a letto
con te.
non sembri per niente
interessato
e mentre ti parlo
non dici
una parola
non fai che
guardare in giro
per la stanza o
ti gratti il
collo
come se non mi
ascoltassi.
tieni un vecchio
asciugamano bagnato
nel lavandino
e una foto di
Mussolini
attaccata al muro
e non ti lamenti
mai
di niente
e non fai mai
domande
e ti
conosco da
6 mesi
ma non
ho idea
di chi sei.
sei
come
una tapparella abbassata.
ma è questo
che mi piace di
te:
che sei rozzo:
una donna
può andarsene
dalla tua
vita e
scordarsi di te
in un attimo.
a una donna
può andare solo
MEGLIO
dopo essere
stata con te,
tesoro.
tu devi
essere
la cosa più bella
che sia mai
capitata
a
una ragazza
che si trova tra
una storia finita
e una da cominciare
e non ha niente
da fare
per il momento.
questo cazzo di
scotch
è davvero buono.
facciamoci una partita
a Scarabeo.


 

 

 

 

vai alla pagina 3 - Poesie di C.Bukowski -

Charles BUKOWSKI - foto - poesie - racconti - romanzi - intervista - file audio

gli altri SCRITTORI - HOME